Evviva lo Zufolo!

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view post Posted on 22/1/2023, 17:38
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Evviva lo Zufolo » Londra
Ariel Vinstav
Il Fwooper d'Oro, il prestigioso concorso musicale del mondo magico, appariva oramai dietro l'angolo. L'annuncio dei finalisti, della data di premiazione e, soprattutto, degli ospiti inclusi in programma rendeva Oliver su di giri, forse... letteralmente. Come spesso accadeva in quel periodo, anno dopo anno, la testa gli esplodeva di mille e più supposizioni, il corpo s'abbandonava ad una frenesia ineguagliabile e ogni altra cosa passava in secondo piano. Somigliava ad una marionetta, avrebbe detto qualcuno. Gli occhi talvolta vacui, l'espressione inebetita dalla voce di Glenda Chittock alla radio, il ticchettio inarrestabile della bacchetta magica sulle frequenze musicali... sì, era qualcosa che non cambiava, per lui. Era ben più della passione per la musica, lo sapeva. La tradizione del Fwooper d'Oro, pur lontana che fosse per chi non sul palcoscenico come lui, era in grado di trasportarlo indietro, quando seguiva tutto in famiglia. Era un incontro che aveva perduto, complice una serie di motivi spiacevoli, ma che non aveva dimenticato.
«Zenzy, togliti dai piedi.» Brutta fine, a ben vederlo. Si era ridotto al punto d'imprecare sottilmente verso un omino di pan di zenzero, proprio sul bancone. I passetti leggeri del biscotto avevano un ché di fastidioso – per Oliver, soltanto per lui. Zenzy, in effetti, era dolcissimo: perché di zucchero, certamente, ma anche perché animato magicamente con una verve fantasiosa. Come tanti altri nei dintorni, l'omino di pan di zenzero cercava esclusivamente d'arrampicarsi sulla radiolina stretta dal commesso – forse voleva un po' d'attenzioni, come biasimarlo. Radio Strega Network, in ogni caso, passò ai brani di Sugar Trophy per l'ennesima volta. Se non fosse stato per l'arrivo dei clienti, Oliver avrebbe potuto mangiucchiare il piccolo pan di zenzero semplicemente per ripicca.
«Mademoiselle Vinstav, è un piacere.» La voce suonò affabile, il volto già addolcito dal sorriso più sincero. Riconobbe la Vice-Redattrice del Profeta fin da subito, colpo sicuro. Non credeva d'averla mai beccata presso Evviva lo Zufolo, perlomeno nell'ultimo periodo. Ariel non poteva saperlo, ma Oliver provava un autentico sentimento di stima e d'affetto per lei, in parte per la carriera giornalistica così promettente dell'altra, in parte per l'esperienza condivisa sul Campo da Quidditch. Ad ogni modo, salutò con gentilezza l'altro uomo – non avrebbe saputo dire il nome, ma aveva tratti familiari. Snocciolò alcune informazioni sui vari articoli: il tamburo elementale era stato cucito a mano, ritagliato e decorato secondo l'artigianato orientale; la radio permetteva di ascoltare brani del panorama babbano e magico allo stesso modo, bastava ticchettarvi e il gioco era fatto; sugli album poté spendere qualche parola di più, tutto rapidamente, commentando con più trasporto l'incantevole estro di .shey e del suo Lingua di Fata. Alla fine vi aggiunse i sacchetti di cioccolatini stregati, nel totale di venticinque galeoni e otto falci.
«Tutte ottime scelte. L'album Nadir è sensazionale, consiglio di tornare poi per l'altro associato, che si intitola Zenith. Non sono strettamente a coppia, ma vale la pena averli entrambi. Oh, già che ci siamo.» Afferrò l'omino di pan di zenzero, inseguendone poi altri e infilandoli in un sacchetto extra.
«Omaggio di Mr Gingerbread, è un cantante che sta facendo il giro del paese. Tornate presto e grazie di nuovo!» Sorrise ancora, gentile.

Vogliamo Lingua di Fata a tutto volume in Redazione! *fru
Totale: 25 G 8 Falci

 
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view post Posted on 23/4/2023, 17:46
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Helen Willow Mckay X

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Helen aveva rimandato per molto tempo la visita al negozio di musica. Erano passati diversi mesi da quando la sua armonica rallegrante si era rotta, o meglio l'aveva rotta lei ... lanciandola contro il muro. Forse sua padre con un incantesimo sarebbe stato in grado di ripararla, ma non lo fece. Un po' per farle imparare una lezione, e un po' perché era ancora arrabbiato con la figlia, decise che doveva rimediare ai suoi sbagli, quelli commessi nel suo periodo buio. Helen comprendeva, sia la lezione che voleva darle il padre, sia la rabbia che ancora provava. Aveva quasi perso anche sua figlia, l'unica che le rimaneva.
Il motivo per cui Helen aveva rimandato la riparazione dello strumento era per chi ci lavorava in quel nel negozio. Non vedeva il Grifondoro da tempo, ed era sparita senza dire nulla, nonostante il grande legame che li univa. Ora si era decisa ad affrontare la situazione. O almeno così credeva, prima di arrivare di fronte la porta del negozio senza riuscire a entrare. Suo padre, che l'aveva accompagnata, la guardava mentre allungava e poi ritirava la mano dalla maniglia, fare passi indietro e poi riposizionarsi di nuovo di fronte la porta, e tornava a ripetere il balletto. Rimase ad eseguire quella coreografia per circa 10 minuti, o forse più.
Poi d'un tratto, aprì la porta e oltrepasso la soglia. - Buonasera. - Si guardò intorno alla ricerca di un commesso. In quel momento, solo in quel momento, le venne in mente che forse Oliver potesse non lavorare più lì. Le persone fanno un sacco di cose mentre non ci sei. Una morsa al petto si fece sentire, non sapeva dire se per il timore di vederlo o di non vederlo. In ogni caso aveva bisogno di qualcuno che le desse assistenza. Tirò fuori dalla tasca del cappotto nero la sua armonica, praticamente ricoperta di magiscotch a tenere insieme i pezzi. - Avrei bisogno di una consulenza su uno strumento rotto. C'è qualcuno? -
Cominciò a guardarsi intorno, aspettando di vedere apparire un commesso, chi desiderava di più non lo sapeva nemmeno lei.



