Don't forget to close the Door..., [Quest Fissa]

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view post Posted on 26/4/2020, 15:38
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Ocean eyes.

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La domanda si unì a quella di Oliver in perfetta sincronia ma nessuno dei due seppe dire altro, non fino a che lo scenario non cambiò sotto ai loro occhi.
Megan non ebbe modo di capire: un attimo prima era fra le deteriorate e anguste mura della Stamberga e ora i piedi affondavano tra la fanghiglia di un terreno irregolare. Mollò la presa delle dita ancora strette alla manica del ragazzo, per poi tenersi distante facendo due passi indietro. Pochi secondi e lo sguardo esaminò il terreno, i piedi si alzarono uno ad uno portandosi via strati di terra molle. «Ma cosa diavolo...» disse d’impulso, «credi davvero sia stata io? Piuttosto, forse è tua la colpa?!» ghignò, mentre fece uno scatto al suono indefinito che si propagò alla sua destra.
Gli occhi si persero in quello sfondo tetro e oscuro; nel cielo la luna sorrideva concendendo alla luce di penetrare appena. Dove erano finiti?
Era inutile trattenere l’istinto di una tensione che si faceva largo nelle viscere, il lento aumento dei battiti ad ogni angolo scrutato con attenzione, di cui poteva solo decifrarne le ombre. Non vedeva nulla se non una foresta frastagliata; non sentiva nulla se non il bubbolio di una civetta sopra alla sua testa e lo scricchiolare dei piedi sul terreno melmoso. Era nei guai e mai come in quel momento si pentì di aver seguito il Grifondoro.
«Oh, ti ringrazio. Credo che ricorderò per sempre queste congratulazioni, davvero originali! Ma, d’altronde, sembrerebbe che io debba sempre ricordare qualcosa con te, non trovi? Davvero buffo.» Sul bel faccino si dipinse un’espressione accigliata, che non fermò un mezzo sorriso di rimando.
«Cosa sono questi? Simboli runici, forse?» si chiese dirigendosi verso il tronco ove solchi profondi segnavano la corteccia; avrebbe teso la bacchetta ed evocato un semplice "Lumos" per osservarne meglio i dettagli. «Tutto questo non mi piace proprio. Cosa ci facevi nella Stamberga, Oliver? Ti ho seguito perché avevi un comportamento strano e mi ero preoccupata.» Era davvero una bella scusa la sua. La curiosità le aveva giocato un brutto scherzo e, probabilmente, avrebbe imparato a contare fino a dieci prima di prendere scelte stupide se si fosse presentata di nuovo un’occasione affine. Sperava fosse un dannato sogno, come quello che aveva avuto durante la notte di Halloween insieme ai suoi concasati, ma più si aggrappava a quel pensiero più le sfuggiva dalle mani. Non vestiva abiti differenti, non si sentiva diversa; era lei più viva che mai. L’ambiente, però, le ricordava proprio ciò che aveva vissuto più di un anno prima e se da una parte non sarebbe stata sorpresa di trovarsi davanti un qualche tipo di entità, dall’altra ne temeva il manifestarsi. Mentre lo stato d’ansia continuava a stringerla con più vigore fino a farle sentire a tratti il respiro mancare, Megan si sforzava a mantenere il controllo che ben presto sapeva sarebbe potuto sfuggirle.

▲ Attivo & Conoscenze

Bacchetta - Legno di Ciliegio, Lacrima di Veela,10 pollici, semi rigida
Tracolla in pelle nera
Amuleto Oscuro
Anello Difensivo(Medio sx)
Effetti: : protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. [Usabile 1 volta per Quest.]
▸ Anello + Zaffiro “Trillon” (Anulare dx)
1 Nanosticca
Effetto: permette di assumere dimensioni di 30 cm.
Filtro Sonno Leggero

––


Occlumante Apprendista
Essendo apprendista, il pg riuscirà a chiudere la mente solo a legilimens apprendisti. Nulla però potrà, nel caso si trovi di fronte a legilimens esperti. Non sempre riesce a combattere le proprie emozioni, che sono per lui il problema principale.

I, II, III Classe completa.
Eccetto: Orcolevitas e Fattoriam.

▼ Riassunto & Danni

Megan è frastornata dal cambiamento dell'ambiente; lo osserva ma ha difficoltà a capire dove si trova e spera sia un sogno, come quello già vissuto un anno prima nella Sala Comune. Si volta in direzione dell'albero intagliato, chiedendosi se siano Rune quelle che scorge lungo il tronco. Prova ad evocare un Lumos, cercando di capirne i dettagli e successivamente chiede a Oliver cosa stesse combinando nella Stamberga, giustificando la propria presenza.

––


Nessun Danno.


PS 209 ∆ PC 160 ∆ PM 167 ∆ EXP 21

 
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view post Posted on 4/5/2020, 09:14
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Il Fato

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L'occhio socchiuso della luna li osservava di tra i rami, bianco e vuoto in quella notte così estranea per i due malcapitati. Le loro voci si alternarono nello sferzare l'aria marcia e, come c'era da aspettarsi, avevano molte domande e poche risposte. Ma il suono delle parole di uno era familiare alle orecchie dell'altra e viceversa, e tanto sarebbe potuto bastare per offrire una parvenza di conforto. L'isolamento, tuttavia, era solo una debole illusione: l'intera natura corrotta di quel luogo era loro addosso, studiandone i movimenti, affollandosi intorno alle loro figure come sbarre contorte; il terreno stesso pareva volerli risucchiare nelle proprie viscere, attaccandosi alle scarpe con la sua consistenza molle e viscida.
Il Lumos di Megan gettò un fascio di luce sufficiente ad illuminare il tronco che era oggetto del suo interesse. Le tenebre, così smosse, parvero premere con maggiore insistenza contro quel lume di candela, malaccolto intruso in un'ora che lì conosceva solo la fosforescenza assente della luna. I due ragazzi avrebbero così potuto osservare con maggiore facilità i contorni che già avevano intuito: lo sfregio di rune incomprensibili, appena rassomiglianti a qualcosa di conosciuto. C'era qualcosa di sbagliato, in quelle linee: qualcosa che, più che indicare un linguaggio differente, sembrava una storpiatura maligna di ciò che avrebbe dovuto essere.
Lo sguardo di Megan venne presto attirato da un movimento ai suoi piedi, e questa volta non era solo la parvenza di vita malsana del suolo. Nell'avvicinarsi all'albero la studentessa aveva disturbato l'intreccio delle vecchie foglie marce, che ora si rivelarono la dimora di creature striscianti. Spire nere si contorcevano ad un passo dai suoi piedi, attorcigliate sul terreno e ad esso mimetizzate al punto che, nell'immobilità perfetta e col favore della notte, erano risultate pressoché invisibili. Dal corpo più largo del braccio della ragazza e apparentemente infinito, il serpente sollevò in quel momento la testa come a volerla fronteggiare, le pupille vigili nient'altro che due spilli d'oscurità. Era il momento di tensione che precedeva lo scatto, la pausa tra un battito di ciglia e un altro, greve e decisivo a dispetto della sua brevità.
Nello stesso istante – quasi che quella realtà rispondesse ad un copione di azioni ben coordinate –, le foglie ai piedi di Oliver presero a frusciare, un suono spezzato fatto di minuscoli raschi che invitavano a tendere l'orecchio, a trattenere il fiato per evitare qualsiasi rumore che potesse compromettere la vigilanza. Era un altro serpente, la cui lunghezza informe si perdeva sotto alla sporcizia del sottobosco; strisciava in un cerchio ancora incompleto intorno ai piedi del Grifondoro, di tanto in tanto il chiarore d'osso del satellite rubava bagliori sinistri alle sue scaglie. Oliver aveva ancora spazio per spostarsi, ma quel corpo gonfio e costretto al suolo marcio si avvicinava sempre più, sempre più si stringeva intorno all'intruso.
A quel punto fu impossibile non vederli: si erano destati da un'immobilità di morte e lentamente riprendevano il controllo delle loro stesse masse. Uno dietro l'altro i serpenti tornarono alla vita, il suolo ora brulicava del loro strisciare. Uno, due, tre, troppi perché l'occhio potesse contarli, perché potesse addirittura distinguere la coda dell'uno dal ventre dell'altro, attorcigliati come le budella stesse della terra. I fruscii si sommarono uno all'altro, arrivarono a ferire le orecchie con un rumore di carta vetrata mentre le ombre acquistavano nuovi occhi. Sotto ai tronchi avevano trovato una dimora d'invisibilità, il velo strappato delle foglie aveva contribuito a celarli quasi fossero fango. Ora rivendicavano il loro dominio come un'unica matassa ingarbugliata, gonfia di veleno.


Bene, iniziamo già a divertirci!
Megan, essendo il Lumos un incanto molto semplice sei riuscita ad evocarlo pur descrivendo l'esecuzione in pochissime parole (senza fare riferimento, ad esempio, alla pronuncia della formula). Come sapete le quest richiedono una certa attenzione a questi passaggi, quindi per le prossime volte un'esecuzione accurata sarà fondamentale sia per quel che riguarda incanti basilari come questo che, a maggior ragione, quelli più complessi.

