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view post Posted: 3/5/2024, 14:18     Cosa stai ascoltando in questo momento? - Angolo Giochini

braden bales - chronically cautious

so if i'm honest,
i think i'm beginning to question how much i want this
overloaded serial stresser,
i'm sitting nauseous

panic on a loop in my head,
i'm chronically cautious
how can i get off this?

to keep it simple,
i think i've been willingly following every impulse
picturing a future, then tossing it out the window
suffocate the fire i started right when it kindles
passionate but fickle


view post Posted: 1/5/2024, 14:21     icebreaker ~ /ˈaɪsˌbreɪ.kər/ - La Capitale del Mondo Magico
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i do many things solely out of spite. this will be one of them

S
ussultò leggermente quando la concasata accettò il braccio che lei stessa le aveva offerto. Per qualche non poi così strano motivo che Haru preferiva non indagare nel bel mezzo di una serata di gala già di per sé da incubo, il suo corpo sembrava essere stato programmato per reagire d’istinto al contatto fisico come se temesse di essere ghermito da un momento all’altro. Quindi, quando le dita affusolate dell’altra si incurvarono invece sul suo bicipite con una certa delicata determinazione, Haru tirò un sospiro di sollievo appena percettibile. La sensazione tattile di quelli che dovevano essere calli sul palmo dell’altra le strappò un sorriso a metà tra il compiaciuto e l’intenerito. La mazza da Quidditch pareva aver lasciato i segni del suo passaggio. C’era qualcosa di stranamente rassicurante nella normalità di quella mano.

“Grazie dell’assist, sei stata…”, si fermò qualche istante alla ricerca del termine perfetto per descrivere l’intervento dell’altra. Strinse gli occhi, volgendoli al cielo in un’espressione di concentrazione totalizzante. “…sublime!”, decise. La concasata aveva terrorizzato e zittito il viscidone semplicemente esistendo in tutto lo splendore intimidatorio della sua resting bitch face e di qualche commento laconico ben piazzato. Minimo sforzo, massimo risultato. Tanta roba. “Chapeau, davvero. Io me la sogno, un’aura così”.
Quando la ragazza la definì ‘brutale’, Min Haru arrossì dalla punta del naso fino alla radice dei capelli ed alle estremità delle orecchie. “Aw, grazie. È sempre bello veder apprezzato il proprio lavoro sporco”, ammise a bassa voce, in egual misura lusingata e imbarazzata. Era tentata di chiamarla scherzosamente ‘Ninì’ per smorzare l’effetto del complimento appena ricevuto che non sapeva come accettare, ma si trattenne dal farlo. Invece, si crogiolò nel tepore di quella sensazione poco familiare. La risata completamente priva di filtri della Tassorosso la prese alla sprovvista, riscaldandole il petto e facendole crescere il cuore di qualche taglia. Una scintilla giocosa le si accese nello sguardo.

“Fate domande molto pericolose, Miss Alistine”, rimarcò con un sopracciglio inarcato. “Tutto ha un prezzo, qui dentro. Ancora non l’hai capito?”. Fu abbastanza abile da non lasciare che l’amarezza genuina di fondo che aveva colorato le sue considerazioni contaminasse il suo skit. Rimase giusto ad un rispettabile fondente al 70%. Scosse la testa, sconcertata. Diede un colpo di timone ben direzionato alla loro camminata. Quasi volteggiarono sul posto. “Guardati attorno”, esordì col tono solenne da Mufasa che parlava a Simba di tutti i suoi futuri feudi. “Vedi quel copricapo orrendo laggiù, ad esempio?”, disse con un discreto cenno del capo in direzione dell’obbrobrio pluripiumato e superdotato di tripla veletta in testa a Lady Bancroft. Merlino squinternato, che sgorbio inguardabile. “Costa £20,000. Sai quanta cioccolata potremmo comprare con quei soldi? ABBASTANZA DA FARE LA FELICITÀ DI UNA BUONA FETTA DELLA POPOLAZIONE –magica e non, ci tengo a sottolineare– PER UN BEL PO’ DI TEMPO. ECCO QUANTA”. Sbuffò. Il disappunto era innegabile. Choices, veramente. Fece una breve pausa.

Poi, guardò l’altra Tassorosso con un paio di occhioni nocciola spalancati e carichi di speranza. Speranza che il meraviglioso vestito di Niahndra Alistine avesse delle tasche. Molto ampie, possibilmente. Speranza che quelle tasche possibilmente molto ampie contenessero il cibo degli dei. Speranza che il cibo degli dei in questione fosse condivisibile. “A chocolate penny for my thoughts?”. Il sorriso da cerbiatto smarrito che le rivolse avrebbe intenerito chiunque. Proseguì.

“Sono Haru. Min Haru. So chi sei perché siamo concasate e beh, perché è un po’ il mio dovere ricordare chi è chi qui”. Si picchiettò la tempia distrattamente, come ad indicare il quartier generale degli archivi di norme sociali di dubbia sensatezza e di informazioni più o meno curiose che aveva accumulato negli anni. “È l’unico modo per navigare questa gabbia di matti”, ammise. Improvvisamente self-conscious e stranamente consapevole di essersi scoperta gratis con una quasi perfetta sconosciuta, si riaggiustò nervosamente una ciocca di capelli ribelle dietro l’orecchio. Per qualche ragione che non le era ancora del tutto chiara, qualcosa in lei aveva istintivamente deciso di giocare a carte scoperte con l’altra Tassorosso. Ancor più strano era il fatto che non si stesse preoccupando minimamente di lasciar scorrere tempo a sufficienza tra un’espressione facciale e l’altra. Curiosità, sdegno, pagliaccitudine, sconcerto, ammirazione si susseguivano ed inseguivano rapide sul suo viso aperto senza lasciar spazio a grandi transizioni o artifici di alcun tipo. Strano. Non era certo quello l’effetto che le serate di gala solitamente sortivano in lei.
Soppesò con attenzione l’altra. Ne squadrò bene il viso, la pioggia di efelidi nel mezzo, le fattezze quasi elfiche, la corporatura tonica e scattante. Anche da ferma, Niahndra Alistine sembrava vibrare di una strana energia sotterranea appena percettibile che Haru aveva difficoltà a nominare. Per ora, pensò risoluta. Poi, sottovoce, “Con tutto il dovuto rispetto, chi sei venuta ad ammazzare stasera?”. Con un cenno vago della mano libera, gesticolò in direzione del suo outfit da urlo a mo’ di spiegazione. Inclinò il capo con fare interrogativo. “Ah e a titolo puramente informativo, per caso accetti committenze o suggerimenti sui target?”, domandò col tono da chiedo-per-un-amico-eh-no-worries. Non di certo perché avesse una lista di potenziali bersagli in ordine alfanumerico, assolutamente.