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view post Posted on 24/4/2023, 17:28
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Evviva lo Zufolo » Londra
Helen McKay
Il tardo pomeriggio era il momento che più apprezzava nell'ultimo periodo, non avrebbe saputo spiegarne perfettamente il motivo. Forse era per la trappola dei colori – l'atipico connubio del tramonto e della notte, le sfumature ridenti del sole mescolate alle tempere oscure del calare del giorno. Forse era per il riposo che coinvolgeva la memoria, la consapevolezza di poter perdere concentrazione senza grossi danni, non più. O forse, più banalmente, si trattava dell'occasione di poter rintanarsi in solitudine: fine delle lezioni, fine delle riunioni, fine del lavoro part-time presso lo store musicale. In effetti, aveva adocchiato rapidamente l'incedere della sera, d'un tratto già più in pace del solito. La sinfonia delle lire tutto intorno, per giunta, addolciva il momento, al punto da cominciare ad esserne assuefatto. I clienti scemavano, alcuni soddisfatti dai propri acquisti, altri pronti alle false promesse di tornare il prima possibile. Per Oliver, tutto sommato, non faceva differenza. Nella schiera di convenevoli affabili, a buona ragione, s'inaspriva la certezza d'essere cambiato. La musica, in principio collante d'ogni identità, talvolta gli ricordava un tempo passato per davvero, più avvinto alla malinconia di quanto potesse tuttora ammettere.
Non toccava le corde della chitarra, ad esempio, da molte settimane – non era affatto da lui. Il legno di cedro s'era scheggiato, non avrebbe saputo dire se per l'ultimo litigio con il migliore amico oppure per una frenesia che aveva condizionato le mani. Di per sé gli mancava, non avrebbe potuto dire il contrario. Il canto, la musica, tutto rappresentava parte di lui. Stringeva, d'altronde, una copia di giornale – a caratteri cubitali, in prima pagina, la Gazzetta del Profeta informava dell'ennesimo, fastidiosissimo rinvio della premiazione del Fwooper d'Oro. C'era già chi gridava allo scandalo, chi alla corruzione, chi al malocchio (tra le varie opzioni in lista, paradossalmente l'ultima gli sembrava la più probabile). Avrebbe potuto rintracciare uno e più motivi per la mancata realizzazione dell'evento musicale più in voga nel mondo magico, eppure gli restava una profonda delusione. Nel taschino della giacca, perfino sul momento, portava con sé i ticket d'oro dell'invito – non aveva dimenticato. Perfino il grammofono sul bancone, proprio di fronte, interrompeva continuamente i brani musicali per tornare sull'argomento. Era chiaro, i concittadini non ne potevano proprio più. Si abbandonò allo schienale della sedia, d'un tratto più stanco. Socchiuse gli occhi, abbandonandosi al momento. Gli sembrò che il cuore volgesse altrove, strappandosi di scatto al richiamo d'una voce familiare. Sentì il respiro arrestarsi di netto, il petto piegarsi sotto il peso di una morsa ancestrale... i sensi, in risveglio, si tesero all'infinito finché non colsero il presagio del tempo. Era lei. Ne ebbe certezza ben prima di portarsi oltre il bancone, di affrettarsi verso l'ingresso. Si accorse d'essere più felice che triste, più grato che malinconico per davvero. La rabbia dell'assenza e dell'abbandono s'era affievolita fino a consumarsi, lasciandogli l'affetto di una relazione che gli era stata preziosa e che, tuttora, non aveva dimenticato. Accolse Helen con un sorriso, il primo sincero da molti giorni. Pose la mano sull'avambraccio del collega.
«Ci penso io, lei è...» Sentì il cuore stringersi dolcemente, ancora una volta. L'altro commesso passò via, grato di poter anticipare l'orario di chiusura. Oliver, invece, restò per un attimo in imbarazzo: intimamente desiderò stringere l'altra in un abbraccio, eppure consumò l'istante in movimenti scanditi; carezzò la felpa scura che indossava sulla camicia, affabile pur nella semplicità che aveva scelto. Il sorriso, in ogni caso, era tanto sincero.
«Helen, è così bello rivederti. Ti trovo bene.» Lo disse in modo altrettanto onesto, le gote più rosee del solito. Catturò, poi, lo strumento distrutto.
«Di certo meglio dell'armonica, cos'è capitato?»
 
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view post Posted on 25/4/2023, 15:04
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Helen più volte si era immaginata l'incontro col Grifondoro, e la sua mente aveva realizzato infiniti scenari diversi sulla possibile reazione del ragazzo. Lui che offeso, si girava e se ne andava via. Lui che le gridava contro infuriato per l'abbandono. Lui che la trattava con freddezza e distanza come se non fossero mai stati amici o conoscenti. Lui che semplicemente l'abbracciava, felice di vederla.
Fu contenta di vedere che a realizzarsi non fossero uno di quegli scenari negativi. Fu contenta che lui le sorridesse. - Grazie. Anche tu... mi sembri ... stare bene.. A chi non lo conosceva bene, poteva sembrare che Helen, fosse una tipa molto timida e insicura, ascoltando il suo tono di voce basso e le parole intervallate da brevi silenzi. In realtà era paura. Poteva sembrare stesse bene, come aveva affermato anche Oliver, ma la verità è che non stava proprio ok. Aveva paura, soprattutto di parlare. Da quando aveva scoperto di avere sangue Banshee, cercava di non alzare troppo il tono della voce, soprattutto se c'erano persone intorno a lei, soprattutto se c'erano persone a cui lei voleva bene. Aveva paura che le scappasse un urlo Banshesco e stordisse tutti; anche se sua zia l'aveva rassicurata che una cosa del genere non sarebbe mai potuta accadere, aveva paura.
- Sì, l'armonica ha avuto un piccolo incidente. - si fermò un attimo a ripensare 'all'incidente' - L'ho lanciata ... con violenza contro il muro. - Omise di proposito di dire che in realtà l'aveva lanciata contro la testa di sua zia in uno scatto di rabbia e che l'aveva mancata per poco.
- Ho provato a sistemarla - mostrò la quantità di scotch che avvolgeva lo strumento. - Ma serve una mano più esperta. - Sì voltò a guardare suo padre rimasto fuori dal negozio ad attenderla - Mio padre vuole che sistemi da sola ... il danno. - Abbassò lo sguardo sullo strumento. - Non rallegra più come prima. ... o forse sono io a non sentire più la sua allegria - Disse quell'ultima frase in un sussurro. - Forse ha perso il suo incantesimo. - Alzò lo sguardo per guardare Oliver negli occhi. - Non so se si può riparare ... o se è meglio comprarla nuova. Cosa consigli? - Allungò il braccio per porre lo strumento al ragazzo affinché lo analizzasse meglio e più da vicino.




