Cottage Wilkinson,
20 anni prima.
Il cigolare della finestra interruppe l’agitato sonno dell’uomo. Il rombo di un tuono e la scrosciante pioggia lo costrinse ad alzarsi dal letto per raggiungere la finestra della camera. Le ante in legno cigolavano. Quando aveva acquistato quel cottage sembrava perfetto, un po' malandato, ma perfetto per ospitare una coppia di novelli sposi. Ora che quella fiamma si era spenta gli pesavano tutte le piccole imperfezioni di quel posto. L’amore era capace di rendere dolce anche le difficoltà più amare, un po' come la cioccolata.
Hannah amava la cioccolata calda.Provò a soffocare quei pensieri mentre richiudeva la cigolante finestra. Ruotò con decisione la maniglia dell’anta ed allontanò cautamente la mano quasi temendo che la finestra venisse di nuovo spalancata al minimo movimento. Un sospiro sfuggì dalle sue labbra, gli occhi stanchi reduci dall’ennesima notte di tormenti si soffermarono sulle coperte del letto. Desiderava solo trovare un po' di pace ora che accanto a sé non c’era più il corpo di lei a riscaldarlo ed il suo profumo a rassicurarlo. Ricordava come fosse ieri quando accarezzava la sua morbida chioma, quando fingeva di dormire per poterla osservare ancora per qualche minuto ai primi raggi del mattino. Ricordi che laceravano una ferita ancora aperta.
- Papà… ho paura. - Il dolce pigolio di una bambina con il sole nei capelli lo costrinse a rivolgere lo sguardo verso l’uscio della camera. Aveva lasciato la porta aperta e la luce da notte per rassicurare Lux. Era terrorizzata dal buio e dai temporali. Non c’era più Hannah a proteggerla da ogni sua paura. Rimase in piedi ad osservare la figlia in pigiama, con le manine ben strette sul suo peluche a forma di orso e gli occhi grondanti di lacrime.
- Dov’è la mamma? - L’ennesimo dardo che si conficcava in un cuore a brandelli. Non aveva risposte né per sé né per la bambina. Poteva solo alimentare le sue speranze con una dolce bugia, perché né lui e né Lux avrebbero retto l’amara verità.
- Vieni qui. - L’uomo si accomodò sul ciglio del letto, indicando con una mano il posto accanto a sé. Allungò il braccio per accogliere la bambina sotto la sua ala. Lux si avvicinò con passo rapido, temendo quasi che un fulmine potesse irrompere nella stanza e separarla per sempre da suo padre. Lo abbracciò alla ricerca di quel calore che giorno dopo giorno diventava sempre meno rincuorante. I sorrisi del padre erano sempre più spenti. Lei non capiva e forse era un bene. Viveva nella costante attesa del ritorno della madre. Le aveva promesso di portarla a Mielandia e farle assaggiare la cioccolata più buona e prelibata che c’era. La sua dispensa di Cioccorane era vuota da giorni ormai.
- E le babbucce? Quante volte ti ho detto che non devi andare scalza in giro per casa? - Non era bravo a rimproverarla. La bambina osservò i suoi piedini nudi ed abbassò appena la testa con sguardo colpevole. Non riusciva più a trattenere le lacrime.
- Mi…Mi dispiace. Il temporale mi ha spaventata. -Se c’era qualcosa che Jason non poteva sopportare era vedere sua figlia piangere. Le cinse il capo con le braccia e la baciò sulla fronte.
- Non importa. Vuoi dormire nel letto con me per questa notte? - La bambina tirò su con il naso e provò ad asciugare le lacrime. Il padre con premura le cancello quei segni di tristezza dal viso, percorrendo con il pollice il profilo degli occhi della figlia. Quel taglio d’occhi, le ricordava molto Hannah.
- Dov’è mamma? - Non c’era giorno o notte in cui Lux non chiedesse di sua madre. E la sua risposta era sempre la stessa.
- Cioccolata? -[ … ]
Cottage Wilkinson,
13 anni prima.
- NON VOGLIO ANDARCI! - La voce dell’undicenne tuonò nella piccola cucina. Jason stava preparando la colazione. Aveva già messo a scaldare del latte in un pentolino e stava farcendo alcune brioche con confettura di ciliegie.
