Don't forget to close the Door..., [Quest Fissa]

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view post Posted on 5/1/2019, 18:38
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Il Fato

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BHU
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Toccare la palpebra non avrebbe recato ulteriore danno, poteva continuare a strofinarla, a graffiarla, a torturala per quanto voleva dato che il più era oramai fatto. No, non sarebbe diventata guercia, se non era capitato con lo sputo velenoso di Von Kraus di certo non le sarebbe certo capitato allora, eppure l’indomani, se mai avesse raggiunto la pace del suo letto, una fiera e feroce congiuntivite avrebbe arrossato gli occhi smeraldini della giovane per un paio di giorni.
Il passo la portò verso uno stagno che si apriva, fetido e lugubre, di fronte a lei. Vi era odore di melma, di fango e alghe putrescenti, un paradiso terreste per dei piccoli anfibi e forse altro. Tuttavia, nonostante potesse vedere le ranocchie e i rospi, il loro gracidare, che fino a pochi minuti prima era il rumore che più si sentiva riecheggiare nel bosco, si placò all’improvviso. Erano a centinaia, alcune se bene stavano su ninfee che gareggiavano a pelo dell’acqua, altre ancora attaccate, con le loro viscide zampetta alle canne che oscillavano appena, altre ancora, se ne stavano in tane scavate vicino alla riva. Tutte ora l’osservavano, nella nebbia la ragazza avrebbe potuto cogliere centinaia di scintillanti occhietti umidi e giallognoli trafiggere la nebbia per raggiungerla e studiarla. Sembravano in attesa di qualcosa, come se fossero spettatori di un evento ancora non accaduto.
Ora che era prossima a quella che in lontananza sembrava una mera pozza d’acqua, si accorse di quanto fosse stretto e lungo. Non riusciva a vederne i confine esterni ma poteva intravedere l’altra riva e su di una collinetta, si ergeva una struttura che ancora non riusciva del tutto a mettere a fuoco. Che fosse la stamberga strillante, la sua via d’uscita?

Il fringuello che sembrava accompagnarla dall’inizio della sua avventura, sorvolò i capelli argentati della ragazza, scomparendo oltre la riva e lasciandosi dietro solo l’eco del suo canto.

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Bacchetta (+ pietra);
Vestiario e normale mantello nero;
Ciondolo della Scaglia di Drago;
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view post Posted on 8/1/2019, 12:33
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»Anche la luce sembra morire nell'ombra incerta di un divenire, dove anche l'alba diventa sera e i volti sembrano teschi di cera.




«Oh! Eccovi, finalmente!»

Nieve pronunciò la frase con un certo sollievo, abbandonandosi a un sospiro. Non l’avrebbe mai ammesso apertamente — nemmeno a sé stessa — ma l’aveva sfiorata per un attimo il timore di essere in preda a un’allucinazione. I fumi del luogo e il punto da cui tutto era iniziato deponevano in tal senso, del resto. Era davvero così inverosimile che l’umidità stantia della palude o la muffa scura del muro della Stamberga le avessero causato uno stato di stordimento simile? Nell’uno come nell’altro caso, si compiacque di non aver immaginato il gracidare delle rane.
Oltre le difficoltà alla vista, dopo aver asciugato un'altra lacrima, la Rigos si accorse che le bestiole la osservavano con una certa qual insistenza. Dovunque corresse il suo sguardo, Nieve non faceva che imbattersi in una sfilza di occhietti curiosi. Adesso, però, a farle compagnia c’erano solo un silenzio ostinato e il fetore nauseabondo che emanava da quel corridoio liquido. Nieve storse il naso, vagamente infastidita. Non era mai stata una persona schizzinosa — e come avrebbe potuto?! — e non lo era diventata negli anni successivi al suo trasferimento londinese. D'altra parte, perfino per chi, come lei, non possedeva particolare raffinatezza sarebbe stato difficile ignorare la nota pungente che si librava nell’aria e rendeva complessa la respirazione.
Un’assimilazione inaspettata le fece strabuzzare gli occhi, sicché la ragnatela la costrinse a un grugnito di fastidio. Per annebbiati che fossero i suoi ricordi circa i dettagli del sogno di qualche anno prima, non avrebbe mai dimenticato la sensazione di gelo nelle ossa che le aveva lasciato l’avventura onirica… insieme a un momentaneo cambio di look. L’immagine del sentiero fognario, nel quale si era addentrata per sfuggire al drago dei suoi incubi, l’aveva accompagnata per una settimana intera ogni qualvolta una superficie riflettente ne aveva messo in evidenza il nero dei capelli.
Le scappò un brivido.

Lo sciabordio delle piccole increspature contro la riva marcescente le fornì un sottofondo piacevole, mentre portava l’attenzione sul paesaggio in lontananza. Oltre la nebbia, allora, intravide la sagoma di una casa. Trasse una profonda inspirazione, mezzo speranzosa e mezzo sconcertata. Dalla sua posizione, era impossibile distinguerne nitidamente le fattezze, quindi, per quel che ne sapeva, le rammentava tanto la Stamberga quando la casa di Borgarbyggð. Scansando con un colpetto della scarpa la ranocchia che le si era fatta vicina, pregò per la prima soluzione: tornare nell'abitazione più temuta di tutta Hogsmeade significava mettere fine a quella breve, ma intensa, avventura. Nel secondo caso, invece… Be’, aveva il sentore che le cose si sarebbero complicate in modi che le erano ancora inaccessibili, ma che aveva ragione di temere!

«Impervius,» fece con la bacchetta volta all’indirizzo di pantaloni e stivaletti, prima di ripetere la formula e mirare al mantello e al maglione. Aveva deciso pressoché subito di guadare il sentiero fetido che conduceva alla collinetta o, quantomeno, aveva deciso di provarci. Se la casupola si ergeva su un rialzo del terreno circondato d’acqua, presto o tardi avrebbe dovuto sporcarsi comunque e tanto valeva togliersi il dente, finché il dolore era sopportabile. «Ora, chiedo solo una cosa: che non sia troppo profondo e che…» … non ci fossero bestie pronte a banchettare con le sue caviglie? «Vedranno subito che sono ossuta e non c’è niente da mangiare,» si disse, logica.

Cautamente, immerse il primo stivaletto nell’acquitrino.


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giphy

P.S. Il riferimento al sogno richiama la quest di sblocco dell’abilità di Metamorfomagus Inesperto, dove Nieve è stata costretta ad affrontare il drago delle sue paure in sogno. Al risveglio, si è accorta di non avere più i capelli d’argento ma del suo colore naturale; l’effetto è durato una settimana circa.
 
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view post Posted on 29/1/2019, 22:17
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Il Fato

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Una patina semi trasparente andò a coprire gli abiti della giovane, rendendoli del tutto impermeabili e permettendole quindi di guadare lo stagno senza troppi problemi. Vi erano giunchi, tronchi putrescenti che galleggiavano sulla placida superficie dell’acqua e stranamente, non vi erano ranocchie che nuotavano a pelo dell'acqua. Sembrava oramai giunta alla riva e la costruzione che prima assomigliava tanto alla stamberga tanto agognata, si rivelò essere qualcos’altro: una cripta. Il bianco marmo era chiazzato in diversi punti da strisciate scure, come se fosse lì da moltissimo tempo e che nessuno andasse mai a farci visita, muschi e licheni, crescevano senza troppi problemi sul lato nord del piccolo edificio e la pesante porta in legno, nonostante fosse stata rovinata da tarli e intemperie, sembrava non aver ceduto di un millimetro per permettere l’ingresso a qualsivoglia creatura.