“Più che il tipo di femme fatale che fa girare teste, sembri quella che le fa rotolare a terra”, chiarì con aria sognante. La nota di ammirazione nella voce e nello sguardo ambrato erano inconfondibili. “Voglio dire che sei molto bella, oltre che lowkey fun-size”, aggiunse infine con semplicità. Annuì, soddisfatta della propria diagnosi. Poi, finalmente e meccanicamente distolse lo sguardo dalla concasata. Whoops. In effetti, era da un po’ che non lo faceva. Se n’era dimenticata, naturalmente. Era particolarmente difficile ricordarsi di spostare i fanali della sua attenzione altrove quando ciò che le capitava a tiro nel campo visivo era così saliente. Però oh, ci mancava solo di intimidire la sciagurata vittima di McAllen con la famigerata intensità targata Min Haru nel giro dei primi loro dieci minuti di interazione.

“Ah, sappi che siamo un pugno negli occhi che cammina per chi ci guarda, cromaticamente parlando”, osservò con un ghigno. Il giallo sgargiante del proprio abito accostato al nero lucido di quello dell’altra Tassorosso dovevano essere uno spettacolo niente male per i coni e i bastoncelli degli altri invitati. L’efficienza pura del fastidio profondo che stavano indubbiamente generando nelle raffinate sensibilità della Londra bene semplicemente esistendo l’una al fianco dell’altra era encomiabile.

Poi si rese conto di non aver ancora risposto alla domanda fondamentale che l’altra ragazza le aveva posto, impegnata com’era a gongolare per i danni che stavano infliggendo passivamente all’alta società, ad ammirare lo strano rompicapo che le si era piazzato davanti in forma di Niahndra Alistine, e a pagliacciare senza ritegno non si sapeva bene per il beneficio di chi. L’esperimento, cominciò, “consiste nel vedere quanti poser con la puzza sotto al naso è possibile oltraggiare senza che se ne rendano conto”. Le sorrise con l’aria di chi ha solo pessime intenzioni e tutto il tempo del mondo per concretizzarle. “Ti va di unirti a me? Ti insegno tutti i trucchi del mestiere”. Haru non si curò minimamente di mascherare la propria approvazione. “Tanto si vede che hai già la stoffa per fare a pezzi i sepolcri imbiancati”. Aveva un debole per i talenti naturali in questa nobile arte.

view post Posted: 29/4/2024, 14:02     Cat-astrophe - La Capitale del Mondo Magico
BJpazzM
min haru

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Haru è sempre stata una grandissima fan delle fiamme. Time out, ok? Cioè, non c’è necessariamente bisogno di allarmarsi, ecco. È una passione come tante altre. E – sia ben chiaro – TUTTI gli incendi in cui Haru è stata (più o meno marginalmente) coinvolta fino ad ora sono stati colposi, comunque. O perlomeno nessuno è mai stato in grado di dimostrare il contrario dinanzi ad una Corte d’assise. Se la gran parte delle persone interpreta il suo interesse focoso come limitato temporalmente ai pranzi di gala che si dilungano troppo ed effettivamente al suo pericoloso giocherellare con le fiammelle di candelabri di ogni genere, da barocchi a Rococò alle menorah, la colpa non è certo imputabile alla giovane Tassorosso.
Fatto sta che uno dei molteplici punti a favore delle fiamme vere di cui sopra è il fatto che, a differenza di quelle metaforiche che sembrano bruciarle sulle guance ora, non sono mai abbinate a sensazioni socialmente spiacevoli o personalmente mortificanti.
Dopotutto, non c’è awkwardness che tenga di fronte ad un muro di lingue di fuoco di tutto rispetto quando sei fatto di materia altamente infiammabile anyway. Volente o nolente, le fiamme ti riordinano le priorità. Sono molto efficienti per chi è tendenzialmente scatterbrained come Min Haru.

Min Haru che, furtiva, ruba periodicamente occhiate di sottecchi all’avvenente spilungone aromatizzato al cocco che le si è parato di fronte, notandone e annotandone mentalmente sempre più dettagli. Anche quando non lo sta guardando direttamente, le sembra di percepire il suo sguardo cristallino concentrato su di lei. Per qualche ragione, è acutamente consapevole della vicinanza fisica del ragazzo-giraffa. Cerca inutilmente di addurre quella strana versione di hypervigilance(?) al fatto che la fragranza del muro tropicale sia particolarmente intensa e buona, ma la scusa suona piuttosto debole anche a lei. La spiegazione fa acqua da tutte le parti, e le guance di Haru stanno ancora andando a fuoco. Quando Lex si presenta e si profonde in un inchino galante a tutti gli effetti, la Tassina si ritrova a fissarlo quasi a bocca spalancata per qualche secondo di troppo. Haru non sa molte cose e in questo particolare momento se ne ricorda ancora di meno, ma è certa che Lex sembri essere uscito da un qualche libro di fiabe. Quando la guarda negli occhi nel rialzarsi, Haru sbatte le palpebre due-tre-quattro volte –e poi ancora, fino a perdere il conto– nello sfarfallio confuso di chi sta cercando di raccapezzarsi in una situazione che ha smesso di avere senso. O che forse non ne ha mai avuto sin da principio. E sì che Haru è sempre andata molto fiera del fatto di essere a proprio agio nel nonsense, eh. Gli lancia un mezzo sorriso di scuse.
Il senso di colpa che prova nel notare come Lex si massaggi il punto in cui l’ha colpito le impedisce di fargli presente che in realtà lei non beve caffè. Pena lo svenimento istantaneo. Vabbè, dai, magari stavolta, a differenza di TUTTE le precedenti, un sorso scarso non la farà svenire, no?
Quando Haru fa per accettare il micino che Lex le sta porgendo, il cucciolo si raggomitola ancora più vicino al petto del ragazzo. In altre circostanze, la strega probabilmente si sentirebbe offesa, ma in questa particolare istanza deve ammettere che il giaciglio che il gattino si è scelto pare bello cozy. Divertita, scuote la testa e si avvicina in automatico al ragazzo per accarezzare il felino che ancora tiene in mano.

«Sì, vengo a trovarlo almeno una volta a settimana per litigarci di cattiveria», Haru sorride intenerita. «Ultimamente il vegliardo continua a sostenere che i gatti non possano piacermi più delle persone», lancia un’occhiata indignata a Mr. Chu. «E io gli ripeto da mesi che il suo è un discorso terribile e da specisti, oltre che fattualmente scorretto». L’espressione accigliata di Haru si fa prima fintamente incredula e poi si addolcisce quando quello svitato di Mr. Chu le sorride ammiccante col suo usuale numero imprecisato di felini fra le braccia. Sparlare di Mr. Chu in faccia a Mr. Chu è uno dei passatempi preferiti di Haru e di Mr. Chu.
«E prima o poi lo convincerò a farsi almeno l’antitetanica», bofonchia a mezza voce la Tassorosso con aria da cospiratrice verso Lex. Le proteste di Mr. Chu si levano istantaneamente dall’altra parte della stanza. Haru le sovrasta con un accorato «E INVECE NO, MR. CHU! E SÌ, DIRE CHE UN VACCINO NON VA FATTO SULLA BASE DEL PRINCIPIO DEL NOMEN OMEN NEL VENTUNESIMO SECOLO È IMBARAZZANTE E INACCETTABILE». In sottofondo, sente il vecchio ribadire per la miliardesima volta «Allora perché si chiama ‘Vacci! No’, scusa eh». Haru scuote il capo, scioccata. Poi, il volto le si illumina tutto.
«Qual è stata la litigata più avvincente che vi siate mai fatti tu e Mr. Chu?», chiede a Lex a voce abbastanza alta perché anche Mr. Chu possa sentirla, uno scintillio dispettoso che già danza nello sguardo. Perché beh, uno, è impossibile averci a che fare senza finirci a dibattere nonstop; e, due, Haru è sempre alla ricerca di nuove pallottole dialettiche da mitragliare contro il vecchio amico. Esasperarlo gratuitamente almeno la metà di quanto la esaspera lui con le sue considerazioni farmaceutiche è la sua missione di vita. E poi, dai, vederlo sbuffare e alzare gli occhi da santone al cielo è sempre uno spasso.