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view post Posted on 29/4/2023, 17:40
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Evviva lo Zufolo » Londra
Helen McKay
Abbandonato a sé, il grammofono cantilenava voci di artisti, cantautori e presentatori all'occorrenza, in un cicaleccio soffuso che ben s'allineava alla cornice del momento. Glenda Chittock, prendendo parola, annunciava le prossime date del proprio tour musicale, la possibilità di un disco nuovo di zecca e la collaborazione con .shey per un brano che avrebbe fatto il giro del mondo magico. Notizie, quelle, che non erano affatto nuove e che in qualche modo apparvero come una pièce già scritta. In effetti... non ricordava quando fosse stata l'ultima visita di Helen presso lo store musicale, ma avrebbe potuto facilmente rintracciare la figura di sua zia Jenna, l'acquisto di più album di spicco e di una vera e propria chitarra classica per la nipote. Curiosità di contorno, per giunta, anche allora Glenda Chittock confermava le date del concerto.
«Avrai avuto le tue buone ragioni.» Scherzò così, cogliendo la vicenda del lancio dell'armonica. Lo strumento, d'altronde, era in condizioni pietose – gli bastò un'occhiata al volo per sentirne il peso dell'impatto. Lasciò che Helen continuasse il discorso, chiedendole tacitamente il permesso di recuperare l'armonica tra le proprie mani. Qualora avesse voluto passarla a lui, il contatto gentile nello scambio sarebbe apparso come una carezza leggera. Il cuore, mai dimentico, già riaffiorava di memorie addolcite dalla nostalgia – passeggiate al chiaro di luna, serate trascorse insieme mentre Celestina Warbeck cantava alla radio, e tanto, tanto altro. Nel saluto approssimato che tentò di volgere oltre l'ingresso, verso il genitore della Tassina, si soffermò poi sul volto dell'altra e gli sembrò di cogliere un'impronta del passato. Desiderò, di scatto, poter aiutare Helen in ogni richiesta: i nastri adesivi stretti all'armonica, purtroppo, non lasciavano margine di risoluzione. Tentò di girare lo strumento da un lato all'altro, talvolta portandolo accanto al volto, altre allontanandolo – un archeologo, d'un tratto, alle prese con un tesoro d'inestimabile valore. Tenne l'armonica nell'intreccio di entrambe le dita.
«Temo di non poter fare molto, è come dici.» Il tono di voce tradiva una nota di delusione perfino verso di sé. «Non fraintendermi, possiamo anche riparare lo strumento. Magari ti resta come ricordo, ma la magia che lo contraddistingue è perduta. Un po' come accade per le bacchette magiche: se le spezzi, il danno è esteso in modo completo.» Sospirò, recuperando l'Abete dal taschino della felpa. Vi ticchettò la punta sulla superficie dello strumento musicale, facendo sparire rapidamente la rete di nastri protettivi; il sortilegio successivo risuonò come un colpo secco, l'armonica poté così ricompattarsi come intatta, perlomeno all'apparenza. Con un sorriso mesto la riconsegnò.
«Non avrà più lo stesso effetto, mi dispiace. Se vuoi acquistarne una nuova, abbiamo nuovi modelli tra cui scegliere. Oppure potresti considerare un altro strumento, magari un Banjo notturno se hai già iniziato a fare pratica con le corde. O, perché no, un'Arpa Rasserenante. Il nome è una garanzia.»
 
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view post Posted on 30/4/2023, 14:14
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Helen rimase ad osservare i movimenti del ragazzo mentre analizzava la sua armonica. Un senso di tristezza e colpevolezza la colpì quando Oliver le disse che non c'era molto da fare per riparare l'armonica e farla tornare come prima, - Ma riparata funzionerà comunque come un'armonica normale? Non magica? ... Perdonami non mi è chiaro ciò che hai detto. - Il periodo di isolamento le aveva fatto perdere le sue capacità comunicative, sia quelle nel comunicare agli altri i suoi pensieri e le sue emozioni, sia riuscire a capire cosa cercavano di comunicarle gli altri.
- Sì, vorrei prenderne un'altra di armonica rallegrante. Sento che una parte di me ne ha bisogno. - Si fermò un attimo a pensare se prendere anche altri strumenti, ma preferì di no - Meglio non prendere altri strumenti a corda. Molto probabilmente anche la chitarra che mi ha preso zia Jenna dovrà passare qui per una riparazione; è uno strumento impossibile da suonare. - Ad Helen le vennero in mente tutte le volte che aveva provato a suonare quello strumento senza riuscire mai a suonare due note di seguito intonate. Poco ci mancava che facesse a pezzi anche quello strumento. - Vorrei però un pacchetto di Disco pops, mi pare si chiamino così le caramelle - La fronte si aggrottò mentre cercava di ricordare il nome giusto.
Nel mentre attendeva il responso del ragazzo, ad Helen le venne in mente una cosa. - Per caso avete cuffie magiche che ... - non sapeva bene come esprimere i suoi pensieri. - che isolano il suono. Che mi facciano ascoltare solo il suono dello strumento e non ... anche altri suoni. - Helen non sapeva bene se erano le sue nuove capacità da Banshee, lo stato emotivo, il lungo isolamento dalla società o qualcos'altro, ma spesso, soprattutto quando suonava sentiva suoni che non riusciva a distinguere e non riusciva a capire da dove venivano. Si chiedeva se potesse esistere qualcosa del genere, almeno quando suonava poteva concentrarsi solo sulla sua musica.
Rimase ad attendere il da farsi di Oliver, e delle proposte che poteva avere per lei.




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view post Posted on 1/5/2023, 11:45
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Helen McKay
«L'armonica continuerà a funzionare, esatto. Non avrà però più il suo effetto magico, perlomeno non come una volta: è stata distrutta fino alla base.» Non mancò di un'espressione sinceramente dispiaciuta, addolcita da un sorriso altrettanto vivido. Era vero, lo strumento era stato compromesso: ricordava un episodio analogo che vedeva partecipe un musicista con il suo Flauto di Marsia (un manufatto tanto raro quanto pericoloso, tuttora in vendita presso il reparto oscuro). Per una circostanza spiacevole – un viaggio tramite Metropolvere, una salamandra del fuoco e un sortilegio andato a male, più o meno in quell'ordine – il flauto si era spezzato in più punti, la bocca si era scheggiata in modo irreparabile. Il mago, in effetti, sosteneva di non essere più in grado di torturare gli ascoltatori – la stregoneria di base dello strumento era in dissolvenza. Benché in termini completamente diversi (Helen aveva forse mai pensato ad un flauto della tortura?), la cornice d'insieme appariva somigliante. Volle sottolineare, in ogni caso, l'eventualità di ritrovare almeno in parte l'effetto rallegrante dell'armonica: un po' come Helen stessa aveva già chiarito. Dopo aver consegnato lo strumento riparato, almeno all'esterno, Oliver poté accogliere con piacere le nuove richieste della Tassina. Annuì rapidamente, facendole subito cenno di seguirlo volentieri verso il secondo piano. Se avesse acconsentito, in poco tempo avrebbero raggiunto il reparto dedicato agli strumenti a fiato. La schiera di armoniche – tutte brillanti in colori differenti – avrebbe fatto il suo ingresso. Helen avrebbe potuto scegliere lo strumento preferito, non cambiava da quello che stringeva tra le mani. Da parte sua si affrettò a recuperare una scatoletta, che aprì per estrarre un paio di cuffie di un bianco molto scintillante, solo per mostrare come funzionassero.
«Abbiamo le Cuffie Anti-Rumore, sono utilissime. Se premi questo pulsante hai un doppio effetto, puoi bloccare ogni suono esterno e ascoltare solo gli strumenti che suoni. Qualsiasi colore tu voglia, costano tre galeoni e ne vale la pena.» Avrebbe così lasciato il tempo necessario, senza fretta. Parole di circostanza, qualche sorriso, di certo gentilezza, solo allora poté raccogliere cuffie, armonica e cioccolatini. Chiarì nuovamente i vari prezzi degli articoli, concludendo la spesa di diciannove galeoni e cinque falci. Vi aggiunse, in ogni caso, una scorta extra di DiscoPops solo per lei. Se ci fosse stato altro, avrebbe volentieri continuato. Altrimenti avrebbe consegnato tutto con un sorriso.
«Non distruggere altro, mi raccomando.»


