Gran Ballo di Fine Anno

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Emily Rose.
view post Posted on 2/8/2014, 22:59 by: Emily Rose.
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« We both know that
The nights
Were made for saying things
You can’t say
Tomorrow day.»

Un passo.
Emily osservava Horus avanzare come mosso da quella forte brezza che aveva reso la scena ancora più drammatica, ancor più reale.
Ma la giovane Rose non era una Sirena, non poteva fuggire e sprofondare negli abissi senza regalarvi la propria anima, tornando a galla come mero corpo vuoto. Eppure quel buio, quell’oscurità, quella pace che dimoravano al di sotto della cristallina superficie della medesima acqua che raggelava i loro corpi, sembravano invocare il suo nome, attendendola con la promessa di un dolce riposo, di una cura che avrebbe dato l’impressione di riempire il vuoto dalla dubbia consistenza che la fanciulla si era abituata ad avvertire all’altezza del suo petto.
*Stai avanzando perché sai quanto, di vero, c’è in questo gioco che portiamo avanti?*
La verità è che viviamo tutti a metà. Siamo come frenati, costantemente e a volte inconsapevolmente, dal giudizio degli altri, dall’impressione sbagliata che potremmo dare, anche quando di veramente sbagliato non v’è nulla.
Cosa avrebbe detto Horus se Emily gli avesse raccontato delle notti in cui aveva imprecato contro quello stesso cielo testimone del loro incontro? Cosa avrebbe pensato di lei, se gli avesse confidato che aveva scelto l’oscurità perché era familiare, perché la conosceva da sempre, faceva parte di lei e sarebbe stato sempre così?
Dal punto di vista fisico, l’oscurità, il buio, non esistono; vengono intesi come “assenza di luce”. Emily, dunque, non si era trovata dinanzi ad una decisione vera e propria, aveva semplicemente continuato il cammino a lei più affine: non v’era barlume alcuno lunga la sua strada se non le stelle, visibili soltanto nelle tenebre; ma le stelle sono lontane ed il Tassino aveva ragione nel dire che qualsiasi corpo celeste dotato di luce propria si stesse guardando, questi poteva essersi spento da milioni di anni.

Due passi.

Per un istante la Serpina credette che il ragazzo stesse per affiancarla e dinanzi a quella vana presa di coscienza, provò una strana sensazione, un piccolo sussulto che causò il fermarsi del respiro.
Riusciva a capire il perché delle sue parole? Comprendeva davvero il confine sottile che ormai aleggiava tra gioco e realtà? Per decidere di raggiungerla, lui doveva certamente sapere cosa poteva voler dire qualcosa come il non essere in grado di tornare indietro quando hai l’anima macchiata dal sangue figurato di un atroce crimine reale.
E quasi se ne meravigliò; quasi ne fu contenta seppur al tempo stesso dispiaciuta perché ciò poteva significare che anche lui era in balia di una terribile tempesta interiore.
La mente di Emily lavorava frenetica, partendo da speranze nate in un battito di ciglia, costruendoci sopra interi castelli forse inesistenti ma non più fatti di stanze vuote ove l’unico rumore presente era l’eco della propria voce spezzata dal tormento. Lui stava forse per rispondere a quell’eco?
Ci sono istanti in cui anche all’occhio più sobrio della ragione, il mondo della triste umanità assumerebbe le sembianze dell’Inferno; si avverte il bisogno di alienarsi, di avere, in qualche modo, speranza.
In quel momento, non più fatto di secondi, minuti od ore ma di un eterno presente di cui i due giovani sarebbero stati per sempre gli unici protagonisti, la fanciulla sembrò addolcirsi di poco mentre per un attimo la sua anima credette di gioire per averne trovata una a lei affine.
Ma non fu così ed anche se Horus avrebbe davvero potuto comprendere il tormento della sua collega, se anche avesse posseduto un animo a lei simile o in qualche modo legato, con ogni probabilità, non lo avrebbe saputo.
Il gesto del ragazzo la colse dunque di sorpresa, andando contro ciò che si sarebbe aspettata, impedendole, per tale motivo, una qualsiasi reazione.
Il corpo non conosce la differenza tra la rabbia e l’euforia, tra il panico ed il dubbio, tra l’inizio e la fine, tra il desiderio ed il timore; in caso di difesa, da' una sola risposta: la fuga.
Mentre veniva tirata verso il Tassorosso con facilità inaudita, con il complice aiuto delle onde che sembravano non volerla più bramare dopo i pensieri che aveva fatto capolino nella sua mente, al di là delle emozioni che poteva provare, il suo corpo sembrava essere in grado di rispondere solo in un modo:
vai via.
Perché tornare negli abissi quando puoi aspirare al cielo
Emily ignorò l’impulso che l’avrebbe normalmente costretta ad allontanarsi e le risultò più facile del previsto. Le aveva agguantato il polso, costringendola a voltarsi, a tornare indietro, a ritrarsi dal mare aperto per ancorarsi a lui e tutto ciò la confuse non poco. Fu come perdere il senso dell’orientamento e la capacità di ragionare lucidamente, tutt'insieme.
Ed ancora una volta: non si aspettava quella reazione, non si aspettava quella vicinanza, ritrovandosi a poggiare la destra sul petto nudo di lui mentre l’altra lasciava cadere la stella marina tra la spuma, reazione istintiva nell’istante stesso in cui Emily si ritrovava a gettare al vento tutte le sue supposizioni, stupita.
Gli occhi erano fermi sui cerchi formati sulla superficie dell’acqua dall’oggetto ormai perduto; quanto odiava quella sensazione. Perché si sentiva così… Stupida?
Inspirò profondamente e spostò lo sguardo verso l’alto, fino ad incrociare quello del Tassino il cui volto era di difficile interpretazione. Fronte corrugata, espressione seria: cosa andava pensando?
Non lasciare che ti posseggano ancora.
Emily provò nuovamente il bisogno di spingerlo via e correre lungo la spiaggia, lontano: non era l’oceano a possederla in quel momento. Non era l’oceano il posto in cui voleva fuggire, non più ed il prendere coscienza di ciò sembrava infastidirla non poco. Questo e quel candore metallico, innaturale, dei suoi occhi che l’attraevano a sé e, al contempo, la incitavano ad andare via senza voltarsi.
Si pensa che più si va lontano e più si vedrà poco e distante ciò che si è lasciati alle spalle. Ma le regole della prospettiva non sono sempre valide e di sicuro non lo erano per loro.
Non v’era prospettiva.
Non v’era razionalità.
Solo istinto e reazioni.
La presa sul suo polso si fece leggermente più forte ma Emily non l’avvertì, impegnata ad attendere le parole che avrebbero seguito il lento schiudersi delle labbra che stava osservando per la prima volta così da vicino.
Anela al cielo.

