~ Hold on., Privata.

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view post Posted on 8/12/2013, 19:28
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Inafferrabile. Il termine più appropriato per Niahndra era quello, e non vi era niente da aggiungere. Kevin combatteva una battaglia persa, sembrava quasi che volesse porre delle costrizioni alla ragazza, che volesse catturare qualcosa di imprendibile, anche se in un primo momento non se ne era reso nemmeno conto, forse perché l'aveva messa fin troppo sul personale. Ma quello era un aspetto sul quale avrebbe potuto rimuginare più tardi, perché durante quei secondi restanti aveva ben altro a cui pensare... e, in quel caso, tutto era lecitamente messo sul personale.
Il distacco creatosi inizialmente si stava rivelando decisivo e difficile da colmare. Procedendo pressoché alla stessa velocità ed effettuando gli stessi movimenti raggiungere la ragazza sarebbe stato impossibile. La soluzione era escogitare qualcosa. In fondo, esistevano sempre diversi modi di affrontare qualsiasi situazione, ed il ragazzo non doveva far altro che trovare quello a lui più conveniente. Doveva però pensare in fretta, perché il tempo era tutt'altro che illimitato.
In quella frazione di secondo, decise che era ora di cambiare approccio al problema (si, Niahndra in quel momento poteva essere considerata un "problema"). Non poteva continuare a seguire di riflesso i movimenti della ragazza come aveva fatto fino a quel momento, ma doveva essere lui a muoversi per primo, cercando di percorrere una traiettoria migliore. Quindi, senza il minimo preavviso e anticipando qualsiasi mossa della compagna, spostò il manico di scopa ed il suo peso verso destra, iniziando a percorrere un ampio moto a parabola con rientranza verso Niahndra. Inoltre, il manico di scopa fu indirizzato verso l'alto, in modo da garantire al ragazzo un iniziale innalzamento di quota. Quel movimento non lo avrebbe svantaggiato dai repentini cambiamenti di rotta da parte della concasata, in quanto Kevin si teneva a maggiore distanza e in una posizione leggermente sopraelevata e defilata. In quel modo il suo distacco dalla ragazza apparentemente aumentava, ma il biondo non era ingenuo ed aveva in mente una tattica precisa.
All'improvviso, proprio mentre Kevin aumentava leggermente di quota, Niahndra fece la sua mossa. Con un movimento rapido e difficilmente prevedibile, la ragazza inclinò con decisione il proprio manico di scopa verso l'alto, in modo da posizionarsi perpendicolarmente rispetto al terreno. Kevin, che non l'aveva mai persa di vista, cercò di imitarla una frazione di secondo più tardi. Il biondo chiamò in causa tutta la sua prestanza fisica per compiere quella complessa manovra. Con un movimento altrettanto rapido, il biondo indirizzò con forza il manico di scopa verso il cielo, trasformando la sua ascesa graduale in una salita pressoché perpendicolare al terreno, imitando con successo il movimento della ragazza. Probabilmente i movimenti di Niahndra erano resi più facili dalla maggiore agilità della ragazza, tuttavia il Tassorosso poteva riuscire a compensare quello svantaggio avvalendosi della sua forza fisica e dei buoni riflessi, che gli permettevano di rispondere alle mosse della ragazza quasi nell'immediato. Inoltre, la posizione più distaccata assunta in precedenza dal ragazzo si rivelò preziosa, in quanto gli offrì una visione migliore che ridusse di molto il ritardo nel tempo di reazione. La presa salda sul manico di scopa, Kevin continuò ad osservare con la coda dell'occhio la compagna, restando comunque concentrato in quel movimento che ella lo costringeva a compiere. In una frazione di maggiore lucidità, capì che quel moto, per ovvie ragioni scientifiche, non avrebbe mai potuto perdurare, e che Niahndra avrebbe presto cambiato direzione, tornando a indirizzarsi verso il basso, in modo da recuperare velocità. Il ragionamento del biondo non si rivelò errato: la ragazza percorse solo pochi metri verso l'alto prima di spostare il manico di scopa verso sinistra e iniziare a procedere verso il basso, con un movimento fluido e senza entrare in picchiata. Se Kevin non avesse aumentato la distanza dalla ragazza, con ogni probabilità quel movimento sarebbe risultato alquanto imprevedibile e difficile da seguire; tuttavia, da quella posizione e fresco della sua intuizione, il biondo eseguì a sua volta un movimento fluido verso sinistra, aiutandosi con la forza delle braccia e bilanciando il peso del corpo, fino al ritrovamento di un moto rettilineo, senza quindi seguire la ragazza nella sua discesa ma procedendo in linea retta sopra di essa, restando sempre defilato alla sua destra. Niahndra lo aveva sorpreso con quella mossa, ma la prudenza del ragazzo si era rivelata vincente, anche se ora la ragazza si trovava già qualche metro sotto di lui. Non era un problema, visto che il piano iniziale di Kevin era proprio quello di portarsi in una posizione sopra-elevata rispetto a quella della compagna. Quell'ascesa ripida era stata difficile da affrontare, ma la posizione raggiunta poteva considerarsi un traguardo. Proseguì ancora con quel semplice moto, lasciando che la differenza tra la sua quota di volo e quella della ragazza aumentasse ancora di qualche metro. Ed era ora che arrivava il suo momento. Non doveva far altro che sfruttare quell'occasione.
E, come un'aquila che si tuffa in picchiata per raggiungere la sua preda a terra, così fece Kevin, indirizzando il manico di scopa con decisione verso il basso e verso sinistra e appiattendosi su di esso tenendo salda la presa. Una picchiata, il movimento che non aveva voluto eseguire Niahndra, l'unico movimento che da quella posizione gli consentiva qualche possibilità di catturare la ragazza. Era pronto a spostare il manico a qualsiasi mossa da parte della sua "preda, perché da quella posizione sarebbe stato più facile adeguarsi al moto della ragazza. Inoltre, non vi era tempo per manovre troppo sofisticate, perché Kevin era comunque in rotta di collisione con la compagna e aveva ampio raggio di azione, oltre che di visione. Inoltre, procedendo in veloce picchiata in diagonale rispetto alla ragazza, il biondo avrebbe colmato più velocemente la distanza tra i due. Vi era il pericolo di andare a vuoto, addirittura quello di schiantarsi contro il terreno (benché si trovassero quasi in prossimità del terreno sabbioso sottostante gli anelli), ma vi era anche la possibilità di raggiungere Niahndra, afferrarla per la prima volta.
Da quel momento non contavano più la bravura, l'agilità, la forza fisica... da quel momento contava solo la volontà. Avrebbe prevalso quella di "sopravvivenza" da parte di Niahndra, o la "fame" di Kevin?

Tutto si sarebbe deciso in quegli ultimi dieci secondi.

