Gran Ballo di Fine Anno

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view post Posted on 29/7/2014, 00:56
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Horus Ra Sekhmeth ♦ » » Schedule » Outfit » Details
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Era partito con nient'altro che la testa affollata di pensieri e ricordi, senza un punto da dove incominciare, senza un piano, senza un discorso; a dirla tutta, senza neanche una motivazione vera e propria. I suoi piedi, dopo l'indecisione iniziale, l'avevano infine condotto verso Emily senza che Horus potesse fare dietrofront una volta per tutte. A suo discapito, del resto, andava l'immenso spazio che fino a poco prima aveva considerato un pregio di quella location: senza nessuno a pararsi davanti a lui, se non fatta eccezione per qualche sporadico gruppetto, era più che scontato che la ragazza si accorgesse di lui. Ormai, era fatta. Quando lei parlò, ironica come sempre, Horus sbuffò divertito, alzando un sopracciglio.
« Devo stare attento allora affinché i miei gingilli non illuminino te, o ci ritroveremo d'improvviso in una discoteca. » Rispose col medesimo tono di lei, facendo finta di sistemare la cinta dorata in modo da spostare la luce. Quando Emily pronunciò il suo nome, senza preavviso, Horus fece fatica a mascherare il leggero sussulto che gli aveva provocato, riuscendo a non alzare la testa di scatto come reazione involontaria. Lentamente, sollevò il volto verso di lei, lasciando sfumare il sorriso dapprima ironico, in uno più morbido e neutrale, gli occhi che osservavano intensamente quelli di lei.
« Grazie, Claire. » Si limitò a dirle, ponendo una leggera enfasi nel pronunciare il suo nome. Era chiaro per cosa lei si congratulasse, eppure la confidenza che si era presa, nel chiamarlo per nome stonava incredibilmente con la proverbiale freddezza che veniva dipinta (a buon ragione) addosso la Caposcuola Serpeverde. Lo aveva infastidito? No, si disse il giovane, corrugando appena le sopracciglia al pensiero. Eppure si chiese cosa l'avesse spinta ad uscire fuori dai soliti schemi, con un gesto all'apparenza insignificante. Era forse l'atmosfera di assoluta libertà che quel ballo, fuori dalle mura di Hogwarts, donava? Oppure era un vago tentativo di mostrarsi più aperta, meno criptica, rispetto agli eventi passati? *... Inutile, cosa me ne importa?*
Ecco, il problema è che gli importava sempre più di quanto lui stesso avesse voluto ammettere. Preso da quelle considerazioni, non si avvide nemmeno degli attimi di silenzio che erano intercorsi e quando si riconcentrò su Emily, si accorse che lo sguardo di lei seguiva, per qualche attimo, i contorni della cicatrice sul suo petto. In quel momento, Horus sentì il calore salirgli alle orecchie e benedisse il copricapo che indossava e i supi capelli rossi, che assicuravano una fantastica copertura a quella palese dimostrazione di imbarazzo. Con discrezione e con non-chalance, quindi, incrociò le braccia, in modo tale da nascondere almeno parzialmente la cicatrice alla vista. Si sentì immensamente a disagio e nudo come un verme, come se tutti quegli strati di stoffa e gioielli non fossero fatti che di cristallo trasparente. Avrebbe voluto aprir la bocca per parlare, tirar fuori una blanda scusa — *"Eh niente, a mia nonna è scappato il trinciapolli di mano, quand'ero piccolo e la aiutavo a cucinare, mentre stavamo ballando insieme una salsa."* — ma Horus si ostinò a tacere. Non ce n'era bisogno, si rimproverò. Quando Emily si voltò, senza dir nulla al riguardo, il giovane sospirò impercettibilmente di sollievo. Si ritrovò così a partecipare, quasi in punta di piedi, all'esposizione dei pensieri della ragazza —stupendolo non poco— le parole di lei, decidendo di affiancarla e seguendo il suo sguardo verso il mare. Le onde si susseguivano con ritmo lento, accompagnate dal dolce suono della risacca. Gli strascichi della magia che incantava le acque le faceva brillare a malapena e quando un'onda si ritirava dalla spiaggia, regalava alla sabbia quel tenue luccichio che la impreziosiva, finché di nuovo l'acqua non tornava a possederla e così ancora, e ancora in un moto sempiterno. La voce di Emily, velata dalla malinconia, sembrava un morbido sussurro alle onde stesse e ad esse pareva legarsi. Un piccolo paguro sbucò da dietro un sassolino, zampettando sulla spiaggia bagnata alla ricerca di qualcosa da spiluccare, finché l'ennesima onda non lo travolse.
« In un certo senso, hai ragione. » Convenne il Tassorosso, senza distogliere lo sguardo dal punto ove l'animale era scomparso. Quando l'acqua si ritirò, lasciando una scia di schiuma brillante, il paguro uscì dal suo guscio, come se nulla fosse stato, e ricominciò a camminare.
« Ma è anche vero che questo non si limita alla sola spiaggia. » Horus alzò gli occhi verso l'alto, godendosi la vista di un meraviglioso cielo stellato. Da quella latitudine, erano visibili costellazioni che mai aveva visto prima, se non in qualche libro di Astronomia, e questo lo rinfrancava più di qualsiasi altra cosa. « Siamo infinitamente piccoli, come granelli di sabbia. La luce che lassù osserviamo, potrebbe ormai essersi spenta da migliaia di anni e noi non possiamo che guardarne il mero riverbero attraverso il Tempo, chiedendoci: "Ciò che guardo, vive ancora? O è un'illusione?". Ma siamo troppo poco importanti, per poter sapere la verità. In qualsiasi parte del mondo, qualsiasi cosa facciamo, siamo tutto e niente. Con o senza la risacca del mare, a cancellare le nostre orme, prima o poi ci spegneremo. E non resterà che un piccolo riverbero che a poco a poco scomparirà. Come se non fossimo mai esistiti. » *Viviamo solo nei ricordi... e talvolta... neanche in quelli.* A poco a poco, la sua voce si era affievolita, le sue parole vennero allontanate dal vento, ma Horus era consapevole che Emily sarebbe riuscita ad udirle. Rimasero ancora qualche altro istante, in silenzio, accarezzati dalla brezza marina; in lontananza, l'eco delle chiacchiere e della musica della festa, così vicina, così distante.
« Io e te parliamo davvero poco. » *Ma va?* Disse d'un tratto, voltandosi verso la ragazza. I tiepidi raggi lunari e il bagliore del mare le illuminavano il volto e il collo, riflettendosi sulle scaglie olografiche che le decoravano le spalle donandole un particolare gioco di luci che accentuava l'eterea figura. « Eppure, quando lo facciamo, tiriamo fuori veri e propri dilemmi esistenziali che ci fanno sembrare due che han vissuto troppo. » Rise, debolmente, stringendo appena la presa sulle proprie braccia. « Quanto hai veramente vissuto sulla Terra, oh Sirenetta? »

