Gran Ballo di Fine Anno

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Horus Sekhmeth
view post Posted on 1/8/2014, 22:15 by: Horus Sekhmeth
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Horus Ra Sekhmeth ♦ » » Schedule » Outfit » Details
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L'ovvietà della sua osservazione, espressa pochi momenti prima, sembrò gravargli sulle spalle come un fastidioso peso negli istanti successivi. Lui ed Emily si erano sempre scambiati poche, spicce parole eppure, al tempo stesso, quei brevi discorsi avevano un impatto diverso, rispetto alle conversazioni che, magari, il Tassorosso aveva con persone più vicine. Horus non aveva la più pallida idea di chi fosse quella ragazza, né, supponeva, lei ne avesse di lui. Non erano amici e forse non erano neanche conoscenti. Erano, semplicemente, attori della stessa opera, ritrovatisi, per caso, a recitare sopra lo stesso palcoscenico; e ne erano consapevoli. Horus non aveva idea del perché cercasse continuamente quel gioco di ruoli con la Serpeverde. Accadeva e basta, senza neanche che egli se ne rendesse conto, come se già sapesse che era ciò che andava fatto, che le maschere sul loro volto erano, ormai, impostate così e che per nulla al mondo sarebbero cadute, eterni ruoli che si sarebbero rincorsi chissà per quanto ancora, prima che il sipario calasse definitivamente su di loro. Del resto, ci son cose che, fin dal primo istante in cui si incontra qualcuno, vengono stabilite da una sorta di forza superiore, il cui nome cambia a seconda del Credo: Destino, Tuke, Fato, Chaos, Dio o Dei... non importa chi si è, dove si è, dopo quanto ci si rincontra: ciò che muove alcuni gesti e parole, alcuni sentimenti e sensazioni va al di là della concezione umana. Era dunque impossibile scappare a quel rendez-vous di ruoli, tra loro due. Ma se Horus, in un certo senso, ne era consapevole, poteva essere così anche per Emily? Il Tassino si ritrovò a chiederselo, incerto, mentre la osservava esitare un istante, prima di rispondere alla sua domanda. Chi poteva dire che quella sensazione era condivisa? Chi poteva assicurare ad Horus che lei non si fosse stancata e che non avrebbe calpestato quello sciocco scambio di identità? Ma quando la voce di lei riempì il silenzio, tragicamente reale, Horus rimase stupito da ciò che ella disse. Non era certo perché alla fine la Serpeverde aveva dimostrato di stare al gioco quanto più per l'incredibile serietà sul suo volto. Un chiaro segno che, in fin dei conti, Emily riusciva a vedere al di là dei semplici giochi e delle banali parole, comprendendo il senso più recondito e profondo di quelle battute e, macroscopicamente, di quella recita; le labbra di Horus si incurvarono in un impercettibile sorriso. Gli occhi di lei continuavano a posarsi sul Caposcuola senza timore alcuno; soltanto un leggero guizzo li illuminava di tanto in tanto, rimanendo eppur insondabili mentre si incontravano con quelli di Horus. Come se li osservasse solo in quel momento per la prima volta, illuminati dai bagliori marini, il ragazzo notò che le iridi di Emily erano di una tonalità straordinariamente simile a quella che, un tempo, anche lui aveva posseduto. E constatare quella somiglianza sconvolse Horus più del necessario, che si costrinse ad abbandonare lo scambio di sguardi, tornando ad osservare l'orizzonte sempre più nero, cancellando limiti tra mare e cielo notturno, fino a perdersi. Dov'era la realtà? Cosa era falso, cosa reale? Iridi argento ed iridi maledette; soltanto quel piccolo dettaglio poneva un muro tra di loro, troppo alto e al contempo incredibilmente trasparente, come una parete di diamante. Simili e assieme diversi; un riflesso distorto, di un'altra. Emily era, semplicemente, al di là della parete. Le loro voci attraversavano il cristallo, giungendo alle loro orecchie, scaldando i cuori o accendendo l'astuzia, la curiosità. Ma se entrambi avessero allungato la mano, non avrebbero incontrato altro che un muro. E chi dei due poteva dire di essere quello del mondo reale e quale quello dietro il cristallo? Chi poteva dire di vivere realmente, chi poteva affermare di rispettare il proprio ruolo meglio di tutti?
Ancora una volta, Horus sospirò impercettibilmente, ritrovandosi ad annegare nelle sue stesse, cupe considerazioni. Si chiese, scioccamente, se non potesse essere come uno qualsiasi dei ragazzi di Hogwarts che, quella sera, era troppo occupato a cercare qualcuno con cui ballare, fare colpo sulla ragazza di cui si era innamorato o facendo a gara con gli amici a quante più tartine entravano nel naso.
*Ti piacerebbe davvero, Ra?*
Lo sciabordio dell'acqua richiamò la sua attenzione, portando Horus a voltarsi ancora una volta verso Emily, aspettandosi di incontrare ancora una volta i suoi occhi indagatori. Con sorpresa, però, la vide avanzare verso le onde che, fameliche, lambirono rapide l'impalpabile stoffa della sua gonna la cui stoffa, in un attimo, si tinse di un colore più scuro, fondendosi con il mare. Il vento, quasi accogliendo quell'occasione, soffiò con teatralità quasi volesse spingere la fanciulla nelle braccia del dio Poseidone, agitando i capelli e gli abiti dei due. Istintivamente, Horus mosse un passo in avanti, spiazzato dall'azione di lei. Cosa diamine aveva intenzione di fare? Fino a che punto la loro recita era vera? Fino a che punto, Emily poteva tramutarsi nella Sirena di cui Horus aveva delineato i tratti?
« Potrai venire con me, magari preferirai anche tu i fondali a questo orribile mondo sporco.
O almeno, vienimi a trovare, una di quelle volte che risalirò in superficie per osservare le stelle e sentirmi poco importante. »
Emily allungò una mano verso Horus, tenendo sul palmo la piccola stella marina che, fino a qualche attimo prima, aveva adornato i suoi lunghi capelli; afferrandola, sarebbe stato forse come possedere la reliquia di una promessa che l'avrebbe spinto ad immergersi in un mondo buio per poi rischiare di non emergerne più. I polmoni si sarebbero contratti, l'aria sarebbe scomparsa e allungando una mano, il cielo non sarebbe più stato così vicino, le stelle rese opache dalla superficie sempre più buia dell'oceano.
Quella visione scosse Horus come un brivido che, d'istinto, avanzò di un altro passo nell'acqua, quasi volesse davvero seguire la fanciulla nel suo ritorno agli abissi. Ma, rapido, il ragazzo allungò una mano, cingendo il polso teso di Emily, prima ancora che lei potesse ritirarlo. Le dita di lui, premendo appena sulla pelle di lei, si strinsero attorno ad esso, con forza controllata. La spuma delle onde, allo stesso modo, cinse i loro abiti e il freddo dell'acqua penetrò la stoffa, accarezzando la pelle senza riuscire a rinfrescare la mente, annebbiata dalle emozioni. E mentre la voce del mare riempiva le orecchie del ragazzo, confondendolo, e il vento gli scompigliava i capelli, Horus tirò a sé Emily, strappandola all'oceano. La piccola stella marina, con quel gesto, cadde in acqua.

