L'ufficio del Guardiano, Quest Fissa

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Clarissa Scott
view post Posted on 26/9/2019, 12:34




N
onostante l'odore e la confusione di quel posto, Clarissa non era del tutto certa che sarebbe andata via laddove le fosse stato concesso di farlo; quel posto era una vera miniera d'oro, soprattutto per chi, come lei, non conosceva la metà degli oggetti lì presenti. Evitò di toccare le cianfrusaglie sulle mensole, un po' per la polvere da cui erano sommersi, un po' perché non aveva alcuna voglia di perdere l'uso delle dita, considerazione che si fece via via sempre più impellente quando notò dei frisbee alquanto familiari: era certa di averne visti volteggiare un paio all'interno della Sala Comune e non parevano essere normalissimi giocattoli.
Tuttavia, nonostante le sue buone intenzioni, non poté fare a meno di concentrare il proprio galoppante e irrefrenabile interesse su di una scatolina di legno del tutto anonima ma, come qualunque cosa che si possa aprire, esercitò un fascino malsano verso la piccola Corvonero che, senza pensarci due volte, la afferrò.
A causa della polvere che inalò inavvertitamente, diede luogo a uno starnuto talmente potente da rischiare di perdere l'equilibrio sulla sedia, cosa che la convinse a scendere. Fu sul punto di sollevare il coperchio della scatola ma uno strano irrigidimento in Mrs Purr la frenò. Lo sguardo cristallino si fermò sul gatto per una manciata di secondi ma, non vedendo nulla di particolarmente anomalo, la ragazzina si strinse nelle spalle e tornò alla sua scatola.
Il coperchio venne sollevato e la scozzese avvicinò il viso per scorgere meglio cosa vi fosse al suo interno.


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view post Posted on 30/9/2019, 20:01
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In un Castello come quello c’erano molti modi per rompersi l’osso del collo: ruzzolare lungo le scale - a cui notoriamente piaceva cambiare -, piccoli incidenti con pozioni potenzialmente esplosive oppure perdere l’equilibrio durante un normalissimo allenamento di Quidditch. Certo, perdere l’equilibrio poteva accadere a chiunque, persino per colpa di un innocente starnuto, ma tra le cause di incidente questa sarebbe stata di certo la più ridicola di tutte.
Clarissa fortunatamente avrebbe salvato sia il collo sia la dignità e presto entrambi i piedi toccarono terra, lasciando il tremore dello spavento ben lontano dalla curiosità che, d’altro canto, aveva guidato ogni suo piccolo gesto. Mrs Purr non aveva smesso di osservare un punto non ben precisato alle spalle della piccola Scott, ma quella non se ne curò, accecata dalla smania di scoprire tesori celati in mezzo a quel lerciume.
Le dita svelte della Corvonero fecero forza sull’apertura dello scrigno - una scatolina anonima, come già detto - dall’aspetto curioso proprio per la sua ordinarietà. Al suo interno poteva trovarsi di tutto: piccoli oggetti, bigiotteria scadente venduta insieme all’ultima copia del Cavillo, oppure una piccola confezione di Api Frizzole - fatta entrare per miracolo in quella scatola dalle dimensioni contenute. Chissà che cosa se ne faceva Gazza di un cimelio simile, impolverato e ricoperto dalle ditate della giovane studentessa: meglio accertarsi che al suo interno non vi fosse qualcosa di prezioso.
In fin dei conti non era certo rimasta chiusa lì dentro per tornarsene nella Sala Comune a mani vuote, no?
Il primo tentativo di Clarissa di aprire quella specie di cofanetto non andò a buon fine, tale era il tempo in cui il coperchio era rimasto chiuso; sembrava fosse incollato - forse a causa dell’umidità del luogo? - e appiccicava dappertutto, come se Gazza ci avesse mangiato sopra quelle sue stupide alici fritte. Mrs Purr arricciò il nasino, muovendo ritmicamente la coda con fare infastidito, e se ne restava lì ad osservare la sua prigioniera, aspettandosi che presto o tardi avrebbe dato forfait. Solo il terzo tentativo, audace e determinato, diede il risultato sperato; le cinghie sul retro della scatola cigolarono appena sotto la pressione imposta dalle mani imberbi e ciò che vi trovarono all’interno avrebbe lasciato Clarissa senza parole. Non si poteva immaginare nulla di più inutile di ciò che il suo occhio vide, un oggetto prettamente babbano e che forse non aveva alcuna valenza nel mondo magico: una sfera di vetro, una di quelle con la neve all’interno e un paesaggio montano, se ne stava lì sotto ai suoi occhi straniti.
Al suo interno, però, pareva vi fosse un Villaggio con le casette minuscole affacciate lungo una stradina: assomigliava molto ad Hogsmeade, coi tetti aguzzi e l’acciottolato della via principale, oltre ad un fitto bosco tutt'intorno. La cosa davvero strana era che, per quanto l’agitasse, al suo interno non ci fosse alcuna traccia di neve. C’era da impazzire in quel Castello - poco ma sicuro! Che cosa ci faceva un aggeggio simile nelle mani di un Custode notoriamente Magonò? Intanto, alle sue spalle, una nuova impercettibile oscillazione della catenella fece rizzare le orecchie alla gatta del Guardiano. Ancora una volta, Clarissa non poté farvi caso, ammaliata e stupida dal cimelio trovato.



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Ebbene, Clarissa riesce nel suo intento.
Ti chiedo tuttavia di prestare maggiore attenzione all'autoconclusività. Ci troviamo in una quest e qualsiasi gesto, effetto o movimento avrà successo (o sarà seguito da fallimento) solamente per volere del Master e nel rispetto dei Regolamenti. In questo caso, l'apertura del cofanetto rientra nella casistica di cui sopra.
Si tratta solamente di prendere confidenza con le dinamiche di gioco, confido che da ora in avanti saprai fare buon uso del periodo ipotetico per spiegarmi al meglio le intenzioni di Clarissa, senza dare per scontato che queste abbiano successo.

Possiamo procedere e, come sempre, per qualsiasi esigenza e/o dubbio non esitare a contattarmi tramite MP.
 
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Clarissa Scott
view post Posted on 1/10/2019, 13:52




C
iò che Clarissa trovò all'interno della scatolina di legno fu decisamente qualcosa che non si aspettava. Era riuscita a sollevare il coperchio dopo svariati tentativi e, con sguardo bramoso e un sorriso dipinto sul piccolo e innocente volto, aveva appreso che all'interno del minuscolo scrigno non vi era altro che una pallina, molto simile a quelle babbane che, una volta agitate, lasciano intravedere un paesaggio ricoperto di neve. Clarissa la prese tra le mani e lasciò la scatolina sulla scrivania di Gazza, mentre lo sguardo rimaneva concentrato sulle minuscole casette che, a occhio più attento, ricordavano quelle affacciate alla via principale di Hogsmeade, o almeno questo ricordava la piccina. Non biasimatela, aveva visto il villaggio solo una volta, ovvero quando era scesa dall'Espresso per Hogwarts prima di recarsi ad affrontare la traversata del Lago Nero.
Iniziò ad agitarla ma senza alcun esito: niente neve, neppure un misero fiocchetto, al ché l'oggetto le parve totalmente inutile e fece per rimetterlo lì dove lo aveva trovato, tuttavia... perché mai Gazza avrebbe dovuto sottrarre a degli studenti un oggetto simile, se pareva non avere alcuna proprietà magica e non essere nemmeno un tantino pericoloso? Per quanto il Custode fosse un tipo fastidioso e pedante, non era matto fino al punto di ritirare innocui aggeggi come quello. O sì?
La ragazzina si passò la palla da una mano all'altra, soppesando se fosse il caso o meno di portarla con sé. Avrebbe potuto mostrarla a Jean e capire insieme a lei se ci fosse qualcosa da scoprire al riguardo. Magari, pensò illuminandosi d'immenso, si trattava di un villaggio reale, costretto a rimpicciolirsi e a restare chiuso in una pallina di vetro, vittima di una magia oscura... sì, sì decisamente Clarissa avrebbe tenuto con sé quella pallina.
Se la mise nella tasca della divisa e, ancora tutt'altro che pronta a lasciare quel posto, riprese a guardarsi intorno, neanche minimamente consapevole di ciò che pareva accadere all'interno di quello strano armadio che Gazza non vedeva l'ora che aprisse.