« I'm not strong enough to pay this ransom. One more monster crawled inside, but I swear I saw it die. Can you save me from the nothing I've become? »

 
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Jo Gaarder
view post Posted on 29/7/2014, 13:24




Jo era piegata in due dalle risate. Non che fosse successo qualcosa di particolarmente divertente, ma non riusciva proprio a smettere. Era iniziata come una risata normale, di quelle che si fanno quando si ride ad una propria battuta, tra l’altro un po’ banale, seguita da quella di Lucy, che, per qualche motivo ignoto, aveva attaccato alla Grifondoro una vera e propria ridarella.
-Non.. riesco.. a.. smettere..- cercò di articolare, con la bocca piegata in un sorriso a trentadue denti che non accennava ad andarsene. Bastava semplicemente respirare con calma. Ma come mai era così difficile? Ogni volta che ci provava le venivano in mente le cose più buffe e strane che avesse mai visto e questo non faceva che aumentare la sua risata. Che avessero messo qualcosa di strano nel succo tropicale o era semplicemente qualcosa nell’aria? Oppure era semplicemente il suo spirito festaiolo che si era liberato dopo undici anni di prigionia e si stava scatenando tutto in un unico momento.
-Ok, ok.. ce la posso fare- disse dopo una ventina di secondi, concentrandosi sul respirare profondamente e regolarmente. E finalmente si calmò.
-Non so cosa mi sia preso..- cercò di giustificarsi. –Ti giuro che non sono pazza e nemmeno psicopatica. Parola di scout.- Dubitava che Lucy conoscesse il vero significato della parola scout, dato che era una figura babbana, ma Jo accompagnò lo stesso le sue parole con il simbolo di quel gruppo, le tre dita centrali alzate e il pollice piegato sul mignolo. Proprio come facevano (o meglio si ricordava che facessero) i suoi due fratelli più grandi. In realtà, questo gesto la fece ridere di nuovo, ma, per fortuna, riuscì a contenersi e ad evitare una degenerazione.
Si accorse che non si sentiva così allegra e spensierata da un po’, ma subito scacciò quest’idea dalla sua testa, come se il solo pensarci avesse potuto riportarle alla mente pensieri che aveva chiuso in piccoli scompartimenti, ma che da troppo tempo premevano per uscire allo scoperto.
La ragazza addentò un grosso pezzo di quello che sembrava un muffin ai frutti tropicali e si mise ad osservare di nuovo l’incantevole spiaggia che quell’anno era stata scelta per ospitare il ballo di fine anno.
Jo, fin da piccola, aveva sempre amato l’oceano. Le piaceva nuotarci, nonostante nel sud dell’Inghilterra fosse davvero molto freddo, ma ancora di più le piacevano le onde. Quando c’era una tempesta, passava ore attaccata alla finestra di camera sua, dalla quale era possibile scorgere il mare, a guardare le onde che si infrangevano con violenza contro gli scogli, riuscendo comunque a continuare il loro cammino, inarrestabili. Immaginava di possedere quella stessa forza, capace di spazzare via ogni cosa si contrapponesse tra lei e la sua meta.

-Mi piacerebbe potermi immergere in quell’acqua cristallina o perlomeno sentire l’acqua fresca sui piedi.- disse, rivolgendosi alla Tassorosso. Suonava più come l’espressione di un desiderio, ma, per Jo, volere una cosa e farla significava più o meno la stessa cosa. Non che fosse viziata ed fosse abituata ad avere sempre tutto, ma semplicemente possedeva una determinazione tale che aveva imparato a raggiungere, o almeno ad avvicinarsi il più possibile, a tutti i suoi obbiettivi, non importava se piccoli o grandi.