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In tutto questo, quando oramai era prossima ad emergere dall’acquitrino, avvertí, uno sciabordio alle proprie spalle, come se vi fosse qualcosa che la stava seguendo. Voltandosi, però, non avrebbe visto altro che un tronco con uno strano ramo bucherellato ad una estremità galleggiarle vicino.

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S’impose di procedere con il giusto ritmo, né troppo piano né troppo veloce. Non desiderava attirare più del dovuto l’attenzione degli abitanti di quel canale di scolo all’aperto, ma non voleva neppure rimanere immersa per un tempo sufficiente a beccarsi un attacco. Quindi, benché smaniasse all’idea di raggiungere il rialzo su cui sembrava ergersi la casupola nella nebbia, Nieve trasse una lunga inspirazione e si convinse a tenere un’andatura appena sopra la media. *Uno e due, uno e due…* Intanto, perlustrava la zona circostante nella speranza di non individuare minacce o, nella peggiore delle ipotesi, di scorgerle per tempo.
L’assenza di rane la costrinse a inarcare appena le sopracciglia: era sicura di averne viste a decine e di non essersele semplicemente immaginate. Per un attimo, mentre rifletteva sulla capacità di quel luogo di mettere in discussione ciò che pensava di sapere, una morsa di preoccupazione le strinse il petto. Non le piaceva il modo in cui ciclicamente finiva per dubitare della propria sanità mentale. Poi, d’un tratto, i dettagli dell’edificio che l’aveva spinta fin lì si fecero più chiari e l’intera sua attenzione ne fu assorbita — una cripta.
Avrebbe dovuto fuggire o, ancora, tornare indietro e sperare di trovare una via alternativa, prendendo atto della iella che s’era tirata addosso da sola e del fatto che quello fosse un simbolo di malaugurio. Invece, ne rimase affascinata. Il cimitero di Borgarbyggð, a suo tempo, aveva ospitato alcune sessioni di gioco niente male, prima che il pastore e sua moglie la sottoponessero a una ramanzina coi fiocchi sul rispetto da tributare alle anime dei defunti. Non era servito a nulla ribattere che non avesse mai osato comportarsi in modo irriguardoso, né le avevano permesso di raccontare cosa facesse davvero nel camposanto: Nieve, che era respinta dalle persone viventi, collezionava amici tra coloro i quali non avevano la facoltà di rifiutarla. Il signor Þórsson e la signora Guðmundsdóttir, vicini di lapide, erano diventati i suoi nonni, ad esempio.

Era in procinto di tornare sulla terraferma, lieta che non le fossero stati azzannati i polpacci, quando uno strano rumore la indusse a voltare il capo appena oltre la spalla. Aveva voti troppo alti in Erbologia perché il dubbio non la cogliesse in modo pressoché immediato. *Un Dugbog?*
Per staccargli le pinne, ammesso che fosse davvero un Dugbog e non un coccodrillo, avrebbe dovuto esporsi al rischio di un mozzico, si disse mentre già compiva uno scatto in avanti e, correndo a ginocchia alte, sperava di raggiungere la riva per tempo. Il desiderio di sfuggire alla creatura, quale che fosse la sua natura, era tale che a poca distanza dalla sponda di fronte a lei compì un salto in avanti col proposito di spalmarsi sul terreno e, se del caso, evitare una ferita da morso. *Se alla fine è solo un tronco, dobbiamo chiedere a Grimilde di farci vedere da un magipsicologo!*



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Il Fato

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Le acque l’accolsero giusto il tempo necessario per attraversare lo stagno, non vi furono morsi, non vi furono attacchi di nessun genere che potevano rallentarla nel suo percorso, era come se la foresta che aveva attorno la spingesse verso quella cripta isolata dal mondo che ora, l’accoglieva in tutta la sua spettrale bellezza. La porta d’ingresso, come già detto in precedenza, nonostante i visibili segni del tempo non aveva ceduto di un solo millimetro dalla sua posizione e se la nostra avesse deciso di avvicinarsi ad essa, non avrebbe avuto modo di scorgere cosa vi fosse all’interno. Non vi erano finestre, nessuna fessura da cui poter spiare. Da fuori, sembrava una cripta come un’altra, realizzata in uno stile prettamente gotico: l’ampio portone, le lunghe guglie che svettavano verso i rami e un effige che riportava il nome, apparentemente illeggibile. Infine, sulle due colonne d’ingresso, vi erano delle scritte

Sette sorelle su di un rigo,
stringono la chiave dell’ingresso
per liberarti dell’intrigo
presenta loro con successo.
Dalla bassa alla alta
con il giusto strumento
saprai chi risalta
senza affannamento.



La porta era dunque chiusa e apparentemente, un indovinello era l’unico modo per varcare l’uscio, sempre se così avesse voluto. Guardandosi attorno forse, avrebbe trovato la soluzione.

//L’ostacolo non è così insormontabile come sembra. T’invito a rileggere attentamente i post precedenti//

uIvNA6X







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Atterrò duramente sul terreno con un sonoro umpf. L’avambraccio sinistro assorbì il colpo e la salvò da un pericolo immaginario. Soddisfatta, Nieve si mise subito a sedere: a gambe larghe, con la bacchetta stretta tra le dita, socchiuse gli occhi per osservare il tronco. Rimase in quella posizione per un paio di minuti nella speranza di avere una qualche conferma o smentita alle sue supposizione. Alla fine, si risolse ad ammettere l’abbaglio. *Chissà se coi guadagni di Safarà riesco a pagarmi da sola la terapista, ché se lo sa Grimilde magari si preoccupa. E chi glielo dice che sono impazzita per aver sniffato la muffa nera sulle pareti della Stamberga? No, no. Quella mi fa internare, come minimo…*
Si alzò, ripulendo alla bell’e meglio mantello e pantaloni dall’ennesimo incontro ravvicinato con le lordure di quell’ambiente. Si trattò di una questione di attimi, in ogni caso. Poco dopo Nieve avanzava di nuovo in direzione della cripta e ne studiava il profilo gotico. Considerò di non averne mai visto dello stesso genere in Islanda, né in Inghilterra a ben pensarci… Non che fosse un’esperta dell’architettura cimiteriale, in effetti! Proprio mentre si dedicava allo scrutinio della facciata, che aveva oramai raggiunto, Nieve colse l’iscrizione incisa sulle colonne ai lati della porta d’ingresso. Si aiutò coi polpastrelli della sinistra per seguirne il filo, ma decisamente non ne colse il significato. La Rigos era così fuori dagli schemi soliti che non la sfiorò neppure il dubbio che potesse trattarsi di un indovinello. Peraltro, aveva perfino confuso la parola “rigo” con rogo, quindi viveva nella convinzione di essere di fronte a una tragedia di enorme portata. Sette sorelle morte bruciate erano tanta roba, insomma.
Fece, allora, la cosa più sensata che le venne in mente: bussò forte all’uscio.

Si schiarì la voce. «Buonase- Sì, penso che sia sera, però… Vabbè… Buonsalve! C’è nessuno?» E seguitava a battere le nocche sul legno spesso. Toc toc toc. «Non vorrei disturbarvi, ma, se ci fosse qualcuno, sareste così gentili da dirmi come si torna in Stamberga? Mi sono persa e non chiedetemi come perché non lo so.» Fu solo a quel momento che ricordò di essere sulla soglia di una cripta e che gli abitanti di una cripta, di solito, fossero i morti. «Aspetta…» Allontanò la mano dall’uscio. «Non sarà mica una di quelle avventure strane in cui devo salvare l’anima di qualcuno e, quando torno alla realtà, nessuno mi crede, così comincio a pensare di essere pazza o di essermelo sognato. Vero? Porco fiordo

Si guardò intorno. Non aveva molte alternative, ma qualcuna sì. Gettò un’ultima occhiata alla porta della cripta. Se nessun suono fosse pervenuto dall’interno nel giro di un paio di minuti, senza ripensamenti, Nieve avrebbe proseguito oltre e si sarebbe dedicata all’esplorazione della foresta retrostante.