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view post Posted on 7/10/2019, 15:08
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Mano a mano che i minuti trascorrevano, Clarissa si rendeva conto di quanto fosse inutile quello spreco di tempo: la sfera di vetro fu presto dimenticata e subito lo sguardo della strega cercava qualche altro oggetto interessante. Mrs Purr si avvicinò lesta al bordo della scrivania, degnando di uno sguardo distratto l'ultimo cimelio di Gazza con cui Clarissa aveva avuto a che fare. Era evidente che quell'oggetto non avesse alcuna importanza, né per il Guardiano né per la sua fedele gatta; probabilmente era solo un souvenir di qualche tipo, senza alcun potere magico. Nessun villaggio intrappolato chiedeva d'esser salvato, ma Mrs Purr aveva ben chiaro quale dovesse essere il centro della sua attenzione. La catenella sospesa oscillava ancora, impercettibilmente per un essere umano e fastidiosamente per un felino. Nulla sarebbe sfuggito agli occhietti rossi dell'animale che, dopo essersi acquattato sulle quattro zampe ed aver atteso che Clarissa si spostasse un poco, tentò di acciuffare la catenella con un balzo fulmineo. Mrs Purr, oramai, aveva la sua veneranda età e - per essere un gatto - se la cavava ancora abbastanza bene con le sue fughe per i corridoi, la caccia ai topolini e agli studenti impenitenti; tuttavia, la sua mira non era più quella di una volta e, inspiegabilmente, mancò il bersaglio. Gli artigli della bestiola furono in grado di afferrare la catenella, che cadde a terra rumorosamente, e l'anta di destra si scostò un poco. A quel punto, specialmente dopo il pesante tonfo della gatta sul pavimento di pietra, voltarsi in quella direzione sarebbe stato lecito. Allora, Clarissa avrebbe potuto notare un paio di centimetri di quell'apertura, che permettevano a chiunque avesse voluto ficcare il naso di constatare che all'interno dell'armadio non vi fosse alcuna creatura sospetta o pericolosa. Nessun Molliccio, insomma, a far paura alla giovane Clarissa. Se l'avesse aperto, la Corvonero avrebbe trovato dell'altro ciarpame oppure qualcosa di più interessante? C'era l'eventualità concreta che quel mobile contenesse altri documenti sparsi, leccornie di qualche genere o la scorta di alici a cui Mrs Purr non sapeva proprio resistere. Se c'erano una catena e un lucchetto questo significava soltanto una cosa: qualcosa, là dentro, meritava di essere preservato da occhi indiscreti. Restava solamente una cosa da scoprire: Clarissa avrebbe avuto finalmente il coraggio di curiosare?



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Clarissa Scott
view post Posted on 8/10/2019, 17:01




I
l fatto che Clarissa non fosse affatto abituata ad avere a che fare con degli animali, non le aveva reso possibile rendersi conto che in Mrs Purr qualcosa non andava da qualche minuto a quella parte. Non si accorse neppure di quando la gatta, pronta a spiccare un balzo, si era messa sulle quattro zampe in attesa che la giovane studentessa si spostasse dalla traiettoria ma, al tonfo che seguì quell'agile mossa, Clarissa non poté fare a meno di voltarsi con aria spaventata.
Quando si rese conto che si trattava unicamente del gatto di Gazze, la rossa tirò un sospiro di sollievo e lanciò un'occhiata irritata alla creatura.
-Che gatto fastidioso.
Fu lì lì per voltarsi ma i suoi occhi scorsero una catenella vicino al punto in cui Mrs Purr pareva essere caduta e, non appena sollevò di poco lo sguardo, notò l'anta destra dell'armadio, che tanto l'aveva incuriosita, lievemente scostata. Era evidente che fosse stato il gatto a far cadere la catenelle, d'altronde la strega non poté evitare di pensare che ci fosse un essere o chissà cosa, al suo interno, che desiderava ardentemente uscire.
La sua fantasia, d'altro canto, galoppava veloce.
Rimase immobile per qualche secondo, come se si aspettasse di vedere davvero che qualcosa di spaventoso ne fuoriuscisse, ma la sua curiosità vinse su tutto il resto e la ragazzina compì qualche passo in direzione del vecchio articolo di arredamento, allungando la mano destra verso l'anta, che lasciava intravedere una parvenza di oscurità al suo interno.
Clarissa non aveva idea di cosa avrebbe potuto trovare, ma il fatto che ci fossero una catena e un lucchetto a preservarne il contenuto, le lasciava intendere che dentro l'armadio potesse esserci qualcosa di molto prezioso o, al contrario, qualcosa di terribilmente pericoloso.
Nonostante quella vena incauta che pareva animarla di tanto in tanto le dicesse di sperare nella seconda alternativa, la ragione fortunatamente fece capolino, rendendola quasi incerta se aprire o meno quell'armadio. D'altro canto, si disse mentre la mano entrava a contatto con la maniglia dell'anta, cosa mai avrebbe potuto tenere il custode all'interno di una scuola di tanto pericoloso?
Si decise e, deglutendo, tentò di aprire l'armadio.



