"Svanisce come fumo nell'aria
il parlar sottile dei filosofi
al canto della grande spada fidata:
correte al vostro Fato, cani,
che io sono prima che re,
uomo"
~
"Il palazzo è deserto e un re deve morire;
sono andati via tutti.
solo tu, vecchia amica mia, sei rimasta con me in quest'ora di tenebra:
ebbene, ce ne andremo insieme,
a testa alta come si addice ai re,
e la nostra leggenda correrà sulle ali del Vento
fino a che l'uomo camminerà sulla Terra."
Ho pensato molto a queste parole. Le avevo lette anni e anni fa, quando mamma mi aveva dato quel foglietto. "Le vuoi? Le scrisse tuo padre da giovane, non so manco perché ce l'ho" mi aveva detto. E io le conservai. Ricordo come leggevo quelle frasi, come il mio cuore batteva ad ogni parola. Come sentivo, dentro di me, scorrere quelle frasi come fiume in piena. Geloso, non mostrai a nessuno questo foglietto, un banale foglio di bloc notes scritto da una biro blu, non sapevo neanche se le avessi prese da un libro o se fossero parole che tu stesso avevi forgiato. A Nessuno, erano mie.
Ed ora le ho ritrovate, tenute al sicuro in un vecchio album con una tua foto da giovane (per dio, se assomigliavi a Nicola Romanov!); incredibile quanto la separazione mi abbia fatto male, all'epoca, eh?
Ora... le rileggo e il mio cuore batte come a quel tempo. Mi ti immagino a scriverle rapito, come ti sento, a volte, quando mi parli dei libri che ami o dei tuoi sogni, con la voce spezzata dall'emozione quasi fossi ancora davvero lì.
Forse a volte ti ascolto con un po' di noia, distratto; quando sono da solo mi pento. Mi rendo conto di quanto tu sia forte, nonostante quella corazza debole che ti difende.
Sento l'Orgoglio, lo stesso Orgoglio che hai tramandato a me. L'Amore per l'Onore, per l'Antico, per la Storia e per i Cavalieri che ora, ormai, non ci sono più. Nel mio sangue scorre il tuo stesso desiderio, la tua stessa nostalgia, forse, di ere passate.
Leggo le tue parole, leggo questi scritti e mi sento fiero. Fiero di essere tuo figlio. Fiero di sapere che ho un padre del genere. Un padre che ha sempre vissuto tra i libri, la sera, fino a tardi. Non un padre ignorante. Non un padre che vive solo di calcio, di donne, di stupidaggini.
Fiero di avere un padre che ha scritto queste parole.
Forse ci scontriamo. Forse anche troppe volte.
Non sono più il bambino che ti chiamava nel cuore della notte solo per poter ricevere il bacio della buonanotte. Non sono più il bambino che ti osservava -svegliandosi nel cuore della notte- seduto sul divano, la micia in braccio, e un libro tra le mani, quasi timoroso di rompere quel silenzio.
Sono cresciuto, ho lasciato che quel bambino si disperdesse tra le pieghe del Tempo che scorre. A volte odio ciò che dici, odio la tua arrendevolezza. Odio non poterti essere utile.
Discutiamo e la tua mentalità è quella del tuo tempo ed ovviamente i pensieri si scontrano. Ma nonostante tutto, sono sicuro di ciò che dico.
Molto, di ciò che sono, lo devo a te.
Lo scrivo in uno stupido blog, perché è uno sfogo. Uno sfogo che non so tradurre a coce, poiché troppo orgoglioso per dirti tutto ciò dal vivo. Forse, un giorno, ti farò leggere questo scritto. Come ti farò leggere le tue stesse parole ed allora osserverò il tuo viso, cercando di capire che ricordi passano nella tua testa.
Anche se sono cresciuto, anche se abbiamo passato e stiamo passando tante difficoltà, nei miei occhi di figlio, tu sarai sempre il mio Re ed io la tua umile Spada.