L’Ufficio di Argus Gazza poteva dirsi un luogo pieno di sorprese. Cianfrusaglie di ogni tipo occupavano gli angoli, i mobili e le mensole appese alle pareti di fredda pietra: vi si potevano trovare Frisbee Zannuti confiscati nelle ore di pausa nei cortili interni, sacchettini di Polvere Buio Pesto e strani aggeggi il cui scopo era ben lontano dall’essergli chiaro. La maggior parte del materiale arrivava dal negozio dei Weasley e da Zonko, naturalmente, ma Gazza vantava persino una rarissima collezione di catene e catenelle che si diceva fossero state usate in passato per punire gli studenti più indisciplinati. E se il caos del luogo non bastava a rendere inospitale lo stanzino, l’olezzo che ivi aleggiava denotava una certa incuria da parte del suo proprietario: chiunque avesse messo piede lì dentro avrebbe rischiato di far esibire il proprio stomaco in capriole e piroette degne del più bravo tra gli acrobati. L’odore di cibo in scatola - specialmente quello riservato a Mrs. Purr - permeava i fogli di pergamena abbandonati sulla scrivania, nei pochi spazi vuoti lasciati dal resto delle suppellettili confiscate, insieme all’odore di alici fritte, una prelibatezza per cui il Custode e la sua amata gatta andavano letteralmente pazzi. La penombra dello stanzino, infine, rischiarata solamente da un moccolo di cera abbandonato sul tavolo, non permetteva a nessuno di vedere al di là del proprio naso. Così, la piccola e indomita Clarissa Scott, non avrebbe potuto notare il vecchio Guardiano, in ginocchio tra la scrivania e il muro alle sue spalle, né la famosa e fastidiosa Mrs. Purr, accoccolata sull’unica altra sedia libera, tappezzata di velluto macchiato da sangue finto.
«
Maledetti ragazzini!» aveva sbottato inviperito, non prestando caso al cigolio dei vecchi cardini della porta. L’armadio dinanzi al quale si trovava era uno di quei mobili antichi, di legno massiccio e intarsiato, usato perlopiù per riporre gli oggetti più ingombranti che l’uomo fosse riuscito a requisire. La base era rialzata di pochi centimetri e sembrava che tra la fitta tela di un ragnetto laborioso e lo spesso strato di polvere si fosse celato qualcosa che interessava moltissimo il Custode. «
Se scopro chi ci ha messo le mani… parola mia, Mrs Purr, lo appenderò per gli alluci fino a Natale!» Fu in quel preciso istante che Gazza decise di rimettersi in piedi e, voltandosi, trovò la figuretta minuta di Clarissa che lo guardava. «
Eccola qui, un’altra ficcanaso!»
Avvolto nel suo pastrano color fango e trascinando i piedi, aggirò la scrivania, afferrando una bacchetta magica. Gliela puntò contro, agitandola un po’, mentre diveniva sempre più paonazzo in volto. «
Sento odore di punizione ragazzina! Magari potrei anche farti espellere!» sghignazzò compiaciuto, agitando con veemenza il legnetto. Quello, per tutta risposta, sibilò furiosamente, prima di esplodere in un tripudio di fiori dai colori sgargianti e coriandoli finissimi. Se Clarissa avesse voluto avrebbe potuto ridere di quella scenetta al limite della comicità, ma lo sguardo di Argus Gazza non ammetteva certo ulteriori prese in giro. Dopo aver letteralmente ululato per la frustrazione - un verso che infastidì moltissimo la gatta, ora seduta rigidamente accanto alla porta -, il Custode aggiunse «
Ragazzina, facciamo un patto, ti va?»
Per quanto pensasse di poter essere un uomo astuto, Gazza sapeva bene di non esserlo. Gli studenti più grandi si prendevano gioco di lui quasi quanto le matricole appena arrivate e gli insegnanti - più spesso di quanto non avrebbe osato ammettere - lo ignoravano bellamente. Se avesse chiesto ad uno di loro di mandar da lui uno di quei mocciosetti impertinenti, nessuno avrebbe mai varcato la soglia del suo “ufficio”. Sarebbe stato meglio arrangiarsi, allora, e prendere da sé ciò che pensava gli spettasse di diritto. «
Questo posto non è per ragazzini come te. Dovrei farti punire.» disse, togliendosi di dosso i coriandoli attaccati alle vesti «
Ma credo che se mi aiutassi a ripulire questo posto… beh. Potrei pensare di risparmiarti. Affare fatto?»