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view post Posted on 13/10/2019, 14:28
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Niente ad Hogwarts - o più in generale nel mondo magico - era ciò che sembrava: scale libere di scegliere la propria posizione, soggetti nei ritratti capaci di parlare e spostarsi da una cornice all’altra, stanze in grado di comparire e scomparire (almeno secondo alcuni) a proprio piacimento. Che cos’avrebbe reso quell’armadio diverso dal resto del mobilio presente nella Scuola? L’intuizione di Clarissa, del resto, poteva essere corretta: a Difesa Contro le Arti Oscure aveva imparato che cosa fosse un Molliccio, di quanto quelle creature misteriose adorassero il buio e gli spazi chiusi; un armadio, quindi, sarebbe stato il luogo perfetto per celarsi alla vista e sarebbe stato lecito da parte del Guardiano metterlo sotto chiave per la propria sicurezza. Che cos’avrebbe visto Gazza se un Molliccio gli si fosse presentato innanzi all’improvviso? Qual era la paura peggiore del Guardiano? E quella di Clarissa? La paura muoveva nonostante tutto le sue dita, in procinto di stringere la maniglia verticale e sottile; il metallo scrostato dal tempo e dall’usura attendeva solamente di essere afferrato e, quando Clarissa riuscì a toccarlo, un brivido le avrebbe percorso il corpo. Se l’era immaginato o era stato qualcosa di reale? Simile ad una lieve scarica elettrica, quella sensazione si era dipanata dalle dita serrate fino alla spalla e al petto della giovane Corvonero, lasciandola senza fiato - per un istante soltanto - finché la forza e il coraggio non ebbero avuto il sopravvento.
L’anta destra cigolò e lo spostamento d’aria fece aprire di pochi centimetri l’altra anta. L’odore di spazio chiuso e stantio, un mix di polvere e muffa mescolate insieme, le invase le narici. Lo sguardo abbracciò lo spazio angusto, ma colmo degli oggetti più disparati. Diviso in due sezioni ben separate, l’armadio si componeva di una parte - quella a sinistra - per riporre soprabiti e lunghe vesti, mentre a destra trovavano posto una serie di cassettini, quattro o cinque, e una cappelliera sulla sommità. Fin qui nulla di anomalo. Aprendo i cassetti, Clarissa avrebbe trovato cianfrusaglie di ogni tipo, tra cui un paio di guanti spaiati, un orologio da taschino arrugginito, col vetro percorso da un intreccio di crepe sottili e l’orario fermo alle due e trentasei; negli altri cassetti, un coltellino - o forse un tagliacarte - e foglietti di pergamena illeggibili a causa di larghe chiazze d’umidità che avevano intaccato l’inchiostro perlopiù sbiadito. L’oggetto più interessante, tuttavia, si trovava alla sua sinistra, là dove cappotti e mantelli avrebbero dovuto trovar giusta collocazione: un manico di scopa con i ramoscelli della coda mal allineati e le lettere dorate ad indicarne il modello. Benché la “O” fosse scrostata in parte, il nome “Comet” risaltava sul legno del manico e gli appoggi per i piedi mancavano, forse rotti durante un qualche allenamento o perché inutili a colui - o colei - che ne aveva fatto uso. Uno studente del Primo Anno non poteva possedere una scopa e benché Clarissa potesse desiderare di tenere per sé quel cimelio, di certo non avrebbe potuto lasciare l’Ufficio del Guardiano senza essere vista, rischiando persino di portare nel proprio dormitorio un manico di scopa del tutto inutile. La delusione avrebbe fatto capolino di nuovo nel cuore della giovane studentessa se, d’un tratto, un riflesso innaturale non avesse attirato la sua attenzione sullo specchio presente sull’anta di destra. Come molti armadi antichi, anche questo possedeva una coppia di specchi e il riflesso della Corvonero si rifletteva nell’uno e nell’altro, moltiplicando la sua immagine all’infinito. Al lato di uno di questi, un telo grigio era appeso solo per un lembo all'angolo in alto, come se fosse scivolato dalla superficie riflettente che avrebbe dovuto coprire. Guardandosi allo specchio, Clarissa avrebbe scorto l’immagine di se stessa, pura e semplice: capelli rossi, la divisa della sua Casa e lo sguardo spento dal disinteresse. In quell’Ufficio, in fondo, non c’era nulla per cui sprecare il proprio tempo. Fu allora che un secondo bagliore, come un lampo di luce bianca, si originò improvvisamente. Seguito da un terzo e poi da un quarto, il bagliore s’intensificò fino ad accecarla. La bambina sarebbe stata colta da una sensazione di smarrimento, la stessa di quando - giocando a correre in circolo - ci si disorienti in assenza di equilibrio. Le ginocchia avrebbero ceduto senza che Clarissa potesse opporvi resistenza, prima ancora che potesse rendersi conto di essere svenuta.

Il risveglio non fu dei più piacevoli: cadendo doveva aver urtato qualcosa col ginocchio sinistro, nel punto in cui la calza smagliata lasciava intravedere un arrossamento lieve (-2PC). La testa le doleva in più punti, forse a causa del disorientamento e della caduta stessa. Prima ancora di aprire gli occhi, Clarissa percepì la sensazione del freddo sulla pelle, lasciandosi avvolgere da spire di vento gelido. Subito dopo, la bambina si rese conto di non essere sola, poiché qualcuno - una figura dalle forme indistinte - le volgeva il capo a destra e a sinistra, schiaffeggiandole delicatamente le guance per svegliarla da quel torpore. Sotto il suo corpicino intirizzito dal freddo, la neve.
Quando Clarissa aprì gli occhi del tutto, il bagliore del sole nascente la colpì in pieno volto, e non fu capace di riconoscere la voce di colei che le stava parlando.
«Oh, grazie al cielo! Sei viva!»
Voce di donna, molto probabilmente di un’adulta. Quando riuscì a metterla a fuoco, Clarissa avrebbe visto una giovane - forse sulla ventina - con lunghi e morbidi capelli biondi, sciolti sotto un cappuccio e un mantello di pelle. Il suo viso era più ordinario di quanto ci si potesse aspettare, nessun segno particolare in bella vista o dettagli che potessero suggerire a Clarissa di riconoscerla. Poteva dedurre che le sue intenzioni non fossero cattive, poiché la sua espressione le ricordava quella di una madre rimasta in pensiero a lungo per un figlio scomparso da lungo tempo.
Era pieno inverno e la sua uniforme non l’avrebbe salvata dalle basse temperature. La donna trasse immediatamente un secondo indumento della stessa misura dal sacco abbandonato accanto alla bambina e con quello le cinse il corpo, sfregandole le mani sulle spalle con fare energico per riscaldarla.
«Sei comparsa dal nulla! Si può sapere da dove salti fuori?»
Era la domanda più logica e sicuramente Clarissa non aveva una risposta pronta. Intorno a loro, un bosco di abeti coperto da neve brillante, un sentiero - quello sul quale si trovavano entrambe - appena visibile tra i filari di alberi cresciuti irregolarmente in quell’ampio spazio. Dov’era finita? Clarissa non ne aveva proprio idea.



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Come si evince dalla descrizione, lo scenario è cambiato. Ti chiedo di postare l’inventario - coerente con la situazione di partenza - e di aggiornare le statistiche. Evidentemente l’armadio nascondeva un’insidia e ora Clarissa è costretta a farvi i conti. Non puoi avere la certezza che la donna che la soccorre sia una strega o una babbana: a te cercare di scoprire qualcosa sul suo conto e, magari, capire dove le due si trovano.

Per qualsiasi dubbio o necessità non esitare a contattarmi.
 
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Clarissa Scott
view post Posted on 14/10/2019, 20:00




Q
uando quel pomeriggio Clarissa aveva deciso di entrare a sbirciare nell'ufficio del Custode, mai e poi mai avrebbe potuto pensare che le sarebbe accaduto qualcosa di simile, neppure nelle sue fantasie più remote. L'idea che Gazza avrebbe potuto arrabbiarsi se l'era fatta, naturalmente, ma che aprendo uno strano e inquietante armadio potesse ritrovarsi in un altro mondo -o qualunque cosa fosse quel luogo- questo proprio non se lo aspettava.
Ma andiamo per gradi. Quando la sua esile e piccola mano afferrò la maniglia di una delle ante dell'armadio che Mrs Purr sembrava detestare, un leggero brivido parve percorrerla lungo tutta la schiena, divenendo via via sempre così intenso da darle l'idea di venire attraversata da una lieve scossa elettrica, che partiva dalla punta delle dita della mano destra e si protraeva lungo il braccio, fino ad arrivare al petto. Non aveva mai provato una sensazione simile.
Quando spalancò l'anta, quasi si aspettò di trovare qualcosa di importante all'interno dell'armadio, forse persino di pericoloso, e rimase alquanto delusa nel riscontrare un ammasso di abiti sulla sinistra e una serie di cassetti sulla destra. Le labbra si schiusero per lasciar fuoriuscire un breve sbuffo, prima di decidere a cosa dedicarsi in quel momento; gli indumenti non sembravano interessarle, ma nel mucchio scovò una serie di soprabiti che la fecero sorridere. Se ne avesse afferrato uno e si fosse addentrata nell'armadio, magari sarebbe finita nel mondo di Narnia.
Scosse la testa dandosi della sciocca, prima di tornare a concentrare la propria attenzione sui cassetti. Ne aprì uno a caso e iniziò a frugare al suo interno; se sua madre l'avesse vista, probabilmente le avrebbe tirato le orecchie: "non si fruga nella roba altrui", le avrebbe detto, ma il suo caro papà l'avrebbe aiutata a cercare qualcosa di interessante, ne era certa.
Purtroppo per lei, però, a parte un orologio da taschino fermo alle 2.36 e un manico di scopa della Comet alquanto malconcio, non vi era davvero nulla di interessante, men che meno di utile.
Sai, Mrs Purr, devo ancora capire perché il tuo padrone si interessi tanto a certe cianfrusaglie.
Disse lei, voltandosi a controllare dove fosse finita la gatta. In quel movimento, però, venne attratta da ciò che vide sull'anta dell'armadio. Non era nulla di anomalo o particolare, ma la sua attenzione venne stranamente rapita dal proprio riflesso, ripetuto infinite volte tra i due specchi. Rimase a fissarsi per qualche attimo, quasi perse la cognizione del tempo e, sbattendo le palpebre un paio di volte, si risvegliò da una sottospecie di trance. Vide un bagliore e assottigliò lo sguardo tentando di mettere maggiormente a fuoco quel punto e, quando fu certa di essersi sbagliata, ne scorse un altro. Fu sul punto di allontanarsi da quell'ufficio, per quel giorno era stufa di giocare a fare l'esploratrice e stava iniziando a provare un certo disagio, ma un forte senso di spossatezza parve assalirla all'improvviso, le gambe cedettero sotto il suo peso e fu costretta a reggersi a una delle ante, crollando per via di un mancamento.
Poi il vuoto.