 
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view post Posted on 16/1/2014, 16:04
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Un minuto.
Sessanta secondi.
Ritmato dal battito vigoroso del cuore, dall'incedere sincopato del suo respiro nonostante il tentativo di controllarlo.
Il tempo acquisisce il valore che gli dai, si dice, e doveva essere vero perché quel minuto le pareva al tempo stesso il più lungo ed il più sfuggente di tutti eppure avvertiva marchiato sulla pelle lo scorrere di ogni singolo istante; un minuto barattato con un periodo ben più lungo di calma, niente battute, niente tentativi di approccio.
Era quella la vera ricompensa. Una sorta di presa di posizione, ancora una volta, la prova che ogni cosa si costituisse di due parti uguali ed opposte, una prova del fatto che ciò che unisce può altresì allontanare e che al tempo stesso quelli che sembrano essere argomenti completamente distinti, siano in realtà ben più collegati del preventivato.
Non c'era rabbia nei suoi movimenti, niente astio o rancore, agonismo invece le scorreva al momento nelle vene, apprezzamento perché di tutte le persone proprio Kevin aveva scelto di condividere con lei quel pomeriggio, sicurezza data dal fatto di non dover dimostrare niente, dalla possibilità di comportarsi in modo cristallino: se fuggire era la cosa che le riusciva meglio, allora lo avrebbe fatto, tenendosi fino all'ultimo attimo lontano dalle grinfie del Tassorosso, preservando se stessa.
Avrebbe deciso lei se e quando lasciarsi afferrare.
Eluderlo stava diventando così facile ed automatico nonostante in più di una occasione avesse avuto modo di constatare l'ostinatezza del ragazzo, ormai non facevano altro che seguire lo stesso schema che di volta in volta rimaneva invariato; per quello rimase piacevolmente colpita quando si accorse che finalmente quel giorno qualcosa sarebbe andato leggermente diversamente, è necessario romperli gli schemi se si ha intenzione di addomesticare l'imprevedibile.
Si tese soddisfatta allungando il busto, stirando i muscoli, accompagnando il movimento quasi come se la scopa fosse stata un'estensione del suo esile corpo; era così? Poteva dire che dato il suo ruolo all'interno della squadra, aveva decisamente maggiore familiarità col volo di altri studenti, o quanto meno possibilità in più di allentamento.
Si lasciò cadere dolcemente verso il basso, una discesa misurata che tuttavia cozzava con la rapida ascesa a cui aveva costretto il compagno pochi secondi prima; fu quello il momento in cui si accorse che qualcosa in quell'equilibrio generatosi era cambiato, l'occhio allenato ad identificare con rapidità la posizione sommaria di ogni giocatore in campo aveva registrato quella variazione.
Una resa? No. Kevin aveva infine scelto di cambiare punto di vista.
Sebbene non potesse avere una visuale del compagno pulita, non quanto quella di lui, fu facile capire che quel dislivello in altitudine non fosse dato da un comprensibile stupore del ragazzo e quindi dall'impossibilità di muoversi con altrettanta prontezza visto che non si era fermato ma aveva proseguito il suo volo, bensì dalla volontà di mantenere una posizione sopraelevata.
Come lo capiva. Dall'alto si ha una visione migliore, più ci si alza dal suolo e più è semplice controllare i movimenti della propria preda.
Perché lei non era nient'altro che questo ai suoi occhi, un cucciolo spaurito da intrappolare, il trofeo, gratificazione per l'orgoglio.
Si bloccò.
Le dita sbiancate dallo sforzo si rilassarono, la contrazione delle braccia si sciolse.
Non gli avrebbe permesso di trasformarla in un bottino di caccia.
La schiena si raddrizzò con fierezza dritta e severa, il mento alzato e lo sguardo ceruleo puntato verso l'alto; immobile, superba. Qualcosa dentro di lei ringhiò, ribellandosi a quella fuga, intimandole di restare lì e fronteggiare qualunque cosa le si fosse parata davanti... o sopra.
Vieni a prendermi, diceva lo sguardo.
Vieni a prendermi, gridava la sua arroganza.
L'aquila si avventò sulla lepre, aizzata da quella sfida, precisa e rapace accorciava le distanze.
Peccato che quella non fosse più una lepre: zanne al posto dei denti, artigli a corollario delle mani.
Preda e predatore si confusero in quegli ultimi istanti, i confini persero di spessore, le differenze di importanza; solo gli occhi rimaneva fissi su quella figura attendendo l'istante più prezioso, il momento decisivo.
Avrebbe aspettato che si fosse avvicinato abbastanza da non poter più ritoccare la propria "rotta", avrebbe atteso di lasciarlo arrivare ad un soffio dalla sua vittoria prima di rubargliela da sotto il naso, scartando di lato, sottraendosi all'ultimo alla sua morsa.
Gli occhi immobili.
Il corpo teso allo spasimo, molla in procinto di scattare.

 
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view post Posted on 22/1/2014, 16:56
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Il minuto più lungo della sua vita, indubbiamente. Un minuto nel quale, nonostante il suo tentativo di svuotare la mente, migliaia di pensieri si erano accavallati nella sua testa. Niahndra fuggiva, lui cercava di afferrarla. Non era un semplice fatto, bensì la rappresentazione ideologica della sua posizione generale nei confronti della ragazza. Ma... era davvero giusto?
Inafferrabile. Lui stesso aveva riservato quell'aggettivo alla giovane per spiegarne la natura ai suoi occhi. E, adesso, voleva davvero impedirle di essere quello che era realmente? Voleva negarle la sua essenza? No, Kevin stava sbagliando, e se ne stava accorgendo solo in quel fugace ma significativo scatto di lucidità, mentre in picchiata stava dirigendosi proprio incontro alla ragazza. Ella lo aveva sfidato, ma in ogni caso Niahndra non poteva essere catturata. Non in quel modo, perlomeno. La ragazza andava in quel momento al di là di ciò che il biondo poteva afferrare. L'avrebbe "presa" solo quando lei stessa glielo avesse permesso. Solo adesso lo capiva, ma non era ancora troppo tardi.
Poi, all'improvviso, fu Niahndra stessa a sorprenderlo. Ella si fermò di colpo, raddrizzando la schiena, arrestando il moto della sua scopa e alzando la testa proprio per intercettare lo sguardo del ragazzo. La picchiata di Kevin, nel frattempo, proseguiva spedita, ma il ragazzo riuscì a captare attentamente lo sguardo di sfida della compagna, fiero, superbo. Osservò quell'espressione, quel gesto di sfida, quegli occhi che lo invitavano sprezzanti a tentare di catturarla. Il biondo ricambiò l'occhiata e, con sguardo assai deciso e profondo, esibì un ghigno divertito. Il tutto stava accadendo in pochi secondi e a cavallo di due scope in rapido movimento (almeno quella di Kevin), ma era come se perfino lo spazio, oltre che al tempo, si fosse in quel momento dilatato. Era così, vi erano solo loro due, e quegli sguardi significativi, la loro sfida. Niahndra non era più una preda, in realtà non lo era mai stata. Ma ella non era neanche un predatore, bensì un qualcosa di non catalogabile, un qualcosa che rispecchiava perfettamente la sua essenza inafferrabile e sfuggente. Non era nulla e allo stesso tempo era tutto. Kevin, ancora, non poteva saperlo. Per lui la ragazza sembrava essere diventata più un'ossessione, un enigma che egli si era ormai promesso di risolvere a tutti i costi. Eppure, adesso, il ragazzo sapeva come resistere a tale ossessione, sapeva come fare per arrivare alla soluzione. Lo avrebbe dimostrato, non tanto alla ragazza, quanto a se stesso.
Il gesto, quasi arrogante, della compagna aveva anch'esso un valore simbolico. Niahndra lo aveva sfidato apertamente, ma Kevin aveva ormai capito che quella non era la strada giusta per "afferrare" la Tassina, che restava ancora immobile in attesa. La scopa del ragazzo si stava avvicinando sempre di più a quella di colei che poco prima lui stesso aveva considerato una semplice preda, ma gli occhi di sfida con la quale la osservava erano profondamente cambiati, più consapevoli della realtà dei fatti. Ma, allora, cosa avrebbe fatto? Non lo sapeva, ed era troppo tardi per pensare razionalmente a qualcosa. I due erano in rotta di collisione, ormai prossimi allo scontro. La mente di Kevin cercava veloce di trovare una soluzione, ma gli arti del ragazzo sembravano essersi bloccati all'improvviso. Erano troppo vicini, ma nessuno dei due sembrava disposto a fare la prima mossa, Niahndra per tattica e Kevin per indecisione e confusione. Poi, tutto accadde nell'arco dell'ultimo secondo.
In prossimità della collisione, la ragazza scattò rapidamente di lato, cercando di fuggire dal raggio di azione del ragazzo. Kevin, tuttavia, si ritrovò come in una condizione di trance, mentre la sua mente rifletteva ancora sull'immagine ideologica di sé stesso e di Niahndra...
Non poteva catturarla. Non doveva catturarla. Non era quello il modo. Non era quello il momento.
Il braccio del biondo si estese, ma senza convinzione, senza reale volontà. Era come se Kevin non avesse il pieno controllo del suo corpo. Ma cosa stava accadendo? Inevitabilmente, l'arto afferrò l'aria, permettendo alla ragazza di sfuggire in tempo alla sua presa. Il movimento della scopa del giovane, quindi, proseguì oltre, lasciandosi alle spalle l'immagine di Niahndra che, inafferrabile, eludeva il suo "tentativo" di catturarla. A quella velocità, probabilmente, la ragazza non avrebbe notato alcuna stranezza nel suo comportamento. In ogni caso, Kevin non riacquistò subito la lucidità necessaria e non capì a pieno cosa fosse davvero accaduto in quella frazione di secondo. Tutto ciò era davvero frutto della sua volontà? Forse, ma essa si era manifestata in maniera molto inusuale. Si era lasciata guidare dall'istinto, dall'inconscio. I pensieri avevano avuto il sopravvento. Eppure, non riusciva a capire con certezza... ma quello non si rivelò, al momento, il suo problema principale
Il moto della sua scopa, infatti, stava proseguendo, e Kevin si accorse della situazione troppo tardi. Tornando alla realtà in maniera assai brusca, il Tassorosso finì per dare uno strattone involontario alla sua scopa, che sbandò verso destra e maggiormente verso il basso. Con più lucidità, il ragazzo scoprì suo malgrado di essere a quota più bassa del previsto e diretto con velocità verso il suolo sabbioso del campo, ormai in prossimità. Istintivamente, il biondo alzò immediatamente il manico di scopa per sterzare ed evitare una collisione disastrosa con il terreno, ma era già troppo tardi. Il moto della scopa fu rallentato dalla sua azione disperata, ma presto la saggina si ritrovò ad impattare contro il suolo ed il ragazzo fu sbalzato in aria, perdendo l'appiglio sulla scopa. Il volo fu rapido e, dopo una mezza capriola in aria, Kevin rovinò al suolo, cadendo sulla schiena sulla sabbia. L'impatto gli arrecò forte dolore, ma il biondo capì subito di non essersi rotto nulla e di non aver riportato gravi danni. Solo dolore e tanta confusione. Cosa gli era successo in quegli ultimi secondi? Era come se la sua mente avesse impedito al ragazzo di afferrare Niahndra, come se il suo inconscio lo avesse ritenuto una cosa sbagliata. In ogni caso, a caldo non sarebbe riuscito a mettere insieme troppi pensieri razionali, anche se quella situazione non aveva di per sé alcunché di razionale. Ad ogni modo, la frenata di emergenza ed il terreno sabbioso sottostante avevano evitato il disastro, e quella era la cosa più importante.
Sdraiato sul terreno e indolenzito, Kevin si passò una mano tra i capelli, mentre la polvere che aveva alzato cadendo al suolo andava lentamente dissolvendosi. Socchiuse gli occhi e, incomprensibilmente, sorrise.
Aveva perso la sfida, Niahndra gli era sfuggita, lui non era riuscito a catturarla. Ma andava tutto bene.
 