« Perché tornare negli abissi, quando puoi aspirare al Cielo? » Mormorò, per nulla conscio della distanza dimezzata tra sé e la giovane, come se non esistesse altro che quel momento. « Perché vivere nell'oscurità di un baratro, perché accontentarsi di pochi attimi di luce? » Horus corrugò le sopracciglia, notando appena distrattamente le lentiggini che si dipingevano sulle gote di lei. Tacque, mentre i suoi occhi continuavano a guardarla, i suoni che scemavano. Sentiva il cuore battere calmo nel petto, ma il sangue scorrere irruento dentro di sé. Provava rabbia, fastidio. Un' indisposizione per lo sguardo che aveva colto, quando aveva ritrovato Emily ad osservarlo, pronunciando quelle parole; che sentimento era quello che si celava dietro quel tiepido, piccolo sorriso? Era davvero tristezza, malinconia o era semplice, banale arresa al proprio destino, alle proprie catene? Perché, allora, emergere solo pochi attimi per osservare la luce per poi tornarsene da dove si era venuti? Horus sapeva, dentro di sé, che non erano affari suoi, che lui stesso annaspava nella sua stessa oscurità, ricercando la Luce che, tuttavia, spesso e volentieri si allontanava da lui. Ma il nichilismo e la sociopatia che provava per chiunque, con rare eccezioni, sembrò tacere per un istante così come si spense la logica e la ragione. E, in quel momento, Horus si rese conto che, stranamente, veder sprofondare Emily nelle acque del mare, esattamente come una sirena che torna a casa, lo innervosiva ancor di più. « Non tornare negli abissi, che siano o meno la tua casa. Non lasciare che ti posseggano, ancora. » Disse; la presa sul polso di lei si rinsaldò appena, con tenace delicatezza. Ah! Com'erano vicini, quei freddi occhi. Avrebbero potuto trafiggerlo come lame di spada?
« Raggiungi quelle stelle. Nessuno potrà vederti tramutarti in supernova, quando esploderai, negli abissi. Neanche te stessa.
Anela al Cielo. »


« The lying, the devil, the silence
Embracing the world on the edge
— Let us burn —
The night in the skies here tonight
— Let us burn —
In this fire that makes us yearn
We're fighting our fear of the silence
We're running through walls where they stand
— Let us burn. —
I'm searching no more for tomorrow
I reach for the skies while I can.
The unknown will always be waiting. »

« I'm not strong enough to pay this ransom. One more monster crawled inside, but I swear I saw it die. Can you save me from the nothing I've become? »

 
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