disrespect the cats and i'll eat your spine


view post Posted: 20/4/2024, 16:43     Cosa stai ascoltando in questo momento? - Angolo Giochini
CITAZIONE (~ Nieve Rigos @ 20/4/2024, 16:59) 

The Black DogTaylor Swift

Now I want to sell my house
and set fire to all my clothes
and hire a priest to come and exorcise
my demons
even if I die screaming
and I hope you hear it

And I hope it's shitty
in the Black Dog
when someone plays the starting line
and you jump up
but she's too young
to know this song
that was intertwined
in the tragic fabric of our dreaming


~ En, maledetta! :cry2:


...oopsie? :occhioni:
view post Posted: 20/4/2024, 15:52     Paw Power! - Giardino





Haru sorride. L’occhiolino complice del suo Prefetto la rassicura sul nuovo equilibrio ritrovato. È felice di notare che Camille si sia rasserenata e la nuvoletta carica di pioggia fosse in realtà solo passeggera. Non è certa di possedere gli strumenti per gestirne una di più permanente, e la cosa un po’ la spaventa. Il tono minatorio, invece, la fa sogghignare di cuore. Trova sempre molto divertente quando le persone più insospettabili e dall’aspetto meno minaccioso possibile rivelino una particolare streak vagamente… violenta?. Haru sghignazza tra sé e sé. Non è tanto la violenza in sé a divertirla, quanto l’accostamento bislacco di qualcosa di così intimidatorio con il genere di fattezze ed il tipo di personalità che sembrano non averci nulla a che fare. Il contrasto la intriga e la intrattiene.
«O almeno, se la dovessi avere temo di non riconoscere quelli che possiamo definire…segnali, spiega la Tassorosso in prima battuta.
Oh. Lo dice anche ad alta voce. «Oh». Non le sfugge la particolare enfasi che il suo Prefetto pone sulla parola “segnali” e, prima che possa rendersene conto, si ritrova ad annuire energicamente per tutta risposta alle sue osservazioni. Le pare che l’altra ragazza sia ragionando ad alta voce quasi tra sé e sé, ma non può che trovarsi perfettamente d’accordo con le sue considerazioni. Le rivelazioni dell’altra ragazza hanno un che di epifanico anche per lei, in un certo senso.
«Penso di capire ciò che intendi», Haru replica lentamente, come se stesse ancora processando ciò che ha appena sentito e ciò che sta dicendo anche finché continua a parlare. E in effetti è così. È convinta di aver già ragionato in background su questo tipo di argomenti e di aver già intavolato questi discorsi un miliardo di volte con le sue voci interiori nel corso di uno dei suoi tanti monologhi quotidiani, ma le parole di Camille li stanno facendo riaffiorare sotto una nuova luce.
«I sentimenti…», comincia con convinzione, ma rabbrividisce contestualmente e si frena quasi subito. «Veramente una brutta bestia, eh?».
Scuote la testolina ramata come a voler scacciare via quella sensazione di formicolio di dosso, un luccichio birichino già danzante nello sguardo. «So che caterve di libri di self-help e la psicoterapia dicono di no, ma sono dell’idea che se li conosci, li eviti». La fossetta fa di nuovo capolino all’angolo della bocca. Continua a rimuginare sulle riflessioni che il suo Prefetto sta condividendo con lei.
«O più semplicemente non voglio accettarli, che è pure peggio…credo», aggiunge infine Camille. La incuriosisce particolarmente l’ultima affermazione del suo Prefetto, ma al tempo stesso ne è piuttosto confusa. Inclina la testa verso la Tassorosso.
«Che intendi nello specifico? Non vuoi accettare di provare sentimenti? O che altri possano provarli per te?», chiede interessata. «Solo se sei a tuo agio a spiegarmelo, naturalmente», si affretta a rassicurarla con un altro sorriso.



MIN HARU | HUFFLEPUFF STUDENT


code by Camille


Ce l'ho fatta, finalmenteeeeee! Giusto con quei duecentomila anni di ritardo :quote: :old: Ti chiedo perdono per l'attesa eterna :occhioni:
view post Posted: 19/4/2024, 12:21     Cosa stai ascoltando in questo momento? - Angolo Giochini

taylor swift - the alchemy


this happens once every few lifetimes

what if I told you I'm back?
I circled you on a map

'cause the sign on your heart
said it's still reserved for me

honestly, who are we to fight the alchemy?