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view post Posted on 9/2/2014, 16:34
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Dannata lei se si fosse lasciata sorprendere.
Dannata lei se si fosse lasciata sorprendere alle spalle.
Dannata lei se si fosse lasciata sorprendere alle spalle
fuggendo.
No, piuttosto si sarebbe offerta spontaneamente. Non aveva fatto altro che correre, sgusciare via, sottrarsi all'attenzione ma adesso di scappare non c'era più l'utilità; aveva rimandato il più a lungo possibile quel momento, quel confronto, ma ciò non significava che non fosse pronta a sostenerlo.
Si giocava ad armi scoperte adesso, erano tornati a fronteggiarsi come appena prima di dare inizio a quello che doveva essere solamente un passatempo in quell'anonimo pomeriggio; sapevano entrambi che non era più così, che non lo era mai stato.
Inutile camuffare il tutto in abiti gentili, nascondere le intenzioni dietro un'attività ludica, non importava più niente se non le rispettive finalità; ogni momento passato su quelle scope, ogni virata nel cielo, ogni picchiata, ogni movimento non erano altro che degni sostituti di uno scontro verbale. Come parlare, gridare, offendere e difendere.
Ma ogni scontro arrivava alla fine e allora non contava più l'abilità con cui si conduceva un'arringa, non contava nemmeno la veemenza con cui si sosteneva la propria parte, il proprio punto di vista, la propria verità. Contava la fiducia riposta nelle proprie idee, la convinzione necessaria a difenderle, l'assoluta certezza di non essere nel torto; quando la sicurezza vacilla, l'offesa s'indebolisce e prima di accorgersene non si ha più la forza di discutere.
Niahndra non temeva l'incertezza in quel frangente, il cuore batteva forte nel petto, l'aggressività risvegliata dal pericolo le infiamma il corpo mentre continuava ad osservare il ragazzo avvicinarsi ancora e ancora; era la sua volontà adesso che stava sfidando, la fiducia cieca che riponeva nelle sue azioni, era davvero convinto?
Cosa ci avrebbe guadagnato? Quanto ci avrebbe rimesso, invece?
*E tu?*
Mai come in quel minuto lei si era sentita così legata al compagno di Casata adesso che i pensieri si riflettevano nei loro gesti, adesso che parlavano senza parole, senza bugie o giochetti; ancora pochissimi secondi e quella vista sulla mente di Kevin si sarebbe richiusa e altrettanto la sua.
Non era disposta a cedere, nonostante il rischio; non si lasciò distrarre dal niente se non dallo scorrere del tempo, dalle distanze che si accorciavano, dal tremore dei muscoli tesi allo spasimo.
Vide il braccio di lui tendersi e fu consapevole con immediatezza allarmante del proprio corpo che si sottraeva con un ritardo infinitesimale ma decisivo alla presa del Tassorosso.
"Vieni a prendermi."
Per favore.
Si scagliò di lato, avvertendo il bruciore della pelle lì dove la mano l'aveva ghermita.
Solo che non c'era alcuna mano. Solo vento.
All'improvviso era sola, circondata solo dall'aria e dalle sue ingombranti paure, nel petto le mancò un battito mentre la mente registrava l'accaduto.
Aveva vinto. Era libera. Ancora.
Perché allora il sollievo che attendeva di provare non si faceva sentire, perché la soddisfazione non le dipingeva un'espressione di trionfo sul volto? Perché si sentì così maledettamente sconfitta?
Lo sapeva. Sapeva che quella barriera che si portava si era appena trasformata in un solco troppo profondo per essere attraversato, sapeva che il divario non aveva fatto altro che ingigantirsi maggiormente.
*Allontanandoli. Allontanandoli tutti.*
No. Recludendo lei.
Numi del cielo cosa aveva appena fatto?
Tremò, voltandosi lentamente per iniziare a scendere, cogliendo per pura fortuna l'attimo in cui la scopa di Kevin cozzò col terreno disarcionando il ragazzo che sbatté a terra qualche metro più avanti.
Gli occhi di Nia si assottigliarono, la mente che si rifiutava di distogliersi da un unico, gravoso pensiero: era tutta colpa del Tassorosso. Era colpa sua se lei si era trovata obbligata a dover scegliere. Colpa sua.
Colpa sua. Colpa sua. Colpa sua. Colpa sua.
Atterrò poco lontano da lui con calma misurata, nessun sentimento di compassione, alcuna preoccupazione per le sue condizioni, solo rabbia.
Gettò malamente la scopa di lato mentre gli si avvicinava a grandi passi; ribolliva di quella collera che aveva soffocato per un tempo troppo lungo, lieta d'aver trovato un bersaglio.
Troppo codarda per rendersi conto che era quello sbagliato.
« Perché diamine l'hai fatto? » Gridava.
Perché stava gridando? La voce sarebbe dovuta uscire gelida e controllata.
Gli si piantò davanti, sovrastandolo nonostante il suo metro e mezzo in quanto lui si trovava sdraiato. Sorrideva.
Maledetto.
La mano ebbe uno spasmo e lei si ficcò le unghie nella pelle nello sforzo di non colpirlo.
« Spero ti sia servito a qualcosa almeno! » Il petto si alzava e s'abbassava troppo velocemente, era interamente contratta, le guance arrossate e gli occhi che avevano tutta l'intenzione di incenerirlo sul posto.
Niente di tutto quello andava bene.

