| Il Professore era inspiegabilmente sparito, nel cielo, alta, una macchia sfuocata rosso brillante, lasciava traccia di un mutuo aiuto, erano rimasti soli, nella campagna giapponese, con una missione precisa. Quanto pericolosa non era ancora dato saperlo, ma precisa sì, dovevano risalire la collina, inoltrarsi prima nella campagna, poi nella cittadina, ed infine del cortile della fortezza. Poche indicazioni, mirate, generiche, ma sufficienti ad arrivare interi alla fine dell’Avventura. Avrebbero indubbiamente trovato motivi sufficienti per tenersi abbastanza occupati da non pensare ad altro. Era quasi una tacita promessa del Fato, della Tuke. L’impresa era iniziata, la clessidra capovolta, il tempo correva avanti, avanti come anche lo sparuto gruppo di Ateniesi, che avanzava allegramente per la campagna, chiacchierando affabile, come l’ambiente sembrava voler spingere a fare. Gruppetti, gruppi di pochi intimi si andavano coagulando, l’indistinta macchia di mantelli, ed indumenti che avanzava nebulosa in quell’oceano di verde smeraldineo dell’erba, già dimentichi del primo avvertimento, o era solo la forza dell’abitudine? Fossero stati in un Teatro, ad assistere a qualche tragedia, tutto sarebbe stato diverso, la musica avrebbe iniziato a cambiare, poche note, sparse, che però mutavano radicalmente la melodia, il tema di fondo. Qualcosa stava cambiando, il vento si smorzava, una forza lo tratteneva? Il vento stava girando, e la sorte con esso. Quando se ne sarebbero accorti? L’ultima giunta, in entrambe le occasioni, sembrava anche volersi far perdonare, procedeva spedita, chi seguisse, o chi la seguisse era alquanto difficile, fatto stava che ad un osservatore distratto sarebbe parsa quanto meno la punta di diamante del gruppo. L’istante si cristallizzò, tutto rallentava, i petali di ciliegio rallentavano la loro corsa, silenziosi, lesti, quasi fermandosi a mezz’aria, un fischio sordo, un sibilo, quella che sembrava una freccia si conficcò per più della metà a cinquanta yarde dal gruppo, senza che la faccenda li impensierisse poi molto, un sibilo nel vento, nulla di così evidente. Ne fischiò una seconda, molto più precisa, molto più lunga, una sola yarda, forse qualche pollice di meno, dai piedi del giovanissimo Grifondoro, non potevano ignorarla. Buona parte dell’asticella era penetrata nel suolo, disegnando un angolo di quelli che parevano 50°, la punta era sparita nelle profondità della terra, restava solo l’impennaggio, bianco e rosso, letale e spaventevole allo sguardo. Se il bersaglio fosse stato il piede, o il braccio del giovane? Un fruscio indistinto nell’erba, animali di campagna? Lo strusciare violento, il muoversi repentino dell’erba, lo strapparsi di parecchi steli di colpo. Una rete argentea baluginò istantaneamente nell’erba, il tirarsi di quella che sembrava una corda, gli anelli di una seconda catena, la giovanissima Caposcuola di Serpeverde pendeva dal ramo che correva sopra al sentiero, imbalsamata nella robusta rete di quello che sembrava argento. Una bella botta, ma non aveva riportato danni. Il che era già qualcosa. Che fare? Come tirarla giù? Come andare avanti? Kei è appesa all'albero, intrappolata nella rete. Una freccia è piantata in buona parte davanti a Vale, una seconda la si può intravedere più avanti.
|