| Horus sentì a malapena il suo nome venire storpiato; l'importanza di quel momento cruciale era così sacro che neanche un'imprecazione per salvaguardare il suo povero cognome poteva esser pensata. Durante la manovra, la Gelbsturm che cavalcava aveva, fortunatamente, eseguito l'ordine, sebbene la sua testardaggine le impedisse di cedere definitivamente ai comandi del suo cavaliere. La scopa, infatti, aveva cominciato non solo a tremare, ma anche a sbatacchiare irrequieta. *Avanti, piccola testarda!* la spronò mentalmente il ragazzo, mentre cercava di tendere i muscoli delle braccia affinché riportassero il manico in linea orizzontale e piegarla dunque al suo volere, le gambe ben strette che facevano resistenza, opponendosi a quel movimento ribelle. Se lei era testardo, lui lo era ancora di più ed era deciso a non assecondare i suoi capricci, gentilezza o meno. Nel frattempo, con la coda dell'occhio, Horus scorse una nube ocra dietro di sé, segno che la brusca virata era stata ancor più violenta del previsto. Sorrise tra sé e sé; quella scopa era davvero ostica di carattere, se mai ne potesse avere uno. E la cosa era anche divertente, quando non rischiava di spiaccicarsi a terra o contro il Corvonero. Rapido, riportò lo sguardo davanti a sé e tese le orecchie non appena percepì la voce dell'esaminatore; da lì sotto lo spettacolo doveva esser stato ancora più tremendo. Annuì alla richiesta del tipo, nonostante fosse consapevole che lui non avrebbe mai potuto vederlo, e scivolò un po' di più sul manico. Gli occhi saettarono verso destra, e il ragazzo decise che avrebbe ripercorso il semicerchio del campo in senso contrario a quello dell'andata. Ancora una volta, dunque, Horus strinse la presa sul manico e lo spinse verso la direzione desiderata, facendo attenzione a non aumentare troppo l'angolo di virata, ma a mantenerlo dolce per poter eseguire una curva non troppo brusca, in grado di seguire il perimetro del campo. Il ragazzo, con il corpo, cercava di seguire e aiutare, come dovuto, la sua scopa. Le cosce allentarono di poco la presa, per allentare un pochino la presa e lasciare "uno spazio" alla scopa, non soffocandola, ma le mani stringevano il legno per far capire alla Gelbsturm che era lui che decideva, sebbene fossero entrambi ad eseguire le manovre. Horus assottigliò gli occhi a causa del vento, coadiuvando i suoi movimenti seguendo attentamente il percorso ideale che si svolgeva davanti a lui. Quando fu sicuro della sua distanza col bordo campo, respirò e spinse nuovamente il manico verso sinistra, allo stesso modo in cui inizialmente aveva spronato la sua Gelbsturm ad avanzare. Presa sicura e decisa, ma lasciando a quei gesti un piccolo margine per il carattere burrascoso della scopa. Tempo qualche secondo, e poi ancora, il ragazzo piegò il manico verso destra, facendo intraprendere alla Gelbsturm il moto ondulatorio richiesto dall'esaminatore. Tra uno spostamento e l'altro attendeva qualche secondo, per cercare di mantenere l'andamento più morbido, meno brusco e violento di un zigzag normale, evitando così anche di sterzare. Il cuore batteva calmo nel petto, così come la sua sicurezza doveva mantenersi in ogni gesto che compiva. Aveva eseguito una manovra azzardata, poco prima, il peggio poteva anche esser passato, ma se si dimostrava debole ed indeciso, sicuramente la sua cavalcatura non avrebbe apprezzato e avrebbe fatto di testa propria. Così, Horus avrebbe continuato a percorrere quel semicerchio seguendo quel moto, finché, a qualche metro di distanza dal centro-campo, ad una distanza dunque giudicata adeguata, avrebbe riportato la scopa in traiettoria lineare e, a poco a poco, avrebbe alzato gradualmente il petto; anche qui il giovane sarebbe stato attento a non frenare bruscamente, quanto più ad arrivarci per gradi alzandosi a poco a poco, abituando la scopa ai suoi comandi con decisione, ma con garbo. *Decisione, garbo, garbo, decisione. Manco fosse una ragazza.*
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