La Grifondoro si tolse i sandali e camminò a piedi nudi sulla sabbia fine che le solleticava i piedi, fino ad incontrare quella bagnata del bagnasciuga. Fece qualche altro passo e si fermò, proprio mentre l’acqua, spinta dalla forza di una piccola onda, le bagnava i piedi e le caviglie.

-Vieni, Lucy! E’ bellissimo!- gridò estasiata. Era tanto che non provava quella sensazione. Significava casa e fino a quel momento, non si era ancora accorta di quanto le mancasse.
 
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view post Posted on 29/7/2014, 21:35
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Aveva parlato senza prendere in considerazione le diverse e possibili reazioni del ragazzo; avrebbe potuto considerarla pazza, dirle che, magari, aveva esagerato col vino elfico, incitandola a tornare ai propri dormitori prima che il suo vaneggiare divenisse spettacolo per i presenti. Invece, colpita dalle parole che le giunsero in risposta, Emily sembrò rilassarsi, felice di sentirsi, seppur superficialmente e solo in relazione a quei “dilemmi esistenziali” - così da lui definiti, compresa.
È inquietante il fenomeno chiamato “comprensione”.
È inquietante come delle volte, improvvisamente, ci colpisce la verità delle cose.
È inquietante la sensazione che ci avvolge quando, in un solo istante, si riesce a capire la banalità, lo squallore di certe persone e la profondità, l’incredibile bellezza di altre.
Emily alzò istintivamente il capo, posando lo sguardo sul volto perfetto del Tassino, adornato da un ciuffo ribelle e da una voglia rossastra che sempre aveva incuriosito la fanciulla; al buio, fermi sulla riva, coi raggi lunari che illuminavano il candore delle loro fattezze scoperte, le sembrò di guardarlo per la prima volta.
Aveva incrociato Horus diverse volte tra i corridoi della Scuola e pochi mesi addietro, aveva persino creduto d’aver visto la sua chioma rossastra, venata da accesi riflessi arancioni, oltre la vetrina di un negozio a Diagon Alley ma non aveva avuto alcun motivo per constatare la veridicità delle sue impressioni; nonostante i mesi, gli anni, vissuti tra le stesse mura, nonostante il ruolo che li accomunava, Emily, a differenza di ciò che pensava di molte altre persone, non era mai riuscita a farsi un’idea di lui, chiedendosi, di tanto in tanto, quanto fossero vere le voci sul suo conto, chi fosse lui in realtà.
Dicevano avesse una ragazza, Tassorosso anche lei e pensando alla donzella che aveva visto accompagnarlo all’ultimo Ballo, poteva almeno supporre che il giovane Sekhmeth avesse buon gusto in merito.
Ma per il resto, non sapeva nulla di lui e questo non faceva che generare in lei stupore ogni volta che avevano avuto modo d’incontrarsi, ogni volta che lui le rispondeva, spiazzandola e sorprendendola, facendo l’esatto contrario di ciò che s’aspettava da una persona “comune”.
Siamo troppo poco importanti
Fu quella frase a colpirla più del constatare quanto simili ai propri fossero i suoi pensieri. Se avesse tuttavia dovuto spiegarne il motivo, non ci sarebbe riuscita, non in quel momento. C’era qualcosa di così drammaticamente vero ma confortante in quelle parole che il peso di ciò che la Serpina andava pensando poco prima, sembrò essere inghiottito da quelle stesse onde, così distanti e vicine, che bramavano la seta blu marino.