Quando Clarissa tentò di riaprire gli occhi non vi riuscì, era più importante concentrarsi sul freddo che pareva attanagliarle le viscere. Sentiva un dolore al ginocchio e la testa le doleva in svariati punti, ma nulla era paragonabile al freddo pungente del vento invernale che le impediva di muoversi. Si rese conto di tremare solo quando percepì i denti sbattere e, facendosi forza, si decise ad aprire gli occhi, spalancando le palpebre su un sole nascente.
Dove si trovava?
Le servì qualche minuto per ricordare cosa stesse facendo prima di addormentarsi -o svenire- ma una voce che non conosceva la destò da quei tentativi.
Una voce di donna.
Sembrava essere piuttosto preoccupata.
Le iridi che tanto si adattavano al colore del panorama che la circondava andarono a cercare la fonte di quella voce e Clarissa scorse una giovane donna dall'aria sorprendentemente ordinaria, con lunghi capelli biondi e con indosso un mantello e un cappuccio.
La piccola tentò di tirarsi a sedere, ma fu un'impresa alquanto difficile dato il freddo che le impediva di muovere braccia e gambe come avrebbe voluto. Tuttavia, riuscì a mettersi seduta e si portò le mani a sfregarsi le braccia.
Si guardò intorno, ma non riuscì a riconoscere quel luogo.
La donna parve assecondarla e la coprì con un'ulteriore capo, sfregandole le braccia come lei stessa aveva tentato di fare poco prima, per scaldarla. Fu un toccasana e Clarissa afferrò i lembi del mantello per avvolgerlo ben bene attorno a sé, nascondendo la bocca sotto l'orlo e chiudendo gli occhi per un momento. La donna, nel mentre, pareva essere genuinamente preoccupata per lei.
A quel punto, uno strano riferimento le tornò alla mente: armadio pieno di cappotti, paesaggio innevato, una donna nel bosco che si dimostra gentile con una ragazzina apparsa dal nulla...
Gli occhi si spalancarono e, nonostante il lieve timore che assalì la bambina, rivolsero alla donna uno sguardo incerto.
L-lei per caso è la St-strega Bianca? Jadis?
Chiese con voce tremolante, più per il freddo che per il terrore di ritrovarsi davanti alla strega cattiva di Narnia.
La prego, mi dica che non c'è anche un leone, p-perché se cosi fosse giuro di non leggere mai più un libro di fantasia in vita mia.


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Inventario:
-la bacchetta
-una fiala di decotto al Tiramisù (acquisito a lezione)
 
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view post Posted on 20/10/2019, 11:14
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La donna soffocò a stento a una risata alle parole della sconosciuta e si limitò a sorridere, aiutandola a rimettersi in piedi. «Quelle sono baggianate babbane, cara.» e, in un certo senso, il timore di avere a che fare con una bambina appartenente a quella genìa incapace di cogliere la verità proprio davanti al loro naso, svanì in un baleno. «Vieni, hai bisogno di cambiarti. Sei fradicia e sta per farsi sera. Non è il caso di restare fuori troppo a lungo.»
Il mantello pesava sulle spalle stanche della piccina e la donna la sosteneva con il braccio libero avvolto attorno ai fianchi della bambina. Non era il caso di perdersi in futili convenevoli eppure la strega - perché soltanto allora le sarebbe stato chiaro - cominciò a parlare, raccontando di sé e di quello che stava facendo quando Clarissa era comparsa all’improvviso sul suo cammino. Le disse di chiamarsi Angela - un nome azzeccato visti i lineamenti dolci del suo viso, gli occhi azzurri come il cielo estivo e i capelli biondi come il grano - e il suo accento, spiccatamente marcato, le suggerì un’origine straniera, forse teutonica. Dopotutto, ad Hogwarts si era nel bel mezzo dell’autunno e la neve in Scozia arrivava solamente alla fine di novembre: era possibile, quindi, che si trovasse altrove? Quale diavoleria si era innescata all’improvviso? A che serviva quell’armadio? Angela non disse nulla di più, ad eccezione di qualche riferimento ad un villaggio vicino, scarsamente popolato e dal quale si era allontanata proprio poco prima, e di un castello abbarbicato su uno sperone roccioso difficilissimo da raggiungere. Così, procedendo svelte e affondando i piedi nella neve alta fino alle caviglie, le due streghe giunsero ad una catapecchia nel fitto del bosco, lontana dalla via che avevano percorso insieme. L’arredamento spartano aveva comunque un certo stile, con un evidente tocco femminile. Sembrava vivesse sola, ma Angela aveva a disposizione due camere da letto e dalla porta socchiusa Clarissa avrebbe visto un lettino piccino e giocattoli sparsi sul pavimento nella più piccola delle due. Doveva esserci un bambino in quella casa, ma dove? Nessuno strillo di gioia le aveva accolte al loro ingresso, né i capricci di una bocca da sfamare. Levandosi il cappuccio, Angela avrebbe intercettato lo sguardo della Corvonero ed un’ombra di dispiacere le avrebbe percorso il viso. Sparì per un momento nell’altra stanza e tornò poco dopo con vestiti puliti e adatti al clima di quella regione ancora sconosciuta. «Tieni, questi dovrebbero andar bene. Puoi cambiarti di là.»
La stanza di Angela non era che una piccola camera da letto, con un giaciglio semplice e affatto moderno. Tutto l’arredamento della casupola pareva provenire da un’epoca differente, facendo sembrare la dimora una piccola baita di montagna della più povera delle famiglie. Non c’era alcun oggetto decorativo ai muri in legno e nessun fiore a rallegrare l’atmosfera, ma era ordinata e pulita e tanto sarebbe bastato ad instillare in Clarissa un senso di comodità e calore umano, nonostante tutto. L’unica nota di colore proveniva dalla coperta di lana stesa sul letto, il cui ricamo geometrico era carico delle più svariate sfumature cromatiche. Doveva essere stato sicuramente un regalo, poiché Angela non dava l’idea di essere una persona allegra - e questa era l’idea che chiunque si sarebbe fatto entrando in casa sua, a dispetto dei modi gentili e amorevoli, quasi materni. Quando Clarissa fosse tornata nella stanza principale avrebbe trovato il caminetto acceso ed Angela china dinanzi alle fiamme, le mani tese a sfiorarne le lingue bollenti. Pareva non temere il calore, anzi, ne sembrava ipnotizzata. Trascorso qualche minuto nel più completo silenzio, alla fine la donna parlò. La sua voce suonò stentorea, frutto di una riflessione svelta ma accurata. Aveva pensato molto e l'aveva fatto spinta da sentimenti e sensazioni tremende, rese chiare solo in seguito dalle sue parole.
«E’ sparito. Il mio bambino è sparito e invece di trovare lui… ho trovato te.»



