Posts written by Matty Greenleaf

view post Posted: 28/12/2016, 17:08     Ultimo film visto - Angolo Giochini

Rogue One
Direi.... evitabile. Effetti speciali da urlo, per carità, ma la parte più interessante sono solo gli ultimi dieci minuti... e solo perchè compaiono le vecchie glorie *-* *marcia imperiale di sottofondo*


Ah, a tal proposito... addio, Principessa Leila ç.ç

view post Posted: 12/10/2016, 13:28     +2Contest a Tema - Sala quiz e concorsi
E dopo mesi e mesi di nulla scrittorio...

– Nome Utente: Matty Greenleaf
– Nome PG: Matty Greenleaf
- Link alla role: Stay with us ♥ At the mirrors' house
view post Posted: 12/10/2016, 13:25     Stay with us ♥ At the mirrors' house - La Capitale del Mondo Magico

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Un giorno come tanti, una domenica come ce ne sono molte, i signori Greenleaf avevano deciso di fare qualcosa di diverso dal solito pranzo in famiglia con la loro figlia tornata per pochi giorni a casa da Hogwarts. Dato che avrebbero potuto godere della sua compagnia solo per un fine settimana, per festeggiare con lei il suo compleanno, le concessero il suo regalo con un paio di giorni d’anticipo, e la portarono al luna park itinerante che sostava a Londra in quei giorni della settimana di Halloween.
Il cielo uggioso e la lieve pioggia fastidiosa parevano non aver intimorito per nulla i Londinesi di tutte le età che si erano recati sul posto quel giorno feriale. Bambini grandi e piccoli, mamme coi passeggini e padri col cappello in testa passeggiavano da un’attrazione all’altra, da uno stand all’altro, in cerca dei divertimenti tipici che si possono trovare in ogni posto di quel genere: zucchero filato, montagne russe, ruota panoramica e clown.
La giovane Matty camminava accanto alla madre, imbacuccata in un cappotto pesante e con al collo una sciarpa gialla che arrivava a coprirla fin sotto al naso. Per ironia della sorte non si toglieva di dosso i colori di Tosca nemmeno ora che era in vacanza dai suoi genitori
.
-Che freddo..- balbettò, stringendosi alla madre, che le rispose con un sorriso e una lieve pacca dietro la schiena.
-Su, su, non è poi così gelido. Lo sai che per il tuo compleanno fa sempre freddo.-
Effettivamente, Victoria non aveva tutti i torti. Da ormai dodici anni, ogni 28 di ottobre, il tempo, che magari era stato bello o almeno sereno fino a qualche giorno prima, peggiorava drasticamente e senza rimedio, dando il via all’inverno con nebbia, pioggerelle o, nei casi peggiori, temporali, che rovinavano sempre la festa alla giovane Greenleaf e ai suoi genitori. Forse anche per questo i due signori Greenleaf avevano deciso di uscire con Matty prima del 28.
Nonostante ciò, la ragazzina sentiva un freddo strano. Una sorta di forte birivido che la raggiungeva fin nelle ossa e la faceva tremare lievemente a ogni minima folata di vento. Si sentiva osservata, un po' a disagio, e non aveva poi tutta questa voglia di andare a esplorare quell’accozzaglia di giostre e giochi. Eppure quando i suoi gliel’avevano proposto quella mattina si era mostrata entusiasta.