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Lo so che dovrei cogliere i segnali, Master, ma ho un piggì così scemino. E ne vado così fiera... :ow:
 
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view post Posted on 9/3/2019, 19:36
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Il Fato

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Le nocche di Nieve toccarono il legno ritmicamente ma dall’altra parte dell’uscio non arrivò alcun suono né tantomeno risposta alla sua domanda. La cripta sembrava deserta e l’intuizione di proseguire per il boschetto che vi era dietro, quanto mai logica. Perciò la giovane camminò e le parve di farlo per un tempo imprecisato e man a mano che si addentrava la vegetazione si faceva più fitta, ma non vi erano suoni o ombre minacciose attorno, solo il silenzio e il crepitare dei suoi passi sulle foglie secche. Poi un preambolo di luce, una zona più illuminata e una radura, ritrovandosi finalmente qualcosa davanti. Un attimo di pura gioia la colse, un attimo che venne smorzato in fretta quando la cripta si presentò nuovamente davanti a lei. Era tornata al punto di partenza, come se avesse camminato in cerchio: vi era quel gotico monumento funebre, il laghetto, e quel legno stranamente deformato che oscillava a pelo dell’acqua, come in attesa di qualcosa. La consapevolezza che avrebbe dovuto affrontare l’indovinello si fece man mano più concreta e quel tronco forse, avrebbe potuto aiutarla a risolverlo.

//leggi con cura il post. Ti ho dato una mano ad intuire cosa deve fare Nieve//

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Il silenzio che seguì il battito frenetico delle sue nocche sul legno rese il messaggio così chiaro da non lasciare spazio ai dubbi: nessuno le avrebbe aperto, levandosi dalla scomodità del sarcofago per accoglierla con una buona dose di convenevoli. La presa di coscienza strappò a Nieve un moto di sollievo. Non suscitare nessuna reazione era sempre meglio che risvegliare le ire di chi abitava la cripta. S’incamminò in direzione della foresta circostante sulla scorta di quel pensiero.
Mentre lasciava che i passi si susseguissero gli uni con gli altri e il profilo della palude si apriva per inghiottirla nel folto del suo ventre, si permise un parziale estraniamento. Se la bacchetta stava stretta tra le sue dita e i sensi erano pronti a captare pericoli e stimoli, la mente viaggiava lontano. Aveva affrontato le sconfinate e selvagge foreste dell’Islanda fino a considerarle casa: tronchi rugosi, alti decine di metri sopra la sua testa di folti capelli corvini, torreggiavano su di lei dandole l’illusione di essere protetta, controllata, addirittura amata; gli spiazzi lussureggianti si aprivano per i suoi pomeriggi di gioco, nascondendola dalla crudeltà dei bambini del villaggio ai quali voleva disperatamente piacere; e il sole, scintillante e freddo come un diamante, la sfiorava e le indicava il cammino.
Nieve sospirò. Allora si era sentita al sicuro, protetta nell’abbraccio della vegetazione, e aveva imparato a dialogare, a muoversi e a rispettarne le regole. Nel presente, era sul punto di domandarsi cosa quel luogo si aspettasse da lei, quando uno scintillio in lontananza parve anticipare i suoi intenti. Accelerò il passo, scorse la radura e sorrise, ricolma di gratitudine. Poi, la verità si disvelò dinanzi ai suoi occhi con quel modo di fare beffardo che ha la vita nel frapporre sul cammino di ciascuno un impedimento difficile da superare.

«Ma che diavolo vuoi da me?» sbottò, marciando in direzione della cripta. Aveva un’espressione furente, i pugni contratti e l’animo in tumulto. «O mi fai entrare o ti levi dai piedi,» proseguì. Per essere così inconsapevolmente sopra le righe, era del tutto normale che Nieve trovasse assurda l’avventura nella quale era capitata ma non il fatto di interrogare un edificio. La quiete che provenne dalla costruzione le strappò un grugnito e un’imprecazione. Livida, agganciò la bacchetta al fianco sinistro e rialzò le maniche del maglioncino scuro fino ai gomiti. «Bene. Se non vuoi farmi entrare con le buone, lo farai con le cattive.»

Spalla destra in avanti e glutei contratti, Nieve prese una rincorsa di un paio di metri prima di abbattersi sulla porta con l’intenzione di sfondarla. Lei, un frugolino rachitico, non aveva che le intenzioni dalla sua. Se avesse anche solo immaginato che le parole incise sulle colonne fossero un indovinello o che fosse stata fin troppo lesta a lasciarsi alle spalle la soluzione a quel particolare e spinoso problema, si sarebbe sicuramente risparmiata la botta. Ma, tant'è, a Nieve Rigos fa sempre bene sbattere sulle cose prima di capirle... ammesso e non concesso che c'arrivi, s'intende!


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Master, io ho capito. Ma Nieve… :look:
 
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La cripta appariva a Nieve un ostacolo insormontabile: a nulla sarebbe valso notare la presenza del dugbog, che fermo sullo riva dello stagno, come un qualsiasi ed anonimo tronco, l’osservava con i suoi occhi velati e acquosi e forse ancora meno sarebbe valso, ora come ora, leggere le incisioni sulle colonne d’ingresso e decifrare l’indovinello che vedeva la presenza della creatura quanto mai fondamentale. Chissà quante volte la creatura aveva visto nella sua lunga esistenza eventi come quello, giovani che abbandonano il lume della ragione e si fanno trascinare dalle più becere emozioni, quali la rabbia e la frustrazione che in quel momento, annebiavano i ragionamenti della giovane. La sua testardaggine inoltre e la forse poco cura dei dettagli, l’avevano bloccata davanti a quel portone in legno, ma per quanto? Apparentemente, almeno nella sua meditabonda testolina ancora per poco, sicura che con una buona rincorsa e una buona dose di forza bruta avrebbe potuto buttare giù il pesante portone e finalmente, varcare l’uscio tanto agognato. Ovviamente nulla di tutto questo accadde: le assi del portone si piegarono leggermente sotto il peso piuma di lei, che venne sbalzata indietro, avvertendo un dolore non indifferente alla spalla che per prima aveva sbattuto e infine al fondoschiena, dato che si era malamente accomodata a terra (-5 ps, -5 pc).
Nonostante tutto, la bacchetta era ancora stretta in mano. Se il catalizzatore avesse avuto vita propria, probabilmente si sarebbe chiesto se fosse giunto il suo momento.



uIvNA6X







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E giunse, infine, il momento dell’impatto!
«Gnaurl grugnì, subendo gli effetti del rinculo con l’eleganza di una lady caduta troppo presto in disgrazia. Stesa sul terreno, accusò i primi dolori e se ne lamentò: non avrebbe saputo dire se le dolesse di più la spalla che aveva usato per aggredire la porta, ovvero il fondoschiena che le aveva assicurato un atterraggio in semi-morbidezza. «NonsmadonnareNonsmadonnareNonsmadonnare,» prese a ripetersi in una sorta di litania. La mano destra, intanto, aveva raggiunto la bacchetta per accertarsi che fosse ancora lì e l’aveva impugnata. «MA PORCO MONDO,» imprecò, invece.