Clarissa Scott:

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Nuovo scenario e un nuovo indizio sulla ragione - probabile - per cui Clarissa si trovi lontana da Hogwarts. Angela, nonostante le sue vicende, dovrebbe suggerire di essere una persona per bene. Puoi approfittare di questo turno per approfondire la sua conoscenza e capire se puoi davvero fidarti di lei - oppure se esista un modo per tornare indietro.

Come sempre, mi trovi a tua disposizione tramite MP.
 
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Clarissa Scott
view post Posted on 20/10/2019, 17:04




V
iaggiare troppo con la fantasia era sempre stato uno dei suoi peggiori difetti, che nonostante tutto era sempre stato visto da suo padre come un qualcosa di cui vantarsi, un pregio che avrebbe reso la sua bambina unica per tutto il resto della sua vita. Forse per quel motivo Clarissa era riuscita ad accettare piuttosto serenamente l'dea di abbandonare tutto e tutti, un mondo che conosceva a menadito a soli undici anni per recarsi in una scuola in cui tutto pareva essere possibile. Con i mesi aveva imparato a capire che la magia rendeva molte cose fattibili, ma non certo tutto.
L'affermazione della donna e la sua risata circa la domanda posta da Clarissa, la piccola strega comprese di trovarsi di fronte a un'esponente del mondo magico: nessuno Babbano avrebbe usato quel termine per riferirsi a una storia del proprio mondo, motivo per cui la bambina si ritrovò ad essere alquanto indecisa se rilassarsi o preoccuparsi maggiormente.
Insomma, Jadis aveva cercato di accaparrarsi le simpatie di Edmund prima di rivelarsi come l'antagonista del libro, non aveva certo sbandierato ai quattro venti di essere lei la cattiva.
- Beh, anche volare su una scopa a casa mia è definita una baggianata... eppure lo facciamo!
In pratica, Clarissa non era certa di potersi o volersi fidare della donna, ma era sicura di aver bisogno di calore, motivo per cui la lasciò fare quando la donna tentò di aiutarla e si fece guidare fino a una piccola casetta in mezzo al bosco, decisamente troppo isolata per i gusti della scozzese.
Ad ogni modo, il calore che percepì al proprio ingresso fu un motivo sufficiente per far sì che iniziasse a fidarsi della strega apparentemente gentile, i cui capelli biondi e occhi azzurri si addicevano perfettamente al nome che portava.
Durante il tragitto, Angela le aveva raccontato di sé, ma solo quando si guardò intorno in attesa che la donna tornasse da lei con degli indumenti la ragazzina raccolse qualche altro dettaglio. Da una porta socchiusa, infatti, si scorgeva quella che pareva essere la stanza di un bambino, dati i giocattoli che si intravedevano sparsi sul pavimento, ma del bambino in questione neppure l'ombra.
- Grazie, Lei è davvero gentile.
E probabilmente era tutta apparenza; per quanto ne sapeva Clarissa, la donna poteva essere la strega cattiva della casa di marzapane e si stava preparando per cucinare la piccina a dovere.
Ad ogni modo, pensò la scozzese, era sempre meglio morire al calduccio nella pancia di una strega che non al rigido clima che imperversava fuori da quella casupola.
Si diresse dunque nella stanza indicata dalla donna e lì si sfilò i vestiti fradici, non potendo evitare di battere i denti dal freddo. Mentre indossava gli indumenti che Angela le aveva fornito, lo sguardo della ragazzina sondò l'ambiente circostante, riconoscendo un arredamento essenziale, a tratti povero e, per quanto indicatore di una presenza femminile e attenta, non poteva non notare quanto sembrasse distante dalle moderne case del suo tempo.
Che si trovasse in un'altra dimensione spazio-temporale? Di certo quella non era la Scozia di settembre, dunque quella era una probabilità da non sottovalutare.
Tornò nel tepore del modesto salottino e si rese conto di come Angela fosse piegata sulle fiamme del camino, come ad alimentarne il calore. Quando Clarissa si guardò intorno, si rese conto che l'unica nota di colore in tutta la casa era la coperta di lana poggiata sul giaciglio della camera accanto, un oggetto che pareva stonare con tutto il resto.
La ragazzina desiderò avvicinarsi al fuoco, ma nello scorgere Angela intenta ad osservarlo, quasi a restarne ammaliata, decise di restare ferma là dove si trovava.
Quando la donna parlò, la sua voce ruppe il silenzio in cui le due erano involontariamente cadute e Clarissa trasalì.
Un bambino esisteva davvero in quella casa, ma il motivo per cui non lo aveva ancora visto era perché pareva essere sparito. Clarissa si dispiacque molto per quella donna tanto gentile e si ritrovò a compiere dei passi verso di lei.
Mi dispiace molto, Angela.
Il suo unico desiderio al momento era quello di tornare al castello, ma come poteva andarsene così dopo quello che la strega aveva fatto per lei? Se si fosse svegliata non trovando nessuno, come avrebbe fatto?
La aiuterò a cercarlo prima di andare, le va? In fondo glielo devo.
Annuì con forza, come a convincersi maggiormente delle proprie parole e sperando che Angela accettasse il suo aiuto.
Quando ha visto l'ultima volta il suo bambino? Può descrivermelo? Potremmo andare nel villaggio di cui mi ha parlato poco prima, potrebbe essersi smarrito lì.
E poi le venne in mente che il bambino non era l'unico ad essersi smarrito. Come avrebbe fatto lei a tornare a casa? Dubitava seriamente che in un luogo assai poco popolato e in cui sorgevano un villaggio e un castello ci fosse una stazione ferroviaria. Probabilmente le sarebbe convenuto ritornare nel luogo in cui Angela l'aveva trovata. In fondo, a Narnia bastava seguire il sentiero che si era intrapreso fin da dentro l'armadio per poter tornare indietro, con un lampione ad indicarlo.
Peccato che, se ben ricordava, non aveva visto alcun lampione al suo risveglio.