Potrei farlo ma mi lascerebbero cadere verso il basso. Verso gli abissi. Non è il mio posto, il cielo.
Quale era il suo posto? Forse non lo sapeva nemmeno lei. Forse non esisteva per nessuno.
La destra della ragazza si posò sulla stoffa nera che dal collo di Horus scendeva esattamente al centro del suo petto; ne accarezzò i bordi, fissando i fili dorati.
*Non pensare si essere così determinata. Perché non ammetti che non vuoi allontanarti?*
Si morse il labbro inferiore con incredibile naturalezza: l’ultimo gesto che annunciava la resa.
Sapeva ciò che doveva fare ma sarebbe stato esattamente il contrario di ciò che avrebbe fatto. Stava infrangendo le sue stesse regole ed obblighi, andando contro ciò che si era sempre imposta e che gli altri si aspettavano da lei e per una volta, le risultò semplice. Una dolce resa senza l’ombra di alcuna lotta interiore.

Così tanti eventi scolastici e non mi hai mai concesso l’onore di un ballo.
Mentre sventolava bandiera bianca verso la sua immagine riflessa, Emily sembrò continuare senza dar peso alcuno alle parole pronunciate da lei stessa poco prima.
Il mare si fece improvvisamente silenzioso alle sue orecchie mentre cercava di concentrarsi sulla lenta melodia che proveniva dall’Evento di cui aveva dimenticato persino l’esistenza.
La mano esile scivolò dalla stoffa che prima cingeva tra le dita, fino al collo del suo salvatore, in modo che il braccio risalisse lungo quello di lui e le dita si poggiassero delicatamente dietro la sua testa.
Tentò di liberarsi dolcemente dalla presa che Egli teneva sul suo polso in modo che la sinistra, qualora fosse stata libera di muoversi, avesse cercato la destra di lui, costruendo così l’armonica posizione di base di un semplice lento.

Le Sirene ammaliano i marinai, li adescano per poi ucciderli o farli loro schiavi.
Sussurrò mentre cercava nuovamente i suoi occhi.
Anche se volessi tornare negli Abissi, mi ripudierebbero per ciò che non ho avuto il coraggio di farti.

« Take a look beyond the silver glades
See darkness weave with many shades

Gonna soften the blow,
soften the blow and give it up
I saw the surprise, the look in your eyes, and gave it up
Gonna be who I am and give it up

Therefore the dark stays inside
You kill a part of me keeping me alive »
 
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32 replies since 11/7/2014, 12:07   946 views
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