Oliver
PS: 315/315
PC: 285/285
PM: 343/343
PE: 59.5

Megan
PS: 209/209
PC: 160/160
PM: 167/167
PE: 21

Prossima scadenza: 14 maggio, 23:59

 
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view post Posted on 5/5/2020, 11:40
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Oliver Brior • Caposcuola Grifondoro
Tutto si sarebbe aspettato fuorché essere pedinato. Più le parole di Megan scivolavano in successione, più sembrava difficile per Oliver tenere a bada un istinto ben più emotivo di quanto previsto; cominciava a sentire il peso dei mesi precedenti, la lontananza di tutti gli affetti che aveva creduto più vicini, e di pari modo percepiva la vergognosa reazione che Hogwarts - per intero, al completo - aveva mostrato nei suoi riguardi. Non era mai stato l'ultimo della fila, era un dato di fatto, e per anni aveva continuato a fare del suo meglio, e tanto ancora, per il Castello e i suoi abitanti. Al momento del bisogno, là dove il suo stesso Dono aveva preso il sopravvento, nessuno aveva saputo ricambiare anche solo in minima parte quell'operato, quella costanza, quell'impegno. Nessuno aveva avuto il coraggio di scrivergli, ancor prima di fargli visita in Infermeria - per mesi, aveva creduto di aver commesso un errore, di aver posto tutti gli altri in pericolo, e in quel modo il suo innato, profondo altruismo aveva oscurato una visione d'insieme ben più accurata. Non aveva pensato a se stesso, neanche una volta, e mai come in quell'incontro inaspettato si esprimeva un nervosismo senza precedenti. Un respiro lento, il petto in tumulto visibile, spostò così l'attenzione verso la Corvonero. Era stato lui, ad essere ricoverato d'urgenza; era stato lui, ad essere costretto per così lungo andare in un letto d'ospedale - e se chiudeva gli occhi, perfino quel giorno, riusciva a vivere il contatto della sua pelle con le lenzuola più ruvide dell'Infermeria; era stato lui, ad essere vinto da una solitudine che non aveva paragone, per nessuno. Emarginato, come un reietto della stessa società a cui aveva dato e continuava a dare così tanto; come l'ultimo dei naufraghi, il Dimenticato. Strinse i denti e quando aprì bocca, parlò con un sottilissimo filo di voce. «Di preciso.» Parve un sussurro, così carico di tensione da poter fendere l'aria intorno. «Cosa hai mai dovuto ricordare.» Sollevò appena lo sguardo, l'espressione di un attimo prima travolta dalla rabbia. Non era certo di aver colto il senso delle parole dell'altra, e tra tutte era stata una frase ad insinuarsi in Oliver come il peggiore tra i tarli. Sembrerebbe che io debba sempre ricordare qualcosa con te. Non aveva indugiato più del dovuto sul valore né sul riferimento del messaggio, e forse non avrebbe neanche voluto saperlo. Non riusciva a capire, avrebbe dovuto ammetterlo: non una sola volta aveva preteso qualcosa da Megan M. Haven, e tutto quello che era successo tra di loro al Ballo Estivo era stato di certo involontario. Mai avrebbe creduto, Oliver, di ritrovarsi invischiato in un'accusa tanto velata. Il che riportava al resto della conversazione.
«Il mio comportamento non è affar tuo, così come non è affar tuo dove dannazione io voglia andare.» Aveva ignorato ogni altro segnale di pericolo circostante, in parte perché distratto e in parte perché scosso. I simboli runici, il fruscìo indistinto delle foglie, perfino il luogo raggiunto, tutto passava in secondo piano - per pochi attimi - al ricordo di quanto trascorso l'Estate precedente, e al peso che tuttora quell'evento si trascinava nel petto del Caposcuola Grifondoro. Aveva creduto di aver superato tutto: perfino gli incontri con i suoi concasati, le passeggiate al Villaggio di Hogsmeade, i pomeriggi di scambio appunti in Biblioteca, tutto quello aveva dato prova apparente di un passo avanti, in definitiva. Non era così. Il dolore, la delusione, così tanta rabbia, restava tutto sepolto. Lentamente, Oliver si volse di nuovo verso gli alberi intravisti, e provò a mettere a fuoco con il favore del bagliore della Studentessa accanto. Non aveva finito, non poteva. Accusarlo, di qualsiasi cosa, appariva come fuorviante. Si accorse in ritardo dei serpenti, i riflessi compromessi dallo stato psichico alterato; quando tentò di fare un passo indietro, percepì il sottosuolo vibrare di un'energia sempre più insistente. Cercò di sondarne i confini, di capire quali e quante creature potessero esserci, e quando i suoni sferzarono ogni attenzione, la presa sulla bacchetta magica si dimostrò essere il suo unico punto d'aggancio.
«Siamo circondati.» Non ne era sicuro, ma nell'istinto del momento non riuscì ad approfondire. «E non è colpa mia Non riuscì a capire perché, ma la precisazione si realizzò per lui come necessaria. Non c'entrava nulla, era vero, e neanche lui sapeva dove fossero finiti. Non vedeva neanche più il Platano Picchiatore, e tutto era fuori dall'ordinario. Il moto più concentrico, lì ai piedi, spinse il suo sguardo sul terriccio. C'era qualcosa, ed era in tutto simile ad un serpente.
*La mia condanna* Non si trattenne da quel pensiero, al ricordo di uno e più rettile come ostacoli veri e propri, nel corso delle sue esperienze. Avrebbe potuto trasfigurarli, ma non c'era tempo, e l'istinto suggeriva di correre via il prima possibile. Reagì di impulso, e la mente tentò di attingere ad una e più immagini di stasi assoluta: come un'onda, ad immobilizzare l'una e l'altra presenza; come la roccia granitica più compatta, come una statua spezzata in ogni tentativo più dinamico. Il braccio dominante - il destro - si distese, perpendicolare al corpo, e la bacchetta si rivolse in quel modo verso il serpente più grande: in basso, il primo ostacolo, e da lì avrebbe tentato di estendere il movimento e l'effetto più avanti, per inglobare più corpi insieme. «Immòbilus» La pronuncia, a quel punto, avrebbe rappresentato la chiave di svolta: l'accento sulla -o, il pensiero di un imponente, asfissiante velo pronto a calare dall'alto.



statistiche / inventario
salute 315/315 corpo 285/285 mana 343/343 exp 59.5

incanti
I, II, III, IV Classe completa
V Classe » Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Patronus
VI Classe » Perstringo
Chiari » Stupeficium, Rituale Perfetto

abilità
Divinatore Esperto, Maridese, Materializzazione

inventario
bacchetta magica, galeone ES, spilla C.r.e.p.a., bracciale di damocle, libri di Divinazione, sfera di cristallo, rune sacre con gessetto, occhialini ghostbuster, macchina fotografica

in breve
Il rancore dell'ultimo periodo, che Oliver riteneva ormai superato, torna a travolgerlo alle parole di Megan. La rabbia è la reazione immediata, l'idea di essere accusato di qualsiasi cosa diventa asfissiante; si accorge del pericolo dei serpenti e tenta di immobilizzarne di più con l'incanto associato, a partire da quello ai suoi piedi. L'intento è di guadagnare tempo per andare via.

 
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view post Posted on 14/5/2020, 19:12
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Aveva voltato le spalle al Grifondoro come se le parole di quest’ultimo non avessero alcuna importanza. Megan se le era fatte scivolare addosso, acqua fresca sulla pelle, senza percepirne la benché minima freddezza, il tono irritato. Non le importava di quello che Oliver pensava di lei, così come la maggior parte degli studenti della scuola, o le persone con cui aveva un contatto. Era vero, non era affatto un suo problema capire cosa volesse fare il Caposcuola nella Stamberga ma lei non riusciva a sentire il benché minimo rimorso per la scelta fatta. Eppure, ora si trovava altrove e la paura aveva iniziato il suo percorso preciso, intorpidendole le gambe, lasciando fremere il corpo ad ogni rumore e lei si sentiva viva, eccitata dal fatto di toccare i fili tesi e di farli vibrare come corde di violino.
Il fango si mescolava sotto i piedi della studentessa. Macchiava le scarpe e qualche schizzo di terra maleodorante le aveva colpito le caviglie, allo schiacciare delle foglie lungo il breve cammino. Le pupille si strinsero al bagliore evocato, per poi spingersi a mettere a fuoco i simboli sconosciuti sulla corteccia. Lo sguardo enigmatico provava a studiarne meglio le linee spezzate, senza abbandonare il pensiero che fossero delle rune. Era un linguaggio sconosciuto, probabilmente qualcosa che avrebbe suggerito loro cosa fosse quel posto. La concentrazione durò poco più di una manciata di secondi, fino a che il frusciare sotto i piedi non produsse nelle orecchie di Megan un campanello di allarme. Gli occhi si abbassarono ma il volto rimase impassibile, un leggero spostamento per capire meglio e confermare quanto aveva in pochi istanti pensato: Serpenti.
Aveva avuto una sola esperienza con un esemplare di colubro; era piccola ma ricordava perfettamente come era avvenuto. Giocava nel giardino di casa e un brusio aveva attirato la sua attenzione. Avvicinandosi nei pressi del suono udito riuscì a scorgere il rettile, al quale si avvicinò senza alcuna paura. Come in quegli istanti, anche allora il serpente l’aveva fissata, s’era eretto fronte alla piccina e aveva sibilato qualcosa. Parole che Megan aveva dimenticato ma alle quali era sicura di aver risposto, prima che Carl si accorgesse di ciò che stava accadendo e la portasse via.
«Siamo circondati.» disse Oliver alle sue spalle.
La Corvonero non potè fare altro che prendere visione della situazione ma non proferì alcuna sillaba. Guardava il rettile dritto davanti a lei, la bacchetta stretta fra le dita, il respiro calmo a dispetto del cuore che pompava agitato. Doveva rimanere ferma era l’unico modo per non finire morsa, o almeno così ricordava che le era stato detto da suo padre.

«Meg, poteva ucciderti» un abbraccio forte che poté sentire anche a distanza di anni. «Se dovesse succedere di nuovo, non devi mai avvicinarti e se lo fa lui rimani ferma!»

L’unica cosa che fece in quel momento la studentessa fu schiudere le labbra, prendendo ancora più aria e sperando che ciò che avrebbe fatto non le portasse guai.
«Nox!» disse decisa, un sussurro; sperava che il buio calmasse le acque. Scappare era certamente la soluzione peggiore a suo parere; se era circondata nulla l’avrebbe risparmiata da una percentuale più alta di un morso. Era matematicamente possibile ma non poteva certo mettere la mano sul fuoco. Così aveva agito seguendo quella linea, sarebbe rimasta immobile pregando che i denti affilati non affondassero nella propria carne.

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▼ Riassunto & Danni

Megan non risponde alla reazione di Oliver, si fa scivolare le parole addosso senza darle importanza. Al bagliore evocato, scruta con più attenzione i simboli sulla corteccia e rimane convinta che siano simili a rune. Si interroga sul fatto che questi segni possano dare delle informazioni riguardo il posto, o semplicemente fornire delle indicazioni. Nel momento in cui si accorge del frusciare sotto i suoi piedi, Megan abbassa lo sguardo e memore delle parole del padre rimane ferma spegnendo la luce.
Master consentendo.

––


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Il Fato

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Fu impossibile ignorare il pericolo improvviso, tanto Megan quanto Oliver si videro costretti a mettere da parte i propri disguidi, così da affrontare la minaccia di un veleno molto più concreto. Agirono quasi in contemporanea, ciascuno fu rapido a valutare quale fosse la migliore tra le possibilità a propria disposizione.
Oliver era colui che, per il momento, aveva maggiore libertà di azione. L'avversione che provava nei confronti di quei rettili avrebbe potuto rallentarlo, sottraendogli secondi preziosi, ma riuscì ad agire con determinazione. L'incanto che scagliò riuscì nel suo intento: l'obiettivo ai suoi piedi venne immediatamente bloccato, le spire cessarono d'un tratto di chiudersi intorno a lui, cristallizzate. Allo stesso modo anche altri serpenti vennero toccati dalla magia, così che giacquero come nere radici contorte, a disegnare intrecci indecifrabili sul terreno che circondava il ragazzo. Aveva ora uno spazio di manovra di circa un metro di fronte a sé e ai lati, la distanza che lo separava da Megan era sicura.
Nel frattempo, la ragazza aveva lasciato che le tenebre calassero ancora una volta. Il serpente divenne un nastro appena distinguibile nell'oscurità, prima che la vista si riabituasse e riuscisse a scorgere più dettagli. Anche così, Megan poteva chiaramente percepire la presenza del rettile, che a sua volta sembrava intento a studiarla. Ci fu, allora, un momento in cui la tensione si allentò appena, la prospettiva dei denti carichi di veleno sbiadita di fronte ad una calma indefinibile. Ma non appena l'Immobilus di Oliver andò a segno, quell'esemplare, rimasto intoccato, scattò senza alcun preavviso. Non vi fu tempo per fermarlo, e un leggero bruciore si accese all'altezza della caviglia sinistra. Le fauci spalancate, i denti aguzzi incredibilmente chiari in mezzo al nero, la creatura venne scagliata all'indietro con un sibilo furioso. Contemporaneamente, un fremito appena percettibile da parte dell'anello difensivo fu indice dell'azione protettiva che aveva appena svolto. Un unico, sottile rivolo di rosso scendeva lentamente lungo la pelle della Corvonero là dove il serpente l'aveva sfiorata prima di essere respinto. Un fruscio sempre più debole segnalò l'allontanarsi della bestia, che presto si perse nel bosco.
Un urlo inarticolato squarciò allora l'aria immobile, tagliandola con la violenza del terrore più urgente. Acuto come uno spillo, poteva appartenere ad un bambino. Proveniva dalla loro destra ma, se ne avessero cercato la fonte, lo sguardo si sarebbe presto perso tra i tronchi scheletrici. Una rapida considerazione avrebbe potuto indurli a seguirlo o ad allontanarsene, ma i movimenti sarebbero stati, ancora una volta, ostacolati. I serpenti che non erano stati toccati dall'incanto di Oliver presero d'un tratto a contorcersi con violenza inaudita, caricando il sottobosco di un raschiare costante e frenetico. Qualcuno si allontanò fino a scomparire alla vista, ma rimasero molte teste che, appena distinguibili, muovevano in ogni direzione, ora da una parte ora dall'altra. La loro agitazione non aveva più al suo centro i due intrusi, da cui anzi si tenevano alla larga, ma pareva puro caos. Erano un nugolo impazzito, ma ora che il loro numero era diminuito sarebbe stato più semplice farsi strada, in qualche modo.



Vi siete mossi entrambi bene, però c'è ancora qualche imprevisto.
Megan, grazie all'anello difensivo il serpente non è riuscito a morderti, ti ha provocato una ferita che è poco più di un graffio. Il dolore è leggero e momentaneo.
L'effetto dell'Immobilus lanciato da Oliver durerà un turno.