Fissava il cielo cupo della palude, ingrugnita, e serrava i pugni per intimarsi la calma. Avrebbe voluto dare di matto. Avrebbe voluto alzarsi, sciorinare improperi e maledizioni e, soprattutto, prendere a calci quella maledetta, maledettissima cripta. D’un tratto, piegata da una situazione che non si era aspettata di vivere, il turbamento modesto che aveva tenuto sotto controllo a Hogsmeade si era trasformato in qualcosa di diverso — come se il putridume del posto in cui si trovava, infine, avesse intossicato anche lei, annacquando le sue capacità riflessive.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un sospiro. Provava il desiderio irrefrenabile di piangere. La terrorizzava l’eventualità di rimanere prigioniera di quell’ambiente, da sola; e la stuzzicava ancora la speranza che fosse solo un brutto sogno, solo un po’ troppo vivido per gli standard consueti. Esercitando una buona pressione con le mani e digrignando i denti per il fastidio, si mise a sedere e incrociò le gambe. Poi, incastrò la bacchetta nella piega formata dall’incontro tra le tibie ed estrasse ciò che rimaneva del suo muffin ai cereali. Se non altro, valutò, la solitudine non avrebbe istigato i suoi disturbi alimentari.

«Sappiamo entrambe che devi deciderti,» fece, parlando a bocca piena, rivolta alla cripta. «Non puoi fare come quelle femmine che dicono una cosa e ne intendono un’altra e fanno sballare i fidanzati.» Deglutì, prima di servirsi un altro morso di dolce. «Vuoi che provi con qualche formula magica? Tipo… ABRA KADABRA!» Sbirciò le ante del portone per accertarsi che non si stessero schiudendo. «Mmmm! Apriti Sesamo? No, aspe’, più convinzione.» Mando giù il boccone, spalancò le braccia e assunse un’espressione solenne. «AAAAAPRITIIII SEEEEESAMOOOO!» Niente di niente. Nieve poggiò il gomito sull’interno coscia e il viso sul palmo della mano. «Hockety Pockety?»

Incapace di darsi per vinta, si assicurò che nulla fosse cambiato e solo allora si arrese. Mentre si guardava intorno con aria afflitta, ebbe l’accortezza di domandarsi se non fosse il caso di tornare indietro e sperare in un’altra via, in un percorso alternativo. La sfiorò, allora, per un attimo il dubbio che potesse ritrovarsi la cripta pure là, dove tutto era iniziato, in prossimità del tronco cavo. Per questo, le lanciò un’occhiataccia. Infine, dal nulla, l’illuminazione.

Nieve rizzò la schiena a occhi sbarrati. «Non mi dire…» Fece oscillare lo sguardo dal portone alla bacchetta. «Non-mi-dire,» ripeté e un sorriso già affiorava sulle sue labbra. Recuperò il catalizzatore e si alzò, rapidissima. Un minuto dopo aveva raggiunto l’ingresso della cripta e la punta dell’arma mirava alla serratura. «Alohomora!»


PUNTI STATS
Punti salute: 148/157
Punti corpo: 118/123
Punti mana: 133/135
Punti esperienza: 13.5

ABILITÀ
Metamorfomagus Inesperto

INVENTARIO
Bacchetta (+ pietra);
Vestiario e normale mantello nero;
Ciondolo della Scaglia di Drago;
Anello dell’Eroe;
Anello del Coraggio;
Anello gemello (Thalia Moran);
Muffin ai cereali;
Sacchetto con pochi galeoni;

INVENTARIO PROVVISORIO
//

 
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Il Fato

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Quest libera.

 
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Oliver Brior • Caposcuola Grifondoro
«Ampliate la mente
Una stanza come una saletta da tè, un tavolino vestito di candido tessuto in pizzo, l'effluvio di lavanda, biancospino e incenso in infusione da un punto all'altro; il tepore di una stagione sospesa tra i tempi, né estate né inverno, né primavera né autunno: una sensazione pacata, l'invito ad un sonno armonioso, a dispetto di ogni altra tensione. Le narici in principio pizzicavano leggermente, le ciglia fremevano al battito lento delle palpebre e perfino lo schienale più scomodo delle sedie in legno diveniva monito per poggiarvi la testa e lasciarsi andare, senza più pensieri; con l'esperienza, e con la pratica più necessaria, l'Aula di Divinazione poteva rivelarsi alla giusta attenzione e ogni suo dettaglio, tra le strette pareti, assumeva valore prezioso. «Proiettatevi nel Futuro, l'Occhio Interiore...»
«Psst, Olli.» Accanto a sé, proprio mentre l'Insegnante riprendeva le sue battute, Oliver si sentì chiamare; cercò di ignorare ogni disturbo, volontariamente. Sebbene il suo sguardo non fosse rivolto alla Docente, ogni parte di sé era in sintonia perfetta; Divinazione non era soltanto una disciplina scolastica, non per lui, e il prezzo e il peso di ogni argomento ponevano fondamenta in una visione d'insieme molto più estesa. Penny, tuttavia, non era della stessa idea.
«Olli, ti prego, dimmi cosa c'è nella mia tazza.»
Un battito di ciglia, l'intenzione - per il Caposcuola - di far finta di non aver sentito, affatto. Quando l'Insegnante cominciò a girare per i tavolini, le prime domande traboccarono come goccioline di acquaviola, e il sospiro che coinvolse tutta la stanza diede prova di come perfino gli studenti più disattenti e distratti fossero ormai all'erta. Prima o poi, Oliver lo sapeva, la Professoressa sarebbe arrivata anche da loro, là dove lui e il suo compagno sedevano vicini. Penny non riuscì a demordere e tentò prima con un calcio sotto il banco e poi con una leggera spinta all'avambraccio. Nel frattempo, l'Insegnante era ormai a pochi passi.
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«Oliver, dannazione, dimmi solo una figura-»
Sollevò appena la mano sinistra, l'indice soltanto; un monito ferreo, un comando diretto. Non una parola di più, chiariva, e tuttavia sapeva quanto Penny non fosse in torto. Sul suo tavolino, sul fazzoletto indaco ben ricamato, c'era in effetti una tazza di porcellana bianca - un esercizio, quello, che aveva già compiuto alla prima lezione e che l'Insegnante sembrava voler ripristinare ancora una volta, prima di procedere con il programma; il tè era tuttavia intatto, per giunta si stava raffreddando. Da parte propria, Oliver non ne sembrava troppo preoccupato, e concentrava la sua attenzione su un altro elemento, appena accanto. Soppesava lo sguardo in avanti, là dove era stata sistemata una sfera di cristallo: al suo interno, era un continuo espandersi di volute di fumo perlaceo. C'era un ordine che il Veggente non afferrava, non del tutto. «Che poi, Oliver, quella roba si studia al settimo anno.»
Il commento di Penny giunse di nuovo come eco lontana.
Per nulla interdetto, sebbene già più stizzito dell'attimo prima, il Caposcuola invano si affidò alla lettura delle foglie di tè e al profumo di mirtilli della bevanda, tornò invece sulla sfera. Passò la mano libera, quella destra, sulla superficie del Cristallo - rinnegò ogni contatto, apparve come una carezza dall'alto, leggera.
La bocca si dischiuse in un tacito sussurro, e lesto mutò in singulto. Penny, dal canto proprio, cominciava ad apparire ancor più a disagio e stava avvampando, spostandosi sulla sedia come a trattenersi dal desiderio di saltare in piedi e scappare via. Con la coda dell'occhio, e con l'indice tuttora sospeso verso l'altro, Oliver si accorse di come l'amico stesse tentando ogni via - la lettura delle tazze di tè era prassi facile, ma Penny non aveva dimestichezza con il mistico rassegnarsi del tempo né, soprattutto, aveva pazienza. Era quella la chiave vincente.
«Brior, giuro su Godric.» La rabbia, la minaccia, l'assalto - il tentativo lasciò sbocciare un sorriso a fior di labbra, in Oliver. «Fallo per me.»
Abbassò la mano e alla fine si rassegnò; rivolse lo sguardo alla tazza di porcellana dell'altro, vuota e con i classici resti di foglie e petali sul fondo, a differenza di quella di Oliver. Si sporse leggermente, reclinò appena il capo, e l'istante successivo forme e trame si rivelarono alla Vista. «Spighe di grano, rinascita.» Socchiuse gli occhi, continuando. «Cerchio, successo in arrivo.» Percepiva la tensione del compagno, le sue mani che giravano una pagina dopo l'altra del manuale di Divinazione sul banco, alla ricerca di un maggiore filo conduttore di quei simboli pronunciati. Ad un tavolino di distanza, l'Insegnante interrogava altri.
«Spighe, come dannazione trovi delle spighe nella tazza-»
«Serpeggia, Penny.» Oliver lo interruppe, indicando il contenuto della porcellana e quello che ai suoi occhi si delineava nitidamente come una spirale in moto ondeggiante, dal principio alla fine, da sinistra verso destra, così costante.
«Serpente, invidia e pericolo. È così chiaro.» Un sospiro trattenuto, lo sguardo confuso dell'amico; indicò la sfera di Oliver e borbottò velocemente.
«Chiarissimo, Brior. Oh guarda, a te sembra un albero.»
Quando spostò lo sguardo sulla propria parte del tavolino, il Cristallo brillò di un segreto appena svelato; un filamento trasparente, il candore di una ramificazione, l'una e l'altra, infine un ricordo, una forma, un'immagine tra tutte. «Un albero.»
«Proprio quello che dicevo io, sono un Veggente.» Il commento di Penny lo scalfì in lontananza e la voce della Docente, ormai alla loro postazione, giunse come borbottio. Un brivido indistinto, un brivido lungo la schiena di Oliver Brior.