view post Posted: 16/4/2024, 10:52     Caramelized - Diagon Alley
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L
e è chiaro, ormai. L’entusiasmo della strega adulta è qualcosa di così irresistibile e contagioso che anche solo provare ad opporvisi è perfettamente inutile. Adeline Walker è un turbinio variopinto e dorato che sa di buono e promette un porto sicuro a cui approdare. Haru fa appena in tempo ad avanzare timidamente la sua assurda proposta che si ritrova subito a braccetto con la sua adorata insegnante. È vero che la streghetta ha dovuto imparare a sue spese che la sua ansia tende a dilatare i tempi e ingigantire le distanze, ma questa roba(?) le è completamente nuova. Haru ha vissuto mille vite nella scarsa manciata di primavere da che la sua essenza iperuranica ha avuto la brillante idea pun intended di prendere una forma fisica. Eppure, non si è mai ritrovata in una situazione del genere, in cui la rassicurazione delle sue paure giungesse a tempi di record (e pure con gli interessi), prima ancora che il suo proverbiale catastrofismo potesse anche solo pensare di prendere il sopravvento. Quando le labbra della strega le sfiorano leggere i capelli, Haru incassa timida la testa fra le spalle come una piccola tartaruga presa alla sprovvista. Con le guance in fiamme ed il cuoricino impazzito nel petto, la ragazzina si sente contemporaneamente minuscola e gigantesca. Confusa, felice, ed egualmente incapace di dare voce anche ad una sola delle due emozioni. Si limita quindi a stringersi un po’ più vicina alla giovane donna, arrivando quasi a posare il capo sulla spalla di lei. Quasi, perché l’altra parte subito a marciare in avanti, intenzionata a proseguire nella passeggiata, e Haru si sbilancia così tanto in avanti rischiando di perdere l’equilibrio per lo slancio. Ridacchia sottovoce. Per qualche strano motivo, pensa che anche una caduta rovinosa di fronte alla professoressa non sarebbe poi così terribile. Con un sorriso da Stregatto stampato in viso, Haru segue rapita i mille svolazzi pindarici dell’insegnante. Curiosità rispetto alle sue peripezie, preoccupazione per avventure quasi finite male e solenne approvazione rispetto alla raccomandazione di prendere il patentino per la Smaterializzazione si susseguono veloci sul viso della Tassorosso. Non crede di aver mai mostrato un range emotivo così esteso così apertamente e così a lungo di fronte a qualcuno. Per quanto il microcosmo emozionale interiore di Min Haru sia estremamente profondo e in subbuglio perenne, soggetto alle più imprevedibili maree, difficilmente accade che anche una sola piccola percentuale di ciò che prova finisca per essere esternato. Con la professoressa, stranamente, la superficie si increspa invece di emozioni genuine, prima timide, poi via via sempre più sfrontate e spensierate. Haru alterna sorrisi ed espressioni incredule o più meno incantate a generosi morsi alla sua mela caramellata. Il sapore squisito e la consistenza croccante del dolcetto le regalano un mix spettacolare di sensazioni. La ragazzina dondola felice la testa da una parte all’altra. Alla menzione di un certo “Camillo”, le si alzano le antenne. Il nome le giunge nuovo, eppure le suona inspiegabilmente familiare. Una lampadina si accende totalmente a caso nella sua mente: Haru ha un messaggio da riferire alla professoressa da parte del suo amico dorato! Ops. Si accorge di essersi distratta e di aver perso forse una parte del discorso dell’insegnante. Mette momentaneamente in pausa il suo incarico da messo del Fato Turchino. Le buone maniere, Min Haru!, si redarguisce severa.
“A te cosa piacerebbe ricevere per il compleanno?”. La domanda la coglie completamente alla sprovvista. Dopotutto, non le è mai mancato nulla di materiale. Tutto il resto, invece, beh
Sovrappensiero, resta in silenzio per qualche istante di più – abbastanza perché la professoressa possa incalzarla con un “O qual è stato il tuo regalo preferito in assoluto?”. Il ghigno carico di pessime intenzioni si materializza istantaneamente sul suo volto. La risposta a questa domanda è facile.
“Un libro per apprendere ad ammazzare cristiani”, rivela fiera ed impettita. “A proposito”, Haru esordisce. Si interrompe, poi si dà uno schiaffo in fronte: IL MESSAGGIO! “Me l’ha regalato il mio Fato Turchino”, spiega con sguardo adorante e lontano. “E mi ha anche detto di chiedere aiuto alla mia professoressa di Pozioni, in caso di necessità”. Ora, lo sguardo adorante si fa vicino, concentrato sull’insegnante. Haru mette a fuoco le lenti a forma di cuore. “IL FATO TURCHINO MI HA CHIESTO DI SALUTARLA! HA UNA LINGUA TRICARDICA”, spiega intenerita.
Poi, la fronte si rannuvola temporaneamente nel notare l’apprensione della strega. “Troveremo sicuramente qualcosa”, la rassicura. “Sa dirmi qualcosa di più di questo Camillo?”.




view post Posted: 14/4/2024, 11:03     icebreaker ~ /ˈaɪsˌbreɪ.kər/ - La Capitale del Mondo Magico
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Here, hold my morals. got some sketchy shit to deal with first

«
E così tanti ospiti affascinanti! Sir McAllen stava giusto chiedendomi dei miei genitori, e di come si siano interessati a questa nobile causa».
Per tutta risposta, la risata di Haru tintinnò cristallina e incredula, rotolandole fuori dai denti. Denti che si sforzò con tutta se stessa di non digrignare. Con esiti ragionevolmente fallimentari, specie nel notare come il bro avesse materialmente sbarrato la strada all’altra Tassorosso col suo bastone.
Dovette resistere alla tentazione di sciogliere la rigidità innaturale con cui stava tenendo ritta la schiena. Dai, non per molto, sussurrò suadente una vocina nella testa. Rilassala solo un pochino-ino. Sbuffò sottovoce. Giusto quello necessario per mollargli un pugno sui denti. Uno di quelli che ti facevano un male cane alle nocche, ma così bene al cuore quando vedevi i connotati dell’altro riarrangiati in un’inattesa, innovativa composizione. L'espressione sognante di Haru era inequivocabile. Un Pollock inedito? Un Picasso scomposto? Oppure addirittura un Braque rivisitato? The sky was the limit. Il sorriso di Haru si fece bislacco, prendendo la piega di quando un’ottima idea stava per nascere. Inconsapevolmente, si strinse poco più vicina alla concasata. Stai a vedere che in realtà era davvero solo questione di maieutica socratica?

Scoccò un’occhiata indagatrice alla Tassorosso. La laconicità lapidaria delle risposte della semi-sconosciuta che aveva captato nell’avvicinarla la faceva ben sperare. Nel giro di qualche secondo, decise che le probabilità che la concasata avesse condiviso informazioni veritiere su di sé rasentassero lo zero assoluto. Deviazione standard più, deviazione standard meno. Anche perché McAllen non era esattamente il genere di persona disposto a lasciar parlare il proprio interlocutore, specie se sospettava di essere lui stesso quello con l’upper hand sociale.

«Oh, che sciocca!», esalò Haru con fare drammatico. Il suo volto era l’immagine della mortificazione. L’unica cosa che avrebbe potuto tradirla era il baluginio pericoloso che le scintillò repentinamente negli occhi per poi dissolversi altrettanto velocemente. «Non ho neppure fatto gli onori di casa». Lo sguardo le cadde allora sui raffinati calici di vino che ancora reggeva. Oh. Si era ovviamente dimenticata di averli avuti in mano fino ad allora. Classico. Min Haru, dopotutto, era l’incarnazione più perfetta del detto “out of sight, out of mind”. Chi non la conosceva avrebbe forse potuto definire quel suo tratto come tipico di chi è molto “unbothered”, “no-nonsense” e concentrato sull’hic et nunc; Haru, consapevole di quanto assolutamente “bothered”, “pro-nonsense” e persa nell’ille et tunc fosse in realtà, avrebbe pagato oro pur di avere giusto quel briciolo di object permanence in più. Ma tant’era.

Appuntò gli occhi nocciola incandescenti in quelli acquatici della concasata.
«Ninì», disse istintivamente, «Questo è Sir John McAllen. John McAllen». Il fremito compiaciuto che la percorse nel produrre l’omissione di titolo onorifico fu uguale e contrario a quello parallelo del vecchiaccio nel recepirla. Ah, le impareggiabili gioie della dinamica newtoniana...
Fece una pausa pregna di significato. «Ma non crucciarti, il buon vecchio Johnny non è certo uno che bada a sciocchezzuole simili». Haru trascinò talmente tanto la prima sillaba del nome di McAllen da conferirgli quasi una cadenza inutilmente francofona.
Nessun quantitativo di servilismo di facciata sarebbe stato sufficiente a dissimulare l’espressione inorridita di McAllen. Negli anni, Haru si era resa conto che la naturalezza accogliente con cui era in grado di sciorinare assoluti anti-fatti mescolandoli ad ambigue semi-verità sui peggiori esemplari dell’alta società, unita al suo status, sembrava avere un che di disarmante su quegli stessi individui.