Oliver
PS: 315/315
PC: 285/285
PM: 343/343
PE: 59.5

Megan
PS: 208/209
PC: 160/160
PM: 167/167
PE: 21

Prossima scadenza: 11 giugno, 23:59

 
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view post Posted on 6/6/2020, 12:07
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Oliver Brior • Caposcuola Grifondoro
Avrebbe voluto sparire nell'immediato, arrivare altrove in una frazione di secondo, e a quel punto dimenticare il nugolo di serpenti, il sottosuolo, quel luogo in generale e tutto quello che aveva già incontrato. Avrebbe voluto dimenticare le dicerie dei suoi concasati, i racconti spettrali al chiarore delle fiamme del camino, e se solo avesse potuto avere Penny di fronte in quel momento, avrebbe saputo precisamente quale sortilegio relegargli al corpo. Avrebbe voluto scattare come una serpe, mordere a sua volta, ferire, ferire fin nel profondo. La rabbia continuò a travolgerlo, arrivò a pungere là dove il cuore non aveva mai smesso di cedere: più si insinuava quel risveglio, più sentiva di esserne ormai compromesso fin nel profondo. Aveva creduto fino a quel mattino di aver superato ogni rancore, aveva immaginato di essersi finalmente distaccato - a distanza di mesi, ormai quasi di un anno -, ma non era così. Forse, si disse, era quella la condanna dell'apatia: la consapevolezza di lasciarsi andare, di accogliere ogni turbamento, e in quel modo di renderlo semplicemente, superficialmente parte di sé. Forse, si ripeté, non l'avrebbe mai superato. Come uno di quei serpenti lì nel bosco misterioso, anche quello che provava lui - il Veggente, il Chiromante, il Dannato - attendeva soltanto il punto propizio, e con pazienza disarmante celava la sua più velenosa ostilità fino alla fine. Non si sarebbe mai liberato, immaginò a quel punto: perché le parole di Megan avevano colpito per davvero, centro esatto di ogni altra riflessione, e avevano saputo ferire più del previsto. Non era stata neanche così diretta, ma i sottintesi, quelli erano per Oliver visibili in ogni discorso, almeno all'apparenza. Si chiese, in effetti, se fosse ormai del tutto condizionato da quanto subito la scorsa Estate; ogni conversazione, dalla più tranquilla alla più seriosa, trovava in lui il confronto con la propria esperienza, e poneva in quel modo una serie di dubbi: cosa stessero pensando gli altri, perché lo stessero facendo, quanto volessero comunicare per davvero. Il confine tra il detto e il non detto, quello era il suo timore più grande. L'idea di arrivare là dove non avrebbe dovuto, la percezione di credere in qualcosa di per sé inesistente. Pensare come gli altri, in quel senso, e anche di più. Cercò di modulare il respiro al battito pressante del suo cuore, e per un attimo fu tentato di dare voce all'acredine più vibrante, la stessa che sentiva già sottopelle. Sarebbe stato così semplice sfogare la propria frustrazione, sarebbe stato semplice plasmarla in magia, e poi stregoneria oscura. Attingere alla sofferenza era quanto di più pericoloso potesse esserci, e a fior di labbra - lì di fronte il covo di serpenti - la stilla venefica del buon, galante Caposcuola cominciava a destreggiarsi con una nuova libertà. Avrebbe voluto bruciare tutto, dal primo all'ultimo degli elementi, e l'incendio sarebbe stato incanto ardente fino ai suoi occhi; una scintilla dalla punta della bacchetta magica, e via alla condanna peggiore. Represse l'istinto più incomprensibile, e comprese di essere oltre, ben oltre il suo carattere più veritiero. Cosa gli stava succedendo, quella non era più una domanda. La risposta aveva il sentore della rivelazione, e c'era troppo per rinnegare di essere gravemente, intimamente ferito. Era tutto lì, nei trascorsi peccaminosi, nel suo dolore più maturo; rabbrividì, affidandosi all'Abete come ultima àncora di salvataggio, e quando il fruscìo si fermò dapprima e poi riprese di lì a breve con più insistenza, gli fu chiaro di dover sbrigarsi ad andare via. Il grido disarmante che sentì lì nelle vicinanze si stagliò come un'eco estrema, anche per gli attimi seguenti alla sua conclusione. Poteva esserci qualcun altro, forse. Poteva esserci un altro studente, uno come loro, con la stessa folle e curiosa idea di partire alla scoperta. Non riuscì a voltarsi verso Megan, i serpenti avrebbero potuto circondarli in pochissimo tempo. Serviva un percorso più libero, un sentiero che avrebbe permesso uno scatto in avanti, e decisivo. Pensò ad una voragine, lì nel terreno apparentemente naturale. Una buca vera e propria, la leggera scossa ad attirare all'interno i presenti, tutte le Creature, fino ad inglobarle con pietra, detriti, e foglie lì nei dintorni: non era certo che potesse scivolarvi l'intero nugolo di serpenti all'interno, con ogni probabilità sarebbe stata una speranza estrema, ma il suo obiettivo riguardava una strategia immediata. Bastava liberare anche solo di poco lo spazio di fronte, e a quel punto lo scatto del proprio corpo in corsa avrebbe fatto la differenza. Rapidità, era quella la chiave di svolta, e scartò in quel modo l'idea di attingere all'Incantesimo di Scavo per eccellenza: il Defodio, per quanto utile, sarebbe stato più lento nell'attivazione. Ruotò quindi il polso in senso orario per due volte, trascinando la bacchetta magica nello stesso movimento - stretta com'era tra le dita della mano destra, scattò infine come una frusta, puntando verso il fazzoletto di terriccio appena di lato, sulla propria sinistra. Immaginò una fossa di medie dimensioni, esattamente di fianco al punto in cui si trovava, così da creare un abisso improvviso ad attirare le spire delle serpi, l'una dopo l'altra, tutte insieme. «*Foramen*» La formula magica collimò tra pensieri e intenzioni, nell'accezione non verbale e con quel suono tangibile di una -a più aperta, più estesa. Se fosse riuscito a realizzare il divario, lì accanto, allora avrebbe pregato che molti tra i serpenti vi finissero dentro, sulla scia della fossa imprevista e della gravità che ne sarebbe conseguita. Tutto quello che occorreva era altra confusione, a discapito delle creature del sottosuolo: la strada più libera avrebbe potuto favorire il loro avanzarsi. Appena all'indietro, avrebbe così cercato la figura della collega Corvonero. Un rapido cenno del capo, infine il braccio destro sollevato e rivolto avanti, ad indicare di voler procedere. A dispetto della notte, il suo profilo avrebbe potuto fare da tramite, e il suo invito a correre via non sarebbe passato inosservato. Di lì in poi scattare oltre sarebbe stata una necessità fino a cercare l'origine della voce in grido.


statistiche / inventario
salute 315/315 corpo 285/285 mana 343/343 exp 59.5

incanti
I, II, III, IV Classe completa
V Classe » Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Patronus
VI Classe » Perstringo
Chiari » Stupeficium, Rituale Perfetto

abilità
Divinatore Esperto, Maridese, Materializzazione

inventario
bacchetta magica, galeone ES, spilla C.r.e.p.a., bracciale di damocle, libri di Divinazione, sfera di cristallo, rune sacre con gessetto, occhialini ghostbuster, macchina fotografica

in breve
Le riflessioni personali di Oliver rivelano una parte del suo carattere mai posta così vivamente in conto, e ne è scosso. All'ascolto del grido, pensa ci possa essere qualcun altro lì con loro, e cresce la necessità di allontanarsi dai serpenti. Sfrutta una strategia immediata, la sua intenzione è di creare una fossa di lato, per far scivolare i serpenti più vicini e liberare il passaggio. In silenzio, per evitare di essere percepito dalla creature, si volge infine verso Megan per comunicare di voler procedere.

 
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view post Posted on 12/6/2020, 16:38
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Le tenebre inghiottirono quel breve sprazzo di luce, Megan lasciava cadere il buio su di sé. La formula, sussurrata, aveva dato esito positivo: il serpente pareva essersi calmato, ne avvertiva la presenza per poi osservarne l’ombra nell’oscurità.
Fu un attimo a far crollare tutto, l’incanto di Oliver alle proprie spalle indusse il rettile ad attaccare. Un bruciore improvviso — due aghi iniettati sulla pelle rigida — divampò nella caviglia sinistra. Il tempo di rendersi conto dell’accaduto e un vibrare improvviso si espanse lungo il dito medio sinistro, contemporaneamente a un sibilo furioso della creatura dopo un invisibile spinta. L’anello difensivo l’aveva protetta.
Quando il serpente sparì del tutto, Megan si voltò in cerca di Oliver. Le iridi si persero nel buio e la tensione la invase; nello stesso momento il grido di un bambino squarciò l’aria e un fremito di paura le penetrò le viscere. Riconosceva in quel posto alcune parti dei suoi incubi peggiori: l’oscurità grande protagonista.
Si morse le labbra nervosa, le mani si strinsero in due pugni ben saldi fino a che lo sguardo non incontrò il Grifondoro. La scena che trovò al proprio cospetto vedeva nugoli di serpenti frusciare e contorcere con violenza, non erano più lei e il ragazzo ad essere centro d’interesse. Gli occhi blu penetrarono l’oscurità di quel luogo, ove alberi rinsecchiti ne abitavano la terra. Il volto era rivolto in direzione del grido che aveva udito e seppe di dover decidere. Spingersi verso un pericolo scoprendo quanto avrebbe resistito, quanto sarebbe stata in grado di andare avanti, era rischioso e tremendamente stupido. Le domande iniziavano ad alimentare il proprio stato d’animo, ciò che sentiva per quanto la terrorizzasse in parte, le piaceva. Così, se l’ansia s’era fatta avanti ancora con più veemenza, la paura la spinse ad avanzare nell’oscurità invece di farla retrocedere.
Adrenalina.
Il lieve bruciore sulla caviglia, visibilmente macchiata da un rivolo di sangue, sembrò quasi sparire; lo sentiva solo quando il movimento del piede avanzava facendo pressione sulle dita: la pelle si distendeva e il fastidio circoscriveva la ferita.
* Dopo essere avanzata di qualche passo verso Oliver, Megan si fermò: poco meno di un metro la distanza che li separava, che la vedeva in linea diagonale più indietro. Sebbene le spire non manifestassero su di loro alcun interesse, il terrore che potessero in qualche modo ritrovarsele ancora contro era chiaro. Dunque, s’era mossa con lentezza, facendo più attenzione a dove lasciava le proprie impronte lungo il terreno fangoso.
Prima ancora che potesse decidere cosa fare, venne colta dalla tempestività del ragazzo che silente sapeva già, o almeno così credeva, come affrontare la situazione. La bacchetta puntata su un pezzo di terreno e la decisione di formare una buca che avrebbe presto accolto alcune di quelle creature liberando di più la strada. Se l’intenzione fosse andata a segno avrebbe poi seguito l’invito di Oliver ad avanzare senza esitazione; entrambi parevano volere la stessa cosa: seguire la voce che li aveva allarmati.
«Troviamo un modo per uscire da qui!» avrebbe detto affiancandolo, per poi proseguire verso l'ignoto.
▲ Attivo & Conoscenze

Bacchetta - Legno di Ciliegio, Lacrima di Veela,10 pollici, semi rigida
Tracolla in pelle nera
Amuleto Oscuro
Anello Difensivo(Medio sx)
Effetti: : protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. [Usabile 1 volta per Quest.]
▸ Anello + Zaffiro “Trillon” (Anulare dx)
1 Nanosticca
Effetto: permette di assumere dimensioni di 30 cm.
Filtro Sonno Leggero

––


Occlumante Apprendista
Essendo apprendista, il pg riuscirà a chiudere la mente solo a legilimens apprendisti. Nulla però potrà, nel caso si trovi di fronte a legilimens esperti. Non sempre riesce a combattere le proprie emozioni, che sono per lui il problema principale.

I, II, III Classe completa.
Eccetto: Orcolevitas e Fattoriam.

▼ Riassunto & Danni

Il "Nox" evocato lascia cadere le tenebre su Megan e il serpente retrocede. Cerca di gestire il momento che, seppur calmo a primo impatto, la vede ancora in pericolo di fronte alla creatura. L'incanto di Oliver, però, manda tutto all'aria e a seguito di un morso certo, smorzato dal potere dell'anello difensivo, la Corvonero torna a guardare il ragazzo. Il grido udito, che irrompe in quello scenario, getta un certo allarmismo nel suo animo ma la paura e la tensione generano in lei la voglia di andare ancora più affondo in quella situazione. Se l'incanto del Grifondoro andrà a segno, Megan seguirà le sue stesse intenzioni: trovare la fonte di quella voce che pareva provenire da un bambino.
* Le azioni a seguire sono considerate ipotetiche, nel caso in cui il Master consenta quanto fatto da Oliver.

