Gran Ballo di Fine Anno

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Horus Sekhmeth
view post Posted on 21/8/2014, 00:42 by: Horus Sekhmeth
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Horus Ra Sekhmeth ♦ » » Schedule » Outfit » Details
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« It burns into your heart,
the darkness that you fear.
You were never free, and you never realized.
And love is a word you've never heard.
Your heart ain't cold 'cause it burns,
A desire to leave the mire.
Take your breath 'til nothing's left.
Scars of life upon your chest.
And I know wherever it goes.»

Era straordinario come Horus fosse riuscito, solo in quel momento, a comprendere, forse solo in parte, la reale essenza di Emily. Non quella interiore; quella mai, e poi mai, un altro essere umano avrebbe saputo coglierla al di fuori della ragazza stessa. Ma quella esteriore, quella che, all'apparenza, poteva saltare all'occhio di chi, attento, l'avesse osservata cercando di sviare la superficialità e la banalità. Lo stesso meticoloso studio che il ragazzo aveva fatto, scrutando gli occhi della fanciulla, il suo viso, i suoi gesti, ascoltando le sue parole, sentendo il suo profumo e il suo calore.
Emily non era una Sirena. Emily, semplicemente, era l'Oceano. Affascinante, all'apparenza tranquillo e padrone di sé, ma pronto a incresparsi al minimo soffio; le sue acque, gelide, intorpidivano i sensi e, al contempo, la sua vastità donava un senso di libertà che nella realtà si esprimeva nell'incredibile varietà di maschere che sia lei che lui indossavano ogni qualvolta si incontravano. Sebbene sembrasse un controsenso, quello scambio di ruoli, altro non era, invece, che un allontanamento dai compiti e dalle vesti della vita reale, divenendo così una sorta di bieca libertà; la luce si rifletteva sulla sua superficie, senza mai riuscire a penetrare nelle sue profondità. Horus aumentò, leggermente, l'andatura del ballo, mentre osservava assorto il mare brillare. Si disse che una Sirena, in fondo, non è che l'Oceano per antonomasia, così come il Falco lo è per il Cielo.
Accantonando quei pensieri, il Tassorosso sorrise alla risposta di Emily, piccata dalla sua velata, sottile accusa, ma preferì tacere, rimuginando sulle sue parole. Dalla sua reazione si poteva facilmente dedurre che, era vero, la Serpeverde non era certo consapevole del fascino che esercitava sugli altri, come invece poteva esserlo Aryadne Cavendish. O almeno, non su Horus che, dal suo canto, ancora stentava ad ammetterlo. Sapeva, sì, che era una ragazza particolare e come tale stuzzicava la sua curiosità, relegando il tutto a delle considerazioni marginali ed infantili. Ma era sul serio immune come credeva? Gli occhi del giovane abbandonarono l'orizzonte del mare, posandosi sulla spalla di lei. Qualche disordinata ciocca rossa spiccava sulla pelle bianca assomigliando a sottili rigagnoli di sangue sulla neve, richiamando alla memoria la stessa, suggestiva immagine che gli avevano ricordato i capelli della stessa Cavendish un pomeriggio d'inverno di un paio di anni prima. Le squame iridescenti, nonostante la poca illuminazione, continuavano a lanciare bagliori come se emanassero luce propria. La grazia con cui Emily seguiva i movimenti di Horus e al contempo, la decisione con cui si appoggiava al suo petto erano in netto contrasto tra di loro, confondendolo.

« Se il Cielo fosse il tuo posto e gli Abissi il mio, chi pensi che dovremmo ringraziare per averci concesso questo incontro? »
La voce di Emily si perse nel vento, ma, nonostante questo, si radicò nel Tassorosso, il cui ballo si interruppe a poco a poco, sfumando. I due ragazzi rimasero immersi, fino alle caviglie, nell'acqua, immobili sotto la luce della luna.
« Il Chaos. » Il sussurro di Horus venne, anch'esso, portato via dalla brezza marina, mentre il giovane ammorbidiva la presa su Emily. Non seppe se la ragazza avrebbe compreso quelle parole; il Credo di Horus era qualcosa che, nel bene e nel male, regolava la sua vita, una parte di sé e della sua storia che custodiva gelosamente ed era, in un certo senso, un violento ossimoro con la sua Religione. Non gli avevano forse insegnato che erano gli Dei, a regolare tutto? Il Chaos era distruzione, disordine, per la maggior parte degli uomini. Eppure, per Horus, era un ordine cosmico dato dalle coincidenze, dagli avvenimenti, dalle frasi dette e non dette che contribuivano a creare situazioni e incontri, conoscenze, amicizie, amori e nemici.
*Poco importa. È così, che lei lo comprenda o meno.
Quelle considerazioni vennero interrotte nuovamente dalla voce, esile, di Emily.
Il suo sussurro giunse alle orecchie di Horus più forte che mai, come se la ragazza avesse urlato a gran voce sovrastando persino il vento. E la reazione che provocò, fu altrettanto chiassosa, in lui. Il Tassorosso aggrottò le sopracciglia, trattenendosi dal roteare gli occhi. Lo strano nervosismo provato in precedenza quella sera, tornò a montare con prepotenza, mitigato da un bislacco istinto di protezione —stroncato sul nascere— che salì quando Horus incontrò gli occhi della giovane.

