Affondava il viso nel petto del ragazzo, come a cercare in lui un qualche tipo di conforto, crollata di fronte a quella verità, temeva la risposta alla sua domanda, il destino li aveva uniti quella sera, rendendoli parte di qualcosa che avrebbe cambiato inevitabilmente le loro vite, cosa sarebbe successo dopo? Una volta abbandonato quel riparo, una volta tornata alla realtà, poteva chiedere a quel giovane, che nemmeno conosceva, di aiutarla? Di non voltarle le spalle una volta via di lì? Sempre che riuscissero ad andarsene, sempre che, tutti quei pensieri non fossero inutili e che la soluzione al problema non arrivasse inesorabile, se quella creatura fosse riuscita nel suo intento, non ci sarebbe stato un dopo al quale pensare.
Voleva arrendersi, l’idea le aveva sfiorato la mente, ma non era ancora pronta ad accettarla, sarebbe bastato poco a darle speranza, non le serviva la certezza che sarebbe guarita, sapeva di non poterla avere, ma si sarebbe tenuta stretta la sua vita se il giovane avesse deciso di non arrendersi, si era preoccupato per lei, era rimasto quando poteva mettersi in salvo, era l’unico sostegno che aveva in quel momento, se anche lei era condannata, lui poteva tornare alla sua vita normale, non lo avrebbe abbandonato.
Poteva sentire il suo cuore, un battito irregolare, una conferma, la conferma che la risposta a quella domanda non sarebbe stata piacevole, non rispose subito, forse cercava le parole giuste, sempre che ce ne fossero.
Sentì il suo respiro smuoverle debolmente i capelli, una frase iniziata e mai finita, la voce strozzata, come se quella verità non volesse venir fuori, interrotta da uno spasmo, il suo battito cambiò nuovamente ritmo, più irregolare del precedente, accelerato, non riusciva a capire.
Il corpo di lui si piegò sulla figura della ragazzina, come se non riuscisse più a reggersi da solo, alzò il capo, abbandonando quel petto che le aveva dato, seppure per poco, un lieve conforto.
Incrociando il viso di lui poté leggervi il dolore che provava e seguendo il suo sguardo arrivò alla causa di tutto, il polpaccio lacerato in profondità, una ferita simile alla sua, identica alla sua, se non per la posizione.
E ora? Il destino aveva deciso non solo di far condividere ai due giovani quella situazione pericolosa, ma di farli andare incontro alla stessa sorte, condannandoli entrambi, legando forse, le loro vite più di quanto entrambi avrebbero mai pensato, più di quanto due vite potrebbero essere legate, se fossero sopravvissuti avrebbero condiviso quella maledizione, quel segreto, il come restava ancora sconosciuto.
Osservava la bestia a pochi passi da loro, li aveva assaggiati entrambi, ne avrebbe di certo voluto ancora, ma non gliel’aveva insegnato nessuno che non si gioca con il cibo? Forse no, ma una cosa era certa, non sarebbe rimasta lì immobile per sempre.
Alla vista delle sue fauci, intrise del loro sangue, lo sconforto si fece nuovamente strada nella ragazzina, pronta ora ad arrendersi se l’avesse fatto il suo compagno, se lui, più padrone della situazione e più consapevole di ciò che sarebbe stato, avesse deciso di non opporsi, non avrebbe avuto senso lo facesse lei, significava che, tra una vita condannata e la morte, la seconda opzione era più auspicabile.
Sentì il ragazzo aggrapparsi a lei, come se non volesse cedere, come se volesse reagire ancora, come lei aveva fatto poco prima, lui era stato un sostegno per lei e lei ora lo era per lui, una complicità dettata dagli eventi e non dalla volontà, un legame, una dipendenza nata spontaneamente senza la necessità di costruirla.
Incrociò nuovamente i suoi occhi, avevano mutato colore, non sapeva spiegarlo, forse se lo stava immaginando, ma vi lesse la decisione di non arrendersi, ma forse, anche quella, era solo una sua impressione, forse le stava semplicemente per dire che era finita.
Non fu così, raccogliendo le forze che gli restavano, cercava di non cedere al dolore e, inaspettatamente, dalle sue labbra, uscì quell’unica parola che convinse la ragazzina a reagire, quella piccola sicurezza che stava cercando fin da quando gli aveva posto quella domanda.
Non era ne una dolce bugia, né nulla diretto a rassicurarla, semplicemente un’esortazione, l’esortazione ad attaccare, ad accecare quell’animale, poteva significare tutto e niente, ma in quel momento il ragazzo era la sua ancora, aveva scelto di combattere e l’avrebbero fatto.
Non sapeva cos’avesse in mente, ma si fidò di lui, annuì col capo stringendo più forte la bacchetta e nuovamente sembrava che l’istinto di sopravvivenza volesse prevalere sulla rassegnazione.
Il braccio non sanguinava più, le ferite le dolevano ancora, non poteva dire di aver riacquistato il pieno delle sue forze, anzi, ma almeno non si era indebolita ulteriormente, poteva farcela, aveva in mente un incanto semplice, uno dei primi che aveva appreso, non richiedeva nessuno sforzo particolare, questa volta non avrebbe fallito, non avrebbe tentato di aggredire il licantropo direttamente, aveva già compreso che la forza della creatura superava di gran lunga la sua, non avrebbe sprecato un altro incantesimo.
Non attese nemmeno un secondo, qualsiasi cosa avesse in mente il ragazzo, doveva agire subito, dargli modo di attaccare incontrastato, doveva anticiparlo.
Rapidamente, mentre lui si preparava al suo attacco, la ragazzina tese il braccio con cui impugnava la bacchetta puntandola nella direzione dell’enorme lupo, forse avrebbero potuto godere del vantaggio del precedente attacco del giovane, se la vista del lupo fosse stata ancora compromessa, il suo tentativo avrebbe sortito effetti maggiori.
Chiuse dunque gli occhi per non cader vittima del suo stesso incantesimo, sperando che il compagno che gliel’aveva suggerito facesse lo stesso -Lumos Maxima- non li riaprì ancora, attese col cuore in gola e il braccio teso, ciò che sarebbe accaduto.