––


Lieve morso di serpente caviglia sinistra.


PS 208/209 ∆ PC 160/160 ∆ PM 167/167 ∆ EXP 21

 
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In quell'ambiente inaspettato, altrettanto sorprendenti erano le dinamiche che andavano delineandosi nell'animo dei due ragazzi. I non detti ribollivano appena sotto alla superficie, ma per il momento avrebbero continuato a scavare nel silenzio di un'azione immediata, quale era richiesta dal pericolo. Uno scosso da pensieri mai esplorati in precedenza, l'altra animata dallo scorrere dell'adrenalina, Oliver e Megan sembrarono accordarsi su un unico punto: era necessario muoversi in una determinata direzione, seguendo un orrore a loro ancora estraneo. Al fine di liberare la strada, il Grifondoro raccolse ancora una volta la propria concentrazione. Il terreno obbedì alle intenzioni della magia, ne venne come spazzato lontano: molle com'era, si piegò in una depressione improvvisa che inghiottì al suo interno le foglie morte, i rami spezzati, le masse striscianti dei serpenti più vicini. Nel loro contorcersi incontrollato non seppero allontanarsi dalla trappola improvvisa, scomparendo così alla vista dei due ragazzi all'interno di un pozzo in cui la luce esitava ad inabissarsi. Sarebbe stato difficile valutarne la profondità, se pure avessero lanciato uno sguardo alla loro sinistra mentre si spostavano: la fossa nascondeva il proprio ventre velenoso e lì sarebbe rimasta, celata dalle tenebre, come l'ennesimo predatore che, però, non sarebbe riuscito ad intaccare i due studenti.
La loro avanzata proseguì su un terreno sgombro, qualche ultima coda strisciò ancor più lontano dai passi che li portavano verso l'origine del grido. Non fecero in tempo a spostarsi di molto, che il sipario dei tronchi scheletrici lasciò sbucare un'unica figura: secca, avvolta in un bianco quasi abbagliante, venne loro incontro a gran velocità. Per un momento parve fluttuare, tanto erano silenziosi i suoi passi; ma l'illusione si ruppe presto, svelando quella che era una bambina che per poco non travolse Oliver. Si bloccò di colpo e sollevò verso di loro una frazione di volto incorniciato dal groviglio nero dei capelli: una traccia scura di fango a deturparle la guancia, il baluginio di un occhio terrorizzato furono i primi dettagli del viso infantile. Dischiuse la bocca minuscola, e dalla sua espressione si sarebbe detto che l'avrebbe abbandonata un nuovo grido; ma nessun suono venne, mentre il labbro inferiore tremava al pari delle spalle, dell'intera figura ossuta. Le piccole mani si strinsero con maggiore urgenza a ciò che premevano contro il petto, le dita che affondavano nel pelo slavato di una lepre immobile.
Un ramo che si spezzò alle spalle della bambina attirò l'attenzione sul rumore di altri passi che, veloci, grattavano il sottobosco. Chiunque o qualunque cosa fosse, era ora incredibilmente vicino e, quando la piccola si voltò indietro, apparve una seconda figura. Alta, avvolta in una veste scura da cui spuntavano i pallidi fantasmi delle mani e del volto, la ragazza esitò di fronte agli estranei. Era giovane, doveva avere pressapoco la loro stessa età, ma l'espressione sconvolta le contorceva i lineamenti tanto da farli apparire scavati nella luce incerta della luna. Un lampo guizzò negli occhi stretti mentre fissava ora Oliver, ora Megan. Con uno scatto fulmineo allungò una mano sopra alla spalla della bambina, tirandola verso di sé senza che quella facesse resistenza. «Voi chi siete?» sibilò la ragazza. Poi, quasi che un ripensamento l'avesse convinta che il pericolo più immediato era un altro, soggiunse: «Dobbiamo andare via, il bosco è pericoloso di notte. Le creature...» La voce le si spezzò prima che concludesse la frase, ma i due studenti non avrebbero avuto difficoltà a completarne da sé il significato ‒ o parte di esso.



Oliver
PS: 315/315
PC: 285/285
PM: 343/343
PE: 59.5

Megan
PS: 208/209
PC: 160/160
PM: 167/167
PE: 21

Prossima scadenza: 11 luglio, 23:59

 
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Oliver Brior • Caposcuola Grifondoro
Il sibilo delle serpi in costrizione, il peso di un assalto che spingeva al mancato equilibrio, perfino il suono del grembo materno che mutava in voragine, tutto quello - ne era certo - avrebbe rappresentato una litania a cullare i suoi incubi futuri. C'era qualcosa, in quel luogo, che metteva in allerta l'intera sfera sensoriale: il cuore batteva con maggiore insistenza, sulla pelle si insinuava un brivido imprevisto, e la mente macinava supposizioni che sfumavano in esiti spregevoli, in macchinazioni violente, nella perfidia di una fantasia oscura. Avrebbe voluto fermarsi, per davvero, e trarre in quel modo un respiro di sollievo. Avevano superato il primo pericolo, il groviglio di rettili, e a dispetto di ogni pronostico la sola consapevolezza di non esserne stati fagocitati aveva un gusto di rinascita. Perché l'aveva immaginato, non avrebbe potuto negarlo. Aveva immaginato di esserne vittima, di esserne colpito, di arrivare ad esserne sovrastato prima del tempo. Il timore si esprimeva nell'accezione più inattesa, e Oliver lo comprendeva razionalmente. Non aveva avuto paura di essere morso dai serpenti, l'esito del veleno nel suo sangue era stato appena passeggero nel rischio in crescita; quello che aveva saputo condizionarlo era altro, quasi una sensazione primordiale: il fremito di una sepoltura che non avrebbe potuto combattere, l'idea tangibile di esserne prigioniero. Quando il terriccio era stato smosso al volere del suo sortilegio, Oliver avrebbe dovuto gioirne: la buca riusciva nel suo intento, si mostrava come ostacolo d'incastro per le creature del sottosuolo; potevano procedere, lui e Megan, verso una strada ben più libera. A dispetto di dove potessero trovarsi all'effettivo, quello era un traguardo che compiva già la differenza. Non era stato così, però. Non aveva provato riscatto, non come avrebbe dovuto. Il tremito sotto i suoi piedi l'aveva spinto oltre, di certo a diversi passi avanti, mentre i pensieri si erano come cristallizzati: rivedeva la stasi perfetta del suo corpo, mesi addietro, e come quel velo scuro si palesasse ad un tratto al pari di un lenzuolo di un letto d'infermeria. I serpenti strisciavano in modo indomito, confusionario, gli uni apparentemente sugli altri - subivano la magia, e forse la stessa non avrebbe retto a lungo. Doveva avanzare, Oliver lo sapeva. Doveva andare via. Il panico di cadervi dentro si mischiò ad un ricordo mai sopito, alla voragine di un pozzo buio, così profondo, e al cadavere che aveva contenuto a malincuore. «Troviamo un modo per uscire da qui!»
Soltanto la voce di Megan riuscì a riportarlo al presente, e Oliver percepì uno strappo estremo, di scatto. Era lì, lo era davvero. Non era altrove, e nella banalità di quella riflessione, ritrovò finalmente lucidità. Cominciò a correre, velocemente, e guidò il respiro ad un controllo mirato, più tranquillo. Sentiva ancora il brivido di un trascorso che non avrebbe potuto dimenticare, e più acquisiva equilibrio anche di ragione, più si accorgeva di aver desiderato - almeno per un attimo - di scendere per davvero nel cunicolo creatosi nella terra. Di capitombolare a sua volta, di lasciarsi andare. Ne aveva avuto paura, tremendamente, forse più del previsto. Tutto sommato, ne aveva assaporato l'intenzione - quella di scivolarvi, e non considerarne prosieguo alcuno. Quando la distanza tra serpenti, fossa e ultime, sporadiche riflessioni parve concretizzarsi al meglio, Oliver poté sentire il cuore in gola. Un brivido lungo la schiena anticipò la percezione di un pericolo, e non gli fu chiaro se si trattasse del bosco in sé, dell'avventura in corso, o di qualcosa di ben più imminente. Per la prima volta viveva un paradosso: la speranza di saperne di più, e quella di non vedere altro. Alla comparsa della prima figura, così fulminea, il corpo reagì prima della mente: indietreggiò di istinto, mentre il braccio dominante si sollevava ad eventuale protezione. Strinse il legno della bacchetta magica tra le dita e sentì sfumare un'offensiva a fior di labbra, morente sul nascere. La bambina, infatti, si fermò appena in tempo e tutto in lei gli parve fuori posto, in disgrazia. Non percepì assalto, la preoccupazione si tinse di tristezza, di curiosità, infine di possibilità - forse, si disse, lei si era dispersa come loro; forse, ripeté, avrebbero potuto trovare una via d'uscita insieme. O forse, concluse, la figura era un'abitante del bosco. Per qualche folle ragione, continuò a coltivare la sensazione di essere di fronte un fantasma, ma l'altra sembrava abbastanza tangibile - in carne ed ossa, a dispetto dello stato d'insieme - da non ammettere troppe certezze al riguardo. Aprì bocca per porre una domanda, la prima, quando lo sguardo scivolò tra le braccia della piccola. Non gli fu necessario socchiudere gli occhi, mettere a fuoco. Non gli fu necessario neanche interrogare la bambina circa cosa stesse stringendo. Non gli fu necessario indugiare sulla creatura in grembo, perché l'aveva riconosciuta. Una parte di sé, la sentiva, ripristinò il desiderio di cadere nella fossa. Con i serpenti, nella caotica carezza di quel limbo. Ovunque, purché lontano dalla lepre immobile.

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«La chiamerò Linsen.»
Non avrebbe saputo spiegare perché, ma tra tutti i nomi possibili, quello gli sembrava il più bizzarro che avesse mai ascoltato in vita sua. L'espressione buffa sul proprio volto riuscì probabilmente ad esternare quello che a voce non avrebbe avuto il coraggio di dire - non con lui, non con Loras. Il privilegio di essere stato scelto come compagno di giochi superava di gran lunga ogni altra cosa, e perfino una sciocchezza come quella - un commento, appena un parere - diventava per Oliver un vero e proprio rischio. Non ne valeva la pena, non se il prezzo da pagare sarebbe stato perdere l'amicizia di Loras. Perché per la prima volta sentiva di essere al posto giusto, con la persona giusta. Viveva quello che tutti i suoi coetanei avevano sempre vissuto: una serie di incontri pomeridiani, all'insegna del puro divertimento. Acchiappa lo gnomo, scova il lepricano, il lancio delle giunchiglie strombazzanti alle finestre del vicino, quei giochi non erano mai stati anche per lui. Non ne aveva avuto mai occasione, e quando v'era stata, non aveva avuto nessuno con cui sperimentare, con cui trascorrere del tempo. Da quando la nuova famiglia si era trasferita nella villetta a pochi vialetti dalla loro, Oliver aveva sperato giorno e notte di trovare qualcuno, di trovare finalmente un amico. Loras, l'unico figlio dei vicini, aveva rappresentato per lui il desiderio esaudito, il migliore per davvero. «Non ti piace Linsen, non è così?»
La domanda del bambino - i riccioli d'oro ad incorniciare il volto, le gote paffute e arrossate, gli occhi cristallini di chi sa di essere amato - giunse come attesa, e Oliver si affrettò ad annuire, forse con più insistenza del solito. «Mi piace molto.» Commentò così, e aggiunse un sorriso. Non avrebbe potuto perderlo, non avrebbe voluto. Per nessuna ragione, neanche per il nome di un animaletto appena ritrovato in giardino. La lepre si mosse tra le braccia di Loras e strofinò il musetto scuro sulla camicia azzurrina. Il volto in estasi, la felicità di Loras, tutto quello coinvolgeva positivamente anche Oliver. Si fece coraggio, e avanzò di qualche passo per raggiungere l'amico e la bestiolina. In basso, sul prato, proprio accanto al pozzo in mattoni di tufo, vi era appoggiata una ciotola piena di legumi, di tanto in tanto bagnati con molliche di pane. Loras lasciò la lepre e la scrutò attentamente, inseguendone i movimenti. Un saltello e via verso il pasto ghiotto; cominciò a leccare i bordi del contenitore e poi si bagnò il musetto del suo contenuto. Tranquilla, a dispetto dei due bambini vicini. «Linsen, come le lenticchie.» Loras sorrise ancora una volta, mentre indicava giù. Il suo accento, tra il tedesco e l'inglese, aveva un suono che ad Oliver sembrava musicale. Non fu sicuro di aver colto il collegamento, e lasciò correre. Quando l'amichetto si sollevò con la forza delle braccia per issarsi sul bordo del pozzo, Oliver trattenne il respiro. Bastava poco per rovinare all'indietro, perdendo l'equilibrio e precipitandovi dentro. Ma Loras si sistemò per bene, e lasciò penzolare le gambe dall'altezza guadagnata. Forse si accorse del timore sul volto di Oliver, perché il suo commento acquisì la smorfia di una presa in giro.
«Di cosa hai paura, Olli, che io possa cadere nel pozzo?»
Proprio di quello, avrebbe voluto dire. Proprio di quello. Come un déjà-vu, l'immagine di un corpicino spezzato, piegato sinistramente tra gambe e braccia, solleticò il suo sguardo. Un battito di ciglia, un lampo dorato - forse un raggio di sole, forse uno dei riccioli di Loras. Quando sollevò l'attenzione sull'amico, lo vide pienamente e scosse il capo. «No, non ho paura.»
Ma Linsen, per un attimo, aveva smesso di mangiare lenticchie.
E lui, per un altro attimo, aveva cominciato a vedere.