« Sarebbe alquanto triste, nonché scadente, accontentarsi di un mero riverbero. » Affermò, sprezzante, assottigliando lo sguardo. Rimase in silenzio, chiedendosi il perché di quel tumulto interiore, perché quella ragazza scatenasse in lui tante domande e tanti contrasti, sballottolandoli esattamente come se le parole di Emily fossero state onde. Si chiese come poteva esistere qualcuno così arrendevole alla propria condizione di prigioniero e si chiese, allo stesso tempo, perché cavolo gli interessasse. Che affondasse lei, e tutta la baracca, si rimbrottò interiormente. Poi, improvvisamente, capì. Guardando quegli occhi grandi, cupi e al contempo luminosi, comprese ciò che fino a quel momento non aveva voluto vedere né accettare.
« Sai... » Esordì, spostando lo sguardo verso la propria sinistra, dove il mare si apriva e luccicava alla luna.
« Credo di essermi sbagliato. Forse tu hai ragione. » I suoi occhi, freddi, tornarono a guardare il volto della giovane. La mano che cingeva delicatamente il fianco di lei, sciolse la presa.
« Non avevi affatto intenzione di ammaliarmi. » Ripeté, atono, le parole di lei. « Ma il problema è... » Come se tutto perdesse consistenza, come se l'illuminazione di poco prima occupasse completamente la sua testa, offuscandone i sensi e la ragione, la mano di Horus afferrò il mento della giovane. Le dita premettero sulla pelle morbida, alzandole il viso; gli occhi, calamitati, non abbandonarono neanche per un istante quelli della Serpeverde.
« ...Che potrebbe essere troppo tardi. » La mano ancora stretta a quella di Emily, nel ballo, si strinse. Il volto di Horus si avvicinò a quello della giovane, finché il suo respiro non ne sfiorò le labbra;
« Potresti avermi già ammaliato, tuo e mio malgrado. » Sussurrò, socchiudendo gli occhi, gli angoli della bocca leggermente incurvati. Se lei non si fosse spostata, avrebbe potuto quasi sfiorare le sue labbra, cingendola in quella stretta venefica, per entrambi.
Fu una fitta al petto, ad impedire qualsiasi cosa, ancor prima di Emily. L'egoismo del giovane si incrinò, mentre il cuore martellava imponente nel petto, gridando a gran voce la follia. Non puoi, non puoi! sembrava urlargli, rimbalzando furente contro la gabbia toracica. Ah, come sarebbe stato bello, invece, abbandonarsi a quell'insolita attrazione, abbandonare quei sentimenti tanto dolorosi, che l'avevano costretto a scelte così maledettamente sofferte e l'avevano condannato a soffocare i rimorsi e i sentimenti.
Fallo, fallo! urlava la testa. Cosa si prova, quando, cercando la propria Via, ci si ritrova, ad un passo dagli Abissi?

« La nostra Reginetta del ballo è Miss Emily Rose, accompagnata dal suo Re, il signor Horus Sekhmeth. Un applauso per loro! » Molesta e non richiesta, seppur lontana, la voce della Vice-Preside giunse alle loro orecchie, venendo accolta da Horus da una parte, con irritazione e dall'altra, con sollievo. Cercando di non scomporsi, e impedendosi di reagire bruscamente in modo tale da non lasciar intendere ad Emily i suoi tentennamenti, rimase immobile, allentando solamente la presa sul viso e sulla mano della Serpeverde, scostando il viso quel tanto che bastava per azzerare la tentazione.
« A quanto pare, è un vizio, quello di divenire Re e Regina del Ballo, mh? » Disse, sardonico e con una naturalezza che stupì persino se stesso. Nonostante tutto, non aveva intenzione di salire su quel dannatissimo palco. Non più. Voleva solo...
*Ficcare la testa nella sabbia, huh.
« Lascio a te l'onore di ringraziare "il popolo". » La canzonò, muovendo un passo indietro e liberando dalla stretta la giovane, ostinandosi a non abbandonare il suo sguardo e a non farsi schiacciare dalle emozioni e dallo strano formicolio che sentiva sulle guance e sulla punta delle dita.

Il cuore, nel petto, batteva ancora, dolorosamente.


« And we run with a lonely heart
And we run for this killing love
And we run 'til the heavens above
Yeah, we run running in the dark
And we run 'til we fall apart
And we run 'til the heavens above. »




« I'm not strong enough to pay this ransom. One more monster crawled inside, but I swear I saw it die. Can you save me from the nothing I've become? »

 
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