-Vieni a sfidarmi al tiro a segno, ragazzina?- La voce giocosa del dottor Greenleaf riportò Matty al presente. Per qualche secondo lo guardò come se non avesse davvero capito cos’aveva detto, probabilmente perché ancora persa nei propri pensieri, poi un sorriso sbucò fuori da sotto la sciarpa e annuendo corse dietro suo padre, in direzione di uno stand vicino.
C’erano ragazzi che si esibivano per le loro fidanzate, sperando di vincere per loro un pupazzo, bambini che semplicemente provavano a sparare per divertimento, o, come nel loro caso, padri e figli che si sfidavano per gioco. Anthos fu il primo a dare il via alla scherzosa tenzone. Si fece dare il fucile giocattolo dal gestore dello stand e sparò i primi tre colpi in direzione del bersaglio rotondo a qualche metro di distanza. Osservandolo, a Matty parve che la sensazione di gelo che poco prima l’aveva quasi bloccata, ora fosse solo un ricordo, ma ben presto dovette ricredersi.
Dopo una serie di spari da circa 40 punti, il dottore passò il fucile a sua figlia incitandola a fare di meglio coi tre colpi restanti e si spostò dal bancone per darle modo di avere una miglior visuale. La ragazzina si stava posizionando davanti al bersaglio, quando si accorse di essere osservata da qualcuno, e questa volta non soltanto nella sua immaginazione.
Dietro al banco, con un’espressione a metà tra il serio e il truce, stava un grosso omone dall’aspetto poco rassicurante. Era il proprietario dello stand, che prima aveva passato il fucile al dottor Greenleaf con aria bonaria. Ma perché la stava fissando in quel modo?
Ci si aspetterebbe che i gestori di luna park fossero tipi gioviali, allegri, anche un po' giocherelloni, con idee strampalate e pensieri infantili, immersi in un mondo fatto di zucchero filato e grossi nasi rossi. Quest’uomo appesantito dal sovrappeso e dall’età, invece, pareva tutt’altro che divertito o disposto allo scherzo. Matty ebbe quasi la sensazione che i suoi occhi piccoli e scuri la guardassero con odio, o con disprezzo.

-Se fai altri 50 punti vinci un premio.- La voce roca, graffiante, impregnata di fumo e probabilmente anche di alcool, riscosse la ragazzina dal suo momento di spavento. Chissà, probabilmente anche quel signore aveva strani pensieri per la testa. O forse aveva avuto problemi con qualche altro cliente.
Cercò di non pensarci, di concentrarsi solo sul gioco e di provare a divertirsi con suo padre senza rovinare il regalo che i suoi le avevano organizzato. Anche Victoria si era avvicinata allo stand, e guardava con aria curiosa sua figlia, indecisa se fare il tifo per lei o essere preoccupata per le cose che potevano andare storte usando quell’arma giocattolo.

-Attenta a non farti male, mi raccomando!-
-Andiamo, Vicky, anche se fosse ha due medici dietro!-

Mentre i suoi genitori ridevano e si lanciavano battute, la ragazzina imbracciò il piccolo fucile e prese la mira. Cercava di focalizzarsi sul centro del bersaglio, un po' come se fosse stata a una lezione di Difesa contro le Arti Oscure e avesse dovuto colpire un manichino di Hogwarts con uno Schiantesimo. Ma la sua concentrazione era minata dalla presenza fissa, cupa, oscura, quasi, dello sguardo di quello strano uomo, che ancora la fissava con quegli occhi che la trapassavano da parte a parte e le facevano vibrare le ossa.
Il risultato fu che i tre colpi che Matty sparò non portarono abbastanza punti per permettere ai Greenleaf di vincere il pupazzo di peluche, il quale rimase a guardarli allontanarsi dalla sua postazione, appeso sulla cima del bancone con aria quasi malinconica.

-Non ti preoccupare, tesoro, vinceremo qualche altro premio agli altri giochi.-
La voce di Victoria suonava calma e rassicurante alle orecchie di Matty, ma nonostante questo, mentre si dirigeva al prossimo stand coi suoi genitori, qualcosa le diceva che l’uomo del tiro a segno la stava ancora fissando.
La successiva tappa della famigliola doveva essere il bancone dello zucchero filato, davanti al quale c’erano due pagliacci corpulenti che non solo distribuivano i dolci ai bambini, ma si occupavano anche di intrattenere quelli più piccoli con barzellette, sculture di palloncini e altro.
A Matty i clown non avevano mai fatto particolare paura. Sapeva però che c’erano molte persone a cui invece quei nasi rossi provocavano brividi e turbamenti degni di nota, e si scoprì in quel momento a fissare il più grosso dei due per cercare di capire il perché. In fondo erano semplicemente persone come tante altre, che cercavano di guadagnarsi da vivere facendo un lavoro che per molti poteva anche sembrare umiliante e inutile. La ragazzina apprezzava che invece ci fosse qualcuno a cui piaceva far sorridere i bambini.
A un certo punto, proprio il clown che stava osservando le si avvicinò, con un bastone da zucchero filato ancora vuoto in mano e un largo sorriso sudaticcio che ormai stava colando via insieme al trucco a causa della pioggia.