«Sta bene.»
Sentì la sua stessa voce come da lontano, l'ultima eco di una memoria che continuava a tallonarlo. A distanza di anni, ovunque potesse trovarsi, tornava al punto di partenza. Indietro, indietro nel tempo - nel suo passato, alla sua infanzia, al suo dolore. Si accorse di tremare soltanto quando la presa sulla bacchetta magica sfilò leggermente, e in fretta si costrinse a controllarsi. Un respiro trattenuto, le dita della mano destra di nuovo avvinghiate al legno d'Abete. Non avrebbe potuto notare i suoi occhi, non avrebbe potuto percepirne l'assetto vacuo che brevemente aveva tinto le iridi smeraldo. Non avrebbe potuto fare altro che indietreggiare, lo desiderava pienamente, e il sussurro che aveva abbandonato la sua bocca si perdeva tra l'esito di un'affermazione e quello di una domanda indiretta. Sta bene, aveva detto. Ma non era quella la sua intenzione, non era quello il suo fine. Con difficoltà, districò il legame attivo in corso - lontano dalla lepre, incerto se fosse viva o meno, così da rivolgere l'attenzione al volto della bambina. Non si era accorto della seconda presenza, non come avrebbe effettivamente dovuto, e le sue parole arrivarono altrettanto ovattate. Non era del tutto lucido, il cuore bruciava in gola, e una stilla di rabbia fomentava ogni altra sensazione. Il fremito alle narici, inspirò veloce.
«La lepre, sta bene?» Lo chiese, infine. In modo diretto, in modo nitido. Non riuscì a spostare nuovamente gli occhi verso il basso, dove la creatura sostava tra le braccine della sconosciuta. Non vi riusciva, non di nuovo.
«Sono Oliver. Voi... voi chi siete?»
Odiava quella sensazione, odiava la consapevolezza di essere ad un passo da un crollo. Odiava quei ricordi, odiava quella storia. Espirò, lentamente. Era lì, primo e ultimo tra i pensieri. La lepre, il legame di una ferita a stento rimarginata. Era lì, quel pensiero cui non aveva mai dato voce.
Odiava Loras. Con tutto se stesso, profondamente. Lo odiava per quello che gli aveva fatto. Reclinò il capo verso Megan, a cercare la sua figura. Il dolore sul proprio volto vibrava di qualcosa che non era stato detto, e che marciva al fondo di un cuore leso. Anche lui, anche Oliver si odiava per questo.
Loras l'aveva abbandonato, e Linsen non era più tornata.


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incanti
I, II, III, IV Classe completa
V Classe » Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Patronus
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in breve
La scena presente si lega profondamente al passato di Oliver, la prima parte del post è di carattere personale. Ai fini dell'intervento, la vista della creatura tra le braccia della bambina compromette lo stato psichico di Oliver; cerca di porre un paio di domande, in particolare su chi siano le due figure. Infine, cerca il contatto di Megan.
 
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view post Posted on 12/7/2020, 12:58
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La fossa si aprì squarciando il terreno. Le spire risucchiate dall’infinito, tenebre indiscutibili, sparirono agli occhi dei due studenti: Oliver era riuscito nel suo intento.
Un sospiro di sollievo si levò dalle labbra di Megan, mentre la traversata diveniva tangibile ma ancora ignota. La Corvonero, ad ogni passo, si convinceva sempre di più dello sbaglio commesso nel seguire il ragazzo, che quel luogo rappresentava una trappola reale e non uno dei suoi peggiori incubi. Pochi passi lungo il selciato ora sgombro, mentre sotto i piedi, poco lontane, altre spire si facevano strada abbandonando la loro traiettoria. Dove stavano andando? Era l’unica domanda che Megan si poneva in quel momento. Poi, d’improvviso, fra gli alberi scheletrici, una figura si palesò davanti ai loro occhi. L’impulso frenò il passo, il cuore accelerò arrivando in gola e il braccio destro si tese in sincronia con quello del compagno al proprio fianco. Una bambina parve fluttuare, eterea, nel bagliore nuovo in quell’ambiente tenebra. In velocità li raggiunse e solamente quando l’innocenza di quell’azione si mostrò dinnanzi a loro, entrambi abbassarono l’arma. La figura, magra dai lunghi capelli pece e il volto squarciato dal fango, rifletteva la paura: gli occhi, specchio del terrore, la bocca schiusa e le braccia ossute a stringere sul petto una lepre che, probabile, rappresentava l’unico appiglio che ella aveva o la propria vittima. Chi poteva saperlo?
«Sta bene?» Oliver parlò. Megan non seppe aggiungere altro, rimase solamente a guardare – un’occhiata fugace al Grifondoro – mentre dentro di lei il vuoto non veniva riempito in alcun modo. Quella bambina non le faceva tenerezza, né tantomeno l’animale immobile stretto in quella morsa che pareva mortale. Non credo, aveva detto fra sé. Non sentiva niente al di fuori della tensione che in qualche modo mutava in eterna e indissolubile voglia di fuggire a qualunque costo da lì, salvare la propria pelle.
Poi, ancora una volta il rumore inaspettato, un ramo che si spezzò oltre le spalle della ragazzina, fece sussultare la Corvonero. Il ciliegio venne puntato in direzione delle piante e le iridi di un blu profondo, sotto l’assenza quasi totale della luce nella profondità di quel luogo, sondarono lo spazio senza alcuna risposta apparente. Solamente quando la bambina si voltò, senza indugiare nemmeno per un secondo, una figura apparve dal nulla. «Voi chi siete? Dobbiamo andare via, il bosco è pericoloso di notte. Le creature...» aveva chiesto in veste di un lungo mantello scuro, le mani e il volto pallido; poi l’avvertimento. Oliver rispose ma Megan non diede alcuna risposta bensì avanzò delle chiare domande: «Ma… Quali creature? Dove siamo? Abbiamo bisogno di fare ritorno al castello, sapete come?»
Solamente dopo aver sputato quelle parole tutte d’un fiato accolse lo sguardo di Oliver. Si voltò e quando gli occhi s’incrociarono lei non poté far altro che attutire un colpo silenzioso, un pugno allo stomaco. C’era qualcosa nell’espressione del volto del ragazzo, dolore e turbamento, una probabile richiesta di aiuto o forse l’arrendevolezza a uno stato d’animo a lei sconosciuto. C’era un conflitto interiore anche in Megan, però, la voglia di stringergli la mano, cercare il contatto che tempi fa le aveva dato la stessa forza e spensieratezza in pochi ma intensi attimi. Poi, però, il terrore avrebbe preso di nuovo ad essere il protagonista, era ciò che credeva, e non avrebbe di certo fatto lo stesso sbaglio. Così, mantenne le distanze eppure gli sorrise, un movimento appena accennato delle labbra, mentre la mano – che s’era allungata esitante – tornò a sfiorarle la gamba.
▲ Attivo & Conoscenze

Bacchetta - Legno di Ciliegio, Lacrima di Veela,10 pollici, semi rigida
Tracolla in pelle nera
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Effetti: : protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. [Usabile 1 volta per Quest.]
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Occlumante Apprendista
Essendo apprendista, il pg riuscirà a chiudere la mente solo a legilimens apprendisti. Nulla però potrà, nel caso si trovi di fronte a legilimens esperti. Non sempre riesce a combattere le proprie emozioni, che sono per lui il problema principale.

I, II, III Classe completa.
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▼ Riassunto & Danni

L'incanto di Oliver va in porto, Megan prosegue al suo fianco lungo il selciato. Quando la figura della bambina si palesa davanti ai loro occhi, la Corvonero senza alcuna esitazione segue lo stesso gesto del compagno puntando l'arma verso la figura sconosciuta. Tuttavia, quando ella si avvicina abbassa la bacchetta e ne osserva ogni dettaglio. Ascolta le parole di Oliver ma non prova alcun sentimento che si avvicini alla compassione nei confronti della ragazzina e l'animale stretto al petto, bensì è sempre più in crescita la voglia di fuggire da quel posto e salvarsi la pelle. Quando il movimento del ramo, che si spezza dirimpetto alla propria postazione, invade il silenzio Megan torna a puntare l'arma verso il nulla. Non abbassa il legno di Ciliegio nemmeno quando finalmente scopre il responsabile di quel rumore e fronte alle domande che quest'ultimo rivolge loro, lei non risponde ma pretende delle risposte.
Alla fine incrocia lo sguardo di Oliver, il contrasto delle emozioni che prova in un certo senso la spaventano, si sente indubbiamente in difficoltà.

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Lieve morso di serpente caviglia sinistra.