- Non voglio andarci! - Continuò imperterrita. Suo padre adagiò il coltello sporco di marmellata sul tavolo e ripose un vassoio pieno di biscotti, croissant e brioche per permettere alla bambina di fare colazione. Le prime luci del mattino filtravano attraverso la finestra della cucina ed illuminavano il volto imbronciato e rosso d’ira di Lux. I suoi pugni erano ben stretti sullo schienale di una sedia ed era pronta a sbattere con forza i piedi a terra fino ad averla vinta come sempre. Jason non era mai riuscito a dirle di no, probabilmente per i sensi di colpa che nutriva per lei. Si sentiva responsabile dell’infanzia a metà che stava vivendo sua figlia.
- Devi frequentare Hogwarts come tutti i bambini della tua età. È importante, Lux. - Con pazienza l’uomo cercava di farla ragionare. La ragazzina era spaventata, anzi terrorizzata. Temeva di non rivedere mai più suo padre, proprio come era accaduto anni prima con sua madre. Infondo bastava poco per voltare le spalle e sparire dalla vita delle persone. Il vero coraggio stava nel restare. Non capiva come mai i suoi capricci non sortissero alcun effetto sul padre, che sembrava più che convinto di farla vivere lontana da lui. Il Galles non era poi troppo lontano dal castello scozzese, ma per una bambina era impossibile colmare quella distanza, quel vuoto che si era portata dietro per così tanto tempo. Le lacrime le bagnarono il volto.
- Non voglio andare. Perché vuoi farmi stare lontano da te? - Hogwarts significava non vedere più suo padre, i suoi giochi e ricevere la favola delle undici prima di addormentarsi. Non era pronta ad abbandonare tutto ciò e non ne vedeva il motivo.
- Emilie… andrai ad Hogwarts. - L’uomo ripose la tazza di latte caldo sul tavolo ed invitò la ragazzina a prendere posto per la colazione. Non era mai un buon segno quando il padre utilizzava un nome diverso da Lux. Stava perdendo la pazienza.
- Ma… papà… - Lo sguardo spazientito del padre sancì la fine della discussione. La ragazzina si sedette mestamente al tavolo per vedere il suo sguardo triste riflesso nella tazza di latte.
- Mi abbandonerai come ha fatto mamma? - Confessò la sua più grande paura. L’uomo smise di mangiare la brioche. Il solo pensiero che sua figlia potesse anche solo pensare una cosa del genere gli cancellò l’appetito ed il buonumore. Si alzò per avvicinarsi alla bambina e cingerla con un abbraccio. Si sentì un pessimo padre. Avrebbe dovuto capirlo.
- Assolutamente no. Non pensarlo mai… Lux. Io ci sarò sempre per te. Domani andremo a Diagon Alley e ti comprerò un animale da compagnia nel caso ti sentissi sola al castello e ci terremo in contatto via Gufo. Ritornerai per le vacanze di Natale a casa e potrai invitare tutti i tuoi amici, anche se la casa è piccola. - Sussurrò con dolcezza all’orecchio della ragazzina.
- P…Promettimelo. - Pigolò tra un singhiozzo e l’altro.
- Promesso… cioccolata? - Le iridi arrossate si sgranarono per la sorpresa. Suo padre non le permetteva mai di bere cioccolata calda a colazione. Si voltò verso di lui pensando che fosse l’ennesimo scherzo. Era serio.
- C…cioccolata! -[ … ]
Cottage Wilkinson,
5 anni prima.
Richiuse con un sospiro il baule. Lo aveva riempito non solo con abiti ed un piccolo tesoretto di libri, ma anche di tanti sogni ed aspettative. Sentiva che era giunto il momento di partire, di trovare la propria strada. In sette anni ad Hogwarts non aveva fatto che nascondersi, non aveva capito nulla di sé ed il druido Finn non aveva altro da insegnarle. Per quanto l’idea di abbandonare la propria patria e separarsi dai suoi affetti la spaventasse era più che convinta a partire. Non sapeva dove il suo istinto l’avrebbe spinta, eppure desiderava tanto viaggiare per aprire la mente e liberarsi di quella foschia che per anni l’aveva tenuta prigioniera di se stessa. Era giunto il momento della svolta, crescere.