-Vuoi un po' di zucchero filato, principessa? Solo una sterlina e il vecchio Zuffolo ti darà lo zucchero più speciaaaaale del mondo! E’ fatto di nuvole, sai?-
Nonostante tutto, il pagliaccio pareva ancora pieno di energie e disposto a inventarsi favole per i suoi giovani clienti, magari sperando di racimolare qualche mancia dai loro genitori per l’impegno.
-Ah, ma davvero?- Chiese la ragazzina in risposta, sfoderando un sorrisino divertito e piutosto ironico. Il grosso pagliaccio avrebbe dovuto capirlo guardandola che non era più in età da poter credere a fanfaronate simili.
-Davvero, davvero!- Replicò invece ostinato, avvicinandosi a lei a lunghi balzi, resi vagamente malfermi e sconnessi dalle scarpe di tre numeri più grosse che portava ai piedi. Le si accostò all’orecchio con una certa aria d’urgenza che la biondina non si aspettava, e che per un attimo la fece sobbalzare di sorpresa.
-Ti prego, reggimi il gioco, non ho venduto praticamente niente oggi per colpa di questa maledetta pioggia!-
Lo disse in tono così disperato che per poco a Matty non parve quasi eccessivo. Suo padre era già nei pressi, pronto ad avvicinarsi al minimo segno che ci fosse qualcosa di sbagliato, ma prima che lui arrivasse, la ragazzina aveva già deciso cosa fare.
-V-va bene. D’accordo.- Il tempo che il clown si allontanasse di qualche passo ballonzolante, e lei tornò tranquilla. In effetti, visti da vicino, erano un po' inquietanti i pagliacci, con quel loro cerone così pesante e il sorriso disegnato a dispetto di ciò che davvero provavano. -Mi assicuri che sono nuvole rosa di quelle che si trovano solo all’alba? Sai, sono allergica alle altre.-
-Oh, sì! Nuvole d’alba della migliore qualità, te lo posso giurare! Il mio amico Zampolo le ha raccolte personalmente ieri mattina.-
A quel punto Matty ebbe il suo zucchero filato, e i bambini più piccoli che avevano avuto modo di sentire quel siparietto si avvicinarono in gruppo tirando per la manica i genitori per cercare di convincerli a comprar loro lo zucchero di nuvola rosa dell’alba.
Il clown mimò con le labbra un sentito “grazie” mentre Matty si allontanava, e la ragazzina ebbe modo di sospirare di sollievo e soddisfazione e di godersi il suo zucchero, così soffice che pareva davvero essere stato strappato a una nuvola galleggiante.
L’episodio del pagliaccio le fece fare più caso a ciò che stava succedendo all’interno del parco. I ragazzini che avevano deciso di sfidare il fango e la pioggia non erano moltissimi, e in effetti i banchi dei giochi e degli stand più classici, come zucchero filato, lecca lecca e gonfiabili in gomma erano semi desertici, così come il carosello coi suoi lugubri e tristi cavallini , che giravano a vuoto da quasi mezz’ora. I proprietari delle giostre più vuote avevano strane espressioni sui loro visi, un misto di delusione e preoccupazione che in alcuni casi faceva accapponare la pelle. In particolare una signora di mezza età, propirietaria del carosello deserto, era quasi in lacrime mentre controllava con cura la sua giostra. Pareva quasi che le stesse dicendo addio.
Un moto di strana inquietudine si fece largo nello stomaco di Matty a quella vista. Fortuna che lo zucchero filato era finito, o non sarebbe più riuscita a mangiarlo. Come poteva essere che quei portatori di gioia fossero così depressi e arrabbiati? Problemi finanziari? Guai con la giustizia? Era forse successa una tragedia sulla ruota panoramica?
Prima che potesse chiedere ad alta voce a suo padre, a Victoria squillò il cellulare. Da brava Babbana era ben provvista di mezzi tecnologici del genere, e per non dar adito a sospetti tra amici comuni e vicini di casa, aveva costretto anche suo marito a comprarne uno, anche se Anthos non aveva la minima idea di come utilizzarlo. La donna parlò concitata al telefono per qualche secondo, dopodichè annunciò che c’era un’emergenza in ospedale e chiese al marito di accompagnarla alla macchina. Solo il dottore si era portato dietro l’ombrello, quel giorno.