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Il Fato

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L'istinto di entrambi i ragazzi, nel venire quasi travolti dalla prima presenza inaspettata, fu di sollevare le loro armi. La bambina non dette nessun segno di sorpresa di fronte alle bacchette, ma non ne era nemmeno intimorita: i suoi occhi fissavano piuttosto i volti dei due giovani, con uno sguardo che, dietro alla paura dilagante, appariva stranamente vacuo. Quando la voce di Oliver spezzò il silenzio, un sussulto più violento le scosse le spalle. Quella che inizialmente non suonava come una domanda, e che ad una seconda riformulazione svelò tutto l'interesse che il Grifondoro provava per l'animale, portò la bambina a stringersi con maggiore urgenza alla lepre, quasi temesse che gliela volesse togliere. Non udirono nessuna risposta; ma i capelli – lunghi, ammassati in ciocche disordinate dall'aria lurida – dondolarono leggermente, destra sinistra, in un cenno di diniego per il resto impercettibile.
La seconda figura apparve fin da subito come quella che avrebbe potuto dare più risposte. Si era immediatamente presentata con la propria voce – sottile e stranamente altalenante, come se si trovasse in una tensione continua che rischiasse di spezzarla –, mentre la bambina continuava a rimanere muta tanto quanto la lepre era immobile. Eppure, nemmeno la ragazza fu subito in grado di rispondere alle domande che le venivano poste, persa invece in un mormorio che accompagnava lo scatto dello sguardo ora da una parte, ora dall'altra del bosco avvolto nelle ombre. «Non abbiamo tempo, più stiamo qui più... Posto maledetto, la notte...»
Quando udì Megan parlare, la bocca le si tese improvvisamente in una linea tanto sottile da far quasi scomparire le labbra livide. Dardeggiò sulla Crovonero uno sguardo chiaro che la luce lunare privava di colore. «Castello? Qui non c'è nessun castello. Non siete venuti dal villaggio? Oh, ma il villaggio è così lontano, e i serpenti... Volete dirmi che non li avete incontrati? Qui girano a nugoli, di notte è impossibile vederli. Nessuno viene qui di notte. Nemmeno noi. È tutta colpa di quella stupida lepre, è scappata.» La voce tesa fino a stridere, la ragazza strinse più forte le spalle della bambina, senza che questo le impedisse di continuare a tremare. Erano ciascuna inquieta a modo proprio – una persa nei meandri della propria mente, l'altra inglobata dall'ambiente tetro e malsano. Nel chiarore naturale non era facile distinguere i dettagli del loro aspetto, ma ad un primo sguardo apparivano come trasandate, vesti e volti ugualmente sgualciti.
La ragazza sembrava indecisa se, alla lunga lista dei suoi terrori notturni, dovesse aggiungere anche i due sconosciuti incontrati nel bosco. Ad un certo punto decise di sì: «Noi andiamo, ora». Nel dirlo strattonò la bambina per allontanarla dagli studenti, ma lo fece talmente d'improvviso, e con tanta foga, che la stretta della piccola sull'animale cedette. La lepre allora rovinò nel fango con un disgustoso suono molle, e lì rimase, scomposta.
«Oh, povera creatura. I serpenti l'hanno morsa.» La ragazza si inginocchiò e tese le mani come per prendere in braccio l'animale defunto, ora impietosita dal suo destino. Ma si bloccò, lo sguardo improvvisamente fisso sulla caviglia di Megan, là dove un rivolo di sangue si era seccato contro la pelle. «Ti hanno morsa.» Nel cercare lo sguardo della Corvonero, la ragazza tremava. «Anche il più piccolo graffio provocato da quei mostri è letale, anche se sugli uomini succede tutto più lentamente. Non senti molto all'inizio, e poi... Beh, poi senti sempre meno.» Esitò qualche attimo: stava decidendo quanta fiducia accordare loro. «Io ho le erbe che servono per curarti. Alla capanna.» A quel punto lasciò calare il silenzio. Ai suoi piedi, ai piedi di tutti, la lepre lanciava il suo monito muto: ad Oliver, che già era stato trascinato nei ricordi più tormentati di una vita; a Megan, attraverso due minuscole macchie scure all'altezza della zampa posteriore.



Oliver
PS: 315/315
PC: 285/285
PM: 343/343
PE: 59.5

Megan
PS: 208/209
PC: 160/160
PM: 167/167
PE: 21

Prossima scadenza: 29 luglio, 23:59

 
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Oliver Brior • Caposcuola Grifondoro
Linsen. Non poteva sfuggire al richiamo lampante tra pensieri e ricordi, non avrebbe potuto. Forse, si ripeté, non avrebbe neanche voluto. Credeva di esserne ormai indenne, di aver superato di gran lunga l'esperienza peggiore della sua infanzia, di tutta la sua giovane vita. Avrebbe giurato di esserne ben oltre, di avere un vero e proprio controllo: aveva sempre saputo di non avere armi valide contro la memoria, così come aveva sempre saputo di come nel suo caso convergesse indistintamente da una linea temporale all'altra. Il concetto di passato, la riflessione del presente, la possibilità di un futuro, non avevano confini così nitidi per lui. Aveva immaginato di avere una scelta. Al momento opportuno - esattamente come in quella circostanza, nel bosco vestito di tenebre - aveva pensato di percepire una stilla di tristezza, al massimo un velo di profonda malinconia, niente di più. Sensazioni, quelle, che avrebbe potuto contenere. Il ritrovo della lepre, invece, era apparso come onda d'urto. In balia della stessa, Oliver ne era stato dapprima coinvolto, il battito del cuore inseguiva infatti uno stridio che non ammetteva equilibrio, e in seguito pienamente e inaspettatamente travolto. Quando deglutì, tessendo una conversazione in sospeso, si accorse immediatamente di un groppo in gola. Doveva spostarsi, sentiva la necessità di muoversi. Più tratteneva l'immagine della creaturina spenta, più invece non aveva forza per riuscirvi. In piedi, astante tra gli astanti, aveva occhi soltanto per la lepre - anche quando capitombolò in basso, nello scatto involontario delle braccia della piccina lì di fronte, Oliver ne inseguì la traiettoria a malincuore. Non era totalmente indifferente a quello che stava accadendo attorno, le figure della bambina e della donna più grande non erano fuori dalla sua concentrazione; erano di certo marginali, e il punto focale restava inavvertitamente quello della lepre. Era morta, a quanto pareva, e più che una rivelazione dal commento dell'altra, per Oliver acquisì il senso di una conferma. Una parte di sé l'aveva capito fin dal primo istante, e la speranza si era allontanata come l'ultimo tra i condannati. Il tonfo appariva quasi ovattato, il manto di foglie secche e di terriccio accoglieva come grembo materno la lepre sfortunata; per lui, tuttavia, ebbe il peso di un grido a tutti gli effetti, il grido di una Visione che si sviscerava in modo frammentario, e il grido di un bambino dagli occhi azzurri più del mare, destinati a chiudersi sulla notte di un pozzo senza via d'uscita. Rabbrividì, di nuovo. Aveva la percezione del tempo in corso, di come la sua reazione potesse a quel punto essere sotto analisi da parte degli altri; se fosse stato attaccato in quel momento, non avrebbe avuto la forza di controbattere come dovuto, era letteralmente in preda ad una psiche incontrollata, e parimenti incontrollabile. Si riscosse soltanto al prosieguo delle voci, l'allerta dei suoi sensi si pose come necessità assoluta. Non potevano restare lì, la ragazza più grande diceva qualcosa del genere e il senso delle sue parole si realizzava come un monito vero e proprio: non aveva idea di dove fossero finiti, non era certo di come potessero tornare al Castello di Hogwarts. Si chiedeva alla fine come fossero arrivati in quel luogo: neanche il cenno al Villaggio di Hogsmeade era stato colto, non aveva radici che potessero mostrarsi fertili, non aveva collegamenti. Ovunque fossero capitati, quello non era un territorio conosciuto, non per lui. Il velo tetro, a tratti mistico del bosco tutto intorno, fomentava in Oliver il senso di rischio e di pericolo. Tra le dichiarazioni della donna così apparentemente apatica, aveva ascoltato il richiamo al morso alla gamba di Megan, poco distante, e aveva collegato a quel punto lo scatto fulmineo che avevano fatto insieme in precedenza: un serpente l'aveva colpita, a quanto pareva; nella frenesia degli ultimi istanti, Oliver non aveva avuto occasione per porre domande, per assicurarsi di come stesse l'altra, e - si disse - di come stesse anche lui. Rimpianse la distrazione imminente e ancor più maledì il suo istinto peggiore: imperterrito, gli chiedeva di guardare in basso per l'ennesima volta. Dove c'era il corpo screziato di morte, dove c'era il leprotto. Deglutì, mentre un pensiero si districava dagli altri: dove c'era Linsen.
«D'accordo.» Come un sussurro, la voce in un soffio. Il suono pizzicò la sua attenzione, mentre si agganciava al filo più lucido di mente e cuore. Acquisiva un controllo ben più sperato, oltre che decisivo, e così tentò di sfruttare l'ultimo contatto tra le due figure per indietreggiare di un passo, e di un altro. Indistintamente, come un movimento casuale del corpo. Non c'era tempo, lo comprendeva, ma non era neanche pronto a fidarsi pienamente delle due donne - al di là di ogni pregiudizio immediato, quella situazione non gli piaceva. Reclinò la testa di lato, alla ricerca del contatto di Megan, e mosse appena la bocca in poche, rapide parole. «Credo che seguirle sia una buona idea.»
Non distolse lo sguardo dalla coppia, ma con la coda dell'occhio provò a scrutare la collega. Il tono sommesso, sufficiente per passare come un sussurro, un borbottio, un suono di un bosco in risveglio.
«Questo posto non sembra sicuro. Con loro potremmo scoprire dove siamo finiti, trovare una via di ritorno.» Sollevò la mano destra, portandola in quel modo a coprire il volto: un gesto casuale, l'indice che solleticava la fronte. Quando parlò ancora, una nota dolce sfumava in rassicurazione, certezza, empatia. Non poteva dire di essere così legato alla Corvonero, sentiva che tra di loro ci fosse qualcosa in sospeso: ne aveva avuto prova poco prima, in quell'esordio di accuse che non aveva compreso, e che mai avrebbe voluto vivere. Ma non avrebbe neanche potuto negare di esserne affine, in quella situazione di pericolo crescente così come nell'esperienza più funesta dell'Estate precedente. Non l'avrebbe lasciata.
«Cureremo il morso, se dovesse essere come dice. C'è anche un altro modo.» Abbassò il braccio, di nuovo. Avrebbe voluto trattenersi, aggiungere un paio di frasi più marcate e di gran lunga più valide, ma non c'era più tempo. C'era un sottile confine tra una conversazione di dubbi e commenti fugaci, e non poteva correre il rischio di perdere le due ragazze di fronte: il pensiero passò dalle erbe di cui parlava l'una come solitaria cura per il veleno ad uno specifico incantesimo che conosceva di persona. Non era certo dello stato della Caposcuola Corvonero né delle conseguenze eventuali della ferita, tuttavia erano insieme in quella vicenda, volenti o meno che fossero stati l'uno o l'altra. Lo sguardo tornò in basso, catturato com'era dalla persistenza della morte. Aveva già visto altre lepri, era naturale: tra i giardini della Scuola di Hogwarts fino al boschetto bagnato dal fiume Lee, in Irlanda; tra i cespugli che crescevano lungo i sentieri più piacevoli della periferia di Hogsmeade fino alle esercitazioni in classe. Restava un animale comune, fin troppo. Per lui, però, era più di quello, da sempre.
«Un attimo soltanto.» Alzò la voce, rivolto alle due sconosciute. Piegandosi lentamente sulle ginocchia, Oliver cercava il volto della più piccola: aveva visto come stringeva la creaturina, aveva seguito la caduta del corpicino sul terriccio. Non ebbe bisogno di insistere sulla cadenza della voce, perché comprendeva pienamente la ragazza, la sua perdita, l'impatto che forse lei, come lui, percepiva proprio in quel momento. «Sai, una lepre può viaggiare tra i mondi, da quelli conosciuti a quelli più lontani, più misteriosi.» Linsen tornò tra i suoi pensieri, immediata come una memoria mai dimentica. Il musetto sporco, le lenticchie attaccate ai baffi, le orecchie lunghe, si muoveva a scatti, non aveva paura; il manto scuro, gli occhi grandi, pieni, così vivi. Tra le braccia di Loras, come quella lepre era stata tra le braccia della bambina. Nel suo passato, come era stata nel presente della bambina. Lì, sul terriccio, come corpo esanime, come custode di uno spirito eterno. Si affidò all'arte che più percepiva come affine, tra tante e tra tutte; si affidò alle lezioni di un tempo, ai tentativi di mutamento di un paio di pantofole in conigli, e viceversa; si affidò all'Abete della sua bacchetta magica, al legno così versato nelle trasfigurazioni più complesse, e la pressione delle dita scivolò delicatamente sul manico. Si affidò a quello che Linsen era stata per lui, e a quello che Linsen sarebbe stata per la bambina. Al senso che portava con sé, all'affetto e al dolore, alla nostalgia e alla stretta al cuore; al battito di un'umanità che non poteva spegnersi, a prescindere dagli anni, a prescindere dal tempo.
Come un musetto, come un saltello, come un girotondo.
Come un ricordo, come un pensiero, come un cerchio perfetto - passato e presente, e il confine che non si esauriva. La bacchetta colpì due volte il corpicino della lepre, lì ai suoi piedi, sul terreno boschivo. Un colpetto dopo l'altro, un ritmo cadenzato, un tacito ticchettio. Disegnò un cerchio poco più sopra la creaturina, come un soffio, un'onda eterea. Svegliati, suggeriva. Svegliati adesso. Ma la sua bocca si dischiuse al suono di una formula semplice, nitida, il canto di un richiamo tra i confini. «Globus Pellucidus» Scivolò diligentemente, con la stessa dolcezza con cui si era rivolto alla bambina. Alla sillaba conclusiva, -dus, l'Abete toccò un'ultima volta la lepre: il colpo decisivo, come una carezza, come il solletico delle dita. Svegliati, diceva. Svegliati adesso. Linsen continuò a frugare tra sensazioni e ricordi, e più zampettava, più lasciava orme argentee - mutava in un custode, e guardiano insieme, come la lepre che era suo Patronus. Allo stesso modo, girava in tondo: era felice, era libera, era di nuovo presente. Nella sua intenzione, la lepre del bosco sorgeva dalla morte: dal cerchio si piegava, si restringeva, e nel movimento del corpo in trasfigurazione attingeva ad una nuova forma, una nuova parvenza di vita. Diveniva così sfera esatta, il Cristallo dei tempi: la magia avrebbe dovuto donarle immortalità, rendendola così ricordo tangibile. Il suo volere, quello del Veggente, si esprimeva nel cambiamento: la lepre come sfera di cristallo, e da lì avrebbe insistito ancora. Una flessione profonda, un ondeggiare continuo, prima dall'alto al basso a donare compostezza, poi da sinistra verso destra come un vortice che concludeva in due puntini più alti: tracciava con la bacchetta la forma di una lepre in miniatura, così stilizzata, di certo grezza. Come la danza di un artigiano: dal cristallo concentrico alla statuina di una lepre, la stessa materia, la forma che più le apparteneva. Conosceva l'Incantesimo che aveva utilizzato, il Pellucidus si dedicava alla trasfigurazione di un corpo in una sfera. Ma conosceva anche la sua bacchetta, il suo potenziale, e tutto quello che cuore e mente avrebbero potuto fare insieme: la magia era plasmabile, era volontà, ed era memoria, era tempo, era empatia. La magia era parte di sé, e lì Linsen c'era ancora, non era mai andata via. Voleva rivederla, nella miniatura di una lepre di cristallo. Se così fosse stato, l'avrebbe affidata alla piccina, lì di fronte. Un movimento leggero, il raccolto di qualcosa che non poteva restare lì dimentica nel bosco, abbandonata alla putrefazione.
La lepre viaggia tra i mondi, aveva detto.
«Dal buio alla luce, sempre al tuo fianco.»
Avrebbe concluso così, il cuore spezzato. Il cenno di un sorriso sul volto.
Linsen gli mancava, e Loras gli mancava ancora di più.
«Andiamo via, in fretta.» In piedi, il suo era stato un tentativo: se il corpo morto fosse stato trasfigurato, se fosse stato reso soltanto sfera di cristallo come da prassi oppure forma stilizzata di una lepre lucida; se la bambina avesse accettato il suo dono, se avesse compreso il senso delle sue parole, se avesse visto la gentilezza di un'anima affine; tutto quello avrebbe avuto impatto per lui, in ogni caso. Non avrebbe potuto più trattenersi, però. Un ultimo sguardo alla coppia, un ultimo sguardo a Megan, e via da lì.