Poco tempo dopo, il suono della campanella di fine lezione scivolò perfino in quella stanza; prima di poter fermarsi a discutere sui presagi di morte che Penny, come ogni giorno, credeva di aver ricevuto dall'Insegnante, Oliver recuperò in fretta le sue cose e infilò tutto in disordine nella borsa a tracolla. Non aveva altre discipline in programma in pomeriggio e mancavano un paio di ore prima della cena in Sala Grande. Salutò Penny con un cenno della mano e con i dovuti, rispettosi convenevoli nei riguardi della Docente, il Caposcuola non impiegò troppo per scendere dalla familiare scaletta fino al piano inferiore. Conosceva quell'ala del Castello di Hogwarts più di quanto potesse ammettere e quando un gruppetto di studenti imboccò la direzione sulla destra, il suo sguardo non poté fare a meno di soffermarsi su una balaustra di una finestra poco distante: il ricordo di una prima, fugace Profezia a discapito di Thalia Moran lo trascinò come in alta marea, fin nel passato, e stentò a riprendersi nell'immediato. Al ripristino di un equilibrio migliore, trasse un respiro di sollievo, sistemò la camicia blu notte che aveva indossato sotto la divisa scolastica e si diresse a passo spedito verso le rampe di scalinate più vicine. Non poteva rientrare in Sala Comune, non subito: aveva più saggi da scrivere di quanti potesse contarne, ma sentiva il bisogno di rincorrere un presentimento che continuava a tornare nei suoi pensieri. Quando aveva sentito parlare alcuni concasati di una strana, orrida presenza spettrale nei pressi della Stamberga Strillante, la sua prima reazione era stata piuttosto divertente: aveva sentito girare quelle voci fin dal primo giorno al Castello, fin da quando vi aveva messo piede, e da sempre aveva creduto che si trattassero di racconti dell'orrore di fronte un camino scoppiettante. Un'atmosfera interessante, lui stesso non si sarebbe allontanato e ne sarebbe stato partecipe. C'era altro, però. Nelle ultime settimane, quella stessa diceria sembrava essere cresciuta a dismisura, a tal punto da aver fomentato alcuni tra i suoi Grifondoro e per giunta alcuni giornalisti del Profeta; da quando era stato nominato Vice-Direttore, la sua corrispondenza epistolare aveva subito un incremento notevole, e tra le lettere della Redazione c'erano anche quelle riguardanti fantasmi, spettri e oscure presenze ai confini di Hogsmeade, proprio alla Stamberga Strillante. Quanto fossero veritiere o meno, Oliver non poteva saperlo, ma di una cosa era certo: da parte propria, aveva visitato già due volte quel luogo e più di sembrare una catapecchia perduta e dimenticata nel tempo, non c'era stato altro. Avrebbe continuato su quella scia, se non ne fosse stato condizionato perfino dalle sue ultime Visioni; c'era un motivo ricorrente: un quadro, non più grande di una cornice; un albero, imponente ed esteso con ramificazioni protese verso il cielo; e se il primo poteva avere un discreto senso positivo, in Divinazione, il secondo aveva più ambivalenza e incauta versatilità del previsto. Aveva fatto un'assonanza piuttosto superficiale: il Platano Picchiatore, quella la destinazione. C'erano troppe coincidenze in atto, e lui non avrebbe potuto crederci.

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Aveva abbandonato il portone principale del Castello di Hogwarts con passo spedito, ma con una discreta attenzione: non c'erano lezioni in corso, non più, e se fosse stato fermato da qualcuno, avrebbe potuto semplicemente dire di essere in giro prima di cena. Il coprifuoco restava lontano e a mali estremi, si era detto, la spilla appuntata al petto avrebbe saputo aiutarlo; con lo sguardo all'indietro, più preoccupato dalla presenza improvvisa di Penny che di qualsiasi altro studente, Oliver continuò verso i giardini e verso il limitare della Foresta Proibita. Si infilò tra un arbusto e l'altro e rapidamente, scomparve alla vista. Quando fu nei dintorni del Platano Picchiatore, provò a carpirne eventuali suoni - un fruscìo, un movimento di qualsiasi genere. Aveva scovato il passaggio segreto all'interno dell'albero magico, così secolare, con l'ausilio della Mappa del Passaggio: tuttora, in effetti, Oliver considerava quel manufatto come tra gli articoli migliori di proprio acquisto, e il pensiero non poté fare a meno di andare ai Tiri Vispi Weasley con un sorriso. Assicuratosi di essere in solitaria, lo sguardo attento da un punto all'altro, il Caposcuola Grifondoro avanzò di qualche passo e si pose ad una discreta distanza dal Platano Picchiatore. Immaginò una barriera, un ostacolo, un velo lento e inesorabile in imperitura discesa dall'alto, e distendendo il braccio dominante, quello destro, rivolse parimenti la bacchetta magica - stretta nella mano - verso l'incantevole, imponente arbusto. Il braccio appariva così perpendicolare al corpo, la presa era costante e decisa, e la volontà attingeva ad un'immagine di resistenza e consistenza - rocce durissime, pietra intangibile, il peso di una staticità che diveniva necessaria e improvvisa. «Immòbilus Scandì la formula magica con altrettanta intensità, ponendo attenzione sull'accento dell'unica -o in esame. *Alla staticità del Platano, il ragazzo si volse indietro un'ultima, fugace volta; non ritenne necessario, di lì in poi, occultarsi alla vista: l'interno del passaggio segreto, già percorso l'anno precedente, era così isolato e così dimenticato dal mondo da non ammettere traffico, in termini tanto di presenza quanto di visita. Si chiese, curiosamente, se non fosse così avventato da incorrere nel pericolo di propria scelta, e una scintilla di aspettativa - fuorviante e minacciosa - travolse il suo cuore come un incendio in piena. L'idea di fare un salto alla Stamberga Strillante non era nuova, per lui; girava da giorni, ormai, con un paio di Occhialini Incantati che non aveva mai, neanche una volta, utilizzato fino a quel giorno. Prima di superare le liane e il tronco dell'albero, recuperò infatti quel paio proprio dalla borsa a tracolla, per giunta ancora appesantita dai libri e manufatti della lezione di Divinazione; indossò in fretta gli occhialini, ammiccando una e due volte, e si scrutò attorno nella speranza di attivarne fin da subito il potere e individuare fantasmi. Nel frattempo, non osò immaginare come potesse bizzarramente apparire in quel momento e raggiunse - in parte strisciando, in parte facendo pressione con le mani - la bocca del passaggio segreto all'interno del tronco e da lì via, sempre in avanti. Ricordava più o meno il sentiero, si era perso una volta e aveva ricevuto in cambio, dalla visita, un'ustione leggera di sigaretta sulla pelle: lunga storia, quella. Il ricordo lo accompagnò fin quando non fu tra le pareti della Stamberga e cercò uno spiraglio, un dettaglio, un elemento più inusuale del solito per poter trovare conferma alle voci e dicerie più folli. Salì una rampa di scalini, e il cigolio gli parve leggermente sinistro. Una sensazione nuova, di timore e di tensione, cominciò a crescere nel petto al pari della sua innata sete di scoperta e relativa avventura. Alla fine, si fermò improvvisamente: un buco, una cornice, una parete macchiata. Parve esserne attratto, sorpreso e confuso di pari modo, e cercò di avvicinarsi il più possibile. La mano destra già era protesta in avanti, come a voler sfiorare un punto di un mobilio di per sé così fuori dall'ordinario.