Spero di spegnermi dopo una grande esplosione allora.
Asserì, pensando a quelle stelle più grandi che, prossime alla morte, durante la loro ultima fase di vita, esplodono in maniera spettacolare, formando delle supernove.
*Se fossi una stella, se ti spegnessi, daresti vita ad un buco nero, Rose*
Pensò teatralmente mentre restava in balia del volto del Caposcuola come se ad ogni secondo passato ad osservarlo senza essere notata – od almeno così credeva, corrispondesse una maggiore comprensione riguardo al suo essere.
La sua domanda, volta evidentemente a portare una ventata di leggerezza nel loro discorso, la colse, ancora, di sorpresa, soprattutto perché i suoi occhi metallici incontrarono i propri.

Abbastanza da voler tornare negli abissi.
Rispose dopo attimi di, sperò inosservata, esitazione. Non addolcì le sue parole con il sorriso che ci si sarebbe aspettato da chi sta tacitamente al gioco messo in atto dal proprio interlocutore.
Le iridi di quel ragazzo avevano un colore sovrannaturale; l’avevano scoperta ad osservarlo quando Egli s’era voltato? Si era sentito a disagio? Provava anche lui quella strana sensazione che Emily non poteva, non voleva, spiegare, fingendo piuttosto che non esistesse; che non le importasse.
*Invece sembra proprio che t’importi*
Prima ancora che fosse lui a rompere il contatto visivo, Emily si voltò e senza indizio alcuno, mosse un passo verso le acque del mare. Le onde, assetate, vennero dunque accontentate: gli orli della gonna che sfioravano la fine sabbia bianca, furono i primi a bagnarsi, lasciando che l’acqua si trasmettesse lungo la seta morbida e leggera.
Un altro passo.
La brezza costante che solleticava la pelle della fanciulla con dolcezza, spirò con forza crescente, gettando indietro una ciocca dei suoi lunghi capelli vermigli, impigliandola tra due canali della stella marina adagiata sul capo.
Con la sinistra Emily liberò lentamente i capelli dall’Asteroidea, stringendo quest’ultima tra le esili dita adornate da due anelli dorati.
Riportò lo sguardo sul ragazzo e questa volta, seppur quasi in modo impercettibile, sorrise; gli tese la mano e l’oggetto inanimato.

Potrai venire con me, magari preferirai anche tu i fondali a questo orribile mondo sporco.
O almeno, vienimi a trovare, una di quelle volte che risalirò in superficie per osservare le stelle e sentirmi
*bene* poco importante.




