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«Ci ho già pensato io. Tua nonna è via da un po', non crederai mica che non mi prenda cura della sua casa quando non c'è!» Era in parte vero. Da quando sua madre era partita per chissà dove, Seraphine era salita a casa sua con cadenza regolare per dare una spolverata e far arieggiare le stanze, ma più che per amore materno lo faceva per assicurarsi che la trascuratezza non causasse infestazioni di topi o chissà quali altre creature disgustose, che poi avrebbero potuto finire anche di sotto. Subito dopo la partenza di Millicent, Seraphine aveva notato con stupore quanto fosse ordinata quella casa. Lo stupore non era dovuto al fatto che sua madre fosse trasandata, quanto al fatto che Seraphine associava la magia al caos e al disordine, e si aspettava sempre di vedere strani alambicchi e diavolerie varie produrre colori e fumi bizzarri. Si trattava di cose che in realtà aveva già visto altre volte in passato, ma lo scorrere del tempo e il susseguirsi degli eventi della sua vita avevano deformato i suoi ricordi e la sua considerazione di tutto ciò che era magico. In ogni caso, non c'era alcun bisogno quel giorno di salire a casa di Millicent. Iniziando a togliere i piatti vuoti dalla tavola, Seraphine mise un punto alla questione. «Non serve che sali, mi serve che ti prepari la valigia e anche in fretta, che il viaggio è lungo e dobbiamo portare un sacco di cose. Anche perché... Oh, no!» Seraphine si fermò di botto, portandosi la mano libera sulla fronte e dandosi un colpo di incredulità. «Non ci credo! Ho dimenticato che c'è da ritirare il dolce in pasticceria! Completamente dimenticata... com'è possibile...» Più che panico, nella voce e nel volto della donna si poteva leggere irritazione. Detestava gli imprevisti, e questo era uno bello grosso. La tabella di marcia era già fitta, ogni ulteriore aggiunta rischiava di causare un ritardo, e questo era inaccettabile. Pensò velocemente a tutte le opzioni: mandare Matthew era impensabile, avrebbe finito di lavorare giusto in tempo per rientrare a casa all'orario della partenza; peggio che mai mandare Amelia, non tanto per i bagagli - avrebbe potuto finirli lei per la figlia - quanto per il fatto che la pasticceria era un po' lontana e non si fidava a mandarla da sola. Doveva andare per forza lei, o a cena non ci sarebbe stato il dolce per nessuno. Presa la decisione, si voltò verso Gin, sguardo serio e tono imperativo, che tradiva un punta di disperazione. «Amy, devo andare a fare una commissione urgente di cui mi ero dimenticata. Farò più in fretta che posso. Ho bisogno che mi dai una mano, ovvero che ti finisci assolutamente il prima possibile la valigia e che sparecchi la tavola e fai partire la lavastoviglie, tutto quello che ti serve è sotto il lavello, sai come fare. Ci impiegherà circa mezz'ora/quaranta minuti. Quando finisce poi aprila, se riesci asciuga i piatti, altrimenti non fa niente ma basta che la apri! Posso contare su di te, sì?» Senza nemmeno aspettare una risposta, Seraphine corse a mettersi le scarpe e il cappottino leggero, si avvicinò a Gin e le baciò la fronte. «Grazie mille stellina. Torno presto!» Si mise in tasca le chiavi di casa, che comprendevano anche quelle di casa della nonna, così si sarebbe sentita più tranquilla all'idea che la figlia non perdesse tempo a cercare chissà cosa in quella soffitta. Uscì e si chiuse la porta alle spalle, lasciando così Gin sola in casa. |