-Va bene, andiamo. Matty, tu divertiti ancora un po', fatti un giretto in tranquillità. Ci vediamo all’uscita tra una ventina di minuti.-
Il tempo di un respiro e i passi dei signori Greenleaf si erano già persi nella fanghiglia del parco. A quel punto Matty era rimasta sola nel luna park malinconico e triste, e non aveva idea di cosa fare per impegnare il tempo prima che suo padre tornasse dall’ospedale. Si guardò intorno. Di andare sulla giostra dei cavalli non se ne parlava, e non perché si sentisse troppo grande per farlo, ma perché sentiva che se si fosse avvicinata alla signora dagli occhi tristi per chiederle di salire, quella sarebbe scoppiata in lacrime, e non le andava di vedere una scena simile. Si fece piuttosto largo tra le poche persone che c’erano in quella zona, avviandosi già a ritroso verso l’uscita.
Ripassò davanti ai due pagliacci dai nomi buffi. I bambini a cui avevano venduto lo zucchero spacciato per nuvole rosa erano andati tutti via, e orai due si guardavano con aria depressa e un fondo di rabbia, che agli occhi di un clown proprio non si addice. Quello che le aveva parlato, Zuffolo, si girò a guardarla passare, ma non la degnò nemmeno di una parola, anzi, il vuoto nei suoi occhi e l’ombra che le nuvole cariche di pioggia gettarono sul suo viso fin troppo bianco fecero correre via Matty con una certa ansia. Per un secondo quel pallore le era sembrato cadaverico.
Passò di nuovo anche dalla zona del bancone del tiro a segno. Non c’era più nessuno affacciato al bancone col fucile in mano, nessuno che volesse tentare di prendere la mira e dimostrare la propria bravura per vincere un premio. I bambini erano come volatilizzati, solo alcuni ragazzi più grandi si aggiravano in quella zona, con bottiglie di birra vuote in mano e l’aria persa di chi non ha idea di cosa stia facendo, né di cos’abbia voglia di fare nel prossimo futuro. Avevano un che di smorto e grigio che faceva pensare fossero tutti invecchiati prima del tempo, a dispetto del loro aspetto giovanile di jeans strappati e cappotti col cappuccio impellicciato.
La ragazzina aveva deciso di passare senza girarsi verso il tiro a segno per non vedere di nuovo lo sguardo furioso del proprietario dello stand e per non sentire più la sua voce spezzata e rauca, e in effetti non si sentì osservata mentre camminava. Fu proprio a quel punto, quando stava cominciando a provare un po' di sollievo, che alzò gli occhi e vide un baraccone mobile che prima non aveva visto.
Si trattava di una specie di prefabbricato su ruote, una strana casina viaggiante che non aveva neanche bisogno di essere montata e smontata all’arrivo degli artisti di strada nella città prescelta. C’era un’insegna viola a scritte chiare, che la indicava come Casa degli Specchi Deformanti. Matty non aveva mai avuto occasione di visitarne una prima, perciò pensò che potesse essere un modo per distrarsi e far passare velocemente il tempo senza trovarsi davanti altre facce tristi che la turbassero. Magari, anzi, avrebbe anche potuto divertirsi un po'.
Stava ritrovando un briciolo dell’allegria ed entusiasmo perduti. Perciò non esitò più di tanto a salire i tre scalini e ad aprire la porta.
L’interno della casa degli specchi era buio, cupo, con luce appena sufficiente a vedere dove mettere i piedi. E in effetti si riusciva a stento a distinguere quale fosse il percorso stabilito per i visitatori di quel luogo. Tutto intorno c’erano pareti costituite da miriadi di grossi specchi verticali, dalle forme e consistenze più strane. I primi che la ragazzina ebbe modo di vedere furono i classici specchi che rendono il riflesso più allungato o schiacciato. La fece ridere soprattutto vedersi in versione tarchiata e schiacciata, quasi una palla scura con al collo una strana macchia gialla.