statistiche / inventario
salute 315/315 corpo 285/285 mana 343/343 exp 59.5

incanti
I, II, III, IV Classe completa
V Classe » Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Patronus
VI Classe » Perstringo
Chiari » Stupeficium, Rituale Perfetto

abilità
Divinatore Esperto, Maridese, Materializzazione

inventario
bacchetta magica, galeone ES, spilla C.r.e.p.a., bracciale di damocle, libri di Divinazione, sfera di cristallo, rune sacre con gessetto, occhialini ghostbuster, macchina fotografica

in breve
Ho dedicato una parte fondamentale a Linsen e alla lepre nella storia di Oliver: suo Patronus, sua memoria, suo passato, è ad ora un risveglio totale per lui. Il post è volutamente introspettivo, per le azioni: cerca contatto con Megan per mostrarsi vicino; prima che la coppia si sposti, Oliver tenta di trasfigurare la lepre morta dapprima in una sfera di cristallo e poi in una lepre di cristallo in miniatura. La sua intenzione è di non lasciare il corpo della creatura al bosco, di donare alla bambina un ricordo tangibile, nella forma di una statuina. Si affida all'arte trasfigurativa a lui più affine e alla natura della sua bacchetta magica: l'Abete è indicato per le trasfigurazioni, anche le più complesse. Il valore personale è indice di tutta la scelta.
 
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Ocean eyes.

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Un brivido di terrore le attraversò la spina dorsale. Solo in quel momento, quando le parole della ragazza, sudicia e malconcia, rivelarono una personale verità, Megan realizzò di non poter fare su di loro alcun affidamento. D’altronde non era un pensiero che le era mai appartenuto, fin dal primo istante in cui aveva incrociato i loro visi pallidi, ma la profonda e celata speranza che in qualche modo conoscessero la via d’uscita non poteva non averle attraversato la mente.
«Quale villaggio?» aveva risposto prima ancora che la figura finisse di parlare. Poi, la caduta improvvisa dell’animale morto fra le braccia della bambina e il rumore si scontrò con l'accelerazione di un solo battito, improvviso. Si rese conto di aver trattenuto il fiato e solo quando la figura si chinò nel tentativo di raccogliere la povera bestia se ne accorse.
«Oh, povera creatura. I serpenti l'hanno morsa.»
Un groppo in gola che fece fatica a deglutire e Megan seguì lo sguardo della donna. Il rivolo di sangue che le scorreva sulla pelle si era seccato, solo quando ricordò il breve ma intenso dolore provato tornò a sentire il bruciore.
«Ti hanno morsa. Anche il più piccolo graffio provocato da quei mostri è letale, anche se sugli uomini succede tutto più lentamente. Non senti molto all'inizio, e poi... Beh, poi senti sempre meno.»
Mantenne la calma, più di quanto la tensione facesse fatica a gestire i battiti del suo cuore che s’agitarono pulsando feroci nel petto. Tirò indietro la gamba ferita abbozzando un sorriso, Nulla che non possa essere risolto pensò convincendosene. La magia avrebbe presto risolto tutto, probabilmente, le bastava solamente evocare l’incanto giusto qualora avesse avuto delle ripercussioni di lì a breve. Era troppo tardi?
«Io ho le erbe che servono per curarti. Alla capanna.»
Un chiaro invito che mancava delle più sincere intenzioni, almeno era ciò che pensava. Tuttavia, cosa poteva fare di diverso del fidarsi? Megan storse la bocca poi volse lo sguardo verso Oliver.
Gli occhi si incrociarono, attimi intensi nel sancire un’alleanza forzata, sì, ma anche voluta. Avrebbe dovuto fare affidamento sul compagno e viceversa, era chiaro. Sospirò quando senti quelle parole, un’arrendevolezza costretta dalla circostanza dalla quale non poteva in alcun modo sfuggire. Andare lì, nella capanna, solcare l’ignoto che già era stato violato le sembrava una follia ma in tutto quello scenario era certamente l’unica possibilità, o forse no? Cosa avrebbero dovuto fare di diverso? Cercare qualcosa fra le tenebre, vagare tra geometrie indefinite e oscure, rischiare di divenire anche loro parte di esse. Mettere in pericolo la loro vita senza darsi la possibilità di capire come salvarsi.
Quando il Grifondoro si avvicinò a lei, il tono impercettibile e forse poco chiaro alle due figure dirimpetto, sentì il cuore calmarsi. Respirò profondamente e in quell’istante si sentì più al sicuro, per quanto non volesse ammetterlo a se stessa.
«Va bene» disse.
Così, in quel breve scambio di frasi, affidava al ragazzo parte di sé. Pregò, senza nemmeno rendersene conto — un pensiero fuggevole che le attraversò la mente — di non vedere più ciò che aveva visto tempo prima; di essere pronta e non scappare via nel caso in cui tutto sarebbe andato perduto.

▲ Attivo & Conoscenze

Bacchetta - Legno di Ciliegio, Lacrima di Veela,10 pollici, semi rigida
Tracolla in pelle nera
Amuleto Oscuro
Anello Difensivo(Medio sx)
Effetti: : protegge da danni fisici e incantesimi. Anche da Avada Kedavra, ma poi si spezza. [Usabile 1 volta per Quest.]
▸ Anello + Zaffiro “Trillon” (Anulare dx)
1 Nanosticca
Effetto: permette di assumere dimensioni di 30 cm.
Filtro Sonno Leggero

––


Occlumante Apprendista
Essendo apprendista, il pg riuscirà a chiudere la mente solo a legilimens apprendisti. Nulla però potrà, nel caso si trovi di fronte a legilimens esperti. Non sempre riesce a combattere le proprie emozioni, che sono per lui il problema principale.

I, II, III Classe completa.
Eccetto: Orcolevitas e Fattoriam.

▼ Riassunto & Danni

Megan ascolta le parole della giovane che ha davanti, non si fida e avanza un'altra domanda. Quando la donna le evidenzia la gravità della situazione, il coniglio morto per il morso di uno dei serpenti che abitano quel posto e la pericolosità di quel luogo, ha paura. La consapevolezza di poter trovare un modo per curare, da sé, la ferita che porta alla caviglia sinistra non le basta. Così, anche la probabilità di rimanere intrappolata in quel luogo sconosciuto senza avere via d'uscita la terrorizza, pur mascherandolo piuttosto bene. L'invito che viene avanzato, alla fine, non la convince affatto ma – dopo un breve scambio di parole con Oliver – capisce che, forse, non ha altra soluzione che affidarsi a quella circostanza. Dunque, accetta di seguire le due figure.

––


Lieve morso di serpente caviglia sinistra.


PS 208/209 ∆ PC 160/160 ∆ PM 167/167 ∆ EXP 21

 
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Il Fato

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Non era chiaro che cosa Megan e Oliver dovessero pensare delle sconosciute: ancora prive di nome, le due apparivano sfuggenti e spettrali, tanto incomprensibili quanto l'intera situazione in cui erano finiti. La prima coordinata venne loro di tra le labbra della più grande, in risposta alla domanda di Megan: «Ashlake». Era quello, dunque, il nome del villaggio più vicino, anonimo tanto da rendere l'informazione inconsistente come lo sarebbe stato il silenzio.
La richiesta da parte di Oliver di attendere ancora qualche attimo si scontrò con l'impazienza della giovane; quella, tuttavia, rimase in silenzio, rialzandosi di scatto proprio mentre il Grifondoro si inginocchiava. Gli ci volle qualche secondo per attirare la completa attenzione della bambina, che fece saettare lo sguardo da una parte all'altra come in cerca di una via di fuga, solo per incontrare il viso dello studente quando le sue parole la raggiunsero. Rimase a guardarlo con curiosità. Quello che stava cercando di fare Oliver non era la semplice esecuzione da manuale di un incanto: trovava spazio la fantasia. Il primo passo si realizzò senza intoppi: l'animaletto tramutò la propria consistenza, facendosi lucente, guadagnando in trasparenza. Una volta che la lepre divenne sfera di cristallo, l'esito divenne più incerto; ma la motivazione di Oliver aveva radici profonde, piantate nel cuore stesso di un tassello fondamentale della sua identità. Da lì traeva una forza in grado di portare alla realtà il sorprendente. La forma della sfera perse così di regolarità., e al termine del processo erano distinguibili le forme stilizzate di una lepre: il corpo appena allungato, per quanto spiccatamente tondeggiante; la protuberanza del muso, sormontata da quella più definita delle orecchie. Non servivano dettagli minuziosi per riconoscere l'animaletto, così, quando la bambina allungò le mani e prese il cristallo, il messaggio del Grifondoro era arrivato, chiaro e toccante. Non ci furono ringraziamenti, solo uno sguardo diretto dei grandi occhi infantili: per la prima volta, non vi si leggeva la paura.
A quel punto non c'era altro tempo da perdere. I due studenti potevano anche non fidarsi; Megan, in particolare, manteneva le distanze dalle sconosciute, che comprensibilmente sollevavano dei dubbi sul proprio conto. Le scelte, però, si mostravano limitate, per la Corvonero soprattutto, dopo aver ricevuto un verdetto tanto spaventoso. La comitiva si mosse, dunque, guidata dal passo scattante della ragazza senza nome: impassibile di fronte alle parole dei due e al gesto di Oliver, pareva avere in mente solo la salvezza sua e della bambina, che si trascinava dietro. I due studenti avrebbero potuto affrettarsi o, al contrario, trovare utile il tenere una certa distanza dalle sconosciute. I suoni del bosco, così come il fruscio delle foglie morte che smuovevano avanzando, erano spettrali tanto quanto il susseguirsi dei tronchi; alcuni di essi erano segnati dagli strani simboli che avevano già notato, se avessero fatto attenzione se ne sarebbero potuti accorgere.
Dopo un tempo incalcolabile, la bambina cercò di affiancare Oliver e attirare la sua attenzione. Tra le sue braccia, la lepre di vetro rimandava i bagliori della luna. «Era Ember», disse soltanto, la voce appena udibile. Non ci fu il tempo di interrogarla, perché corse subito accanto all'altra. A quel punto erano arrivati in vista di una piccola casupola fatiscente: i muri scrostati e sporchi, due minuscole finestre ad affiancare la porta sbilenca sui cardini. Intorno vi era solo uno spiazzo fangoso a separarla dal bosco.
«Seguimi», disse la ragazza lanciando un'occhiata a Megan mentre apriva l'uscio e vi spariva oltre. La bambina strattonò la manica di Oliver, invitandolo a seguirla a sua volta all'interno che, dapprima completamente buio, si illuminò allora delle fiamme tremolanti di qualche lampada.



