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| Nonostante questo, le cose non erano andate esattamente secondo i suoi piani: allungando le gambe il più possibile, fino ad arrivare alla parte finale della scopa, Lucas andò a colpire con la punta del proprio piede destro, la saggna della Gelbestrum, che intraprendendo un rapida picchiata, sembrava destinata a schiantarsi contro il muro in pietra antistante al ragazzo. Il Corvonero sbuffò, nell'aria gelida, ma non perse la lucidità. Certo, non era appagante fallire tutte quelle manovre di apprendimento. La situazione del giovane, si era dimostrata alquanto sfortunata quel giorno. Tuttavia non stette ad osservare l’evolversi della scena, doveva rallentare e subito, il suo ultimo scatto in avanti, si era dimostrato come una procedura troppo complicata, per poter essere immediatamente gestita dal ragazzo, bisognava procedere fluidamente nell'aria, una passo alla volta fino alla riuscita della cavalcata. Non sarebbe avvenuto tutto così rapidamente e facilmente, ma per ora l'obiettivo principale era quello di frenare, cercare di evitare quel muro in pietra che oramai distava a poca distanza dalla sua traiettoria. Ci fu bisogno di molta forza per cominciare a rallentare, si drizzò solo leggermente recuperando alcuni centimetri data la stretta vicinanza tra lui e il corpo legnoso della scopa. La manovra che dovevo effettuare non era semplice. Dovevo agire in fretta. Dovevo fare presto, organizzare i giusti movimenti e riprendere il controllo della mia Gelbestrum. Allontanai ancora di più il petto dalla scopa, il busto era completamente distaccato da essa, dovevo diminuire la velocità al minimo consentito. Dovevo acquistare l’andatura necessaria che mi avrebbe consentito la frenata. Contraendo i muscoli, feci in modo che la scopa si rimettesse dritta e in una posizione ideale per fermarsi e recuperare quota, qualunque direzione essa avesse attraversato. Frenai e stetti pronto, con gli occhi puntati sull’ostacolo in pietra, era questione di secondi prima che l’impatto venisse raggiunto, e lui era immobile sulla sua scopa, tutti i muscoli contratti, le membra costrette alla concentrazione, i sensi vigili. Oramai il ragazzo sembrava prossimo alla fermata, eppure, la certezza assoluta non c’era. Tirai un piccolo sospiro di sollievo, che suonava più come una carica, cercando di scacciare quel senso di libertà e di terrore che mi attanagliava. L'aria fresca mi investì subito, riversandosi sulle mie guance e colpendo i miei occhi sagaci. Decisi che avrei dovuto mettere fine a quel pericolo, dovevo e volevo imparare a cavalcare la mia nuova Gelbestrum. Un paio di volte il cuore fece un tuffo, ma cercai di rimanere comunque stabile e tranquillo, al fato l'ardua sentenza.
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