 
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view post Posted on 30/7/2014, 14:22
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Il ballo di fine anno. Non partecipava a un ballo scolastico da quasi due anni e quel l'unico era stato il suo primo e ultimo. Finora.
Seduta sul bordo del letto guardava i vestiti stesi con cura di traverso sul materasso, freschi freschi di spedizione, puliti ed eleganti. Troppo eleganti. Troppo belli. Con le dita sfiorò la stoffa leggera della gonna, lunga fino ai piedi, tagliata in modo da non farla apparire ridicola, ma ben proporzionata. Era di un bel color blu zaffiro che virava verso il bianco man mano che ci di avvicinava all'orlo, decorato con un motivo di pizzo e perle a simulare la spuma marina. Le pieghe della gonna si deformarono, gonfiandosi, quando Elhena la sollevò per ammirarla meglio. Forse non avrebbe avuto la sicurezza necessaria per indossarla. Si chiese, sconsolata, perché sua nonna, suo padre e sua madre - chiunque avesse scelto - avessero dovuto optare per un abito tanto impegnativo. Almeno lo era per lei.
Posò la gonna e passò a valutare il sopra. Era un bustino di tessuto increspato, più liscio lungo i bordi. Non era scollato, ma al contrario saliva alto a cingere il collo, allacciandosi sulla schiena grazie a una serie di bottoni madreperlacei. La pancia rimaneva scoperta. Discrete pietre color acquamarina ornavano l'orlo delle maniche, le quali presentavano su entrambi i lati un taglio abbastanza ampio da lasciare scoperti le spalle e le braccia. La stoffa lieve copriva gli avambracci e si fermava qualche centimetro prima dei polsi.
Una volta vestita la Tassina si guardò allo specchio. Si trovò carina, quasi bella. Per la prima volta il desiderio di nascondersi non fu tanto forte da permeare ogni cellula del suo essere. Si chinò per allacciare i sandali, bassi e di color argento. I lacci si intrecciavano vicino alle dita, si incrociavano sul dorso del piede e passavano dietro il tallone. Salivano poi lungo il polpaccio, incantati perché rimanessero fermi. Attraverso la stoffa della gonna sarebbe stato possibile intravederli.
I capelli sciolti, caso divenuto raro negli ultimi tempi, furono fermati da una coppia di fermagli gemelli ai lati della testa, ciascuno decorato con due stelle marine color corallo. Elhena non si truccò, non ne sarebbe stata capace, e si limitò a un filo di lucidalabbra. Infine indossò i suoi orecchini latini.
Non sarebbe andata al ballo se non fosse stato un Prefetto, ma siccome il ruolo le semi-imponeva una presenza, allora era giusto arrivare al meglio. Così le aveva ripetuto sua nonna paterna ed Elhena, suo malgrado, si era trovata d'accordo.
Percorse a passi rapidi il giardino fino alla passaporta. Il venticello gonfiava la gonna e solleticava la pelle nuda. Con timore costrinse le proprie mani a sfiorare la conchiglia, pentendosene un istante dopo. Viaggiare in quella maniera, infatti, non sarebbe mai stato comodo o piacevole. Preferiva di gran lunga la Metropolvere o, meglio ancora, il caro vecchio treno. Più lento, ma più confortevole.
Eppure il disagio fu ampiamente ripagato dal magnifico paesaggio tropicale che si aprì davanti ai suoi occhi. La Tassina spostò una ciocca di capelli dietro le orecchie, si sistemò un fermaglio e si chinò per infilare le dita nella sabbia. Era da tanto tempo che non vedeva il mare o la spiaggia. Percepì il formicolio della salsedine sulla sua persona, inspirò l'odore del sale. La terra restituiva il calore accumulato durante il giorno, mentre una lieve brezza dava una piacevole frescura.
La ragazza era arrivata nel momento in cui la Bennet annunciava la Casata vincitrice della Coppa, per cui poté captare qualche parola del discorso di Sekhmeth sul palco. Si trovò ad essere d'accordo.
Poi provò a individuare qualche faccia nota. Vide la ragazzina del primo anno con cui condivideva la stanza e una ragazza che aveva conosciuto durante i provini di Quidditch, ma nessuno con cui fosse sufficientemente in confidenza da poterlo avvicinare. Sospirò e cominciò già a spostarsi verso le palme.