Se non c'è altro, procedo con l'aggiornamento dopo la tua risposta.

Cuffie Anti-Rumore (3 G)
Armonica Rallegrante (16 G +1PS)
DiscoPops (5 F)
Totale: 19 Galeoni 5 Falci

 
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view post Posted on 1/5/2023, 14:11
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Helen seguì il compagno al piano di sopra, salendo le scale distrattamente. Osservava l'armonica semi riparata e pensieri le invasero la mette. *Certe cose non possono essere riparate. Non più. Non completamente* . Si rimise l'armonica in tasca, sarebbe stata un monito per quel pensiero appena elaborato.
Arrivati al reparto fiato, la ragazza osservò le armoniche in esposizione - Mi piace quella più scura - e la indico con un dito. - Per le cuffie .. mi piacerebbe averle viola.
Attese che Oliver prendesse ciò che aveva richiesto per poter tornare giù, alla cassa e pagare i suoi acquisti. - Quanto ti devo? . Una volta conosciuto il prezzo avrebbe tirato fuori dalla sua borsa il portamonete e avrebbe lasciato la somma sul bancone.

Una volta terminati gli acquisti, Helen si diresse verso la porta di uscita, non prima di fermarsi e voltarsi indietro per fare un ultimo commento verso il Grifondoro - Spero riapri presto il club di musica. Mi piacerebbe tornare a suonare con te. - Non attese nessua risposta o commento del ragazzo e si diresse verso l'uscita dove c'era suo padre ad attenderla.




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Procedi pure con la chiusura, e grazie per le caramelle extra
 
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view post Posted on 6/5/2023, 17:13
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CodiceTottenham Court Road era uno degli scorci di Londra preferiti dall'olandese. Si respirava un'atmosfera profumata, con gli aromi di quel che pub e ristorantini etnici vari preparavano per i clienti, che andava a mescolarsi con le polveri sottili nell'aria. In quell'arteria della Capitale non era difficile che un bus ti passasse a fianco sgasando, o che fosse il conducente di un'auto a schiacciare l'acceleratore a tavoletta. Fu proprio il suono di un clacson a ridestare Camillo dai suoi pensieri, un incidente sfiorato per poco. Gli capitava spesso di fare un gioco tutto suo: ogni tanto, durante le sue passeggiate, cercava di distinguere i turisti dagli autoctoni per capire quale fosse la preda piú facile a cui sfilare qualcosa. Qualunque cosa, per divertimento. Generalmente i visitatori si muovevano piano, si guardavano spesso intorno; gli altri, chi conosceva meglio quelle strade, optava per un'andatura piú spedita. Il gioco si faceva piú divertente proprio in quell'area, perché l'ambientazione cosmopolita, il mix delle diverse culture, la bellezza intrinseca del luogo, rendeva piú difficile capire chi fosse chi, chi si meravigliasse dell'architettura sospesa a metà tra il presente ed il passato per la milionesima volta e chi per la prima.
Ma quel giorno, Camillo non si trovava da quelle parti per combinare malanni, c'era andato con l'idea di trascorrere un pomeriggio tranquillo e dedicarsi allo shopping. In particolare, desiderava fare un salto dallo Zufolone, bottega che non visitava da anni. Sapeva che ci lavorava Oliver, adesso, da un pezzo in realtà. Ai tempi della sua ultima avventura musicale un commesso tutto sulle sue che nemmeno riusciva a ricordare chiaramente. Fu per questo che si fermò in una pasticceria italiana e prese due bomboloni alla crema, insieme a due bottiglie ben sigillate di tè fresco. Pagò con carta e si defilò, diretto al negozietto, ignorando eventuali vacanzieri e viaggiatori dalle tasche facili.

Quando si ritrovò davanti alla bottega del signor Vinaccia, gli tornò in mente che fu una ragazza ad illustrargli per la prima volta come funzionava quel sassofono dannato che aveva deciso di portarsi con sé per i sei anni intercorsi tra le due visite. La cosa – il ricordo – gli appiccicò un umore raggiante addosso, come s'attaccava una gomma masticata sotto ad un banco scolastico.
Una volta varcata la soglia del negozio gettò un'occhiata in giro, lasciandosi accogliere dall'atmosfera vintage e dalle note del grammofono, dal casino che gli acquirenti facevano, mentre chiacchieravano o provavano qualche diavoleria. La bottega, come ben ricordava, era aperta sia a maghi che non maghi, ma girava voce che vi fosse un passaggio segreto dentro la gigantografia di Celestina Warbeck. Individuata, lo attraversò. E da lí, con uno sforzo di memoria, gli venne in mente che per attivare l'ascensore doveva canticchiare un motivetto. Nato vecchio – morto da bimbo – optò per una boiata di Lester Young, anche se in quel periodo si era gettato a capofitto su altri generi.
Scoperto il vaso di pandora, come un bravo bifolco, arrotolò la lingua e si ficcò due dita in bocca, cosí da poter generare il fischio piú maledetto e putrescente che l'essere umano era in grado di produrre. L'aria vibrò stridula, due colpi ben assestati con fare molesto, richiamando l'attenzione dell'amico, se eventualmente fosse stato presente.

