Oliver Brior as La Signora Grassa
Un abito di taffetà rosa confetto, sfumato dolcemente in candido pizzo ricamato qui e lì sulle maniche e sulla sottogonna, carezzava la figura longilinea di un giovane stregone. Un abito da sera, di tutto punto e di tutto rispetto, che scivolava in quel modo ben oltre le ginocchia, ben oltre le caviglie, e
purtroppo non così oltre da nascondere scarpette di vernice in tinta avorio – lucidate, lustrate e luccicanti nel soffio di brillantini argentei sulla punta e sul tacco di ciascuna. Più voluminosa del previsto, la veste si allargava attorno al bacino come un costume d'alta moda francese – un trucchetto, quello, dovuto ad un furbo incastro di ferri e corde. Esagerava allora le pieghe dall'alto in basso, strati e strati di tessuto vertiginosamente accecante, che mal s'addiceva al corpetto striminzito dell'indossatore e che, parimenti, attirava deliziose occhiate dall'uno e dall'altro passante nei dintorni. Oliver non era mai stato così in imbarazzo in tutta la sua vita. Mai, neanche nelle peggiori e più stravaganti fantasie, avrebbe potuto prevedere una simile disfatta – sentiva i gridolini divertiti dei suoi concasati alle spalle, così come i commenti a mezza voce di tanti altri spettatori. Quelle voci, ne era consapevole, avrebbero nutrito ghiottamente gli incubi di più di una notte. Era stata tutta colpa di una promessa, una di quelle che avrebbe rimpianto per il resto dei suoi giorni: Halloween, si sapeva, tesseva capricci ineguagliabili – e di certo impensabili in altri periodi – nel cuore e nella mente degli abitanti del Castello di Hogwarts. Era una gara, ogni anno: al costume migliore, all'espressione più originale, agli scherzi imprevedibili, e così via. Tra tutte le feste, perfino più del simile Carnevale, quella di fine Ottobre chiamava all'appello tantissimi studenti e ognuno, complice festicciole in Sala Comune o altrove in giro per il mondo magico, si mostrava pronto a prendervi parte con creatività tormentosa. Lui, invece, mai come quella volta avrebbe di gran lunga preferito rintanarsi in dormitorio: trascorrere la sera di Halloween ingozzandosi di zuccotti gli sembrava così allettante, ma si era ritrovato invischiato ancor prima di accorgersi dell'errore. Parteciperò alla festa, aveva risposto. Costume a tema? Ma sì, costume a tema. Fai la Signora Grassa, ti sta bene? Era lì che aveva perso un po' il filo del discorso, e pur di libarsene aveva annuito. Colpevole, terribilmente colpevole.
«Oh la la, mio bocconcino.» Non gli era stato possibile. Non una volta aveva effettivamente creduto potesse esserlo, il danno era stato fatto e così si era ritrovato infagottato in un vestitone che avrebbe dovuto ricordare l'impeccabile raffinatezza della Signora Grassa. Accoglieva malvolentieri i commenti dei compagni, trascinandoli via con sé lungo le scale e immaginando di calpestare tutti loro sotto quei tacchetti fastidiosissimi che gli stringevano i talloni.
«Ammirate la maestosa fine dell'ex Caposcuola.» *Basta*. Scattò all'indietro, una giravolta di sprazzi di luce e colori. Era così vicino al portone d'ingresso, così vicino a scappare verso i giardini: quanto avrebbe impiegato a nascondersi
per sempre nella Foresta Proibita? Per un attimo, per assurdo, immaginò l'incontro tra lui e un'Acromantula. Oh sì, avrebbe stritolato le sue zampette nelle pieghe dell'abito sontuoso, e poi ne avrebbe seguito l'epilogo una volta e per tutte. Invece, dandosi un contegno, ingoiò ogni risposta a puntino nei confronti dei suoi concasati. Cercò il volto di Casey – perlomeno erano insieme.
«Avresti dovuto mettere più Idromele in quella tazza, sono troppo lucido per ignorare tutto... tutto... questo.» Sfiorò con le dita il proprio corsetto, ad indicare l'ambaradan di seta. Non si poteva dire che passasse inosservato, affatto. Al di là dell'abito regale, aveva adoperato una coppia di sortilegi per ritoccarsi per bene: capelli più lunghi, in boccoli stretti da nastrini chiari; l'incarnato delle guance ben più roseo, proprio come la Signora Grassa quando s'intratteneva con una bottiglia di vino; un po' di tinta azzurrina sulle palpebre, un po' di collane, gioielli e...
«Cosa hai detto, stronzetto?» Gli occhi, furiosi, lampeggiavano verso un bimbetto del primo anno che aveva appena aperto bocca per una battutina. Su di giri, colpa della situazione, Oliver sollevò il dito medio – al quale, bisognava sottolinearlo, svettava uno splendido zaffiro in anello.
«Questa me la fai passare liscia come punizione, perché me lo devi.» Commentò così, di nuovo verso Casey. Lasciò Hogwarts, trottando speditamente verso i giardini e i cancelli. Quelle scarpette e quel costume lo facevano ondeggiare in modo sinistro, più di una volta aveva cercato l'avambraccio di Casey per non ruzzolare – sarebbe stato fantastico, pensò, concludere così. Alla fine aveva chiesto tacitamente il permesso di andare sottobraccio. O al contrario, perché quel giorno era lui la Dama di compagnia. Lungo le stradine di Hogsmeade aveva tenuto basso il volto, troppo rosso per la vergogna all'idea di essere riconosciuto. Non vedeva l'ora che arrivasse sera, dopo la festa avrebbe infatti incendiato ogni ricamo di quel costume: anche se, lo ammetteva, iniziava a trovarlo divertente, forse per effetto di alcuni brindisi fatti in Sala Comune prima di uscire. E poi la Signora Grassa gli aveva fatto i complimenti, mica era cosa di poco conto. Da Safarà, finalmente, spiccò il volo diretto verso il bancone. Ammiccò con fare teatrale, cercando chiunque fosse stato presente. Tra anelli e ciondoli all'ultimo grido al collo e alle mani, Oliver dava il meglio di sé come Signora Grassa.
«Ciao bellezza, prendo un paio di Stivali Drow perché ho i piedi in fiamme e già che ci sei una Pozione Dimenticante per cancellare dalla mente ogni ricordo di questa maledettissima giornata. Oh già, ho un buono sconto che per forza deve valere. Un attimo... io...» Oh no. Non riusciva a piegarsi più del dovuto per raggiungere la bottiglia di vetro che aveva attaccato ad una piega del vestito. Al suo interno, nel vetro smeraldo, s'intravedevano alcuni galeoni e un bigliettino, lo sconto del Profeta per Halloween. La bottiglia, chiaramente, era un riferimento all'attività da ubriachella della Guardiana Grifondoro.
«Hey Casey, hey hey.» Chiamò subito.
«Riesci a prendere la bottiglia?»Una bella coppia, loro due. Un po' strani, un po'... quasi senza testa.
Sfrutto il mio charme e il mio buono di Halloween click