Gran Ballo di Fine Anno

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Emily Rose.
view post Posted on 28/7/2014, 14:47 by: Emily Rose.
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«And like the sea, she’s constantly changing from calm to hell.
But a Mermaid has no tears and therefore she suffers so much more.»

La sua fugace ricerca giunse presto al termine, come se il suo improvviso desiderio di ritrovare il giovane, fosse stato espresso consapevolmente ed ascoltato dalle stelle che si diceva fossero in grado di esaudire gli aneliti più reconditi dell’animo umano.
Horus Sekhmeth aveva preso la coppa tra le mani e la parola.
Il mare, complice dell’irrequietezza della ragazza, faceva da sottofondo al discorso del Tassino che, trasportato dal vento, le giungeva come eco sussurrato incitando l’ennesimo sorriso quando Ella udì le sue ironiche parole.
Fondamentalmente Emily non provava odio alcuno verso una Casata piuttosto che un’altra ed era l’indifferenza generale a regnare sovrana. Più di una volta, tuttavia, si era chiesta cosa ci facesse Horus tra le fila di Tosca, credendo che, oltre pel colore, la divisa dei Serpeverde si confacesse maggiormente alla sua figura.
Ad ogni modo,sembrava essere giunto il momento d’andare alla ricerca dei suoi Concasati, fare un breve sopralluogo e poi congedarsi dai festeggiamenti.
Si sarebbe allontanata lungo la riva, seguendo una rotta imprecisa e magari avrebbe raggiunto qualche antro sconosciuto tra le rocce che scorgeva in lontananza, alla sua destra. Quell’idea partorita dalla sua mente, avida della calma e della serenità appena trovate, la spinse quasi a compiere il primo passo all’indietro, in modo da portarsi sulla direzione scelta ma qualcosa sembrò arrestare tale volontà, dandovi una nuova forma, cambiando di netto la sua decisione:
il Tassorosso che ancora si rese conto di seguire con lo sguardo, persa nei suoi fugaci piani serali, sembrava dirigersi verso di lei.
Emily si ritrovò ad inclinare di poco il capo, assumendo un’espressione divertita e sconcertata al contempo: perché il Caposcuola arrestava il suo camminare ogni tre per due?
Conscia che non sarebbe stato carino essere beccata a sorridere di lui e provando un’improvvisa irritazione per il suo stesso chiedersi se Egli avesse effettivamente deciso di raggiungerla o meno, la Serpina distolse lo sguardo, regalandolo al cielo stellato poco sopra il confine incerto tra aria ed acqua.
Ogni volta che guardava le stelle, aveva come l’impressione che una porta venisse spalancata davanti a lei, aprendole la vista su nuove consapevolezze. Ed in quel momento, nonostante potesse essere chiunque, dovunque, aperta quella porta, realizzava che nulla era poi cambiato: era la stessa persona sotto il medesimo cielo stellato. La stessa di quando era giunta ad Hogwarts la prima volta, solcando le acque buie del Lago Nero; la stessa che quella notte di tanti anni fa, aveva incontrato per la prima volta Horus; la stessa che aveva alzato gli occhi a quelle medesime stelle invocando chissà quale pace interiore dopo aver messo fine alla vita di un Mangiamorte, di un uomo. Ma nulla può essere immune al cambiamento, al tempo. “Tutto scorre”, dicevano. Sotto quel buio cielo, dove il mondo inizia e finisce, il tempo continuava a scorrere e le cose a succedersi.
Cosa c’era in serbo per lei?
Toh, guarda.
Era dunque giunto, come atteso, come una risposta. Emily lo seppe prima ancora di udirne il “saluto” ma fu solo allora che si voltò in sua direzione, chinando il capo per riportare lo sguardo in terra, su di lui.
Le iridi chiare si strinsero mentre le labbra rosse si curvavano appena in un impercettibile sorriso ironico.

Oh, con quei gingilli illuminati dai seppur flebili raggi lunari che t’abbagliano il viso, non ti avevo riconosciuto.
Scherzò, assumendo una cadenza solo lontanamente seria.
Era perfetto nei suoi abiti ed era rimasta per un secondo interdetta, come chi non capisce subito cosa, chi, ha davanti. Ma non lo avrebbe ammesso preferendo, piuttosto, il sarcasmo.
Che fosse anche quella una forma di difesa?
Ma difesa da cosa?

Congratulazioni, Horus.
Nessun epiteto; ancora una volta, per la seconda volta, per Emily fu come interpretare qualcun altro. Lì non erano ad Hogwarts, potevano essere tutto, niente o sé stessi e forse, nonostante le maschere a cui si poteva far riferimento mettendo a fuoco i loro vestiti, il richiamare il giovane usando semplicemente il suo nome, era davvero un volersi mostrare differente dalla Emily che girava tra i corridoi della Scuola. Differente ma forse più vicina a ciò che era.
Non avvertì il bisogno di adornare quell’incontro con parole ricamate da fugace, a volte tristemente vuota, gentilezza altolocata e questo sembrò un ritorno al passato, a quella sera che forse nessuno dei due avrebbe riportato in auge.
La giovane Rose lasciò scivolare lo sguardo sui dettagli che avvolgevano la pelle candida del giovane, senza preoccuparsi che una tale attenzione potesse disturbarlo: perché vestirti a quel modo se non per essere notato?
Avida di particolari, si soffermò irrefrenabilmente sulla cicatrice che tagliava da una parte all’altra il petto di lui e la domanda espressa dalla mente a quella vista stava quasi per essere formulata.
*Non sono affari tuoi. Taci per l’amor di Salazar*
SI voltò nuovamente, lasciandosi catturare dalle onde che carezzavano con forte dolcezza la sabbia, lasciando un alone scuro su di essa, come un possessivo marchio, per pochi secondi.

Sai quale è una delle poche cose che amo della spiaggia? Guarda le tue impronte sulla sabbia; precise, sensate, ordinate.
Se tu dovessi tornare tra qualche ora, non le ritroveresti. Non ritroveresti alcun segno del tuo passaggio, di esso non resterà più niente.
Il mare cancella.
Le onde nascondono.
Sarà come se non fossimo mai stati qui. Come se non fossimo mai esistiti.
In questo luogo puoi pensare di non essere nulla.
Non è terra e non è mare.
Non è verità o falsità.
Non è niente.

C’era un che di malinconico nel tono della sua voce. Perché aveva dato voce ai suoi pensieri?
Tra lei ed il giovane non c’era mai stato un vero e proprio discorso dal giorno del loro incontro, allora perché era lì?
Di certo non per ricevere delle congratulazioni e ridere di lei con una frase random come: “Ah, ah! Io ho vinto la Coppa e tu nooo!”, puntandole un dito contro e zompettando su un piede magari.
Quell’immagine fugace l’avrebbe fatta scoppiare in una cristallina risata se non fosse stata tanto impossibile da immaginare o forse, proprio per tale motivo, si ritrovò costretta a trattenersi dal sembrare una stolta.
Quindi, cosa voleva da lei?
*Il mio antro di Paradiso tra le rocce aspetterà*






Edited by Emily Rose. - 29/7/2014, 00:43
 
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