 
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view post Posted on 10/2/2014, 22:32
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Scombussolato e dolorante, Kevin restò seduto sul terreno sabbioso, rimuginando ancora su quanto era realmente accaduto pochi istanti prima, mentre la polvere che aveva alzato con la sua caduta si diradava lentamente. Non aveva potuto catturare Niahndra, non aveva voluto. In realtà, non comprendeva perfettamente cosa gli era preso in quegli attimi finali, se le sue azioni erano state dettate dalla sua mente razionale o da una sorta di inconscio. Sapeva solo che, poco prima del momento decisivo, nella sua mente vi era stata una rapida ma intensa riflessione. Il ragazzo aveva pensato all'immagine ideologica della compagna, e alla sua nei confronti di quest'ultima. Niahndra era inafferrabile, sfuggente, enigmatica, in perenne fuga da qualsiasi tipo di legame troppo stretto e soffocante, da qualsiasi cosa che avesse potuto chiudere le sue ali frenetiche e non permetterle di "volare". Per certi versi, Kevin ammirava quell'atteggiamento e quella decisione, ma per altri non condivideva fino in fondo l'atteggiamento della ragazza, che secondo lui l'avrebbe potuta portare ad una reale e più marcata paura dei sentimenti, ad una fredda mancanza di fiducia e all'insicurezza. Quel giorno, in ogni caso, Kevin aveva capito che non poteva e non voleva catturare Niahndra senza la sua reale volontà. Sarebbe stata lei a concedersi, se lo avesse desiderato, decidendo di mostrarsi completamente e di accorciare le distanze. Prima non lo capiva, e cercava invano di sfondare a capo basso i muri difensivi della compagna, ma ora riusciva a guardare la ragazza con occhi diversi.
Sorrise, nonostante la situazione scomoda, ma non osò muoversi, ancora in preda ai dolori alla schiena e alle altre parti del corpo. La caduta era stata dura, ma per fortuna era riuscito ad evitare il peggio all'ultimo momento. Si portò una mano sul volto, cercando di liberarlo dai residui di polvere sabbiosa ma scoprendo che perfino i suoi capelli ne erano cosparsi, per non parlare dei suoi indumenti, completamente sporchi. Non fece in tempo nemmeno a sbuffare che avvertì l'atterraggio di Niahndra a qualche metro di distanza. Tuttavia, qualcosa non andava ed il biondo lo capì all'istante, udendo il rumore di una scopa scaraventata a terra con sgarbo. In pochi secondi, la ragazza, con il suo discutibile metro e mezzo di altezza, gli si parò davanti con rabbia.

Perché diamine l'hai fatto?

*Che cazz...*
Kevin inarcò un sopracciglio, ed osservò Niahndra come se ella stesse delirando. In effetti, se ci rifletteva, era proprio ciò che la ragazza stava facendo. Stava gridando, con il petto che si dilatava furiosamente, con il pugno serrato in maniera minacciosa, con lo sguardo di chi avrebbe voluto dare fuoco all'istante a tutto e a tutti. E pensare che inizialmente il biondo si era aspettato almeno un minimo di compassione, di tatto, di preoccupazione per le sue condizioni fisiche dopo la caduta o un qualsiasi altro atteggiamento umano e razionale. Niente di tutto ciò, la compagna era completamente infuriata, offuscata dalla rabbia, come se lui le avesse appena fatto qualche torto di particolare gravità. Forse proprio perché Niahndra non era razionale, non era umana (ciò avrebbe spiegato molte cose, dopotutto). Le urla isteriche della ragazza proseguirono, ma Kevin strizzò gli occhi e sospirò sonoramente in modo da non ascoltarle fino in fondo, iniziando ad innervosirsi a sua volta. Forse la compagna aveva preso fin troppo sul serio quella competizione, forse aveva fatto anche lui la stessa cosa. Eppure, cosa poteva indurre ad una simile reazione? Si era accorta del gesto del ragazzo? Ma, in ogni caso, era tutto troppo eccessivo.

Fare cosa, per l'esattezza? Mi sei sfuggita. Mi sono quasi ammazzato. Hai vinto.

Esclamò il ragazzo visibilmente innervosito. Non capiva la natura di una simile arrabbiatura, e non sapeva se davvero era stata a causa delle sue azioni. Osservò Niahndra dal basso verso l'alto con uno sguardo altrettanto fiammeggiante, portandosi una mano tra i capelli con un gesto leggermente esasperato. Poi, con più lucidità, sospirò profondamente, cercando almeno lui di recuperare la calma perduta.

Perché diamine hai avuto questa reazione?

Continuò, con un tono di voce più pacato, ma comunque leggermente alterato. Voleva capire cosa era passato nella mente di Niahndra per arrivare ad urlargli contro in quel modo dopo tutto quello che era successo. Lo sguardo interrogatore esigeva una risposta. La ragazza gli doveva delle spiegazioni per il suo comportamento.

Cosa ti è preso?

Stavolta il tono di voce del ragazzo aveva ritrovato tutta la sua calma, tornando caldo e avvolgente. Un paradosso, considerando il fatto che Niahndra era in piedi furiosa dinnanzi a lui e sembrava avere tutta l'intenzione di ammazzarlo di botte. Il volto del ragazzo era teso ed indagatore, pronto a schivare qualsiasi sorta di colpo da parte della ragazza.
 
