Hidden wounds can't be healed., Paul e Arya

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Neor;
view post Posted on 28/5/2014, 18:54 by: Neor;
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Quasi avessero ascoltato la sua tacita richiesta, attendendo il crollo della resistenza che prima vi aveva opposto, le ombre dell'incoscienza gli si strinsero addosso, bendandogli gli occhi e avvinghiando i pensieri nella loro vischiosa ragnatela.
L'ultima sensazione che riuscì ad attraversarlo, prima che la lucidità evaporasse del tutto, fu il vuoto della caduta. La stretta della ragazza attorno alla sua spalla, mentre le ultime ondate di adrenalina si ritraevano indebolendo le loro forze, e insieme sprofondavano in un abisso senza base.
Attraverso il sipario oscuro che lo separava dalla veglia, intravide soltanto qualche guizzo di luce e sagome nebbiose, mentre il suo corpo ondeggiava fra i remoti sussurri che si rifrangevano sulle pareti del suo inconscio, troppo distanti per esser colti. Dov'eran finite l'impellenza, la reticenza ad abbandonarsi in quel posto? Dispersi nelle placide acque dell'assopimento, quei fastidiosi bisogni si eran forse quietati, repressi dal prevalere del buonsenso. Si lasciò confortare da quella convinzione, troppo comoda perché valutasse se fosse il caso di metterla in dubbio. Soltanto più tardi, quando si fosse risvegliato e la debolezza non fosse più giunta a reprimere le sensazioni moleste, avrebbe smascherato l'illusione. Avrebbe rilevato ancora una volta il rimbombo - mai soggetto a cedimenti - di tali urla interiori. Ora non poteva accorgersi che, pur confinate, esse agivano ugualmente sul suo inconscio, e che persino il suo corpo, rivelando quella sorta di sinistra inquietudine, segnalava la sua volontà di evadere.
Le dita della mano sinistra, guidate da simile istinto, avevano scavato sinuose nella tasca dei pantaloni, ghermendo con silenziosa determinazione il cristallo runico rimasto inviolato dagli orrori della vicenda. Come se il Gelo di cui recava il simbolo potesse ridonare vigore alla sua corazza intaccata, ed in esso trovasse riparo dall'ormai inevitabile intromissione di sguardi estranei.

Trascorsero diversi minuti - non seppe bene quanti - prima che un'ondata di brividi lo strattonasse definitivamente fuori dalla dormi-veglia. L'immediata reazione che seguì al suo risveglio, prima ancora che le palpebre si divincolassero dalla stretta che le cuciva assieme, fu quella di liberarsi dalla morsa gelida che lo paralizzava. Accecato da quel doloroso bisogno, con uno scatto improvviso scaraventò di lato il frammento di ghiaccio. I colpi secchi sul lastricato gli urtarono i timpani come un campanello d'allarme, districando i sensi dal torpore e iniettandogli la dose di spavento necessaria a fargli riaprire gli occhi.
Dischiudendo lievemente le palpebre, attese che tutto quel chiarore asettico smettesse di oltraggiargli la vista. L'agitazione si placò gradualmente, mentre il sordo bruciore delle ferite tornava a sovrapporsi al freddo dispersosi lungo il braccio, e solo allora, riacquisita la sensibilità, venne travolto dalla consapevolezza. L'inquietudine che minacciò di invadergli il petto non fu più una semplice reazione ad un improvviso e brusco agente esterno; crebbe, contornata dal disagio, mentre silenziosamente voltava la testa verso il resto della stanza. Gli occhi si posarono sul corpo disteso della ragazza, e saettarono poi fulminei sulla sagoma che si stagliava nitida davanti all'ingresso. La figura femminile che li osservava rimase inizialmente irriconosciuta agli occhi del ragazzo, ancora troppo confuso per orientare compiutamente pensieri e memoria; ma ugualmente - e a maggior ragione -, egli venne ridotto al silenzio dal rinascente istinto di auto-preservazione che, minaccioso, cominciava ad affilare i suoi artigli di ghiaccio.
 
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