Interagire con Kevin le accendeva sempre una spia nel cervello. Una sorta di campanello d'allarme, pulsante e rosso, che la invitava a muoversi con circospezione e tenendo i sensi ben allertati. Non si trattava di un vero e proprio senso del pericolo —non la maggioranza delle volte, almeno— quanto più di quella fastidiosa sensazione che le pizzicava la nuca quando qualcuno cercava di raggirarla.
Sapeva che il ragazzo non aveva intenzioni cattive, ma Niahndra aveva una soglia di sopportazione estremamente bassa per i tentativi di manipolazione, consci o inconsci che fossero, e non poteva fare a meno di chiedersi il perché di quel cambio di rotta al quale aveva assistito negli ultimi mesi. Kevin era sempre stato sufficientemente diretto con lei, persino troppo —rammentò con un misto di fastidio e divertimento—, ma ciò non significava che il suo comportamento fosse privo di ambiguità o che il loro rapporto non nascondesse dei non-detti.
Alistine non era tipo da fare promesse a cuor leggero né il tipo da rimangiarsi la parola data, ma iniziava a chiedersi se il loro legame ancora godesse della protezione di Gebo. La runa indicava uno scambio equo e reciproco e al tempo le era parsa calzante, ma adesso? Le loro intenzioni erano ancora complementari? O quella corda tra loro era sbilanciata in un senso piuttosto che in un altro? D’altronde si erano persi di vista per molto tempo e durante quel periodo Kevin non era stato l’unico a cambiare. Sussisteva la possibilità che gli equilibri si fossero spezzati.
Assistette placida al mutamento di emozioni sul volto di Kevin senza sapere bene come intervenire e, soprattutto,
se farlo. Da bambina le era capitato spesso di vestire i panni del confidente, ritrovandosi a custodire in sé i turbamenti altrui al pari di un meno pratico e forse più costoso pensatoio. Eppure non aveva maturato la capacità di esternare con facilità emozioni o empatia, piuttosto si trovava bloccata e imbarazzata da improvvise manifestazioni di vulnerabilità.
Resistette all’impulso di stringersi nelle spalle e, invece, annuì. Adombramento momentaneo dell’espressione a parte, il ragazzo pareva aver preso quella decisione con una certa serenità ed era tutto ciò che contava. Qualcos’altro però balenò sul suo volto, inclinato abbastanza da impedirle una visione perfetta; parve sul punto di dire qualcosa e per un attimo Niahndra si trovò bloccata sul posto, incerta se rimanere per ascoltare o se rifugiarsi nel retrobottega per incidere quel benedetto cinturone.
Alla fine aveva sospirato e si era allontana per prendere gli strumenti da lavoro e completare l’opera sotto agli occhi di lui. Non che il biondo desse cenni di vita.
Aveva finito di incastonare i tre punti luce quando lui si rianimò. La sorpresa per le parole successive le guizzò come un lampo negli occhi prima di essere sostituita dal solito velo di sarcasmo che le faceva da armatura. «
Kevin Confa,— scandì mentre inclinava la testa di lato, il cinturone dimenticato e un’espressione ammiccante sul volto —
mi stai forse corteggiando?» Seguì una risata mesta, rivolta non tanto al ragazzo quanto a sé stessa. Ripensò allo scambio in occasione di Natale, al ciondolo di Gebo, a quella proposta; si spinse un po’ più indietro nei ricordi per rivedere con occhi nuovi le esperienze condivise. La domanda non era così balzana dopotutto, ma si era permessa di esprimerla con più sfrontatezza del dovuto per una serie di ragioni: primo, ogni tanto aveva quegli scatti impulsivi per cui l’opportunità di stuzzicare il prossimo prendeva il sopravvento sulla ragione; secondo, rimuginare sulle cose le ingigantiva e creava bolle di imbarazzo superflue; terzo, era sufficientemente sicura che Kevin avesse la ragazza. Aveva sentito le voci in corridoio e, a dirla tutta, aveva sentito anche che la misteriosa tipa fosse una megera col pedigree.
Quarto, non doveva preoccuparsi troppo perché l’altro avrebbe trovato il modo di rovinare tutto in pieno stile Confa. E in effetti fu proprio così.
«
Parliamoci chiaro. Quando ti ricapita di avermi tutto per te, Alistine?»
Niahndra sbatté le palpebre un paio di volte con la bacchetta sollevata a mezz’aria pronta ad incidere il cinturone. Le era venuta una mezza idea di scrivere qualcosa di incoraggiante che lo accompagnasse nel suo viaggio, ma ogni buona intenzione venne spazzata via all’istante. Prese fiato mentre decideva quale fattura utilizzare, salvo poi rimanere folgorata da una nuova, splendida idea.
Con lentezza esasperante un sorriso le squarciò il volto. «
Sai cosa? Hai proprio ragione.» La punta della bacchetta si illuminò e lei l’avvicinò al cinturone per incidere qualcosa sul metallo. Tre semplici parole sarebbero bastate. «
Conosco il posto adatto. Una fuga romantica per lasciarti un buon ricordo di Londra.» Sfoggiò il suo sorriso più seducente (che, per quanto ne sapeva lei, poteva pure somigliare a una smorfia da colica).
«
Fatti trovare all’incrocio tra questa strada e Sawbridge Street tra un’ora.»
Con quelle parole gli consegnò il cinturone che intendeva acquistare. In una grafia ordinata e senza fronzoli si intravedeva la scritta “proprietà del Vanesio”.
«
E vestiti di scuro.»