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view post Posted on 4/3/2014, 22:04
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Era tutto tremendamente sbagliato.
Come diamine aveva fatto ad evitare quella mano, come poteva il suo ritardo non aver inciso in una situazione del genere?
E di cosa se ne lamentava? Era forse colpa dell'orgoglio ferito a causa di quell'errore che avrebbe potuto rivelarsi decisivo oppure semplicemente per colpa della debolezza che sapeva celarsi dietro quell'errore? Perché ogni volta doveva essere così complicato.
Ma non importava più.
Ormai non solo si era richiuso lo scorcio sulla mente di Kevin, ma aveva anche la spiacevole sensazione che con un rumore sordo di fosse sigillata nuovamente quella piccola porta che in due anni aveva faticato se non ad aprire, almeno a socchiudere; ventiquattro mesi spazzati via da sessanta miseri secondi, come poteva essere accaduto?
La mente era corsa furiosa indietro nel tempo, su quella piccola creaturina spaurita e ringhiante che era approdata ad Hogwarts, sola e inattaccabile; i tempi in cui le occhiate che lanciava rivelavano solo una sottile diffidenza, i tempi in cui si rifugiava sempre più spesso in camera quando non doveva essere a lezione, i tempi in cui ad ogni domanda rispondeva abbaiando.
Senza che se ne accorgesse la diffidenza si era tramutata in curiosità, la solitudine in discrezione, i guaiti in ironia: non un gran cambiamento, ma abbastanza da risultare percettibile.
Ma adesso no, adesso la Niahndra tredicenne si sovrapponeva perfettamente alla Niahndra undicenne, ancora sola.
*Ancora inattaccabile, Nia.*
Il sollievo che già da qualche minuto attendeva non accennava a volerla rasserenare, non se ne capacitava: era andata esattamente come voleva, sperava che il messaggio fosse arrivato forte e chiaro "alle orecchie" di Kevin; tuttavia non poteva dirsi soddisfatta, la rabbia rossa che le macchiava la vista e la febbrile tensione dei muscoli non lasciavano dubbi sull'ira che invece provava e faticava a reprimere.
Non andava affatto bene. Per un attimo aveva quasi creduto - sperato - che potesse afferrarla e ciò non faceva che renderla più furiosa, con sé, col ragazzo ancora a terra; era colpa sua se qualcosa si era incrinato nel suo equilibrio, non riusciva a toglierselo dalla testa ma perdio, non gli avrebbe mai - mai - dato la soddisfazione di colpirlo, non lo avrebbe aiutato a crepare ulteriormente quel vetro danneggiato. Ma lo desiderava, eccome.
Inspirò ed espirò cautamente, ma la sufficienza con cui Kevin la liquidò riaccese in un attimo la miccia.
« Non farla così semplice. Sappiamo entrambi che non è solo questo. » Inutile fingere che quello fosse stato un gioco; o meglio, lo era stato, ma partiva da una base più profonda e ne erano entrambi consapevoli.
Ma quel pomeriggio iniziato per svago si era appesantito man mano, quando era successo? Quando le cose le erano sfuggite di mano prendendo una piega simile?
Quando le si era presentata l'occasione di mettere in chiaro le cose.
Quando era stata
costretta a mettere in chiaro le cose per colpa di certi atteggiamenti insistenti da parte di chi le stava abitualmente intorno.
Se solo l'avessero lasciata in pace, forse sarebbe riuscita pian piano a fare capolino da quel guscio di tartaruga; invece no, i continui picchiettii su quella corazza l'avevano solo fatta rintanare in quell'armatura.
*Quindi è questo il problema.*
Poteva scommetterci che fosse quello il fottutissimo problema.
Era una codarda.
Punto. Discorso chiuso.
Nessun dubbio, nessun vacillamento, ormai era chiaro come il sole; la sua codardia era uscita allo scoperto, paradossalmente.
Non aveva più scuse.
Ma la colpa rimaneva di Kevin. Ne era sicura.
Non era l'unica a dovere spiegazioni, non era partita da lei la faccenda; in futuro, con più lucidità, si sarebbe resa conto dell'eccessività della sua reazione - questo, tuttavia, sempre da un punto di vista esterno - ma per il momento non voleva altro che comportarsi in modo infantile, infantile come la sua natura, infantile come il suo essere.
Infantile. Codarda.
« Quindi smetti quel tono pseudo-amabile e spiegami invece cosa è preso a te. »
L'alterazione era ancora palese, la rabbia palpabile, perlomeno non gridava più.
Non che fosse una gran consolazione.

 
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view post Posted on 7/3/2014, 23:18
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Giusto e sbagliato non esistevano più, non tra lui e Niahndra, non in quel contesto, perlomeno. Nulla aveva un senso e tutto era maledettamente significativo e simbolico. La ragazza era un enigma vagante e Kevin non sarebbe mai riuscito ad esserne la soluzione, per quanto si sforzasse. Era quella la realtà dei fatti, ma il giovane Tassorosso non si sarebbe rassegnato dinnanzi a quella situazione così complessa ed ingarbugliata, anche se adesso comprendeva meglio la vera natura della compagna.
Non era stata la razionalità a guidarlo nella sue precedenti azioni, non era stata la ragione ad "obbligarlo" a non tentare nemmeno di afferrare la ragazza. No, era stato l'istinto, l'inconscio... il cuore, che conosceva ragioni che la ragione stessa non poteva nemmeno conoscere. Non aveva sbagliato, così come non aveva agito correttamente. Aveva agito, e basta. Non aveva potuto, o meglio voluto, catturare Niahndra. Era stato lui a scegliere, dopotutto, seppur inconsciamente. La ragazza era inafferrabile per natura, e lui non avrebbe cercato di relegarla in alcun tipo di restrizione. Non ne aveva alcun diritto, ma solo ora lo comprendeva a pieno. Sarebbe stato come soffocarla, non permetterle di "volare", quando invece ella ne aveva un bisogno vitale. Sarebbe stata lei a concedersi, forse, prima o poi. Ma lui avrebbe portato pazienza, l'avrebbe aspettata, così come aveva aspettato già per due anni, ma lo aveva fatto con occhi completamente diversi. Ora comprendeva di più, per fortuna.
Eppure, le sue azioni si rivelarono improvvisamente un vero e proprio punto di rottura. Kevin non aveva semplicemente ferito l'orgoglio della ragazza, ma sembrava essere andato ben oltre con quel suo gesto. Niahndra aveva compreso cosa era davvero accaduto poco prima? Forse, ma di certo non avrebbe potuto capire a pieno la natura di tutto ciò, cosa realmente stava dietro alla sua azione simbolica. Ma non importava, qualsiasi spiegazione da parte del biondo non sarebbe stata sufficientemente adatta a descrivere cosa gli era realmente passato per la testa. Sperava solo di non aver rovinato tutto in così poco tempo, perché non aveva agito in malafede.

Non farla così semplice. Sappiamo entrambi che non è solo questo.

Abbassò lo sguardo per un istante, non curandosi della sabbia che cospargeva ancora i suoi vestiti. Non aveva senso continuare a negare, vista la situazione. Perlomeno Niahndra aveva smesso di urlare, e la cosa lo sollevò leggermente. Kevin la osservò per qualche secondo, prima di appoggiare i palmi delle mani a terra e darsi una spinta verso l'alto. Sollevandosi, il ragazzo avvertì qualche lieve dolore alla schiena, al gomito e al ginocchio, a causa della rovinosa caduta di poco prima, il tutto accompagnato da una smorfia di disappunto, che venne tuttavia soppressa dal giovane in poco tempo. In piedi, sovrastando Niahndra di quasi trenta centimetri, il ragazzo restò immobile ad osservare la compagna, senza prestare minimamente attenzione alla polvere e alla sabbia ancora presente sul suo volto, sui suoi capelli, su tutti i suoi vestiti. Non parlò, conscio che la ragazza aveva ancora qualcosa da aggiungere. La tensione era ancora palpabile nell'aria, leggibile attraverso l'espressione di Niahndra.

Quindi smetti quel tono pseudo-amabile e spiegami invece cosa è preso a te.

Kevin interruppe il contatto visivo, portando le iridi etero-cromatiche all'orizzonte, pensieroso. Niahndra voleva sapere cosa gli era preso, quando nemmeno lui lo sapeva con certezza. Quel volo doveva risultare un semplice svago, ma non lo era mai stato. La situazione si era via via evoluta, fino a raggiungere un simbolismo ed un peso assai significativo. E ora, le conseguenze e le reazioni dei due ragazzi erano altrettanto pesanti. Poi, improvvisamente, le labbra di Kevin si incurvarono, non in un sorriso ma in qualcosa di vagamente simile. Nella mente del ragazzo si era fatto strada un ricordo di infanzia, che simbolicamente descriveva la sua situazione e quella di Niahndra (dal suo punto di vista). Rivivendo quella scena, il biondo rabbrividì leggermente. Poi, le iridi etero-cromatiche si posarono nuovamente su quelle della ragazza, trafiggendola con tutta la loro intensità.