 
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Giorno di cambiamento, presso Zufolo. Si respirava un'atmosfera festiva, di motivetti tribali e caotici che coinvolgevano tutti – clienti, passanti, commessi. Mr Vinaccia, di prima mattina, ci aveva messo lo zampino, portando con sé un carico di poster nuovi di zecca, belli freschi di stampa, con la promessa di fissarli per bene alle pareti (cosa che, ad onore di cronaca, non aveva più fatto). Il compito, un po' come una patata bollente, aveva fatto il giro dello store, in modo... letterale. Le gigantografie – Celestina, Glenda Chittock, Malala Wisk – volteggiavano tuttora da un punto all'altro, sospese e talvolta lanciate via come razzi da uno e più sortilegi alla rinfusa. Capitava, infatti, di beccarsi in fronte una Emily Vannet piuttosto inferocita, le unghie smaltate di verde bottiglia e i boccoli ondeggianti di un romantico rosa chewing gum. I poster, alla fine, avevano attirato più attenzione del previsto, e già c'era chi pronto ad acquistarne tanti da portare via con sé. Ottimi per decorare il dormitorio, diceva. Meravigliosi, incantevoli, è l'affare migliore – le lodi non mancavano affatto, le fotografie erano tutte animate e i vari cantanti, band e solisti in copertina ammiccavano e sorridevano, a mo' di conferma. Era andato tutto bene per gran parte del turno lavorativo, Oliver non avrebbe potuto lamentarsi. Intimamente, però, aveva fatto i salti mortali per celare agli altri la nuovissima gigantografia di Celestina: si trattava dell'ultimo scatto dell'ultimo concerto dell'ultima stagione, non avrebbe potuto perderlo per nessun motivo. I poster, d'altronde, erano andati a ruba in un battito di ciglia, il tempo di spalancare gli scatoloni, sorridere come un bambino il giorno del compleanno e lasciarsi trasportare dall'orrore di essere circondato da clienti avidissimi. Mani d'ogni genere e d'ogni forma – giovanotti, anziani, chiunque – lo avevano preso d'assalto, arrivando talvolta a graffiargli le braccia. Incantare il Banjo Notturno – attivarne l'effetto magico, più che altro – gli era apparsa come la via di fuga più rapida, oltre che vicina. Non aveva calcolato, tuttavia, d'esserne terribilmente condizionato a sua volta. La musica era un inno di corde, jazz e sinfonie d'altri mondi, in un volume tanto amplificato da spingere tutti alla danza più frenetica. Cominciò allora a muoversi a passetti caotici, a sua volta. Uno, due, tre, avanti e indietro, a destra e a sinistra, un ballerino di spicco in una folla su di giri. Sentiva le occhiatacce dei clienti e la risata sghignazzante di Mr Vinaccia, che per giunta – godendosi la scena – aveva ben pensato di far apparire foulard di piume brillanti, a rapidi colpi di bacchetta. Uno di quelli, arancio acceso, gli si era avvinghiato al collo.
«Hey baby, ti va un passo a due?» La voce di un giovinetto, vicina, gli diede i nervi. Camicia hawaiana, sbottonata in alto, il petto appena più nudo, il tipetto danzava con un'energia che non lasciava indifferenti. Il fischio di Camillo, per fortuna, risultò tanto forte da superare leggermente il motivetto in corso. Oliver lo riconobbe all'istante, sollevando la mano e muovendosi verso l'altro più velocemente possibile, tuttora in passi di danza. L'effetto era travolgente.
Gli allungò il boa di piume rosseggianti come un'ancora di salvataggio, nella speranza che lo tirasse e trascinasse via dal piano anche lui. Non mancò di mimare con la bocca un'unica, nitida parola.
«Salvami

perdona mi vida loca jaja
 
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view post Posted on 12/5/2023, 19:06
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CodiceEvivva lo Zufolo – non l'avrebbe mai detto – si era dimostrata una bottega piena di vita. Almeno la parte riservata ai maghi. Se la memoria non lo ingannava, l'ultima volta il negozio gli era apparso come un comune luogo in cui far compere musicali. Ora, travolto da quei ritmi e da quei canti cosí peculiari e orecchiabili, roba che per quanto strana ti rimaneva in testa, stentò a credere ai suoi occhi e alle sue orecchie.
Fortuna aveva voluto che il suo fischio da vero grezzo avesse raggiunto i timpani di Oliver, scavalcando quel tanto che bastava il caos di cui lo store musicale si era colmato. Gli venne quasi da ridere quando lo vide conciato in quel modo, con quella specie di boa piumato intorno al collo, rosso come la passione bruciante (arancione per i pignoli) con cui tutti si erano dati alla danza. E vi dirò, lui stesso ne fu in parte coinvolto, e nulla lo risparmio dal muovere goffamente qualche passo a tempo.
Una volta che il suddetto boa carminio (arancinio?) gli arrivò addosso a mo' di fune, ci mancò un soffio che non riuscisse ad afferrarlo. Era esploso dal ridere, faticava a contenersi. Trovava tutto cosí buffo. Si sentiva a suo agio.
La mano libera dalle due buste fresche di pasticceria vi si aggrappò e l'olandese diede un forte strattone, cosí da attrarre a sé il grifondoro, quasi intenzionato a prenderselo in braccio e ballare un tango. La melodia sotto non ricordava affatto quel genere musicale, ma tant'era. E invece lo tirò a sé, sbizzarrendosi comunque in una danza che era sì sentita dal profondo, ma non altrettanto caliente. Lo jajajaja qui è d'obbligo.
«Brolly, ti vedo… ti vedo…» Gli disse, mentre scandagliava il suo aspetto vivace attraverso le lenti colorate. «Ti vedo movimentato!» Gli venne in mente la parola che cercava. Un aggettivo un po' strano, per nulla adatto ad essere piazzato lì a sé, fuori dal suo contesto. Ma in quel particolare frangente calzava a pennello. Due colpi con i fianchi, uno a sinistra ed uno a destra, sempre a ritmo.
«Guarda un po' che ti ho portato». A quel punto Camillo aveva allungato una delle due buste di carta bianca al ballerino provetto. Dentro c'era la pasta alla crema e una bottiglia ben sigillata di tè fresco. Ora della merenda.
«Non è che ci sarebbe un posto piú tranquillo in cui chiacchierare? Ti sto per svaligiare il negozio, ti avviso. Voglio una copia di tutti i CD che avete, meno i quattro che ho già -». Glieli avrebbe elencati a tempo debito «- e magari… magarimagarimagarimagari uno strumento personalizzato! M'è venuta voglia di provare qualcosa di nuovo, sarà l'atmosfera». Tutto il discorso, neanche a dirlo, fu a tempo di musica, come l'eco di qualcosa che continuava a ripetersi nella sua capoccia vuota rimbombando tra le pareti. Adorava la musica etnica, dava sempre nuovi spunti creativi, specialmente per chi da tanto tempo era rimasto a ristagnare nel laghetto che offriva l'Occidente. Ma fuori, lo sapeva bene, c'era un oceano armonico e melodico da esplorare.
I dischi, erano un buon punto di partenza, ma sicuramente non quello d'arrivo.
«Mi spieghi cosa sta succedendo?» Chiese, per nulla a caso, facendo la mossa del robot, con l'avambraccio destro che penzolava neanche il gomito fosse stato un bullone allentato.
«State dando un festino a tema?» E qual era il tema?