Imperterrita, gli lanciò uno sguardo carico di sottintesi. «E beh, lei», inclinò delicatamente il capo verso “Ninì”. «Chi non la conosce, nelle nostre cerchie?», concluse significativamente. Non aggiunse altro. Lasciò che il vecchio si crogiolasse nello sconcerto del turno di presentazione più sfavorevole e nella duplice implicazione terrificante che la giovane accanto a lei fosse un pezzo grosso. L’aura accigliata ed altera di Miss Alistine sarebbe stata d’aiuto in quel senso in ogni caso, rifletté soddisfatta.

«Non ti ho nemmeno chiesto come procedessero i lavori di restaurazione nel tuo vecchio maniero», continuò poi Haru verso l’altra come se non avesse appena droppato una bomba gigantesca. La concasata avrebbe sicuramente colto la reference. Hogwarts, in quei giorni, si era letteralmente trasformato nel sogno erotico del pensionato medio. O, in altre parole, in un fottuto cantiere edile. Studiare in camera era diventato un incubo. Per non parlare dell’infame col suo terrificante flauto traverso alle 4 del mattino che finora nessuna delle inquiline del dormitorio femminile di Tassorosso era ancora stata in grado di identificare. Non appena l’identificazione fosse andata a buon fine, Haru era certa che lei e le altre avrebbero fatto in modo che quel problema non si ripresentasse mai più. Una soluzione pulita ed infiammata di quelle che piacevano a lei. Restava solo da decretare se le lacrime del colpevole sarebbero state indotte naturalmente o previo impiego di lacrimogeni.

«Permettete?», aggiunse in direzione di McAllen. Gli porse entrambi i calici. Il vecchio, sbigottito dall’improvviso favore riservatogli malgrado la presunta gaffe sociale appena commessa, li accettò senza proferire parola. «Sono una squisita annata ‘94 di…», esordì poi Haru.
«Leroy Domaine d'Auvenay Chevalier-Montrachet Grand Cru», completò lui con fare saputo, dopo aver fatto mostra di aspirarne sonoramente l’essenza. Chiaramente spiando l’etichetta di una delle ormai rarissime bottiglie portate in giro dai camerieri. Improvvisamente, pareva essersi ringalluzzito.
«Impressionante. Mi avete tolto le parole di bocca», replicò serafica Haru. Con un cenno grazioso del capo che si sforzò di non disegnare troppo velocemente a mezz’aria, lo congedò unilateralmente. Disrespectfully, le aveva già frantumato le pluffe a sufficienza.
Haru offrì poi il proprio braccio alla Tassorosso, galante. Se la concasata lo avesse accettato, Haru avrebbe messo più distanza possibile fra loro e quel tizio. «Sei pronta al bagno di folla in mezzo agli NPC?». Non poteva promettere di trarla totalmente in salvo da compagnie discutibili perché erano essenzialmente la portata principale di quella serata di gala, ma poteva promettere attività più invitanti di quelle a cui doveva essere stata sottoposta fino a quel punto.
«Sì, quello era Tavernello sgasato», disse sottovoce alla concasata. Il sorriso si fece un ghigno sghembo a tutti gli effetti. «Mi hai beccata nel mezzo di un grosso esperimento sociale, Ninì», aggiunse divertita. Inclinò la testa verso di lei. Aveva almeno quattro (4) ragioni per chiamarla così – una più nonsense dell'altra – e la cosa l'aveva messa incredibilmente su di giri.

Quattro (4) giochi di parole al prezzo di un (1) tiny new fren?
Un affare, davvero.





Edited by ~ En - 14/4/2024, 12:21
view post Posted: 14/4/2024, 10:21     Cat-astrophe - La Capitale del Mondo Magico
BJpazzM
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Beh. What a way per cominciare la domenica mattina, Signori e Signore. Merlino tostato.
I film le hanno insegnato che apparentemente, pochi istanti prima della morte, uno rivede tutta la propria vita. Ora, Haru è dichiaratamente overdramatic da morire, ma oggettivamente l’unica morte che sta sperimentando in questo momento è quella sociale. Purtroppo, aggiunge silenziosamente fra sé e sé. Quindi ecco. C’è da dire che, fisicamente morta o meno, lei vorrebbe comunque sotterrarsi, quello sì. Sei piedi nel sottosuolo non sembrano sufficienti come distanza da frapporre fra sé e quella situazione (e le persone in essa coinvolte).
Sì, perché il muro tropicale di cocco contro cui Haru si è malamente schiantata si rivela invece un essere umano altissimo e dolorante. Cosa già gravissima di per sé.
Ma, quando un paio d’occhi azzurrini la guardano con aria gentile, Haru sente il colorito delle guance farsi velocemente cremisi. Il sangue pulsa veloce e l’ondata traditrice arriva repentina alla punta delle orecchie, espandendosi fino alla radice dei capelli. Improvvisamente, Haru sembra essere diventata verosimilmente il più scemo dei Teletubbies. Il muro ha salvato sia lei che il suo prezioso carico, pensa sconcertata, con una gratitudine che rasenta lo sdegno.
Il tono tenero della voce che l’ha incoraggiata a reggersi non muta tenore nel chiederle «Che hai portato di buono?» e Haru pensa che sprofondare così giù da annegare nell’Acheronte o nello Stige non sia poi un destino così tremendo, dopotutto. Deglutisce silenziosamente.

«Mr. Chu», la voce di Haru esce un po’ strozzata. Si intima di frapporre distanza fra sé e il ragazzo-giraffa dallo sguardo dolce e di distogliere lo sguardo da lui il più rapidamente possibile. Le riesce stranamente difficile. Scuote la testa ripetutamente, nel tentativo di rinsavire e di far avvenire almeno qualcuna delle sinapsi che la stanno palesemente fallendo in quel momento. Non c’è mezzo neurone che stia facendo contatto ora, oh. «Il colesterolo come va?», chiede poi ad alta voce. «Vengo recando doni che lo metteranno a dura prova», dice alla stanza gremita di micetti. Non sta guardando né Mr. Chu, né il muro di cocco. Non pensa sia una maniera normale di rivolgersi alla gente, ma al tempo stesso incrociare lo sguardo sicuramente divertito del primo e inspiegabilmente anxiety-inducing del secondo le sembrano idee egualmente terribili.

Inspira piano. Espira. Si fa forza. Cioè va bene tutto, va bene l'awkwardness, ma comportarsi così con chi l’ha appena aiutata è veramente da miserabili. Si costringe a rialzare gli occhi per piantarli in quelli del suo muro salvifico. Cerca (senza troppi risultati) di non soffermarsi con eccessiva attenzione sul curioso gioco di contrasti che è l’aspetto del ragazzo, su come colori freddi e tratti affilati sembrino tuttavia trasfigurati da un calore soffuso e rassicurante che invade la stanza e l’avvolge con la stessa leggerezza del suo profumo. «Chiedo scusa per il mio ingresso à la I-came-in-like-a-wrecking-ball. Sono Min Haru», snocciola veloce. «Solo Haru», si corregge. «Di solito cerco di non falciare la gente al primo incontro. È roba almeno da terza-quarta uscita, ma evidentemente a ‘sto giro ci tenevo a fare colpo sul mio pubblico». Non ha ancora finito la frase, che il rossore incandescente è già di nuovo pronto a scintillarle sulle guance. Why are you like this? Il facepalm esistenziale è d'obbligo.
Merlino pietà. L’unico colpo di cui ha bisogno adesso Haru è quello che Caronte le dovrebbe battere (possibilmente in fronte). Possibilmente con sufficiente forza da farle perdere conoscenza fino al prossimo ciclo di metempsicosi. «Qualcuno ha voglia di cioccolato?».