Tanto tempo fa, quando ero ancora un bambino, stavo inseguendo una farfalla in giardino. Me lo ricordo bene... la inseguii per minuti, forse ore, e solo dopo molto tempo riuscii finalmente a catturarla. Ero euforico, contento di stringerla tra i palmi delle mie mani dopo tutta quella fatica. Non capivo che stavo relegando una creatura in una situazione opprimente, contraria alla sua natura. Difatti, l'euforia si rivelò eccessiva, e la stretta troppo soffocante. Me ne accorsi troppo tardi, e quando la lasciai andare di nuovo, la farfalla volò solo per pochi metri, prima di afflosciarsi debolmente a terra.

Fece una pausa, e con sguardo carico di intensità continuò a sostenere quello di Niahndra. Il riscoprire e rivivere quel ricordo d'infanzia ebbe uno strano effetto su di lui, che tuttavia Kevin cercò di racchiudere esclusivamente dentro sé stesso. Non avrebbe esternato alcuna forma di eccessiva emotività, e non lo avrebbe fatto per orgoglio personale ma per molti altri motivi.

Non ti ho catturato, Niahndra... Non volevo fare lo stesso errore che feci in quell'occasione.

Quindi tacque, abbassando nuovamente lo sguardo, incapace di sostenere ulteriormente quello della ragazza. In quel momento, Kevin si sentiva debole e vulnerabile, cosa che non gli piaceva per niente. Se davvero le sue azioni avevano causato un danno irreparabile, allora ulteriori discorsi sarebbero stati inutili. Ma Niahndra non poteva aver reagito così drasticamente, altrimenti tutti i suoi sforzi si sarebbero rivelati inutili.
No, Kevin non poteva reggere un altro fallimento... un altro abisso di apatia e solitudine nella sua anima travagliata.
 
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view post Posted on 13/4/2014, 18:30
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La matassa si infittiva e lei ne stava perdendo il filo conduttore; aveva seri problemi nell'identificare cosa stesse succedendo nella sua testa, quale battaglia epocale si stesse svolgendo al suo interno, per lei al momento era tutta un'accozzaglia di suoni, colori, immagini insensate. E se questo putiferio già la disorientava, quel che più di tutto veramente la spaventava era la predominanza del rosso nelle trame di quegli intricati pensieri; macchiava ogni cosa, annebbiandole ancora di più la vista, sporcando la visuale già pessima su quell'enigma che si stava srotolando davanti a lei. Rosso.
Rosso come il tramonto, le fiamme vive e divampanti, i papaveri, il sangue; rosso come il pericolo, la passione, ed i cartelli di divieto babbani. Rosso come la collera e l'aggressività.
Lo temeva, non come temeva il nero che indicava per lei il quotidiano momento delle figuracce, ma in un modo più genuino, il timore scaturito da qualcosa che non si è in grado di controllare, in continuo movimento, energico, guizzante; fuoco e sangue.
C'era un motivo se i suoi occhi erano del colore complementare.
Ma invece che ritrarsi come faceva di solito, invece di ritagliarsi un angolo di tranquillità per riassorbire quelle chiazze vermiglie, trattenne l'onda il tempo necessario per rigettarla fuori una volta per tutte; qualcun altro si sarebbe piegato sotto quello schianto, non lei, non più.
Sostenne lo sguardo di Kevin, dopo che l'ebbe sollevato nuovamente. Colpevole.
"Mi sei sfuggita. Mi sono quasi ammazzato. Hai vinto."
Non era sicura di essergli sfuggita e di certo non aveva vinto; affatto. Poteva illudersi di averlo eluso, ma lei stessa si era preclusa la libertà nel momento esatto in cui aveva deciso che le importava di quel che faceva il Tassorosso. Non c'era dubbio sul fatto che quella fosse una sconfitta.
Lo guardò sollevarsi in piedi, azzerando in brevissimo tempo lo scarso vantaggio fisico che almeno per un po' aveva vantato.
*Non. Osare. Indietreggiare.* Non se lo sarebbe perdonata, al contrario continuò a parlare.
Non doveva essere per forza lei il problema, no? Era stufa di sentirsi sempre al centro delle indagini, indagata, colpita da quel cono di luce inquisitorio. Doveva dirottare il fascio luminoso.
Attese qualche istante, sperando che il ragazzo si decidesse a gettare la maschera, che dimenticasse altri giri di parole, che ammettesse in sostanza di essere lui il vero
problema, togliendo lei dall'impaccio.
*Per continuare a fare finta di nulla, Nia? Per fingere ancora che vada tutto bene?*
Si concentrò sulle sue parole, sperando in questo modo di ignorare il rumore assordante dei suoi pensieri, forse se si fosse focalizzata interamente su qualcosa il martellare incessante nella sua testa si sarebbe ridotto ad un insignificante ticchettio; seguì le sue parole una ad una, ansiosa di arrivare al dunque, spaventata da quella stessa eventualità.
In fondo, sapeva già come sarebbe finita, senza che fosse Kevin a dirglielo; glielo suggerivano i brividi gelidi che le correvano lungo la schiena, il battito accelerato, l'orrore che piano piano si impossessava del suo respiro, affaticandolo. Glielo profetizzava la scena fin troppo dettagliata che aveva invaso la sua testa, i capelli di grano, la brezza sulla pelle, il profumo dei fiori, le mani paffute e bambinesche.
*No. No.*
I palmi scuri incombevano minacciosi, proiettando ombra in quel piccolo angolo di paradiso; sempre più vicini, instancabili, bocche aperte e divoratrici.
*No.*
Gli spazi si restringevano, l'aria veniva a mancare, la luce scompariva, il profumo del nettare si dissolveva nel nulla e lei si dibatteva senza tregua per guadagnarsi di nuovo la libertà; frenetica batteva le ali senza più alcun criterio, preda del terrore, dell'urgenza.
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"Le farfalle vivono un giorno soltanto; contano il tempo non in anni bensì in istanti, per questo ogni attimo si dilata per loro all'infinito arricchendosi di quell'importanza che l'uomo non assaporerà neanche in un secolo d'esistenza."
Sgomento riprodotto all'infinito, amplificato in modo esponenziale, violenza alla sua natura; e poi quando ormai iniziava a soffocare di nuovo aria, luce e profumi.
In ogni battito, però, il peso di un'esistenza; troppo tardi, troppo debole in quell'ultimo inglorioso volo.

Nel silenzio l'urlo di una farfalla.

 
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view post Posted on 17/4/2014, 15:49
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Il silenzio calò su di loro, leggero ma allo stesso tempo pesante. Leggero, come la lieve brezza che scompigliava i loro capelli, la quale sembrava voler trascinare via tutti i pensieri. Pesante, come lo erano state le parole del ragazzo e come lo erano le sue sensazioni, che opponevano resistenza a quella lieve brezza. Le parole, invece, non avrebbero avuto più alcuna consistenza, inadatte a quella situazione così delicata. Non importava cosa dicesse Kevin in quel momento, nessuna parola avrebbe potuto più raggiungere l'animo di Niahndra. Lo sguardo della ragazza si era fatto vacuo, probabilmente a causa della revocazione da parte del biondo di quel suo ricordo d'infanzia. Il ragazzo non aveva trovato le parole adatte per spiegare cosa gli fosse accaduto in sella a quella scopa, perciò aveva accostato quell'immagine passata alla situazione attuale dei due ragazzi e l'aveva espressa alla compagna. Distolse lo sguardo da Niahndra, cercando di scacciare via l'immagine di quella esile farfalla, così ideologicamente simile alla ragazza che aveva dinnanzi. Cercò di pensare ad altro, ma la confusione totale che alimentava la sua mente non glielo permise. Tornò quindi ad osservare la compagna... credeva che, con il tempo, sarebbe riuscito a comprenderla, ma forse si sbagliava anche in quel caso, neanche quello era possibile. Improvvisamente, si sentì molto triste. E pensare che in sella a quella scopa, pochi minuti prima, si era sentito quasi felice, leggero come non mai. Ma era normale, per lui la Felicità era ormai diventata un'illusione, effimera come il Vento. L'unica cosa reale era la pioggia che gli allagava l'anima.