Ritornò in cucina dove un Jacob pensieroso preparava la sua ultima arringa per convincerla a restare. Era stato difficile fare il padre, soprattutto crescere una figlia tutto da solo. E lei non gli aveva mai reso il compito facile. Pretendeva troppo, anzi tutto da suo padre. Se solo avesse potuto il mago le avrebbe strappato la luna dal cielo pur di renderla felice. Raramente si era messa nei suoi panni ed era giunta alla conclusione di non essere stata mai una brava figlia. Un pensiero che non era pronta ad ammettere né a se stessa e né al padre. L’indomani sarebbe partita e non sapeva cosa dire o fare. Non era mai stata brava ad esternare le sue emozioni. E nemmeno in quel momento riusciva ad avvicinarsi ed abbracciare quell’uomo dall’aria preoccupata e lo sguardo stanco.
- Potresti trovare qualsiasi lavoro qui. Perché andare tanto lontano? - I ruoli s’invertirono. L’uno non poteva stare senza l’altro. Le iridi di Emilie rotearono sul soffitto. Non sembrava contenta di riaprire quell’argomento, affrontato più e più volte nell’ultima settimana.
- Lo sai perché. - Ribatté asciutta, mentre si avvicinava alla cucina per recuperare un bicchiere di vetro. Si chinò sotto la dispensa per recuperare una bottiglia di acquaviola. Se ne versò un goccio per bagnarsi la gola stranamente asciutta. Ignorò i borbottii paterni. Sapeva che sarebbero arrivati allo scontro, qualcosa che voleva evitare prima della sua partenza. Voleva lasciarlo con il sorriso.
- Ti scriverò. Lo prometto! - Parole che avrebbero rassicurato solo in parte il padre.
- Ma Lux… - Insistette l’uomo.
- Non chiamarmi così. Non sono più una bambina, papà. - Lo corresse con un sorriso. Sapeva benissimo che Jason non avrebbe mai smesso di chiamarla in quel modo. E la cosa non le dispiaceva, perché dopo anni ed anni di difficoltà ed incomprensioni avevano trovato un loro modo per esternare l’affetto che provavano.
- Cioccolata? - Pronunciò la formula magica capace di risolvere ogni situazione e sciogliere ogni broncio. Bere insieme una tazza di cioccolata calda era più di un gesto fisico. Padre e figlia si sedettero a tavola in attesa della cioccolata. Lux sorrise. Jason fece lo stesso.
[ … ]
Cottage Wilkinson,
4 marzo 2019.
Immobile osservava la porta di casa. Finalmente era tornata in Galles. Abituata alle dune sabbiose di Giza e all’afa che calava sugli scavi con le prime luci dell’alba, dovette stringersi nel suo mantello da viaggio quando una gelida folata di vento penetrò fin dentro le ossa. Tremava per il freddo. Fremeva per l’emozione.
Aveva comunicato il suo ritorno via airone al padre. Proprio come ai vecchi tempi Jason l’aveva riempita di attenzioni e premure. Sembrava quasi che la sua vita si fosse interrotta nel preciso instante in cui aveva lasciato casa. Non sapeva cosa aspettarsi e cosa dire. Il suo solito blocco. Non appena ebbe il coraggio di bussare avvertì i rapidi passi di qualcuno precipitarsi alla porta. Una volta aperta si ritrovò gli occhi onesti e gentili del padre. La sua fronte era solcata dai segni dell’età. Lo trovava più vecchio ma sempre lo stesso. Fu investita dal suo calore.
- C…Ciao papà! - Sembrava essere tornata la bambina di sempre. Dove erano finite tutte le sicurezze che aveva cercato e si era guadagnata in quei anni di viaggi ed avventure? Pensava di essere pronta a tutto.
- Oh… Lux, mi sei mancata. - Si sciolse a quelle parole. Calò ogni difesa. La lontananza le aveva fatto capire più di quanto immaginava.
Non era stata una buona figlia. - Cioccolata? -- Cioccolata. -