In effetti, ora che lo specchio le permetteva di farci caso, faceva un po' troppo caldo nella baracca per tenere addosso un indumento così pesante. Pensò dunque di togliersi la sciarpa gialla e metterla momentaneamente nella tasca del cappotto scuro, e proseguì lungo il sentiero, sentendo l’eco dei suoi passi rimbombare.
Forse era colpa della scarsa luce, forse chi aveva allestito lo stand aveva tenuto conto di Halloween in arrivo, o forse era la mente della ragazzina ad essere turbata, ma a un certo punto le parve che i riflessi di quegli specchi strani divenissero incomprensibili. Deformi, storti, contratti, ricurvi, a un certo punto si girò e le parve che un’immagine fosse addirittura storpia, priva di un braccio. Sussultò spaventata, guardandosi alle spalle. Più avanzava, più i riflessi parevano spaventosi. Più avanzava, meno ricordava il percorso fatto per arrivare dove si trovava. Più avanzava e più era circondata da sé stessa, ma in versioni così orribili e deformate che più che divertirla le facevano venire i brividi lungo la schiena.
Voleva uscire da quel posto lugubre, ma sapeva che l’unico modo per farlo era continuare a seguire i sentiero per visitatori. Se si fosse messa ad avanzare negli stretti spazi tra uno specchio e l’altro per fare prima, di certo si sarebbe persa e avrebbe combinato qualche serio disastro. Doveva solo mantenere la calma e arrivare all’altro lato della stanza.
Ma a un certo punto qualcosa la fece sussultare. Un respiro, pesante, affannato, riecheggiò per la casa degli specchi deserta come se quel tugurio fosse un teatro dai muri in pietra. Poi passi. Lenti, strascicati, ma al contempo sicuri, come se chi era appena entrato sapesse bene che percorso fare per non inciampare nei vetri.
Durò pochi secondi, tanto che alla ragazzina parve di esserselo immaginato. Ma per quei pochi secondi le si era gelato il sangue nelle vene. Non che non fosse plausibile che qualcuno visitasse il posto insieme a lei, non pretendeva certo questo, ma era strano che a farlo fosse una persona adulta e non un ragazzino.
La giovane Tassorosso si affrettò a proseguire lungo il sentiero, non accorgendosi di aver lasciato cadere la sciarpa a terra e non sapendo che qualcuno, pochi istanti più tardi, l’avrebbe raccolta.
Voleva uscire, tornare all’aria umida ma aperta del cielo di Londra e poi scappare a gambe levate fuori da quel parco maledetto. Ma il sentiero era tortuoso, e gli specchi si facevano sempre più fitti, ravvicinati tra loro e contorti, quasi le volessero impedire di continuare a camminare. Sapeva che non era possibile, o per lo meno, sapeva che era molto improbabile che in un luna park Babbano ci fossero specchi vivi. In effetti non aveva nemmeno idea se ne esistessero davvero anche nel mondo magico. In ogni caso, il tempo di altri tre passi e cominciò a venirle davvero paura. In uno dei tanti specchi vide sé stessa con la bocca enorme e i denti aguzzi, un altro le stampava sulla faccia contorta un sorriso inquietante, un altro ancora era così graffiato, ammuffito e mal ridotto che il riflesso non si distingueva neanche più. Che fosse un effetto del tempo o meno, per certo, in quel momento, le parve spaventoso.
Il sentiero della casa degli specchi si era fatto sempre più stretto, Matty era arrivata ormai nel cuore di quella foresta di vetro. E fu lì, proprio nel mezzo del labirinto, che vide l’uomo del tiro a segno e i suoi piccoli occhi furiosi.