Oliver
PS: 315/315
PC: 285/285
PM: 343/343
PE: 59.5

Megan
PS: 208/209
PC: 160/160
PM: 167/167
PE: 21

Prossima scadenza: 22 agosto, 23:59

 
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Oliver Brior • Caposcuola Grifondoro
L'arte trasfigurativa aveva rappresentato fin dal primo momento uno dei suoi interessi maggiori, oltre che una tra le sue passioni più grandi. L'idea di poter agire sulla materia, di plasmarla al proprio volere, di imprimerle un'impronta personale, tutto quello era alla base di una curiosità ben più profonda, a tal punto da rivelarsi come innata. Tra le schiere di sortilegi, malefici ed incantesimi che aveva appreso nel corso degli anni, tanto in via accademica quanto per altri versi, di certo la trasfigurazione occupava ancora un posto di rilievo nel suo cuore. Per giunta, con il favore di una bacchetta in legno d'Abete, l'affinità nel suo caso non poteva che dirsi completa. Avrebbe potuto ricordare le parole di Olivander anche dopo così lungo andare: le promesse che il fabbricante aveva fatto quando Oliver aveva ottenuto la sua prima bacchetta magica erano a conti fatti promesse che quel ragazzino undicenne aveva già fatto a se stesso. L'aspirazione al divenire, all'essere migliore, al poter far parte di un cambiamento. La ricerca che gli avrebbe permesso di lasciare un segno era tutto quello che tuttora desiderava, e che imperterrito inseguiva come tesoro più prezioso. La magia, per giunta, era molto più che un'eredità che aveva acquisito per diritto di nascita. Per lui custodiva il valore più intimo, un valico tanto sul cuore quanto sulla mente, e per l'uno e l'altra si completava, si trasformava, si rigenerava in modo costante, oltre che continuo. Loras, nei suoi ricordi, era causa e conseguenza scatenanti di ogni sua ragione, ogni suo tentativo, e in quel senso di ogni sua inventiva: la lepre, come punto di un'identità ben più estesa, era un richiamo in grado di agire dal passato al presente, e per lui fino al futuro. Quando il guizzo argenteo del vetro si stagliò dapprima caotico e poi sempre più nitido al movimento pacato della sua bacchetta, Oliver già sorrideva. Dal buio alla luce, aveva detto. Non aveva precisato, e non sarebbe stato necessario, che quelle parole gli fossero state comunicate proprio da Loras tanti anni addietro. La lepre in cristallo, la statuina che aveva ottenuto dalla sua stessa magia più intima, era più simile ad un amuleto di quanto potesse affermare. Ne fu contento, oltre che punto fin nel profondo. Non attese neanche un ringraziamento, non ne aveva affatto bisogno: l'espressione finalmente più limpida sul volto della bambina era il dono più intenso in assoluto. Si sentì vivo, per la prima volta da molte settimane. Per un attimo, un solo attimo, neanche l'asfissia che lo aveva colto in precedenza alla vista del leprotto morto riuscì a prevalere sul suo stato d'animo né sul suo corpo; annuì impercettibilmente, un cenno del capo verso la piccolina, e quando tornò in piedi, Oliver si accorse di una differenza sostanziale: le gambe, finalmente, non tremavano più. Riprese il cammino, leggermente sovrappensiero. Più dubbi di quanti potesse contarne si affacciavano tra i pensieri in un ennesimo, complesso groviglio. Avrebbe dovuto carpirne un filo conduttore, trovare una guida vera e propria, e da lì sbrogliare la matassa, come diceva sempre il suo amico Penny. Un po' come quando nella schiera di Visioni, frammenti e scorci in associazione, lui vi sfilava un punto di inizio, e da lì procedeva con pazienza, per più tentativi. La strada, prima o poi, sarebbe apparsa. Si scoprì essere ad un tratto più incuriosito dalla coppia di ragazze lì incontrate, e tutta una serie di altri quesiti brillarono come germogli nascenti: chi fossero per davvero, da dove venissero, per quale motivo stessero girovagando nel bosco, e così l'una e l'altra domanda scivolavano a fior di labbra, fino a morire in silenzio. Non era il momento per una conversazione: non poteva dire di fidarsi pienamente di entrambe, sebbene la bambina avesse già conquistato - per affinità, per un dolore condiviso - un posto nel suo cuore, ma di certo loro due erano un punto fisso in un contesto indefinito. Viaggiatore appassionato che fosse, esploratore dei confini di Hogwarts e del Villaggio di Hogsmeade, in ogni caso Oliver non era stato ancora in grado di riconoscere quel luogo. Aveva anche riflettuto circa come fosse capitato proprio lì, ma più ripercorreva gli eventi iniziali, più si convinceva di non essersi imbattuto in una Passaporta. Non aveva memoria del tipico bagliore azzurrino né del familiare strappo all'ombelico. Per giunta, nonostante i mille e più segreti che tempravano le mura e i confini del Castello di Hogwarts, difficilmente avrebbe creduto che una Passaporta fosse stata predisposta all'interno della Stamberga Strillante. Non sapeva cosa pensare, da parte propria quell'avventura era nata come semplice curiosità: non era neanche certo che tra quegli spazi si nascondessero all'effettivo veri fantasmi, come i suoi concasati gli avevano detto. Chissà, forse proprio le due ragazze erano spettri. Spostò l'attenzione dai simboli apparentemente runici sugli alberi nei dintorni, soppesando l'idea di non eccellere nella lettura delle rune come invece credeva; il commento della bambina invece attirò di scatto il suo volto e il primo pensiero fu piuttosto rassicurante: no, non erano fantasmi. La voce dell'altra, per qualche motivo che non avrebbe saputo chiarire, fece riaffiorare alla mente il suono melodioso della Sirena che aveva incontrato tempo addietro, negli abissi del Lago Nero. C'era una dolcezza, in quella semplicità, che Oliver percepiva in modo intenso. Non ebbe occasione per ribattere, ma si ripromise di non dimenticare quel nome: Ember, si ripeté. Così si chiamava la lepre della bambina. Continuò a camminare, bacchetta alla mano, e cercò a quel punto la figura di Megan. Da parte sua, Oliver non aveva parlato molto, parte dei suoi pensieri era altrove, tra assalti di un passato con cui costantemente doveva confrontarsi e sensazioni di un presente che non afferrava pienamente. Sapeva tuttavia perché stessero seguendo la coppia di sconosciute, e lievemente, come un singulto, la sua coscienza gli diceva che la Caposcuola Corvonero fosse in quella situazione per colpa sua: l'aveva seguito, certo di persona, ma se non fosse stato per lui, a quell'ora la Sala Grande avrebbe potuto accoglierli con il più gustoso tra i banchetti serali. A voce ovattata, cercò l'altra. «Come ti senti?» Una domanda nitida, il tono sincero. C'era la possibilità che le parole della donna più grande potessero essere vere e che il veleno del morso del serpente potesse compiere il suo peggior decorso, ma per Oliver era di più. Desiderava accertarsi che la collega stesse bene, per davvero. «Quei simboli, lì.» Ritornavano come dal primo momento in cui erano apparsi in quel bosco.
«Dovremmo scoprire cosa siano, non riesco a decifrarli.»
Non riuscì ad aggiungere altro: di fronte a sé, il profilo di una casa si rivelò delicatamente in bella vista. Allo sguardo di Oliver, apparve come un luogo altrettanto solitario - sulla scia del bosco circostante, come se tutto fosse vestito da una foschia impercettibile. Come una ninnananna di quando era bambino, una storia fece breccia tra cuore e mente e si impose al pari di una cantilena che non avrebbe potuto allontanare. Una delle fiabe di Beda il Bardo, una di quelle che i suoi genitori gli leggevano per la buonanotte, attecchiva fertile lì nel presente in un'ambientazione perfetta. Una delle frasi che più ricordava, infatti, scivolò sulla bocca tra l'ironico e l'intimorito.
«Al loro arrivo, volse l'orrenda faccia e disse.» Si girò lentamente verso Megan, un barlume di puro, folle divertimento - soprattutto in quelle circostanze - già sul proprio viso. Modulò la voce come in un suono macabro, dalle tinte fosche, al pari di un racconto dell'orrore. «Datemi la prova del vostro dolore.» Non poteva sapere se l'altra fosse a conoscenza delle opere di Beda il Bardo, lui vi era cresciuto letteralmente insieme. Alla fine, sorrise. Paradossalmente, era andato alla Stamberga Strillante alla ricerca di spettri e fantasmi, e quel casolare così apparentemente abbandonato lasciava intendere che vi fossero tutti i presupposti del genere. Cercò i suoi Occhialini Ghostbuster, uno degli articoli che aveva acquistato ad una vecchia festa di Halloween. Non ne aveva mai fatto utilizzo, e all'inizio - quando erano apparsi nel bosco - non avevano rilevato nulla di particolare. Ma un altro tentativo, si disse, non avrebbe potuto fare male. Provò così ad indossarli ancora una volta, sistemandone i lacci alle tempie. A quel punto, non avrebbe potuto dire di avere un aspetto tanto serio - tra le ultime parole che aveva detto a mo' di battuta e quel paio di occhialini scintillanti, di un bianco lattice e lenti scure. Un battito di ciglia e via verso l'osservazione della casa. Magari uno spettro si era annidato per davvero tra la mobilia, l'aspettativa invitò il Grifondoro a procedere. L'arrivo della bambina, tra l'altro, ne fu conferma. Ne approfittò, se fosse stato in effetti possibile, per fare luce sulla cornice d'insieme. «Come ti chiami?» Un passo avanti, e via verso l'ingresso.
«Quella è casa tua, vero?»


statistiche / inventario
salute 315/315 corpo 285/285 mana 343/343 exp 59.5

incanti
I, II, III, IV Classe completa
V Classe » Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Patronus
VI Classe » Perstringo
Chiari » Stupeficium, Rituale Perfetto

abilità
Divinatore Esperto, Maridese, Materializzazione

inventario
bacchetta magica, galeone ES, spilla C.r.e.p.a., bracciale di damocle, libri di Divinazione, sfera di cristallo, rune sacre con gessetto, occhialini ghostbuster, macchina fotografica

in breve
Quando la bambina accetta il suo dono, Oliver percepisce il cambiamento più vivo in atto. Riacquista il controllo, riprende il cammino e cerca di rivolgersi a Megan. Si accorge di nuovo dei simboli e si chiede se siano all'effettivo rune o meno, perché non riesce a leggerli. Propone di indagare di più, all'arrivo alla casa desidera accedervi per curiosità innata e gli viene in mente una frase della storia "La fonte della buona sorte" di Beda il Bardo, riportata nel testo. Come Purosangue, Oliver è infatti cresciuto con quei racconti. Infine, una parte di sé è ancora convinta di cercare fantasmi - come gli era stato suggerito all'inizio dai suoi concasati - e tenta di indossare gli Occhialini Ghostbuster [descrizione in scheda] per rivelarne la presenza. Si rivolge alla bambina vicina e la segue.
 
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