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view post Posted: 29/3/2024, 15:29     +1Hot Zone - Richiesta d'Accesso - News & comunicazioni
Buondì, si può? :occhioni:
Io ed Haru curiosissime di scoprire cosa si nasconda dietro questa porta :muah:
view post Posted: 21/3/2024, 19:38     icebreaker ~ /ˈaɪsˌbreɪ.kər/ - La Capitale del Mondo Magico
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Everybody at this party's fucking fake

M
erlino treno merci foriero di caffè, due volte maledetto per ogni chicco a bordo, Haru cantilenò silenziosamente fra sé e sé, quasi stupita da quel suo improvviso guizzo di creatività in trincea.
Quella serata di gala si stava protraendo all’infinito. La breve pausa che si era presa per il cosiddetto “impomatamento del naso” non era (e non sarebbe mai) stata sufficiente a farla riprendere da tutta la small talk e da tutte le lunghe conversazioni sul NIENTE più assoluto che da ore le stavano venendo inflitte a mitragliate da parte di soggetti variamente sgradevoli. Ne era perfettamente consapevole. La tentazione di aleggiare come uno spettro fra quegli esemplari appartenenti a stadi differenti dello spettro dell’ipocrisia più ridicola e stridere come uno pterodattilo nelle loro orecchie quando meno se lo sarebbero aspettati si stava facendo sempre più irresistibile. Haru non era più così tanto sicura di volersi trattenere ancora a lungo dal farlo.

Sospirò piano. Riscivolò veloce nella Sala di Cristallo, gettando solo uno sguardo fugace allo specchio all’ingresso – volutamente insufficiente ad osservare il proprio riflesso nella sua interezza, ma sufficiente a mostrarle un baluginio spudoratamente giallo e a dipingerle un sorrisino obliquo e fossetta-munito in viso.
Poche cose la gratificavano quanto le piccole ribellioni impunibili che amava commettere sfruttando i loopholes più apparentemente introvabili. Più in bella vista il loophole, più gratificante l’infrazione.

Dopotutto, di chi era la colpa se il tema scelto per l’evento di beneficenza organizzato dai suoi genitori era stato “La Belle Époque”? E se gli invitati ora sembravano un ammasso informe di colori neutri e pastello e abiti vaporosi e coprenti, mentre Haru era un trionfo dorato di cutouts? Di chi era la colpa se nessuno aveva pensato di prendere in considerazione il famigerato poster alcolico di Jules Chéret del 1894 a mo’ di moodboard per il proprio outfit?

La fossetta al lato della bocca di Haru si fece più profonda. Dal momento che l’invisibilità incorporea che tanto agognava in quelle occasioni era un sogno impossibile e che la visibilità le veniva invece imposta a forza (e senza che lei se ne potesse sottrarre in alcun modo), tanto valeva affibbiarsela addosso ai propri termini.

Controvoglia, si riscosse dalla sua rêverie. Osservò sconsolata i due calici di vino che stringeva in mano. Negli anni, aveva appreso ed accettato il fatto che la sua partecipazione alle serate di beneficenza organizzate dai suoi fosse un male necessario. Un’altra infelice costante di queste occasioni sociali era la necessità da parte di Haru di fare damage control. La mina vagante di quella particolare serata?
Sir John McAllen, vomitò Haru. Lo gnegnegne era palpabile nella sostanza stessa dei suoi pensieri.
Il vecchio benefattore dell’orfanotrofio era infatti una cornucopia purosangue di pessime abitudini, incompetenza scioccante e — rifletté Haru con orrore — allucinante assenza di buone maniere. Poteva scusare tanti difetti nelle altre persone, ma la maleducazione era una di quelle cose che la mandavano completamente in bestia. E McAllen era un incubo su due gambe. Beh, tre, se uno avesse voluto considerare il bastone che portava sempre con sé, più per mostra che per effettiva necessità.

E ora qualcuno sembrava essere finito nelle grinfie del vecchio dinosauro classista – NO, ASPETTA UN PO’, pensò Haru con uno sbuffo sdegnoso e un’alzata degli occhi al cielo. Quelle maestose creature non meritavano alcun tipo di associazione col poser stantio in questione.

La sua disgraziata vittima designata del momento?

Una giovane dall’aspetto crepuscolare che Haru aveva adocchiato sin dal primo istante e che aveva automaticamente schedato come “Niahndra Alistine”, andando per esclusione rispetto alla lista degli invitati che Haru già conosceva o che aveva imparato a memoria in preparazione per la serata. Man mano che incontrava qualcuno di nuovo, ne spuntava il nome dall’elenco mentale, vi aggiungeva postille ed asterischi, note a piè di pagina e correzioni ad apice o pedice, senza particolare cura a dove li mollasse, ma con estrema dovizia di particolari rispetto a cosa mollasse.

Ripercorse veloce le informazioni che aveva accumulato ed appreso su di lei.

Niahndra Alistine. Studentessa di Hogwarts. Tassorosso.

I suoi genitori adottivi le avevano insegnato che non era mai accettabile consigliabile presentarsi impreparati a questo tipo di occasioni. E, per quanto la gran parte delle credenze genitoriali fossero visceralmente contrarie a tutto ciò che la figlia sapeva di essere, ad Haru non dispiaceva affatto memorizzare preventivamente informazioni quanto più possibile dettagliate e specifiche sui loro ospiti. Anzi.

Niahndra Alistine. Studentessa di Hogwarts. Tassorosso. Cacciatrice di Quidditch.

La sua mente curiosa amava saltare rapida da un dettaglio all’altro, creando un serbatoio ricco e colorato di ritratti abbozzati a cui attingere prontamente in caso di necessità, indugiando quasi gioiosamente su ciascun dettaglio.

Niahndra Alistine. Studentessa di Hogwarts. Tassorosso. Ex Cacciatrice di Quidditch, ora Battitrice, si corresse mentalmente. Inclinò la testa un po’ di lato, com’era solita fare quando era impegnata a navigare tra informazioni dal suo archivio mentale particolarmente difficili da recuperare. Manca ancora qualcosa, pensò, rosa dal nagging feeling che stesse dimenticando un elemento di cruciale importanza.

Il tempo di coprire con falcate marziali la distanza che ancora le separava fu abbastanza per recuperare le informazioni restanti che aveva diligentemente archiviato nella sua mente e per raggelarle il sangue nelle vene. L’orfanotrofio.

“How do you do, darling?”, esordì Haru in direzione della ragazza nella voce più flautata ed expensive che fu in grado di evocare, trascinando la prima sillaba del vezzeggiativo un pizzico più esageratamente del necessario – abbastanza perché chiunque non fosse too posh to function potesse cogliere l’antifona.