 
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Camillo Breendbergh
Il ritmo passò dalle melodie caotiche alle espressioni più romantiche, coinvolgendo le lire, le arpe e tutta una serie di altri strumenti stregati nei dintorni. Molti clienti suggerivano che il quinto piano, dedicato al reparto di musica oscura, fosse il più pericoloso dello store: per Oliver, al contrario, era quello – il piano degli strumenti a corda – a vincere il primato a mani basse. Se si aggiungeva la verve malandrina di Mr Vinaccia, allora il gioco era fatto. Il sortilegio aveva coinvolto tutto il corpo, non poté fare a meno di ritrovarsi in un movimento di bacino che mai, in altre circostanze, avrebbe realizzato in autonomia. Ringraziò Camillo per averlo tirato a sé con lo strattone al foulard fiammeggiante. Oltre il raggio d'azione della magia in atto, Oliver poté subirne i postumi come in una sbronza finita male; gli girava la testa, sorrideva come un ebete vero e proprio. L'unica parte lucida di sé, tuttavia, gli imponeva di non perdere la gigantografia di Celestina – stretta tra le mani come un tesoro – per nessuna ragione. Quasi capitombolando tra le braccia dell'amico, non poté fare a meno di scoccare un bacetto sulla fronte dell'altro.
«Scappiamo da qui e ti spiego tutto.» Dietro di loro, in risposta, l'abitacolo stregato spalancò le porte, pronto a condurli da un piano all'altro dello store. Oliver non si lasciò pregare, spinse così Camillo poco più avanti, si liberò subito del foulard brillante e lo lasciò a terra come un superstite. Oltre le porte già in chiusura sfumava la musichetta degli strumenti, il pericolo in effetti era in agguato.
«Got me under your spell / But guess what, Mister Wizard / You don't know me so well» canticchiò subito, avviando così l'abitacolo verso i piani inferiori. Il tono di voce si rese finalmente più allegro, tirò così un respiro di sollievo e tornò dall'amico. Aveva recuperato il sacchetto in dono che l'altro gli aveva portato, aperto velocemente per scrutarvi dentro e ammirato soprattutto il dolcetto.
«Non dovevi, ma ne avevo bisogno.» Commentò con un sorriso, passandosi una mano tra i capelli per sistemare i ricci più disordinati. Le porte si aprirono finalmente verso un piano più tranquillo, luci soffuse, strobosfere argentee sospese a mezz'aria da un punto all'altro, una sfilza di juke-box in stile vintage di vecchia tradizione, e tanti, tantissimi scaffali in legno con etichette volteggianti: recavano nomi di cantautori e band, stili e generi di musica. Le pareti, in mattoni, sfumavano sul blu notte e sul carminio, tappezzate in più punti da gigantografie di cantanti di successo, tutte animate magicamente e spesso con autografi in bella vista. Non mancavano, di passaggio, autentiche illusioni di sprazzi di concerti in corso d'opera, il piano era in effetti completamente incantato.
«Nessuna festa, il capo ha ben deciso di provare gli effetti dei nuovi strumenti. Di provare su di noi, oggi poi sono arrivati gli ultimi poster di Celestina e sono andati a ruba.» In conferma, liberò la fotografia ingrandita, portandola poi nuovamente al petto. Si diresse verso lo scaffale dedicato alla musica jazz, là dove I Figli del Sole, Malala Wisk e .shey svettavano in nomi nitidi.
«Questo è il posto giusto, troverai tutti i dischi che ti mancano. Hai un cantante o una band che preferisci e da cui vuoi iniziare? Dimmi di più anche sullo strumento che desideri, vediamo cosa fare.»
 
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CodiceUn besito? Sulla cabeza? Jajajajaja.
Se gli avessero dato una dracma greca per tutte le volte che era capitato quel giorno, ne avrebbe avute ben sette. Cinque se l'era sgraffignate nel tempo – il che era strano, considerato che la valuta nazionale era l'euro da ben prima che sua madre commettesse il grave errore di metterlo al mondo – e la seconda perché anche sua moglie si era prodigata per stampargliene uno in fronte. A due mani, vista la complicità coniugale, ma apprezzò in egual misura l'atto d'affetto freestyle di Oliver. Sette non son molte direte voi, e che Camillo meriti la galera per i suoi reati contro il patrimonio siam tutti d'accordo, ma questo preambolo è per dire che fu strano riceverne ben due a poche ore di distanza. Non gli capitava spesso, anzi, non gli capitava mai. Dovette sopprimere una risata, troppo preso a ballare come un automa della Boston Dynamics.
«Agli ordini!» Breendbergh aveva risposto all'invito di quello zufolozzo di mr. Brior con qualche altro passo di danza, raggiungendolo poi nell'ascensore da cui era appena sbucato.
Lo sentí canticchiare una canzone sconosciuta e non commentò, per il timore di essere scambiato per un ignorante. Non fraintendetemi, lo era per davvero. Di musica babbana se ne intendeva fin troppo, ma le sue conoscenze di quella magica – di artisti dal mondo magico, per precisare – erano limitate ai quattro cd in suo possesso e qualche chiacchiera origliata distrattamente. In effetti, quella punchline aveva il suo fascino, cosa che lo convinse ancor di più a svaligiare la bottega per farsi una cultura musicale.
Arrivati ai piani inferiori, lontani dalla baldoria scatenata dalle gesta spericolate del signor Vinccia, Camillo smise di battere i piedi a tempo. L'influsso di qualunque incantesimo in atto era stato finalmente reciso, probabilmente per via della distanza con lo strumento/gli strumenti che l'avevano scatenata.
«Vedo che anche il tuo boss non se la cava male con la sperimentazione umana». Commentò sorpreso. Per lui, ignorare la regola etica del "non provare la merce che vendi, specialmente sui tuoi dipendenti" era una cosa piú da Sinister. Ancora ricordava quando il vecchio sudicio aveva tentato di usarlo come cavia e in tutta risposta, una versione piú giovane – ma non per questo meno rompiballe – di sé lo aveva ricoperto con una combo di insulti e gestacci degna di un manuale di Tekken 2. Mezza pagina di tasti premuti per la mossa finale, uno sgorgo di offese così putrefatto ed ostile da destabilizzarlo. E sí che ce ne voleva.
Camillo si guardò un po' nei dintorni, scandagliando l'ambiente attraverso le lenti dalle tinte chiare e dalla patina riflettente. Quel piano gli piaceva, carico di colori e di promesse com'era.
«Uuuuh, quindi ti piglio in un giorno di fuoco eh? Questa Celestina sembra una tipa tosta. Ammetto di non conoscerla».
Guardò la gigantografia e l'immagine della donna gli strappò un sorriso sincero. Si domandava che tipo di musica facesse – ignaro di averne già ricevuto un assaggio.
«Non ti rubo molto tempo, vado anche io un po' di fretta. Prometto che rifaremo questa discussione una volta che mi sarò fatto una cultura adeguata». Mimò col mignolo e col pollice il simbolo di una promessa stretta.
«Allora io ho un album di Emily Vannet, uno del Vampiro Baritono, che ti so suonare a memoria col sax» (una o due ottave piú in alto, considerata la natura dello strumento) «uno delle Sorelle Stravagarie e uno di Glenda Chittock». Gli spiegò con precisione quali (perché io da bravo macaco, in scheda non mi sono segnato i titoli e sfrutto questo espediente narrativo per compensare al mio disordine catastrofico). «Compro in blocco tutti gli altri album che avete e poi… vorrei una chitarra in particolare».
Spiegò, gesticolando con le mani per tracciare l'inusuale e tutt'altro che sinuosa forma del corpo, pronto a dare un piccolo patrimonio ad Oliver in cambio di una quantità imprecisata di ore di divertimento. Senza contare le lacrime e il sangue che avrebbe buttato per imparare a strimpellare uno strumento con cui non aveva dimestichezza.
«Sono innamorato perso delle chitarre elettriche della Bohemian, quelle fatte con le taniche di benzina, c'è un modello in particolare che non trovo da nessuna parte, il Moonshine. Se ce l'avete o riuscite ad ordinarmela la prendo senza pensarci due volte. Penso mi serviranno anche un buon Jack 6.35/USB, C preferibilmente, una banda per metterla a tracolla, una valigia adeguata alla sua forma e due sacchetti di Disco Pops».
Concluse cosí la lista della spesa. Gasato come un capriolo.
Rimaneva il dubbio di non essere stato chiarissimo – il terrore che nemmeno allo Zufolo avessero quel reperto, non raro, ma per qualche strana ragione introvabile se non da qualche sito di dubbia legittimità su internet – e di come avrebbe fatto a trasportare fuori la refurtiva.
«Spero di non aver fatto casino, aiouuuuut». Cercò una conferma negli occhi di Oliver, forse consigli. Era lui l'esperto.