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Nel tempo che Clarissa impiegò a cambiarsi gli abiti - una veste non troppo dissimile da quella indossata da Angela, soltanto di taglia più piccola - la padrona di casa era rimasta sola, avvolta dal tepore delle fiammelle nell’alveo del caminetto di pietra e con un solo opprimente pensiero. Il suo bambino, ingenuo e indifeso, scomparso nel nulla la notte prima. «Non si può spiegare.» disse alla fine, quando Clarissa parlò «Non si può. Al villaggio nessuno sa nulla e sono passate tante ore da quando ho iniziato a cercarlo.» Il suo sguardo s’incupì terribilmente, la preoccupazione per la sera ormai giunta e l’abbassamento delle temperature, tutto le faceva credere che il suo piccolo non avrebbe superato le avversità imposte da quei luoghi. Un lungo sospiro suggellò la fine di quel silenzio pesante come un macigno e Angela si alzò lesta, facendo cenno a Clarissa di seguirla all’esterno. Lo scricchiolio dei loro passi nella neve fece loro compagnia per qualche metro, finché non giunsero al limitare dei primi abeti. «Solo boschi. E creature terribili.» - un pensiero ad alta voce quello, l’istinto di una madre in pena a spingerla a non arrendersi - «E poi c’è il castello, lassù.»
Lo individuò velocemente, grazie alla direzione fornita dall’indice teso di Angela oltre un punto distante forse un miglio o due da loro. La costruzione scura si stagliava sulla roccia a picco su un dirupo, scavata nella pietra stessa; piccole guglie si ergevano sull’abisso sotto di loro e un bagliore soffuso proveniva da una finestrella simile ad un puntino. «E’ lì che voglio andare adesso, ma non so che cosa troveremo.»
Angela lo ammise candidamente, come se avesse saputo che quelle parole - che includevano Clarissa - fossero disperate e assurde, proprio in virtù della giovane età della Corvonero. Se Clarissa voleva aiutarla avrebbe potuto farlo, ma che cosa si nascondeva tra i boschi e in quella costruzione enorme e di certo non abbandonata? E perché un bambino avrebbe dovuto avventurarsi lassù da solo? Clarissa non avrebbe avuto modo di porre altre domande alla giovane madre, poiché questa aveva intrapreso la propria via per conto suo, anticipandola a grandi falcate. Davanti a loro il bosco, dietro la sicurezza di una dimora modesta, ma strana. Che fare, dunque?



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Clarissa Scott
view post Posted on 26/10/2019, 17:23




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ell'osservarla alla luce flebile del fuoco scoppiettante del camino, Clarissa riuscì a intravedere con attenzione ogni dettaglio di quel volto spento dalla sofferenza. La bambina, per quanto in genere molto riservata e chiusa in se stessa, non poteva negare di provare una terribile compassione per quella donna tanto gentile, motivo per cui decise di fidarsi abbastanza di lei da concederle il proprio aiuto, laddove fosse servito.
Nell'avvicinarsi, udì le sue parole ed ebbe qualche difficoltà a comprendere. Cos'è che non poteva spiegare? E come faceva a sapere che nessuno era al corrente di nulla al villaggio? La ragazzina fu sul punto di insistere, ma quando Angela si alzò e le fece cenno di seguirla fuori dalla capanna, Clarissa fece come le era stato chiesto, dimentica delle domande che desiderava porle.
Era quasi incredibile la capacità che la donna aveva nel farsi obbedire da una ragazzina dalla personalità di Clarissa, eppure la piccola lasciò correre, seguendola sulla neve e percependo nuovamente il freddo intenso delle gelide serate invernali.
Ignorando i fremiti e il battere dei denti, la ragazzina si accostò ad Angela che, allungando il braccio ad indicare qualcosa, la portò a notare e rimirare la fortezza di cui le aveva già parlato. Clarissa, ancora una volta, rapportò ciò che gli occhi scorgevano con quanto aveva letto una volta, associando la lugubre immagine del castello scavato nella pietra alla dimora di Dracula.
Le sembrava di trovarsi all'interno dei suoi racconti preferiti, ma il dolore della donna e la voce spezzata dal timore che al figlio potesse essere accaduto qualcosa la fecero desistere da quelle fantasie.
Non era ancora certa che non si trattasse di un sogno, tuttavia voleva essere pronta ad affrontare ciò che quelle circostanze le avrebbero imposto. Con la bacchetta al sicuro all'interno della manica destra, la ragazzina spostò lo sguardo artico dal castello ad Angela, cogliendo ancora una volta ogni più piccolo dettaglio del suo viso.
Non ebbe modo e tempo di risponderle quando si sentì tirare in causa, ma, per quanto desiderasse tornare indietro, aveva dato la sua parola.
La giovane strega vide Angela avviarsi nell'oscurità dei boschi, per poi scostare le iridi verso il sentiero percorso prima con lei, quello da cui era arrivata. Il piede destro accennò un passo in quella direzione, ma qualcosa nell'animo della bambina la fece desistere: doveva aiutare Angela, era in debito con lei.
Convintasi che la cosa più giusta da fare non fosse di certo la più facile, strinse i denti e, tirando fuori la bacchetta, accelerò il passo per raggiungere la donna.
Si ritrovò a pensare che se davvero il bambino si trovava al castello, probabilmente doveva essere stato rapito, in caso contrario avrebbe di certo avuto difficoltà a superare incolume il bosco. Clarissa si soffermò sul fatto che non sapesse il nome del piccolo, tanto meno la sua età.
-Mi dica qualcosa in più su di lui, Angela. Mi parli del suo bambino.
L'avrebbe aiutata, glielo aveva promesso.



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L’espressione seria della donna non impedì a Clarissa di porre le giuste domande. Non si trattava solamente di curiosità, ma di una richiesta di informazioni più che lecita. Senza perdere il passo, le due s’intrufolarono nella boscaglia fitta - abeti altissimi, dalla corteccia scura coperta di neve sul lato nord, cespugli di rovi e massi più o meno grandi ed appuntiti sparsi un po’ ovunque; seguivano chiaramente un sentiero invisibile, una stradina che solo Angela pareva conoscere. Il suo incedere sicuro avrebbe dovuto quietare i dubbi della bambina che, magnanimamente, aveva deciso di prestare il proprio soccorso ad un bambino mai incontrato. La madre del piccolo rispose allora alla sequela di domande implicite della Corvonero, senza perdersi in inutili dettagli che non le avrebbero condotte da nessuna parte. «Gregor, è il suo nome.» concesse infine, troppo stanca almeno in apparenza di tenere per sé ciò che il cuore desiderava urlare al mondo intero «Ha soltanto tre anni, non posso sopportare di saperlo lontano da me.» sospirò, gemendo per il dolore che quella separazione le infliggeva. Angela aveva detto non troppo velatamente quanto quelle foreste pullulassero di creature e di come un bambino di quell’età avrebbe rischiato la morte se fosse rimasto solo troppo a lungo in un ambiente tanto ostile. «Non si allontana mai… e ora è sparito.»
Stropicciandosi gli occhi con entrambe le mani, Angela rivelò la sua disperazione alla giovane ospite, ma in cuor proprio la donna sapeva di non potersi fidare delle capacità di una giovane streghetta come lei né poteva sperare d’essere compresa pienamente nella sua sofferenza; eppure erano entrambe in quel bosco, circondate dal silenzio rotto solamente dal sibilo di un vento freddo e pungente. Il verso di gufo si unì presto a quel suono, alla carezza troppo audace di quel vento del nord, e di lì a poco un ululato - rivolto ad una Luna pallida e nascosta da sottili nubi violacee - si aggiunse al coro.
La volta celeste pareva guidare Angela e Clarissa nei loro passi e ben presto il castello inerpicato e scavato nella roccia sparì alla loro vista. Se fino a quel momento avevano proceduto senza usare la bacchetta come fonte di luce, ciò era dovuto alla presenza della coltre di neve bianca e soffice, caduta la sera precedente, che rischiarava ampiamente il loro cammino. Angela spiegò che fosse normale per quella stagione e continuò a camminare, stringendo la bacchetta nella mano sinistra. La destra cingeva con forza il bavero del mantello bordato di morbida pelliccia, altrettanto candida e soffice, proteggendosi così dal vento incurante della propria azione.