statistiche / inventario
salute 315/315 corpo 285/285 mana 343/343 exp 59.5

incanti
I, II, III, IV Classe completa
V Classe » Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Patronus
VI Classe » Perstringo
Chiari » Stupeficium, Rituale Perfetto

abilità
Divinatore Esperto, Maridese, Materializzazione

inventario
bacchetta magica, galeone ES, spilla C.r.e.p.a., bracciale di damocle, libri di Divinazione, sfera di cristallo, rune sacre con gessetto, occhialini ghostbuster, macchina fotografica

in breve
Oliver decide di assecondare le dicerie dell'ultimo periodo sulla Stamberga Strillante, il presentimento durante l'aula di Divinazione si accresce e diventa legame d'insieme con il resto; si inoltra per il passaggio segreto, che conosce per la mappa dei Weasley - occorreva arrivare fino alla cornice della Stamberga, il tentativo dell'incanto all'albero è tuttavia ipotetico. Nel caso, Oliver giunge a destinazione. Ho già paura.

 
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Il suono della campanella aveva sancito la fine dell’ultima lezione della giornata. Megan, così, aveva accuratamente messo tutte le cose nella tracolla e si era spinta verso l’uscita. «Credo di avere anche un minimo di possibilità con Tom, hai visto come mi ha salutata oggi?» bisbigliò Grace avvicinandosi.
«Direi che potresti andar lì e chiedergli tu stessa di uscire. Non ha senso continuare a fasciarsi la testa» aveva risposto Megan alzando gli occhi al cielo, per poi posare lo sguardo sul Grifondoro più avanti. Non era la prima volta che la compagna di casata si fissava con qualche ragazzo, elaborando enormi castelli che finivano per tramutarsi in sabbia al solo tocco. Le parole della Caposcuola erano unicamente dettate dalla sincerità e dall’affetto che nutriva per lei; era schietta vero, a volte anche troppo, ma sapeva anche cosa significava cadere nell'illusione.
«Sei sempre la solita. Potresti essere felice per me ogni tanto, no? E poi devono essere gli uomini a dichiararsi, così mi hanno insegnato» aveva ribattuto la compagna con un tono visibilmente irritato, tenendole testa. In cuor suo però Grace sapeva cosa in realtà avrebbe voluto dirle Megan ma era troppo orgogliosa per ammetterlo.
«Ascoltami, sarò felice per te nel momento in cui tu farai qualcosa per te stessa. Ti è chiaro? Non puoi credere a qualche occhiata... E, soprattutto, svegliati che oggi non più così. I ragazzi sono solo dei codardi, prima lo capisci meglio è!»
Megan aveva svoltato a destra prendendo il lungo corridoio, Grace però si era fermata facendo fatica a digerire le parole dell’amica, «Ora capisco perché tutti se ne vanno, Meg.»
Quella breve conversazione si era così conclusa; Megan aveva girato l’angolo, camminando in direzione della Sala Comune, senza battere ciglio. Grace le avrebbe tenuto il broncio per tutta la sera ma era abituata, come lo era agli stupidi mezzucci che la ragazza usava per ferirla.

Quando mise piede sul primo gradino delle imponenti scale, Megan si ricordò di aver lasciato le pergamene, dove v’erano scritti gli appunti, all’interno del proprio bianco e fu costretta a tornare indietro tra un'imprecazione e l’altra. Con passo spedito, ripercorse la stessa strada sotto i sguardi interrogativi dei quadri animati. Mentre avanzava gli occhi si posarono su Oliver che, dalla parte opposta, a una distanza di qualche metro, camminava assente, come sommerso da numerosi pensieri. Megan strinse le palpebre chiedendosi cosa lo turbasse, tant’è che quando le passò vicino aveva rallentato il passo pronta a salutarlo con una scusa. Il Grifondoro, però, l’aveva oltrepassata senza degnarla nemmeno di un saluto lasciandola interdetta. Così, decise di aspettare che la distanza fosse giusta per seguirlo; non era da lui e, pensò, probabilmente qualcosa non andava.
Abbandonata l’idea di riprendere i propri appunti – avrebbe certo avuto modo di svolgere i compiti anche con qualche difficoltà in più – la Caposcuola aveva seguito i passi di Oliver con attenzione, nascondendosi ogni qualvolta che il ragazzo girava lo sguardo con fare sospetto. Per qualche metro aveva considerato quell'inseguimento un’assurdità, convincendosi che probabilmente erano state solamente delle conclusioni sbagliate le sue. Tuttavia, quando Oliver superò la l’Arco che l’avrebbe condotto ai piani superiori, verso la Torre di Astronomia, andando dritto, la Corvonero non rinunciò a seguirne i passi finendo per vederlo varcare il portone principale del Castello.
Ma cosa diavolo… Si appoggiò al muro affacciandosi leggermente mentre il campo d’erba si allargava davanti ai suoi occhi. Brior procedeva in direzione del Platano Picchiatore e Megan continuava ad essere confusa. «Questa me la deve spiegare» aveva detto fra sé, in un sussurro che si disperse fra il cinguettio dei volatili pronti a tornare nei loro nidi, osservando a breve la notte cadere.
Quando vide Oliver di fronte al grande albero secolare, Megan affrettò il passo e a ogni movimento improvviso si nascose dietro le rocce che poggiavano sul grande tappeto verde. Aveva abbassato per un paio di volte la testa velocemente rischiando di essere vista ma fortunatamente lo studente aveva proseguito in quello che sembrava essere un piano del tutto architettato e di cui la Corvonero ne bramava la conoscenza.
*L’immobilus, evocato da Oliver, aveva fermato il movimento del Platano Picchiatore che stabile, ora, non mostrava alcun pericolo. Nessuno avrebbe mai voluto vedersi attaccare da tonnellate di tronchi, rami e foglie; chi ne era stato vittima a stento era riuscito a raccontare l'accaduto. Megan, così, del tutto stupita, vide lo studente infilarsi sotto i rami dell’albero e una volta svanito uscì allo scoperto.
Ma cosa diavolo stai combinando. Allungò il passo fino a raggiungere il punto in cui aveva visto sparire il compagno; gli occhi vigili sull'imponente pianta non avevano nemmeno un secondo smesso di vigilare con attenzione, non aveva voglia di rimanere schiacciata, o peggio. Quando riuscì a scorgere il foro d'entrata fra le spesse radici, la Corvonero si sedette lasciando passare dapprima le gambe e poi con una spinta, facendo leva sulle mani, il resto del corpo.