Ricapitolando, compro:
– Tutti gli album, meno i quattro che ho già
– Una chitarra elettrica, completa di tracolla, valigetta e cavo per pinzarla al pc
– Due sacchetti di Disco Pops

 
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Camillo Breendbergh
L'amico non aveva tutti i torti, il capo ci andava giù pesante, e non una sola volta. Capitava spesso in occasioni importanti: l'arrivo di nuovi strumenti musicali, l'annuncio di album di spicco, le pubblicazioni delle date dei concerti e i ticket in vendita che maghi e streghe prendevano d'assalto, e così via. Oliver non vi aveva mai dato peso, non più del dovuto – Mr Vinaccia era un tiranno? Oppure, più semplicemente, aveva una verve fantasiosa che mal s'addiceva all'equilibrio del luogo lavorativo. Si limitò a sorridere, riflettendo su un dato di fatto: di per sé Oliver aveva vissuto momenti felici presso lo store, tanto gli bastava per mettere una pietra sull'ultima vicenda. Seguire rapidamente il foulard incastrarsi tra le porte dell'abitacolo gli diede un certo senso di vendetta, oltre che di sollievo. La musica dei piani superiori oramai era sfumata, gli effetti magici non avrebbero potuto raggiungere il reparto in cui si trovavano; passò oltre l'illusione del Mago di Oz – un violino sistemato sulla spalla, un archetto già pronto ad addolcire i clienti con note malinconiche. Lasciò il sacchetto con la pasta alla crema e la bottiglietta sullo scaffale più vicino, lo stesso per la gigantografia di Celestina Warbeck, cominciò ad arrotolarla con cura per poi fermarsi di scatto. Le parole di Camillo gli arrivarono, in effetti, come un pugno al cuore. Gli sembrò di essere vittima di un sortilegio, uno in grado di immobilizzare ogni parte di lui. Si accorse di aver trattenuto il respiro, l'espressione parimenti granitica sul volto; si girò lentamente, sulle note sinistre di Chi ha incastrato Dracula – brano di successo del Mago di Oz.
«Non ho capito.» No, per nulla. Batté ciglio così tante volte, in pochissimo tempo. E forse non avrebbe neanche saputo dire se l'altro fosse stato capace di sentire, aveva sussurrato ogni sillaba come una stilettata. Poté cogliere a stento le altre richieste, mandandole via in un cassetto della mente. Tanti, tantissimi album.
«Sì, ok, ma fermati un secondo. In che senso non conosci Celestina?» Con tutta probabilità era uno scherzo, ne era certo; o forse aveva capito male, molto più sicuro. I tratti del viso gli si ingentilirono, già più convinto. Celestina Warbeck rappresentava una colonna portante del mondo magico, non soltanto per il panorama musicale. Era ovunque, su ogni copertina, rivista, radio.
«Comunque, ogni tuo desiderio è un ordine.» Bacchetta alla mano, giostrò incantesimi di sospensione, levitazione e d'appello – uno dopo l'altro, in successione. Somigliava ad un giocoliere vero e proprio, attirando a sé uno, due, tre, moltissimi album musicali. Copertine colorate, tinte pastello e altre più accentuate, immagini e fotografie straordinariamente vivide, titoli di cantanti, musicisti, band in schiera: spaziavano in così tanti generi da giungere, come frisbee liberissimi, da più angoli dell'intero piano. Volteggiavano con una certa confusione, eppure mai scontrandosi tra loro – talvolta cozzando contro i clienti nei dintorni, con qualche occhiataccia e imprecazione di contorno. Oliver appariva sovrappensiero, concentratissimo e sì, un pizzico emozionato, ricordando a menadito titoli, album e postazioni: formava così una piramide sempre più alta, con l'ausilio della magia. Snocciolava parimenti informazioni, nomi, consigli d'ordine per l'ascolto dei vari album (restava in effetti fin troppo sorpreso dal desiderio di Camillo di acquistare tutti i dischi insieme). L'ultimo cd, in primo piano, svelava nientedimeno Celestina Warbeck in un abito azzurrino, un velo di piume rosate a scivolarle sulle spalle. Le dedicò un sorriso e uno sguardo sognante, con tanto di sospiro velocissimo. Gli album erano tutti già sistemati in una scatola di legno, con un paio di manici per tirarla su comodamente. Camillo avrebbe poi scoperto che fosse molto più leggera del previsto, a sua volta stregata in modo semplice.
«Oh già, dimenticavo.» Un ultimo colpetto di bacchetta, attirò così tre sacchetti di cioccolatini: ne lasciò due sulla pila di album, passò il terzo all'altro.
«Provane uno e dimmi quale canzone sia.» Dimenticava – forse voleva dimenticare – le lacune di Camillo verso la musica del mondo magico, come gli aveva rivelato poco prima. Lui vi era abituato per tanti motivi, non afferrava però l'eventualità che così non fosse per altri. Ad ogni modo, il terzo sacchetto di DiscoPops era in omaggio, il suo occhiolino l'avrebbe chiarito. La richiesta della chitarra – una specifica, inclusa di accessori – lo mandò curiosamente in difficoltà. Non gli capitava mai, o quasi, soprattutto perché aveva una solida conoscenza della musica, degli strumenti e dell'intero store. Cosa cercava Camillo?
«Fino a Moonshine ti ho seguito, poi... mi sono perso, potresti ripetere?» Sentì d'essere in imbarazzo, indietreggiando di un passo per poggiarsi distrattamente alla fila degli scaffali dietro. Per fortuna, una voce familiare poté raggiungere entrambi con un tono fin troppo ridente.
«Non puoi capire, fratello. Vuole una chitarra babbana James, emblema dell'empatia, gli si accostò con un sorrisetto beffardo, colpendolo con un leggero buffetto sulla spalla. L'espressione saccente, poi, concludeva tutto.
«Questo l'ho capito, conosco anch'io le Bohemian. Mi dicevi una cifra, è forse una sigla per un modello in particolare?» Oliver, per tutta risposta, fu zittito di nuovo dal collega; quest'ultimo si avvicinò subito verso Camillo, strizzò l'occhio e gli fece cenno di seguirlo con uno schiocco di dita. La direzione era l'abitacolo.
«Tutt'altro, è roba di fighetti non-maghi, mica come te. Vieni bello, ho una in manico di acero che prosegue fino al fondo della latta, quattro gommini alla base per poggiarla senza grattacapi. Te la incanto in un attimo, cavo, spina, tutto compreso. Ti ci metto una custodia in finta pelle di drago, roba buona, l'unico cruccio è che strumenti con tecnologia babbana non funzionino in luoghi pieni di magia come Hogwarts.» James continuò con più informazioni, nomi e strumenti che, a malincuore, Oliver non poté afferrare al volo; non aveva assolutamente idea, mago purosangue com'era, di cosa stessero parlando e in effetti coglieva soltanto frammenti. Se Camillo avesse acconsentito a risalire, alle stesse note dell'ultimo brano di Celestina (con un'occhiata a sottolineare il riferimento), avrebbero potuto raggiungere presto – tutti e tre – l'ingresso dello store e, da lì, l'angolo dedicato alle chitarre in latta. Vi erano di tutti i tipi, colori e forme, e qualsiasi cosa Camillo avesse voluto, James avrebbe saputo aiutarlo più di Oliver. Da pare sua portò la scatola di album direttamente al bancone.
«Posso farti un prezzo di favore, tredici galeoni. Se vuoi usare la chitarra senza paura che esploda per tutta la magia intorno, possiamo sceglierne un modello magico. Quasi simile, non potrai però collegarla a nessun dispositivo, funziona da sé senza corrente. Roba forte, saliamo a qualche galeone in più, sui sedici galeoni. Hey Ol, quant'è per i dischi?» James concluse con un tono più alto del solito, nonostante Oliver non fosse poi lontanissimo. Oliver gli si avvicinò di nuovo a passo rapido e gli rispose cinquantuno galeoni, una somma discreta per l'intero catalogo musicale a disposizione. Di certo era una bella spesa, il totale – in base alla conferma o meno della chitarra, se babbana o leggermente stregata – sarebbe cambiato poco.
«La custodia te la regalo io, ti aggiungo anche alcuni spartiti per chitarra, tutte canzoni del panorama magico» concluse Oliver.