Nel silenzio ristabilito da pochi istanti, una risata acuta spezzò l’incanto della notte. Malevola e subdola, queste erano le sue caratteristiche peculiari. Si trattava di una risata umana? Forse. Poteva appartenere a qualcun altro quella voce? Angela arrestò la sua marcia all’improvviso, tendendo la bacchetta avanti a sé. Lo sguardo si volgeva a destra e a sinistra, agitata come mai prima di allora. La mano destra della donna strinse a sé il corpo di Clarissa, proteggendola col proprio. Era chiaro che la donna sapesse a cosa stavano andando incontro, ma che dire della Corvonero?
Si era giunti alle pendici del monte su cui il castello si trovava e nulla lasciava intendere che - a quella distanza - qualcuno potesse udire i loro strepiti o le loro grida. Qualsiasi cosa si fosse nascosta all’ombra degli alti abeti non poteva essere benevola. E forse, dopotutto, poteva non essere una minaccia solitaria.



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Clarissa Scott
view post Posted on 30/10/2019, 13:28




C
larissa ascoltò silenziosamente le poche informazioni che, non senza una certa fatica, Angela riuscì a snocciolarle, rendendosi conto di quanto fosse realmente poco probabile che un bambino di soli tre anni potesse sopravvivere in un bosco di notte e a quelle temperature. Sperò con tutta se stessa che il piccolo Gregor fosse stato rapito, almeno ci sarebbe stata qualche possibilità che fosse ancora vivo.
Seguì la donna in rispettoso silenzio, non sapendo cosa dire per tranquillizzare il suo animo affranto. Clarissa era il tipo di persona che, se non poteva dire la cosa giusta in situazioni di quel tipo, preferiva non parlare affatto. Rabbrividì sotto il vento pungente e si strinse nel mantello, ma se il verso del gufo la fece sentire per un attimo di nuovo a casa, a Hogwarts, l’ululato che ne seguì la portò ad avvicinarsi ulteriormente alla strega adulta.
Deglutì un paio di volte e, pur mantenendo il passo sostenuto dell’altra, non rinunciò a guardarsi intorno, come in attesa che un lupo o chissà che altra creatura palesasse la propria incombente presenza.
Inizio a credere che non sia stata una buona idea...
Ma se credeva davvero che i lupi fossero la cosa peggiore da poter incontrare sul proprio cammino, la piccola Clarissa non aveva idea di ciò a cui presto sarebbe andata incontro; come a voler mettere alla prova i suoi nervi, una risata acuta dall’inclinazione crudele le fece gelare il sangue nelle vene e la costrinse a immobilizzarsi sul posto. Il braccio di Angela la strinse a sè, come facendole scudo con il proprio corpo. Lei, che d’altro canto avrebbe voluto palesare il proprio decantato coraggio, non riuscì a reagire in altro modo, se non stringendosi ancora di più al corpo della strega. La sua più grande paura era invero rappresentata dai fantasmi e quella risata, riecheggiante tra le fronde degli alberi, le pareva essere particolarmente adatta a uno spirito.
Che cos’è?
Chiese con un filo di voce mentre si decideva finalmente a sollevare la bacchetta davanti a sè, in un punto imprecisato della fitta e buia boscaglia. Avrebbe voluto fare tante cose: usare il Sonorus per far sì che gli abitanti del castello, qualora ve ne fossero stati, potessero udire un eventuale loro grido d’aiuto o il Lumos per avere una maggiore illuminazione, ma entrambe le alternative implicavano finire sotto i riflettori della strana creatura che pareva volerle terrorizzare.
Avrebbe potuto generare del fumo per nascondere se stessa e Angela, ma a quel punto neppure loro avrebbero avuto una buona visuale.
Al chè sollevò lo sguardo verso la donna e con voce spezzata le chiese: Cosa possiamo fare?



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view post Posted on 1/11/2019, 15:34
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Le parole di Angela avevano acquisito istantaneamente un significato che, all’orecchio teso di Clarissa, non avrebbe potuto suonare diversamente da un “Te lo avevo detto”. Quelle creature pericolose di cui la donna aveva fatto menzione, seppur vagamente, erano finalmente giunte a loro: annidate nel bosco, all’ombra di caverne i cui pertugi erano pressoché invisibili ad un occhio estraneo, aspettavano solamente una nuova e succulenta vittima. La vita, in fondo, non era altro che un ciclo: nascita, vita e morte si susseguivano in modi differenti per ciascuno, ma erano fasi obbligatorie per ogni essere vivente. Potevano essere ritardate in alcune circostanze e persino evitate per un soffio, ma la Morte trovava sempre il modo di giungere al proprio scopo. Sarebbe stato così anche in quel caso e poco importava se, dopotutto, si fosse servita di un drago, di un dirupo o di un malintenzionato. Clarissa poteva percepire il respiro affannoso di Angela, la nuvoletta di vapore esalata dalle sue labbra rosse, le guance accaldate dalla tensione nervosa trasmessa all’intero corpo. «Non lo so.» ammise in risposta, la voce lacerata dall’ineluttabilità degli eventi che presto avrebbero avuto luogo. Non serviva un Veggente per sapere che presto la risata si sarebbe fatta più acuta, più penetrante e terribilmente vicina. Il cuore le martellava nel petto senza sosta, senza che la mente potesse tenere il passo con la circostanza in veloce mutamento. Tenendo Clarissa accanto a sé con la premura di una madre pronta a sacrificarsi, Angela cominciò a ruotare su se stessa, la bacchetta tesa nella direzione che il suo sguardo scrutava con attenzione. Il vento smosse le fronde degli abeti e la neve cominciò a scivolare al terreno come polvere sottile. Questo distraeva la strega adulta che ancora non sapeva come poter difendere la bambina insieme a lei. «Qualsiasi cosa tu senta, non rispondere. Non cedere. Resta con me.»
Più che un ordine, quelle parole suonarono come una supplica: aveva già perso il suo Gregor, non avrebbe perso anche lei. «Hai capito? Devi restarmi vicino.» Questa volta il tono perentorio avrebbe assicurato a Clarissa le intenzioni di Angela.

Occhi grandi, sguardo maligno. Erano in due e scrutavano la bambina dai capelli rossi con il desiderio di affondare i loro denti aguzzi nella sua carne morbida. Niente di ciò che l’altra avrebbe fatto le avrebbe garantito la salvezza e così la prima creatura sgusciò nell’ombra - operando ancora la sua malìa, infondendo nella risata quel maleficio in grado di irretire la mente e condizionare il corpo.
Senza saperlo e senza spiegarsene la ragione, Clarissa sentì via via crescendo una maggior difficoltà a prestar fede alla promessa fatta ad Angela. Sarebbe rimasta con lei, certo, se solo non avesse avuto l’istinto inspiegabile di allontanarsi dalla donna. Era già da qualche minuto, infatti, che la piccola - incapace di controllare il corpo - tentava disperatamente di sciogliere la presa della donna dal suo fianco. Angela aveva stretto ancor di più le dita al suo mantello, trattenendolo con forza. La risata - dapprima lontana - aumentò d’intensità, lasciando percepire alle due la vicinanza del nemico. Una sensazione simile ad un capogiro s’impossessò di Clarissa, preda di un incanto dal quale non avrebbe saputo difendersi. Se lo sguardo avesse vagato oltre, distogliendosi dalla schiena di Angela, Clarissa avrebbe notato un’ombra sospetta dietro un abete a pochi metri da lei. Una figura indefinita, poco più bassa di lei, si celava nell’ombra gettata sulla neve dalla Luna piena. Era una creatura i cui lineamenti - chissà poi per quale ragione - avrebbero dovuto rassomigliare a quelle di un Elfo Domestico; eppure, nonostante il naso lungo e affilato, mancava nel loro sguardo la dolcezza e la mansuetudine di quelle creature straordinariamente servizievoli. C’era malvagità in quegli occhi giallastri - ora visibili soltanto per metà - e un sorriso beffardo ne curvava la bocca sottile. Poi, mostrando i denti aguzzi, quella stessa bocca si spalancò ancor di più e un nuovo accesso di risa acute e penetranti squarciò il silenzio da poco ristabilito. Ancora, Clarissa avrebbe provato l’impulso di allontanarsi da Angela, avvicinandosi a quella creatura che - in un angolo remoto del suo cervello - la giovane riusciva ancora ad etichettare come una minaccia.