Si trascinò nel sottosuolo, in silenzio, seguendo i passi in lontananza. Quando giunse all’interno della Stamberga, Megan non poté che rimanere stupita. Quel luogo lo aveva visto solo da lontano, ne aveva sentito parlare: storie incredibili d’orrore, fantasmi terrificanti e morte. Un brivido le attraversò la schiena, probabilmente dettato dalla suggestione, il pavimento scricchiolava sotto le suole delle scarpe. Avanzò alla ricerca di Oliver con l’intento di ricevere delle spiegazioni, o forse sarebbe stata lei a dovergliele dare. In quel luogo, dove metteva piede per la prima volta, non seppe trattenersi a lungo nella solitudine e dopo aver perlustrato alcuni angoli ciechi, decise di proseguire in avanscoperta.
«Oliver!» bisbigliò. Il silenzio spettrale le congelò il respiro. Le gambe si muovevano dettate da un moto involontario che la spinsero fino a trovare il chi cercava: il ragazzo le dava le spalle, davanti a lui una macchia scura delimitata da linee perfettamente simmetriche a formare un rettangolo. Egli allungava la mano per toccarne la superficie oscura, Megan all stesso modo, allungò la sua per afferrargli la manica.
«Oliver, cosa stai facendo?» chiese confusa.



▲ Attivo & Conoscenze

Bacchetta - Legno di Ciliegio, Lacrima di Veela,10 pollici, semi rigida
Tracolla in pelle nera
Amuleto Oscuro
Effetti: : protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. [Usabile 1 volta per Quest.]
Anello Difensivo(Medio sx)
▸ Anello + Zaffiro “Trillon” (Anulare dx)
1 Nanosticca
Effetto: permette di assumere dimensioni di 30 cm.
Filtro Sonno Leggero

––


Occlumante Apprendista
Essendo apprendista, il pg riuscirà a chiudere la mente solo a legilimens apprendisti. Nulla però potrà, nel caso si trovi di fronte a legilimens esperti. Non sempre riesce a combattere le proprie emozioni, che sono per lui il problema principale.

I, II, III Classe completa.
Eccetto: Orcolevitas e Fattoriam.

▼ Riassunto & Danni

Finita la lezione Megan si dirige verso la propria Sala Comune prima della cena. Durante il tragitto si ricorda di aver dimenticato gli appunti nell'aula e tornando indietro incontra Oliver. Nel ragazzo vede che qualcosa non va, troppo assorto nei propri pensieri tanto da evitarla completamente passandole accanto. Incuriosita dal comportamento per lei anomalo lo segue stando bene attenta a non farsi scoprire. Una volta vicino al Platano Picchiatore, Megan osserva con attenzione ogni gesto compiuto dal Grifondoro e quando lo vede sparire sotto l'albero secolare si affretta a compiere gli stessi passi. Percorre il passaggio sotterraneo fino a ritrovarsi all'interno della Stamberga Strillante; del tutto sorpresa e spaesata sente l'esigenza di chiamarlo e una volta individuato si avvicina afferrandole la manica della camicia.

* Le azioni a seguire sono considerate ipotetiche, nel caso in cui il Master consenta quanto fatto da Oliver.
Se mi vuole ammazzare faccia pure!

––


Nessun Danno.


PS 209 ∆ PC 160 ∆ PM 167 ∆ EXP 21

 
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Il Fato

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Erano molte le dicerie che circolavano riguardo alla Stamberga Strillante. Storie di spiriti tormentati, di luci misteriose, di urla che squarciavano le tenebre nell'ora delle streghe. Gli orrori di cui si sussurrava bastavano a tenere alla larga la maggior parte dei visitatori – non tutti, però. Qualcuno era morbosamente attratto da quelle storie. Qualcuno vi si spingeva nel pieno della consapevolezza, come stava facendo Oliver; capitava di rado che altri vi si ritrovassero per puro caso, eppure era la realtà di Megan che, spinta dalla propria curiosità, seguì il ragazzo proprio verso la catapecchia fatiscente. Il Platano Picchiatore non li fermò, rimase immobile sotto all'incanto del Grifondoro e permise che accedessero al passaggio sotterraneo.
Finirono così per spingersi oltre. Oltre la porta e le finestre sprangate, negli interni in cui la polvere soffocava il respiro e gli spiragli di luce che riuscivano a penetrare, sottili come lame di coltello, tagliavano mobili distrutti, pareti macchiate, delle orme sul pavimento. Lì, in quel cuore di marcio e scricchiolii, qualcosa attendeva. Silenzioso, freddo, il portale era un animale in agguato. Attraeva gli incauti senza che nemmeno se ne rendessero conto e così il gesto di allungare una mano – lo stesso che fece Oliver, lo stesso che fece Megan – appariva del tutto casuale. Così vicino alla macchia di nero, il Grifondoro poteva sentire il lontano stormire del vento, come se dietro alla parete fosse rinchiuso un altro mondo. Una raffica gelida fece nascere un brivido in lui, si arrampicò poi lungo il braccio della ragazza alle sue spalle, e i due tremarono all'unisono. Il tempo di sentire un lezzo di terriccio e foglie marce e, al semplice tocco di Oliver, il buio si spalancò fino ad inghiottirli.


Il contatto con la parete umida e viscida durò un unico istante, prima che le dita annaspassero in quella che era solo aria fredda e vuota. Megan, invece, continuava a poggiare il palmo sul braccio dell'altro e, prima che avessero modo di chiedersi che cosa stesse succedendo, entrambi poterono sentire i piedi affondare in una superficie melmosa. Un suolo di fanghiglia e foglie in decomposizione cedeva molle sotto di loro, spingeva a muovere passi cauti in quella che era una realtà del tutto impensata. Le pareti scalcinate della Stamberga si erano dissolte, al loro posto alti alberi spogli si ergevano contro un cielo di pece. Uno spicchio di luna gettava una luce spettrale sui mille occhi ciechi delle betulle, così simili a squarci dentro al pallore d'osso dei tronchi. Il disegno contorto dei rami si perdeva in alto sopra alle loro teste, da dove arrivava il richiamo cupo di una civetta.
Non c'erano sentieri visibili né, tanto meno, alcun segno della porta che li aveva condotti fino a lì. Di fronte a loro, le ombre indistinte del bosco; dietro di loro, un grosso tronco segnato dalle incisioni. Non dal contorno rettangolare attraverso cui erano passati, ma da forme spigolose di simboli indecifrabili. Avevano una lontana rassomiglianza con le rune che i due studenti avrebbero potuto conoscere dalle lezioni, ed erano state impresse ordinatamente, in solchi profondi in cui era sanguinata la resina. A ben guardare, si sarebbero accorti che ogni albero aveva subito la stessa sorte, meticolosamente, da terra fino all'altezza del petto di una persona di media statura. Che razza di posto era quello?
Una raffica di vento sibilò tra le dita scheletriche dei rami, portava con sé l'insopportabile marciume di un luogo più morto che vivo. Tlock. Uno schiocco indefinibile, proveniente da qualche parte alla loro destra, si fece largo assieme ad una nuova sensazione. Distinta, raccapricciante, la certezza di essere osservati si impadronì dei due ragazzi. Non si trattava degli squarci assenti delle betulle. Qualcos'altro – o qualcun altro – fissava su di loro uno sguardo insistente ed attendeva, allo stesso modo in cui li aveva attesi il portale. Avevano necessità di muoversi. Andare, andare da qualunque parte, pur di sottrarsi a quegli occhi.