Fissò uno sguardo fiammeggiante sulla concasata, cercando di incrociare il suo.
Come on, dahling. Trattenere il ghigno diabolico che minacciava di esploderle in viso da un momento all’altro stava diventando progressivamente più difficile. Gioca con me. Oppure sit back and enjoy the show? Inclinò di poco il capo studiatamente in direzione del vecchiaccio, come a dirle, “You up for some rightful retribution collective bullying of the elderly?”.

Poi si rese conto di essere stata inavvertitamente scorretta nei confronti dell’altra Tassorosso: abituata com’era ad essere perfettamente riconoscibile (e costantemente riconosciuta) in queste cerchie prepotentemente bianche e ossessionate dallo status dell’alta società coi suoi tratti marcatamente asiatici e il suo impressive pedigree, Haru aveva istintivamente dato per scontato che l’altra ragazza sapesse chi era lei. Di una cosa, però, era abbastanza certa: sicuramente, la Tassorosso doveva conoscere i suoi genitori, anche solo di nome e in qualità di organizzatori di quello scempio di serata a cui doveva essere stata invitata. Intenzionata a sanare il potenziale faux pas, poiché non le sembrava giusto sapere piuttosto chiaramente chi avesse di fronte senza che l’altra sapesse chi era lei, aggiunse, “Come ti sembra la ‘festicciola’ dei miei genitori?”. Prestò particolare attenzione ad alzare gli occhi al cielo nel dire “festicciola” con aria infastidita, come a sottolinearne la scala assolutamente unremarkable. Come se né lei né la “sua” dahling fossero minimamente toccate dall’altezza di quei soffitti sontuosi o dal numero impressionante di invitati. E, già che c’era, si augurò che la cosa dissimulasse l’enfasi particolare sulla chiusa della sua domanda alle orecchie del poser.

Quel pallone gonfiato di Sir John McAllen aveva indubbiamente cattive intenzioni, ma “Lady” Min Haru non vedeva l’ora di rilanciare con altre di ben peggiori.

Hopefully, con un po’ d’aiuto da parte della “sua” dahling.


view post Posted: 21/3/2024, 15:54     Cat-astrophe - La Capitale del Mondo Magico
BJpazzM
min haru

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“BRO”, Haru trilla felice, mentre il buon vecchio Ambrogio le trotterella lemme lemme al fianco. La ragazza rallenta il passo affinché il bel vagabondo possa sostenere la sua andatura. “Anzi, Sir Bro”, si corregge subito. Bisogna portare rispetto ai distinti gentiluomini di una certa età, pensa solenne. Soffia un bacio verso il gattone, il quale, per tutta risposta, le si struscia sulle gambe. Che è assolutamente adorabile. E che assolutamente esula dalle capacità di equilibrio e coordinazione regalate ad una certa Min Haru dalla genetica e dagli arti incredibilmente dinoccolati che si ritrova.
La Min Haru in questione rischia di cadere, inciampando malamente sui propri piedi, in almeno sette modi differenti, tutti uno più potenzialmente catastrofico dell’altro. “Bro, ti scongiuro, non attentare mai più alla mia vita così. C’è gente a giro che non ne ha sette”. Il piccolo lord, per tutta risposta, la guarda in cagnesco. Offeso, senza dubbio, anche dalla vergognosa mancanza di onorifici accanto al suo nome. Haru, devastata dal suo stesso imperdonabile errore, si scusa per l’affronto. Silenziosamente, gli promette razione tripla di coccole.
“SIS”, saluta poi la bella Sistole, che, col suo pelvo fulvo lucidissimo al sole, arriva a reclamare le sue attenzioni. “ASS”, aggiunge quando anche Diastole le raggiunge in tutto il suo splendore tigrato. “ZIA”, sorride al siamese a forma di mappamondo che le viene incontro. Per inciso, ‘Zia’ –diminutivo di ‘Sazia’– è ENORME. Di certo, la massima “nomen omen” sembra non valere granché quando si tratta di Zia, vista la perfetta globosità del suo aspetto. Ad Haru pare impossibile che la micia in questione abbia mai avvertito il senso di sazietà in vita sua. È una palla perfetta. La adora alla follia. Mr. Chu, tra l’altro, sostiene che si tratti in realtà di un nome di origine araba. Haru non è certa che sia proprio vero, ma al tempo stesso ha una paura dannata di cos’altro la mente dell’anziano gattaro possa partorire in alternativa. Certo, l’etimologia è importante, ma la dignità della felina sferica decisamente di più. Scuote la testa, rassegnata. Ancora non può credere all’ultima proposta dell’uomo e al sorriso sdentato e irresistibile con cui l’ha accompagnata: Lee, diminutivo di Clistere. Non che la penultima fosse tanto migliore, eh. Ross, diminutivo di Blefarospasmo. Merlino ipocondriaco e germofobico intrappolato nel bagno di un autogrill di quarta categoria alle quattro di notte, impreca Haru fra sé e sé. Il medico di base di Mr. Chu la deve piantare di parlargli in medichese, perché lo scotto da pagare per i poveri felini in termini di capitale sociale è esorbitante. Il giorno in cui il gattaro scoprirà cosa sono le fistole anorettali, sarà ufficialmente finita, poco ma sicuro. Un facepalm al ricordo della questione ad Haru ora non glielo toglierebbe proprio nessuno, se non fosse che la ragazza ha le braccia letteralmente stracolme di cibo per gatti ed un cesto altrettanto traboccante di ogni tipo di torta e pasticcino che è stata in grado di sfornare nottetempo. È tempo di esami ad Hogwarts, ma il cioccolato non si nega a nessuno. O perlomeno questa è la menzogna che Haru si racconta con una convinzione fervida che rasenta il fanatismo religioso per giustificare il coping mechanism tutto suo che s’è inventata negli ultimi tempi per gestire l’ansia da prestazione legata alle performance accademiche.
“Sir Bro, dai, non te la prendere”, incalza ancora il suo amico a quattro zampe, che la segue tutto impettito e con aria innegabilmente indispettita fino all’uscio di casa di Mr. Chu. Distratta e impensierita dalla faida col suo dinosauro preferito, Haru entra in casa. Prima ancora che possa salutare il proprietario di casa, un altissimo muro tropicale all'invitante profumo di cocco le si para dinanzi, totalmente inatteso.
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Il sussulto che le sfugge dalle labbra è inevitabile, la testata pesantissima che caccia inavvertitamente al suddetto muro (stranamente morbido, per essere un muro) è epocale. Prima di cadere rovinosamente a terra all’indietro, appesantita dal carico immane che regge ancora fra le braccia, Haru ha giusto il tempo di pensare: Beh, questi… saranno boccini amari. L’impatto col suolo si prospetta a dir poco drammatico. Spero solo che i muffin al cioccolato si salvino.

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view post Posted: 29/2/2024, 22:19     F e r n w e h, - Frammenti

up in flames

contest a tema • febbraio 2024 • possesso

ambientazionescuola, prima di Hogwarts (11 anni)




Fireworks exploding in my hands
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I
n un mondo di participi più o meno felicemente congiunti, Haru era sempre stata convinta di essere così irrimediabilmente danneggiata che avrebbe finito per confonderlo col dativo di possesso. Pertanto, aveva riflettuto, la perfetta autoconclusività dell’ablativo assoluto era l’unica soluzione percorribile per lei. Lei e Jun avevano trascorso ore ed ore a parlarne assieme, intenti a sviscerare le rispettive idee sulle relazioni sentimentali.