Quella consapevolezza non sarebbe durata a lungo se Angela non avesse deciso di agire: in un attacco silenzioso e in uno sventolio della bacchetta pezzi di corteccia - la stessa che nascondeva la creatura - volarono via, costringendo l’animale a perdere il contatto visivo con la bambina e a nascondersi ancor più efficacemente. Ansimando, Angela non perse tempo e aggiornò in fretta e furia la bambina.
«Vuole te, ma non gli permetterò di prenderti. Difenditi come puoi, al resto penserò io.»



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Ordunque, aggiungiamo un po’ di pepe alla situazione.

Non c’è stata una variazione nelle posizioni di Angela e Clarissa: le due si trovano tra gli abeti, lungo un sentiero invisibile a causa della neve. Dal punto in cui siete arrivate si possono scorgere le vostre orme, nessun altro tipo di traccia, tuttavia, vi consente di capire da che punto arrivi la Creatura. Il vostro unico riferimento è e sarà sempre l’udito, ma l’unica a provare una vera e propria sensazione di “confusione” sarà Clarissa, per ragioni che saranno spiegate con l’evolversi della faccenda. I danni subiti da Clarissa sono parziali, dunque una certa capacità di raziocinio le è ancora permessa; ti prego di tener conto di questo fattore a tuo sfavore nel momento in cui deciderai di seguire (oppure no) le indicazioni fornite da Angela nella conclusione del post.
Per quanto riguarda la visibilità della creatura, lo scenario consente una buona visuale, ostacolata soltanto dall’ombra gettata sul terreno innevato dagli abeti stessi. La Creatura - di cui Clarissa, lo ricordiamo, non può sapere nulla - si nasconde proprio dietro ad un abete a circa 7 metri da lei. Altri alberi si frappongono tra voi e la minaccia. La seconda Creatura è ancora immobile ed impossibile da individuare.

Ti rinnovo la mia più totale disponibilità attraverso la casella MP qualora sorgessero dubbi e/o domande circa lo svolgimento della quest.
 
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Clarissa Scott
view post Posted on 2/11/2019, 13:09




N
on avrebbe dovuto cedere né dare retta a quella malefica voce. A Clarissa mai nulla fu più chiaro di ciò che Angela le disse in quel momento; in fondo, pensò, perché mai avrebbe dovuto staccarsi dall'unica persona che voleva proteggerla in quella fitta e oscura boscaglia? Annuì all'imperativo della strega, con l'impugnatura della bacchetta ben salda nella mano destra e le iridi di ghiaccio intente a scrutare qualsivoglia minimo dettaglio intorno a loro. La risata crudele le fece gelare il sangue nelle vene più e più volte, ogni acuto pareva perforarle i timpani e le palpebre si richiudevano frementi su uno sguardo terrorizzato.
Faticò a ricordare un solo momento nella sua breve vita in cui avesse avuto più paura di allora.
Ancora una volta sentì la necessità di associare quella strana avventura a una delle storie di cui aveva appassionatamente letto in quegli anni; era il turno dell'Odissea, e per una volta Clarissa ringraziò il docente di Storia della Magia per averla spinta a studiarla durante una serie di lezioni. Per un motivo che la bambina non riuscì a spiegarsi, le tornò alla mente l'episodio in cui le sirene tentarono di attirare a sé la nave dell'eroe, e ci sarebbero di certo riuscite se i marinai non si fossero tappati le orecchie con della cera. Il canto di quelle creature era ammaliante, attirava gli uomini come api al miele, non rendendoli del tutto consci di stare per ritrovarsi a un passo dalla morte.
Clary fremette sotto quella consapevolezza, che com'era giunta svanì nei meandri della sua mente, percependo l'ineguagliabile e inspiegabile desiderio di allontanarsi da Angela, nonostante una parte di lei volesse restare al suo fianco.
Con la mano sinistra arpionata alla veste della donna, Clarissa fece un passo verso un punto indefinito della fitta boscaglia, dove brillavano due pietre dal colore del sole.
La risata si fece via via sempre più insistente e maligna, tanto da attirare lo sguardo artico della giovane su di un'ombra poco definita ma che ricordava vagamente quella di un Elfo. A Clarissa piacevano gli Elfi, erano sempre così gentili e premurosi con lei, ma in fondo al proprio animo sapeva che quello sguardo crudele non apparteneva a quelle creature.
La mente della ragazzina vorticava, vittima di inspiegabile corruzione e confusa fino al punto da costringerla a compiere un secondo passo verso la creatura celata nell'ombra e, al contempo, stringere la presa sulla veste di Angela.
Ne vide i denti aguzzi, vide spalancarsi quella bocca da cui fuoriuscì una nuova risata, sempre più alta, sempre più vicina. La rossa deglutì e ancora una volta l'impulso di avvicinarlesi la fece rabbrividire.
Lottava, fremeva, poiché l'istinto e la ragione si stavano affrontando in un duello mai avvenuto prima.
Fu quando quelle bellissime pietre gialle vennero scaraventate lontano dallo sguardo di Clarissa che la bambina sbatté più volte le palpebre, su occhi che bruciavano e lacrimavano. Li strofinò più di una volta e percepì il cuore batterle freneticamente nel petto. Angela l'aveva protetta e così facendo aveva interrotto il contatto visivo con il mostro.
La bambina si guardò intorno spaesata, col fiato spezzato e impaurita.
Che... che cosa è successo? Cos'era quella...
Le parole della strega non la aiutarono di certo a tranquillizzarsi.
Calma, sangue freddo. Poteva farcela, lei in fondo aveva entrambi in abbondanza.
Cercò nella propria memoria un incantesimo in grado di aiutarla a proteggersi, qualcosa che aveva studiato di recente, magari? Il desiderio di avvicinarsi alla creatura si era certamente affievolito, ma una tremenda confusione era ancora innescata in lei, rendendole difficile riuscire a focalizzarsi su quanto imparato a lezione.
Chiuse gli occhi per un momento, lasciando finalmente scivolare la presa esercitata dalla mano sinistra sulle vesti di Angela. Il ricordo di quegli occhi gialli continuava a tormentarla, un capogiro le fece quasi perde l'equilibrio e, quando riaprì gli occhi, un vago sentore di aver imparato qualcosa di utile le ridiede un briciolo di fiducia in se stessa.
Angela le aveva detto di proteggersi. Lo ricordava, nonostante apparisse come un ricordo lontano. Sollevò dunque la bacchetta vero il punto della foresta in cui aveva intravisto la creatura e, seppur con qualche difficoltà a concentrarsi, tentò di utilizzare tutte le proprie forze in quell'attacco.
Il polso compì tre rotazioni in senso orario e nel mentre le labbra della giovane strega si schiudevano per dar voce alla formula dell'incanto.
Flipendo!
Lo urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, scandendo bene le lettere e immaginando il fascio di luce arancione che sarebbe andato a scontrarsi contro quei terribili e crudeli occhi gialli, se fosse stata abbastanza lucida da riuscire nel propri intento.


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