-Ma cosa?!- Un urletto le uscì spontaneo fuori dalla gola, accompagnato dal suo sussultare e indietreggiare di un passo. Probabilmente lo stava guardando come fosse un fantasma o uno zombie, ma proprio non sapeva come avesse fatto a superarla e arrivare fino a quel punto della galleria prima di lei. E soprattutto come facesse ad avere la sua sciarpa gialla in mano.
Controllò velocemente nella tasca dove l’aveva riposta prima. No, non c’era. Quella che il vecchio aveva in mano era proprio la sua.

-Questa è tua, vero?- Di nuovo quella voce spaventosa e piena di inquietudine.
Matty annuì quasi tremando, non riusscendo a compiere i pochi passi necessari per arrivare dal vecchio gestore di luna park.

-L’ho trovata qua all’ingresso. Devi stare più attenta, ragazzina.-
Forse intuendo di averla intimidita, fu l’uomo stesso a lasciarle la sciarpa in mano e poi a tornare nell’ombra del suo piccolo antro tra gli specchi.
-Questo posto ormai è in rovina.- Constatò il vecchio con un sospiro, guardandoli senza essere minimamente colpito dai loro riflessi distorti. Anzi, ne accarezzò uno con gesto quasi affettuoso, come fosse il figlio che non aveva, o che forse aveva e si era perso chissà dove in quel buio.
-Ci ho speso la vita. Tutti noi ci abbiamo speso la vita. E ora è tutto in malora, accidenti!- Il grido strozzato del vecchio, un pugno, ed ecco che un sonoro rumore di vetri rotti invase le orecchie della ragazzina e la piccola galleria degli orrori.
Matty quasi saltò dalla paura, strinse la sciarpa tra le mani e per istinto o forse per il terrore si portò una mano all’altra tasca del cappotto, quella dove c’era nascosta la bacchetta. Sapeva bene che non avrebbe potuto utilizzarla fuori da Hogwarts, ma era troppo spaventata per ricordarsi dei divieti del mondo magico, in quel momento.

-I-io… io non so… m-mi dispiace. Ma si è ferito?-
A quella domanda il vecchio si guardò la mano. Si era tagliato all’altezza delle nocche, forse anche sul palmo e sulle dita, e sanguinava copiosamente.
-Sì... sì, alla malora! Questi sono solo graffi, ragazza, la ferita vera sta altrove.- La guardò. Di nuovo quei piccoli occhi pieni di rabbia, di nuovo quell’espressione che le fece gelare il sangue nelle vene. Che cosa si agitava nella testa di quel vecchio matto?
-Non capisci? Siamo falliti, ormai. Totalmente falliti. Non c’è più speranza che questo posto torni com’era quando abbiamo cominciato.- Si avvicinava, un passo dopo l’altro, e mentre lui avanzava la ragazzina terrorizzata tornava indietro, un passetto alla volta, finchè non sentì il freddo vetro di uno degli specchi appoggiarsi alla sua schiena, filtrato da cappotto e maglioni che non la riscaldavano per niente.
-Tu sei l’ultima, biondina. L’ultima che metterà piede qui dentro… l’ultima…-
Un brivido. L’omaccione ormai era così vicino da poterlo toccare, da poter sentire a ogni respiro il suo fiato di tabacco e birra scadente. Perché le diceva quelle cose, che voleva dire che era l’ultima? E perché diavolo l’aveva seguita fin dentro quel dannato labirinto di vetro? In un istante, davanti agli occhi della ragazzina passarono scene tra le più spaventose. Che voleva fare quel vecchio, che le tendeva la mano insanguinata come se volesse toccarla? Picchiarla, forse? Sbatterla contro lo specchio e farle del male? Qualcosa di peggio ancora?
Cercò di svicolare, Matty, di trovare un varco per correre via..