Sorelle Stravagarie #2 (2 G)
Celestina Warbeck #1, #2, #3 (7 G)
Mago di Oz #1 (2 G)
Blodwyn Bludd, cofanetto (7 G)
Skull&Roots #1, #2 (4 G)
The Hobgoblins #1, #2 (5 G)
Crazy & Beautiful Leprechauns #1, #2, #3 (8 G)
Malala Wisk #1, #2, #3 (7 G)
.shey #1 (2 G)
Figli del Sole #1, #2 (4 G)
Mr Gingerbread #1 (3 G)
DiscoPops x2 (10 F)
Chitarra Moonshine + accessori (13/16 G)

Ogni disco, riportato meglio in prima pagina, aumenta di un punto salute.
A te la scelta finale, resto disponibile per ogni cambio o domanda.

 
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Codice«Eeeehhuuuuuu!»
A caso. Camillo non sapeva bene che pesci pigliare; conosceva alcuni artisti magici, alcuni particolarmente talentuosi, altri un po' meno, diciamo. Ma questa Celestina non dico gli fosse nuova – probabilmente l'aveva sentita nominare un milione di volte senza nemmeno farci caso – proprio no. Gli avessero chiesto di canticchiare un suo brano, non ne sarebbe stato in grado. Per ignoranza, non per difficoltà tecnica.
«Parola di lobinho che mi faccio una cultura» Mano sul cuore a seguire quel mezzo ululato; era serio. Per quanto vampirico potesse essere lo sguardo di Oliver, suo grande fan a giudicare dall'entusiasmo e dalla gigantografia che si era aggiudicato, questo non cambiava le cose.
Ad ogni modo, ogni sua richiesta venne esaudita. Dopo una rapida spiegazione, el senor Brior era riuscito ad acchiappare al volo ogni singola richiesta e tra colpi di bacchetta mirati con precisione militare, gli aveva recuperato tutto ciò che mancava per farsi un giro nel panorama musicale magico.
In futuro, s'era detto, avrebbero potuto parlare di musica scavalcando quell'ostacolo, ma fino ad allora si sarebbe dedicato all'ascolto per costruirsi qualche opinione degna e definita.
Un morso alla caramella e la musica gli scoppiò in testa, come un grido nel silenzio. Era una melodia orecchiabile, ma non sembrava parte del processo creativo dei quattro artisti che già aveva sperimentato.
«Quella che fa nanana na naaa nanana na nananaaa!» E cosí, Camillo aveva canticchiato, certo che l'amico sarebbe riuscito a sviscerare tutto, dal ritmo all'armonia, scavalcando i confini dello spartito come una staccionata per raggiungere la consapevolezza, l'unica e sola: gli era capitato, per sua sfortuna, il cliente meno al passo. Un po' se ne dispiacque.
«Prendine una anche tu e dimmi che ti salta fuori». Aveva poi invitato l'amico a fare lo stesso, nella speranza che potesse riconoscere all'interno delle note il tocco di una mano conosciuta.
Quando nella conversazione si inserí la figura di James – che non conosceva e mai aveva visto prima – fu proprio quest'ultimo a risolvere la questione chitarra.
«Mi scuso, non mi ero spiegato bene in effetti» Aggiunse, guardando i due commessi, e sentiva che se anche si fosse scusato ancora, mai si sarebbe scusato abbastanza per la confusione.
Ora però si ritrovava ad affrontare un dilemma: da un lato l'idea di registrarsi e produrre musica con qualche DAW da tempo gli faceva da corte; dall'altro, poteva mai dire di no ad una figata come una chitarra che si autoamplificava. "Inferno di sangue!" si disse e accettò di buon grado la versione magica. Tanto, ci aveva riflettuto, mal che gli fosse andata poteva campionare tutto con un microfono esterno e comunque ottenere un risultato quantomeno accettabile. Senza star lì a cincionare con cavi e spinette e amplificatori vari in fase di produzione.
«Grazie, vado con la versione magica allora»
Si era limitato a dire a James grattandosi la nuca ancora un po' in bilico, accennando un mezzo sorriso per la sincera felicità che stava provando.
Quando era tornato da Oliver gli aveva passato il malloppo di galeoni per pagare tutto, piú un piccolo extra per il disturbo.
«Amico mio son di corsa e devo proprio levarmi di torno, ma ti ringrazio di cuore per tutto, la promessa sarà mantenuta» Lo guardò, mimando il gesto del cuore con le mani, prima di schioccare un bacino al vento e togliersi finalmente dalle scatole, lasciando in pace l'amico, certo di averlo drenato mentalmente e fisicamente in quel poco tempo trascorso in bottega.
«Ancora grazie, mi raccomando non farti schiavizzare, se qualcuno ti dà noia fagli la mossa dello psicodrillo» Sguardo d'intesa, pronto ad avviarsi verso lidi meno accoglienti.

Riricapitolando, prendo la versione magica della chitarra, i sacchetti, i dischi e lascio 10G di mancia :<31:

 
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