“Meglio limitarsi a sfiorare le vite degli altri con tocchi leggeri”, aveva rivelato la ragazzina all’amico con uno svolazzo della mano ed un sorriso che voleva essere leggero, ma che –malgrado gli sforzi– non aveva raggiunto gli angoli degli occhi. Sfiorare, sì. Giusto con la punta delle dita, una carezza gentile coi polpastrelli, appena percettibile, sempre attenta a non piantare le unghie. Garbata, distaccata.
Meglio sfrecciare veloce al loro fianco come una meteora, regalando abbastanza della sua luce e del suo tepore da farli stare bene, e poi volatilizzarsi prima che la sua incandescenza distruttiva diventasse evidente e dolorosa per i loro occhi. Prima che diventasse chiaro come i mille frammenti colorati che componevano il mosaico-Haru e che tanto catturavano l’attenzione altrui fossero cocci ingannevoli. Sgargianti, così luminosi da accecare chi si fosse azzardato a scrutarli troppo a lungo, nascondendo spigoli taglienti che non perdonavano.


Haru bruciava. Lo sapeva fin troppo bene. Non era cieca all’illusorietà del proprio aspetto.

Sin dalla più tenera età, aveva avvertito in sé un’insolita forma di fame. La tipica fame di qualcuno a cui tecnicamente non era mai stato fatto mancare nulla in termini di agi, ma che praticamente sapeva senza alcun’ombra di dubbio che nulla di ciò che le veniva dato le appartenesse per davvero. Non si trattava di niente più che d’una concessione magnanima e transazionale da un’entità superiore, che, in quanto tale, poteva essere revocata in qualsiasi momento.

Haru riusciva ad immaginare vividamente la voracità infantile con cui si sarebbe avventata su qualcosa di suo per davvero, le dita mosse da un’ingordigia torbida che non conosceva confini e che non era nemmeno interessata a conoscerli. Le mani, artigli pronti ad ancorare e stringere a sé con prepotenza maldestra. La atterriva.
Estranea com’era all’idea di tenere in mano qualcosa che le appartenesse sul serio, Haru non era certa che la sua goffaggine non potesse tramutarsi in crudeltà. Nessuno le aveva mai insegnato la delicatezza. Legarsi all’altro senza affondarvici le unghie per radicarvisi, senza stringere così forte da soffocare e uccidere, le sembrava impossibile.

Ma questa parte se l’era tenuta per sé. Non mostrava volentieri ciò che realmente sentiva. Dopotutto, il timore di venire fraintesa era ben più forte del bisogno di vicinanza. Non cercava rassicurazioni, e l’idea di ricevere occhiate cariche di commiserazione le dava il voltastomaco. Aveva quindi sapientemente spostato la conversazione verso lidi più ameni, e Jun l’aveva seguita fiducioso.

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Ora, Haru è tesa e vigile. È consapevole della posa innaturalmente rigida che ha assunto, ma non sa bene come romperla, né se sia consigliabile farlo. Abbassa lo sguardo senza muovere un muscolo in più del necessario. Il bigliettino bianco spiegazzato di fronte a sé la fissa insistente, esigendo risposta.

Non vede la faccia di Jun, ma sente la nuca pizzicare del formicolio del suo sguardo dal retro dell’aula.

Fissa ancora una volta il bigliettino. “Haru e Jun?”, le chiede. Di nuovo.
Come la prima volta che Haru ci ha gettato lo sguardo quando se l’è ritrovato davanti.
Come tutte le dannate volte che Haru ci ha gettato lo sguardo da quando se l’è ritrovato davanti.

Un timido cuoricino a sostituire l’accento sulla ‘ì’ di ‘Sì’. Il ‘No’, lì accanto, è vergato in una grafia sottile e tremante. Sotto, un disegno di lei e di quello che lei ha ritenuto per anni essere il suo migliore amico che si fissano ai bordi opposti di un ponte. La mano di Jun tesa verso di lei.


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Se socchiudesse le palpebre, Haru riuscirebbe a visualizzare nei minimi dettagli l’espressione adorabilmente concentrata dell’amico mentre realizzava quel bigliettino, il labbro inferiore catturato fra i denti, la piccola pieghetta fra i sopraccigli, la testa inclinata di lato a studiare le ombreggiature del suo schizzo. Sente la bile risalirle verso la gola. Persino l’autocontrollo estremo che le è stato inculcato da una vita intera non riesce a mascherare completamente il tremore che la percorre da capo a piedi.
Jun sa cosa pensa Haru delle relazioni sentimentali. Ne hanno parlato a cuore aperto più e più volte.
Lo sa, e pensa comunque di poter valicare quel confine impunemente. Poche cose bruciano quanto la chiara percezione di essere stata inascoltata e non-vista in maniera così fondamentale da una delle persone a cui tiene di più. Guarda nuovamente il disegno.

Vorrebbe farlo a pezzi.

Uno strappo. Netto, reciso.
La rimozione di qualunque concordanza con l'esterno.
Un tradimento assoluto per un tradimento di possesso.
La precisione catartica di una lacerazione inferta intenzionalmente.


Totalmente immersa in un turbinio labirintico di emozioni incontrollate, lo tortura con le mani.

Di lì a poco, il suono della campanella annuncia il termine della lezione. La ragazzina si alza lentamente. Teme che, se dovesse muoversi troppo rapidamente, la nausea che le attanaglia le viscere da quando ha ricevuto quel foglio la costringerebbe a vomitare. E comunque, non c’è alcuna fretta. Conosce Jun. Sa che il ragazzo non la avvicinerà prima di aver ricevuto una risposta da lei. Già, conosce Jun; e il fatto che lui non conosca lei scotta molto più del previsto.
Min Haru non si volta neppure per un istante. Zaino in spalla, raccoglie le sue cose ed esce senza proferire una parola. Non riuscirebbe a parlare neanche se lo volesse. Il groppo in gola è insopportabile. Non ha più niente da dire. O forse ha troppo da dire, e il volume di ciò che dovrebbe dire è troppo per essere verbalizzato. Muta, prosegue verso l’uscio.

Dietro di sé, solo due cose.

Caduto a terra, il frammento di foglio con le due caselle traditrici accartocciato malamente.
Sul banco, il resto del disegno ridotto a niente più che un fuoco di origami.

Haru si impone di non immaginare l’espressione ferita del suo ex-amico. Quasi ci riesce.
Si costringe a rilassare forzatamente le spalle. Se ne va.
Assoluta, come solo un ablativo sa esserlo.
Would all the stars then shine a bloody red?

view post Posted: 27/2/2024, 10:53     Cosa stai ascoltando in questo momento? - Angolo Giochini

of monsters and men - little talks

the screams all sound the same

you're gone, gone, gone away
i watched you disappear
all that's left is a ghost of you
now we're torn, torn, torn apart
there's nothing we can do



70 replies since 2/9/2023