-L-la prego. Io non c’entro niente.- balbettava, con le lacrime che cominciavano a salirle agli occhi.
-Sì che c’entri! Tu e tutti i mocciosi come te, che oggi sono troppo persi nel loro mondo virtuale e falso per pensare a quello vero! Sai quanti ragazzini non sono venuti quest’estate? Sai quanti hanno preferito stare giornate intere attaccati a un maledetto schermo, piuttosto che passare un pomeriggio da noi? Questi dannati aggeggi mi hanno rovinato la vita!- Aveva afferrato Matty per una manica del cappotto, e ogni tanto la strattonava, mentre urlava i suoi vaneggiamenti e le imbrattava il cappotto di sangue.
-Siamo arrivati al punto che quel poco che riusciamo a guadagnare ci basta a stento per sopravvivere! E tu mi vuoi far credere che i bambocci della tua età non c’entrano niente? Cavolate!-
Omai pareva che la situazione fosse sul punto di mettersi al peggio, di degenerare in maniera irreparabile. Matty era così terrorizzata da non avere idea di come reagire, gli strattoni erano diventati così forti da farle male al braccio e nessuno pareva in grado di venire a soccorrerla, nonostante il vecchio urlasse. La ragazzina era così terrorizzata da essersi anche dimenticata della bacchetta che aveva in tasca, o meglio, dato che era stata costretta a lasciare la presa quando l’uomo l’aveva afferrata, non aveva idea di come fare a riprenderla in mano per difendersi.
-Matty? Matty, sei qua dentro?-
Forse la ragazzina aveva gridato durante quella specie di colluttazione, o forse suo padre aveva avuto un sesto senso genitoriale sconosciuto, fatto stava che la voce di Anthos Greenleaf fu come un balsamo benefico per le orecchie della ragazzina.
-Papà! Papà, ti prego!-
Come una lucente apparizione, il dottor Greenleaf emerse dalle tenebre, anticipato dal luccichio dei suoi occhiali da vista. Il vecchio era bloccato e guardava la ragazzina in lacrime e l’uomo appena sopraggiunto come se si fosse appena svegliato da un lungo stato di coma.
-Si può sapere che sta succedendo qui? Che ha fatto a mia figlia?-
-I-io… non so… Non so che mi sia preso, io stavo solo…- I balbettii del vecchio stralunato si persero nell’eco della casa degli specchi, mentre il signor Greenleaf tirava via sua figlia da quella presa ormai molle e se la stringeva al petto, notando il sangue scuro lasciato dalla mano ferita dell’uomo sconosciuto sul giubbotto nero.
-Ma sei ferita, tesoro? Cosa accidenti è successo?-
-N-no, signore. No, il sangue è il mio. Io… mi dispiace, sul serio, la prego…-
Lo sguardo del dottore calò come una lama sugli occhi ormai miti dell’uomo che aveva di fronte. Non era un guerrafondaio, Anthos. Sapeva che la gente in difficoltà può fare pazzie, e sapeva anche che quel vecchio giostraio non meritava molto di più che la sua compassione, o al massimo qualcuno che lo aiutasse a rimettersi in sesto.
-Ringrazi solo che non è successo niente a mia figlia. Andiamocene, tesoro.- Lo disse con una calma tale che questa volta fu il sangue dell’uomo a raggelarsi. Rimase a guardare padre e figlia allontanarsi con un’aria stranita che lo faceva assomigliare a un vecchio cane che ha ricevuto l’ultima bastonata, quella definitiva.
I passi sicuri di Anthos guidarono la povera Matty in lacrime verso l’uscita. Non aveva neanche sentito cosa suo padre avesse detto all’uomo per convincerlo a lasciarle il braccio, non si era nemmeno guardata attorno, mentre insieme a lui sorpassava gli ultimi specchi e usciva per tornare all’aria aperta. Era solo certa del fatto che non sarebbe mai più entrata da sola in un posto simile
.

N.d.a: Una settimana dopo il luna park itinerante venne sciolto per fallimento e il vecchio del banco del tiro a segno trovato addormentato sulla panchina di un parco di Londra con in mano una scatoletta di pillole completamente svuotata. Non si è più svegliato, a dispetto delle grida di Zuffolo e Zampolo.
view post Posted: 10/10/2016, 10:11     +2Ultimo film visto - Angolo Giochini
Io vi troverò
... Voglio un padre così. *si immagina suo padre versione agente segreto in missione segreta....* ...... impossible. La panza lo farebbe sgamare subito.
Comunque, direi ansiogeno al punto giusto. Si è capito che sono fan dei genitori vendicativi, vero?
view post Posted: 28/9/2016, 10:07     +1Ultimo film visto - Angolo Giochini
The Walk

Una parola: ANSIA. Un'altra parola? VERTIGINI. Però cavolo, la camminata tra le torri gemelle è stata troppo bella. (intarti multipli a parte).
view post Posted: 18/9/2016, 10:28     +3Ultimo film visto - Angolo Giochini
Inside Out

E niente, ho trovato la mia gemella perduta. Ed è blu.

"It's a hard work being soooooo sad!"
view post Posted: 18/9/2016, 10:27     Associazione di idee - Angolo Giochini
Hockey?

Railey (credo si scriva così XD) di Inside Out
131 replies since 18/4/2006