Perdonami.

Il suo tono di voce risultò leggermente incrinato dalle sensazioni del momento. Non disse altro, ma attese qualche istante, tenendo il capo basso e gli occhi socchiusi. Poi, lentamente, mosse qualche passo in avanti, senza guardare la ragazza. Si stava avvicinando a Niahndra, ma solamente per oltrepassarla ed allontanarsi. Anche quel gesto, poteva in qualche modo risultare simbolico. In pochi secondi le fu a fianco, ma continuò a tenere basso lo sguardo. Per un istante, nella sua testa si fece strada l'immagine della sua stessa azione al Ballo di Fine Anno, quando la sua mente era invece annebbiata dall'alcool. Non reagì a quella visione, ma la ignorò completamente, procedendo per la sua strada.
Non si sarebbe fermato, non si sarebbe voltato, se non per cause di forza maggiore. Gli spogliatoi erano vicini, e lui aveva davvero bisogno di un luogo in cui riflettere e sfogarsi. Era bastato poco per complicare tutto, ed ora anche vecchie ferite tornavano a sanguinare.
Niahndra era un enigma, ma lui era un problema vagante. Non avrebbero mai potuto andare d'accordo.
 
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view post Posted on 22/4/2014, 21:11
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« He had summed up. He had judged. "The horror!" »La stessa violenza che prima l'aveva accesa, adesso la stava prosciugando; il rosso che prima l'aveva posseduta, facendola sentire così carica e potente, stava sbiadendo e chiedeva il suo riscatto cullandola traditore in quel pozzo d'apatia.
La scena che le parole di Kevin - che giungevano ovattate alle sue orecchie quasi fossero l'ispirazione che muoveva la mano abile del pittore - avevano evocato fu in grado di spegnere quell'incendio, di soffocare la rabbia sostituendola con il più puro terrore; un semplice ricordo, un aneddoto banale, che faceva presa nella sua mente, seminando il panico, annullando qualsiasi altra percezione: precipitava.
Nonostante la fatica che le costava ammetterlo, il paragone non era così insensato come poteva apparire in un primo momento, non poteva fare finta di niente ripetendosi che il tutto era semplicemente troppo stupido per essere preso in considerazione; non solo quelle parole avevano catturato la sua attenzione, ma le avevano regalato anche una chiara dimensione di quel che inevitabilmente sarebbe successo. Ne avvertiva il peso profetico sulla pelle, sul respiro e dubitava che il Tassorosso potesse avere anche solo una vaga idea dell'effetto che ciò stava avendo su di lei.
Non era quello dopo tutto il problema? Non sapere mai cosa le passava per la testa diventava frustrante per le persone che le stavano intorno, era stato estremamente chiaro su questo punto in altre occasioni; solo che mai era pesato quanto quel pomeriggio, era evidente che qualunque cosa avessero condiviso in precedenza non era più sufficiente. E lei non era stata coraggiosa abbastanza da colmare la mancanza.
Ecco perché quell'immagine la terrorizzava così tanto, perché percepisse così marcata la somiglianza: quelle mani erano una minaccia tangibile, reale, proiettavano la propria ombra su di lei, sulla sua schiena, persino in quel momento.
Ma non appartenevano a Kevin, né a nessun altro, erano piccole, delicate, bianche come il latte e femminili: erano sue. Come poteva scappare da se stessa?
Bianche da far male, bianche come le secchiate di colore che stavano rapidamente sostituendo il vermiglio; come il rumore sordo che aveva invaso la sua testa, somma della totalità dei suoni che le sue orecchie percepivano, talmente forte da risultare silenzioso.
Il colore dei puri. Il colore dei codardi.
« Perdonami. »
Il colore di chi si arrendeva.
La voce fu l'unica cosa che riuscì a raggiungerla in quell'abisso, unica macchia vivace in quel candore soffocante; la raggiunse, la strattonò, fino a trascinarla fuori da quel pozzo spanna dopo spanna. A fatica e con lentezza esasperante riemerse dal fosso di quei ricordi che non le appartenevano, lucida quel che bastava per riconoscere l'amaro retrogusto che lasciava quella sola parola: sconfitta totale. La stessa voragine che si era creata negli ultimi minuti era ufficialmente troppo profonda per essere scavalcata.
La Volontà del Tassorosso si era ufficialmente arresa.
In condizioni normali, se qualcuno gliel'avesse detto, predetto, qualche giorno prima probabilmente avrebbe solamente avvertito sollievo; avrebbe smesso di sentirsi braccata, minacciata. Al momento, tuttavia, comprendeva che il conforto non sarebbe mai arrivato, che la minaccia non sarebbe mai cessata; non finché si trattava di
lei.
Benché fosse risalita dalle profondità, la sua mente era ancora annebbiata, la realtà falsata da un velo opaco che smorzava colori, suoni, odori, che rallentava i movimenti quasi come se tutto fosse stato immerso in un fluido decisamente più viscoso dell'aria.
*No, non tutto. Solo io.*
Anche solo pensare quella semplice frase le costò una fatica non da poco; impotente lo osservò scivolare via, ai limiti della sua vista periferica, si allineò al suo fianco - paradossalmente
distante - e passò oltre. Niahndra abbassò le palpebre rifiutandosi di vederlo sparire, rifiutandosi di sommare quell'ulteriore problema - *Se ti piacciono gli eufemismi.* - al peso che già le comprimeva il petto.
In quel silenzio bianco udì la sabbia smuoversi, poi il terriccio, sempre più attenuato fino a che l'eco dei suoi passi non fu più distinguibile dal battito del proprio cuore che ad ogni pulsazione tornava ad affossarla sempre più giù. Tum. Tum. Giù. Giù. *
Finché le ginocchia non cedettero sotto quel carico gravoso e lei si ritrovò accucciata a terra, le mani a coprire le orecchie; rifiutandosi di udire qualsiasi cosa.
GXXHCly

*Tum. Tum. Giù. Giù. -> Non sapevo se mettercelo o no, mentre scrivevo mi sentivo una cretina, ma poi ho pensato che tanto ormai... ♥
Non l'ho riletto, accontentati.