Benvenuti nella quest! Come potete vedere siete passati indisturbati oltre il Platano Picchiatore, ma i problemi cominciano adesso. Procederemo fissando di volta in volta delle scadenze, quindi se aveste bisogno di richiedere una proroga, così come di farmi delle domande, non esitate a contattarmi tramite MP.
Buona fortuna e buon divertimento!

Oliver
PS: 315/315
PC: 285/285
PM: 343/343
PE: 59.5

Megan
PS: 209/209
PC: 160/160
PM: 167/167
PE: 21

Prossima scadenza: 29 aprile, 23:59

 
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Oliver Brior • Caposcuola Grifondoro
Sentiva fastidiosamente il laccio degli occhialini incantati che aveva acquistato tempo addietro e si ripromise di metterli via il prima possibile; quel manufatto - proveniente da una delle ultime feste di Halloween - non poteva essere così di valore, e in effetti premeva insistentemente contro la pelle del volto e l'orbita oculare. Aveva per giunta un olezzo simile a plastica, e il pizzicore al naso ne diede conferma. Più si guardava attorno, più la Stamberga Strillante appariva di per sé come la catapecchia abbandonata di uno e più racconti di corridoio; non c'erano spettri, non c'erano fantasmi, non c'erano quelle oscure presenze che avevano inseguito gli incubi e i sospetti di Oliver nell'ultimo periodo: altrimenti, si era detto, la magia degli occhialini avrebbe fatto il suo corso e avrebbe mostrato almeno una macchiolina. Intorno, di tanto in tanto, parve al ragazzo di percepire lo scricchiolio del legno e il pensiero andò immediatamente all'età che vestiva tutta la struttura; più probabilmente dipendeva dal numero dei tarli lì presenti. Si chiese se qualcuno, in passato, vi avesse mai abitato e per quale motivo la Stamberga avesse accolto nel corso degli anni le dicerie più stravaganti sul proprio conto. Continuò ad indugiare sulle riflessioni più disparate, ma il suo sguardo era stato catturato fin dal primo momento dall'apparente vuoto sulla parete che aveva raggiunto, proprio quella frontale; là dove avrebbe dovuto palesarsi un quadro, forse, o anche una mobilia di vecchia data, altro non c'era che una cornice astratta - l'impressione, per Oliver, apparve proprio quella, e seguì l'istinto per partire in ricognizione. C'era qualcosa, come un presentimento: il richiamo alle sue ultime visioni, e soprattutto alla simbologia geometrica di cui si erano rese portavoce, si mostrò come una vera e propria ossessione appena collegata. Con la bacchetta stretta ancora nella mano destra, Oliver si avviò di un passo, e poi un secondo, e infine un terzo, e fuorviato com'era dalle aspettative più imprevedibili, non si accorse di aver ricevuto compagnia. Lo scatto della testa, la percezione di essere stato raggiunto, una nuova voce alle sue spalle - il cuore esplose, salì in gola, e il battito che ne conseguì parve prosciugare ogni possibilità di respiro. Avvampò, il tepore del corpo improvvisamente mutato in incendio, e il sangue che salì al cervello parve essere più spaventoso di qualsiasi altra cosa. Gridò, non riuscì a farne a meno. Gridò con tutto se stesso.«Godric e tutti i san-» Un fremito alla bocca, un cipiglio sopraffatto dall'emozione, infine gli occhi premuti a più non posso contro gli occhialini - somigliava ad uno strano, folle dottore in quel momento. Il cuore parve riconoscere la figura esterna prima della ragione, per necessità di salvezza. «Megan, cosa stai facendo?»
Questione di secondi, il tumulto di un animo; non si accorse di aver appena pronunciato la stessa frase della collega, e quando sentì uno strappo al corpo, gli parve di essere stato inconsapevolmente inghiottito in una Materializzazione imprevista.

Le gote tuttora in fiamme, Oliver sentiva di poter cedere da un momento all'altro; stringeva la bacchetta magica tra palmo e dita della mano destra, aggrappandosi al legno come unico, ultimo punto d'approdo. Non aveva idea di cosa fosse appena successo, e ne fu così travolto da perdere il filo conduttore con ogni altro aspetto. Percepì un odore diverso da quello stantio, così antico e polveroso della Stamberga Strillante, e fu spinto a trattenere uno starnuto prima ancora di poter capacitarsi del resto; intorno a sé, quando cercò di mettere a fuoco, tutto appariva come fuorviante, più di ogni sensazione. Un gesto secco, un colpo deciso, e tolse via dal volto gli occhialini. Cercò la figura di Megan e bastò un rapido sguardo per essere sicuro che fosse per davvero lei. «Stavo morendo Sussurrò quel commento come una stilettata, l'espressione caotica; non c'era rabbia, in Oliver, ma lo spavento che aveva vissuto restava nitido. Tutto si sarebbe aspettato, in effetti, fuorché ritrovarsi con qualcuno alla Stamberga Strillante. Aveva creduto di essere stato da solo per tutto il tempo, si era voltato indietro una e più volte, lungo il percorso fino al Platano Picchiatore. Una parte di sé, già più controllata, cominciò tuttavia a realizzare un pensiero che sorprese anche lui: tra tutti, non gli dispiaceva essersi imbattuto esattamente nella neo Caposcuola Corvonero. Si guardò attorno al sentore di essere in un luogo sconosciuto fino a quel giorno. Il silenzio innaturale, le nuove forme, perfino i tronchi compromessi, tutto gli suggerì per istinto di non essere più nei dintorni di Hogwarts: neanche la Foresta Proibita poteva essere così. Tornò su Megan, ormai già più stabile e con l'espressione ben più confusa. «Come sei entrata alla Stamberga, come hai fatto-» Un passo avanti, il piede gli parve affondare nel sottosuolo. «Dove siamo finiti, è opera tua?» Spostò l'attenzione da un lato all'altro, e gli alberi si rivelarono come spettatori indiscreti. Sollevò la bacchetta verso il punto in cui gli parve di sentire un ticchettio, e la curiosità si accese più del buonsenso. «Megan» Un commento, un monito, mormorò il suo nome. Ovunque fossero capitati, erano insieme. Oliver provò a muoversi, cercando di avvicinarsi al fianco dell'altra studentessa. Reclinò il capo, leggermente, e cercò il suo sguardo. Da parte sua, il Grifondoro mostrò così - tacitamente - l'intenzione di allontanarsi, anche solo di pochi passi, e non voleva farlo senza l'altra. Una parte di sé non poté fare a meno di pensare ad una cosa: nei momenti più vivi, il tempismo di Megan Haven restava impeccabile. Intimamente, Oliver sorrise. «Congratulazioni per la nomina, hai vinto un viaggio di sola andata non-si-sa-dove.» Borbottò tra i denti, una nota divertita. I complimenti erano più che veritieri, non aveva dimenticato.


statistiche / inventario
salute 315/315 corpo 285/285 mana 343/343 exp 59.5

incanti
I, II, III, IV Classe completa
V Classe » Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Patronus
VI Classe » Perstringo
Chiari » Stupeficium, Rituale Perfetto

abilità
Divinatore Esperto, Maridese, Materializzazione

inventario
bacchetta magica, galeone ES, spilla C.r.e.p.a., bracciale di damocle, libri di Divinazione, sfera di cristallo, rune sacre con gessetto, occhialini ghostbuster, macchina fotografica

in breve
L'arrivo di Megan è per Oliver un colpo al cuore, lo spavento è estremo e del tutto imprevisto; ha il tempo fugace di riconoscerla prima di trovarsi altrove. Non capisce se sia opera di Megan o meno, ma percepisce il pericolo e mostra di voler muoversi. Riprendendosi, è sorpreso - in positivo - della presenza della collega.

 
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