Thinking , Privata

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Just;
view post Posted on 8/3/2014, 16:47 by: Just;




Le sere di Londra si coprivano di malinconie in quella primavera appena nata. Non malinconie dolci, di quelle in cui affondano i romantici, ma polverose, fatte di ricordi densi, che faticano a scivolare via. Era per quello che aveva cercato il fiume? Si chiese se l'immagine di quell'enorme massa, che scorreva fluente e decisa, non lo avesse affascinato in contrapposizione alle sue memorie così ferme. Le dita andarono ad accarezzare il medaglione blu, un cristallo che poteva ricordare una lacrima alle menti più poetiche, esplorandone la superficie irregolare. Era quello il vero centro delle sue malinconie, il medaglione che racchiudeva le sue ali incatenate; e ormai il momento era prossimo, nel quale avrebbe dovuto discernere cosa lo teneva a terra da cosa lo avrebbe reso in grado di volare. Il suo cuore lo capiva, era come cercare di indossare in tutta fretta un paracadute mentre già correva verso il baratro. Si districò dalla memoria, e riaffiorò sulla realtà e sul fiume, che privo delle pastoie umane scorreva placido. Sospirò, stropicciandosi gli occhi, e si guardò attorno come appena destatosi da un sonno profondo: il luogo era sempre lo stesso, la luce del tramonto andava scemando, una giovane donna vestita con cura si era appoggiata al parapetto ad alcuni metri da lui. Se non fosse stato perfettamente conscio di aver pensato per tutto quel tempo, avrebbe detto di aver dormito davvero. *In verità, quanto è che dormo? Sono mai stato sveglio?* La mente c'era, gli occhi percepivano i colori, la pelle l'umidità di Londra, le orecchie i mormorii della gente, che accordatisi all'assopirsi del giorno sembravano essersi fatti più leggeri. Ma la Coscienza? Gli sembrava quasi di starsi guardando intorno per la prima volta, e pur essendo sicuro di aver già provato quella sensazione negli ultimi giorni, da quando aveva lasciato il castello, fu altrettanto sicuro di non essere mai stato così presente in quella realtà che ora viveva. Volse lo sguardo verso la donna appoggiata al parapetto, a poco più di due metri alla sua sinistra: come lui, sembrava totalmente persa in qualcosa di suo, in chissà quale dimensione interiore inesplorabile e nascosta. Il suo viso portava la freschezza di un'energia giovanile, ancora non finita, e insieme la stanchezza comune nelle giornate che i prossimi anni della sua vita le avrebbero dato. Come un fuoco d'artificio che, sparato a tutta forza nel cielo, si accorge lentamente dell'esistenza della forza di gravità, e splende al massimo pur capendo finalmente quali sono le leggi che regolano la sua salita. Lo spinse l'improvviso desiderio di dire qualcosa, di suggerirle che la salita verso il cielo non era destinata necessariamente a trasformarsi in una discesa; sarebbe stata una menzogna, probabilmente, ma se solo fosse riuscita a preservare la freschezza, la pace sui loro visi… *Ho perso la mia pace* constatò continuando a guardare la giovane donna; *ho perso la mia pace, e mi chiedo se davvero l'ho mai avuta.* Lui e lei, libri diversi, storie diverse, stessa morale. Lei, fresca, curata, una certa dolcezza nei lineamenti e nel vestire, lui, spezzato dal peso, la schiena ormai curva su un volto stanco e malsano, un jeans e un maglione sintetico su una t-shirt che non ricordava nemmeno. E per entrambi, lo stesso punto fisso, un mondo interiore del quale non riuscivano a liberarsi. Aprì bocca. La richiuse. La riaprì.
"…un bel posto per pensare." E lo era. Ma ugualmente, si chiese perché avesse sentito la necessità di dirlo. Lui e lei non erano compatibili, non era giusto che parlassero. Un giovane mago stanco alle prese con le ombre della memoria, una giovane donna assente con lo sguardo verso mondi infiniti. Era difficile pensare che quell'affermazione avrebbe mai potuto attecchire, dar vita a un dialogo: mondi come i loro... avevano bisogno di stare separati. Avevano bisogno di stare soli.
 
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2 replies since 6/3/2014, 08:47   122 views
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