 
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view post Posted on 2/5/2014, 16:21
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Tutto era cambiato nel giro di un minuto. La leggerezza del volo e l'adrenalina della sfida, due sensazioni contrastanti ma in quel caso paradossalmente collegate, avevano lasciato spazio alla delusione e ad una tristezza malinconica. Avevano entrambi sbagliato, chi atteggiamento e chi i gesti compiuti (o magari entrambe le cose), e, come ben sapeva, due errori non facevano una cosa giusta. Il ricordo esternato da Kevin avrebbe forse placato la sensazione di rabbia della ragazza, ma non avrebbe fatto altro che distanziarli in maniera anche maggiore, ponendo altri muri tra l'uno e l'altra, ricostruendo ciò che era stato lentamente e faticosamente abbattuto. Avevano avuto un'occasione, ma l'avevano appena gettata al vento per poche ma decisive incomprensioni. L'idea di poter creare un legame, una sorta di unione, era stata solo un'illusione. L'unica cosa reale, per Kevin, restava il vuoto che sentiva all'interno della sua stessa anima, e la pioggia che lo allagava dall'interno, creando un abisso sempre più incolmabile. Quella sensazione lo spaventava e, con il tempo, lo avrebbe consumato.
Ancora una volta, dunque, le complicazioni avevano fatto di tutto per trovarlo ed affliggerlo. L'incubo era sempre lo stesso. Eppure, infondo, era stato perfino onesto, con sé stesso, ma anche con Niahndra, ma evidentemente tutto ciò non contava. Faceva tutto parte di un maledetto mucchio di illusioni, che finiva sempre per contrastare all'ultimo momento con il puro cinismo che avrebbe dovuto riservare alla realtà. Si lasciava trasportare, ecco la realtà delle cose. Ma non tutte le persone avevano quell'effetto su di lui. Tuttavia, Niahndra era tra quelle poche.
Socchiuse nuovamente le palpebre, mentre arrestava il suo cammino. Si era lasciato la ragazza alle spalle, congedandosi chiedendo perdono. Per cosa, poi? Non ce la fece a proseguire. Si voltò, lentamente, proprio mentre le ginocchia della ragazza cedevano. Vide Niahndra accucciarsi a terra, coprendosi le orecchie. Restò completamente immobile, con gli occhi leggermente dilatati. Ci volle qualche secondo prima che il tutto potesse fare effetto su di lui. Ma fu un effetto devastante. Quell'immagine gli straziò il cuore e colpì anche la sua mente. Un improvviso senso di colpa lo afflisse, assieme ad un profondo nodo alla gola, mentre gli occhi venivano serrati con forza e un'espressione addolorata si dipingeva sul suo volto. Perché? Perché stava reagendo in quel modo? Non riuscì a pensare a nulla, se non al ricordo che aveva rievocato con apparente semplicità. La farfalla, il senso di oppressione, la mancanza di aria, il volo debole prima della caduta... l'aveva oppressa e poi lasciata a sé stessa, e la creatura non ce l'aveva fatta. In quell'istante, capì che stava commettendo lo stesso errore.
Si attaccò a quel pensiero, lasciandosi travolgere da un'ondata di sensazioni indescrivibili. Proprio come Niahndra, si sentì le gambe cedere, ma la forza di volontà lo tenne in piedi. Poi, senza pensare, scattò verso la ragazza. In poco tempo fu da lei, e le si gettò dinnanzi, atterrando morbidamente sulla sabbia. La osservò, e il senso di colpa si fece ancora maggiore. Forse la ragazza neanche immaginava che effetto aveva appena avuto su di lui, forse non se lo immaginava neanche lui. Allungò lentamente le mani verso di lei, ma non erano mani di oppressione, bensì mani dolci, offerenti aiuto, bisognose di aiuto. Con quelle mani, il ragazzo prese quelle di Niahndra e le scostò dolcemente dalle orecchie di quest'ultima. Cosa stava facendo? Perché lo faceva? Non voleva rispondere, non sapeva rispondere. Sperava solo di essere ancora in tempo per risanare perlomeno le ferite più recenti. Il tempo, era una cosa assai preziosa. Non voleva vederlo volare via, insieme alla ragazza, e tutto a causa di una sua disattenzione e a delle incomprensioni. Non gli interessava se Niahndra avesse cercato di spingerlo via... stavolta, aveva ragione lui. Perché, finalmente, era riuscito a capire.
Era caduto. Per un momento, aveva perso tutto. Ed ora si stava rialzando. Doveva andare in quel modo, solo così poteva riuscire a comprendere.
Pensieri poco lucidi, ma mano ferma e cuore vivo. Ed ecco che le stesse braccia andavano a cingere la ragazza dietro la schiena, mentre la fronte del biondo andava a poggiarsi sulla parte anteriore della spalla della ragazza. Gli occhi affondarono in quel contatto, cercando di sopprimere le improvvise lacrime che iniziavano già a bagnare silenziosamente le sue gote. Piangeva, sul serio? Non lo aveva mai fatto fino a quel momento. Si sentì estremamente debole e patetico, ma seppe che quel gesto valeva più di mille parole. *Patetico.* ripeté nella sua mente ma, *No.*, non lo era.
Si lasciò andare a quel contatto. Ne aveva bisogno. Non voleva che finisse.
 
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view post Posted on 30/6/2014, 15:00
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« Il silenzio non è uno stato di quiete, ma una tensione,
quella di un gorgo in cui i suoni si avvitano attratti verso il fondo. »
E lei in effetti stava sprofondando, era quella la sensazione che sempre più spesso l'attanagliava in quel periodo: voragine sotto i propri piedi, sostegno che viene a mancare, niente aria, solo pressione.
Non importava quanto potesse provarci, quanto s'illudesse di poter solcare il cielo, raccontandosi bugie e mezze verità, rivestendo il vero di miraggi come l'aspirazione, la speranza, l'aspettativa; ogni volta, a conti fatti, si trovava relegata al suolo in un contatto doloroso quanto soffocante con la terra e quando finalmente riusciva a rialzarsi, a volare un po' più in su ecco che la caduta faceva ancora più male.
Tentava, ritentava, ma i piedi iniziavano a dolerle, le gambe a tremarle e la difficoltà aumentava, inversamente proporzionale alla determinazione, che inesorabile scivolava via goccia per goccia.
Fino ad allora era stata la sua testardaggine ad imporle di risollevarsi, l'orgoglio che non avrebbe mai e poi mai ammesso di non essere in grado di raggiungere l'obiettivo prefissato; nella difficoltà intervenivano la rabbia, il desiderio di riscatto, la voglia di dimostrare a se stessa
di più. Ma ora? Cosa succede quando senti di essere precipitato troppo in basso? Quando sopra la testa non trovi più l'orizzonte, bensì solo l'umido terriccio, roccia, sabbia? Quando ti fai strada a forza di unghie e denti, ritrovandoti al punto di partenza? Niahndra era crollata. Per una volta si era semplicemente concessa il lusso di cedere, arrendersi, raggomitolarsi su se stessa per continuare inconsciamente a proteggersi anche in quel preciso momento, puro istinto; si concedeva il lusso di essere debole, di abbandonarsi.
*Lusso o sconfitta?*
Sconfitta. Si meritava quel dolore dunque, ed era per questo che ne stava assaporando ciascuna sfumatura, che non lo rifiutava ma anzi lo accoglieva recludendo invece l'esterno; meglio farci l'abitudine, no? Imparare a conviverci; non che avesse alternativa, beninteso, non possedeva la forza per rialzarsi, di conseguenza almeno per un po' se ne sarebbe rimasta lì, sola a commiserarsi, a piangersi addosso e fare altre mille cose che mai e poi mai si sarebbe aspettata di fare.
E quando ormai il rumore bianco aveva preso possesso della sua mente, Niahndra sobbalzò a quell'improvviso quanto inaspettato contatto; mentre spalancava velocemente gli occhi, il primo istinto fu quello di sottrarsi al tocco delicato, tentò di opporre una - blanda - resistenza, rimasugli di quella combattività che ormai le si era attaccata addosso come un indumento troppo attillato.
Il suono del vento tornò a riempirle le orecchie, il candore venne rapidamente sostituito da gradazioni cromatiche che si mescolavano senza apparente ordine; s'irrigidì completamente, distaccandosi - o almeno tentando - opponendosi, ma quella cacofonia di colori non durò a lungo, solo pochi istanti e lei si ritrovò di nuovo immersa nel silenzio.
Tuttavia un silenzio nuovo, diverso dal precedente, un silenzio che di minaccioso non aveva niente, confortevole,
sicuro; la circondava, l'abbracciava. Anche il calore che avvertiva adesso non aveva niente a che vedere con ciò che aveva conosciuto prima di allora; si sciolse, si sciolsero le braccia, le gambe, il busto, si sciolse l'ostilità, la riluttanza.
Cedeva, crollava, si abbandonava, cadeva, si arrendeva, si raggomitolava. Per quanto tempo? Non le importava. Era tornato. Sarebbero potuti rimanere così per secondi, minuti, ore o giorni; sarebbe finito? Sì. Ma per il momento non se ne curava.
« Più forte. »

*Lusso o sconfitta?*
Lusso. Per la prima volta.
« Turn down the sound and move a little closer,
and for the moment everything is alright. »


» Fine «



Edited by Mistake - 11/8/2014, 18:18
 
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