 
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view post Posted on 31/7/2014, 23:43
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Nuovamente era giunto il momento di celebrare la conclusione dell’Anno Scolastico, Tassorosso si era portata ancora una volta in vetta alla classifica della Coppa della Case e così a qualcuno della propria casata sarebbe spettato l’onore di ricevere quella tanto agognata coppa tra le mani.
Ayumo aveva partecipato solamente a due Balli di Fine Anno e inevitabilmente alla conclusione di quelli aveva incontrato il suo ex-amico, se così si poteva definire, Patrick Swan e sperava di non rincontrarlo nuovamente, quell’anno voleva starsene da un lato a osservare il tutto, forse al massimo avrebbe chiacchierato con qualche sconosciuto o conoscente, ma in fondo non aveva nessuno con cui trascorrere il tempo.
Era giunta nel giardino e aveva toccato la meravigliosa Passaporta che l’aveva teletrasportata da tutt’altra parte, in una fantastica spiaggia Hawaiana dove chiunque avrebbe sognato di passare almeno una notte, era stata un’idea molto originale da parte dei Docenti e lei ne era rimasta piacevolmente sorpresa e contenta.
Aveva notato le Lanterne adagiate sulla fine sabbia, ma ciò che stupì però la giovane Tassorosso fu il mare illuminato da un spettacolare incantesimo, lei che aveva abitato per molto tempo tra le verdi pianure dell’Irlanda aveva visto raramente l’oceano e raramente aveva potuto tuffarsi all’interno di esso, ma aveva comunque avuto qualche opportunità per riuscire ad imparare a nuotare, forse non benissimo, ma almeno discretamente e si sarebbe tuffata in acqua solamente per divertirsi… anche se la gente la avrebbe additata per strana, in fondo lei lo era.
Era arrivata poco dopo il discorso della Preside, sicché aveva sentito il proprio Caposcuola parlare per tutti loro, la sua Casata aveva dimostrato nuovamente di avere una tenacia che riusciva a vincere tutte le doti che contraddistinguevano le altre Casate, Ayumo comunque le rispettava e ne aveva una buonissima stima.
Si avvicinò con passo leggero vicino al Buffet, prese in mano una Mezza Noce di Cocco riempita con l’Acquaviola, che aveva potuto assaggiare gli anni precedenti, perché i succhi tropicali dai colori troppo vivaci non riuscivano a catturare la curiosità di Ayumo che ripiegava su bevande già gustate.
Dopo aver colto l’occasione di recuperare la propria bevanda si era infine allontanata verso il bagnasciuga per rimirare l’infinito spazio blu che si stagliava davanti ai suoi occhi, in attesa di un possibile sconosciuto con cui scambiare due parole.
Oppure avrebbe approfittato di quel tempo per trascorrere una piacevole serata in compagnia di sé stessa.
 
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view post Posted on 1/8/2014, 22:15
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Horus Ra Sekhmeth ♦ » » Schedule » Outfit » Details
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L'ovvietà della sua osservazione, espressa pochi momenti prima, sembrò gravargli sulle spalle come un fastidioso peso negli istanti successivi. Lui ed Emily si erano sempre scambiati poche, spicce parole eppure, al tempo stesso, quei brevi discorsi avevano un impatto diverso, rispetto alle conversazioni che, magari, il Tassorosso aveva con persone più vicine. Horus non aveva la più pallida idea di chi fosse quella ragazza, né, supponeva, lei ne avesse di lui. Non erano amici e forse non erano neanche conoscenti. Erano, semplicemente, attori della stessa opera, ritrovatisi, per caso, a recitare sopra lo stesso palcoscenico; e ne erano consapevoli. Horus non aveva idea del perché cercasse continuamente quel gioco di ruoli con la Serpeverde. Accadeva e basta, senza neanche che egli se ne rendesse conto, come se già sapesse che era ciò che andava fatto, che le maschere sul loro volto erano, ormai, impostate così e che per nulla al mondo sarebbero cadute, eterni ruoli che si sarebbero rincorsi chissà per quanto ancora, prima che il sipario calasse definitivamente su di loro. Del resto, ci son cose che, fin dal primo istante in cui si incontra qualcuno, vengono stabilite da una sorta di forza superiore, il cui nome cambia a seconda del Credo: Destino, Tuke, Fato, Chaos, Dio o Dei... non importa chi si è, dove si è, dopo quanto ci si rincontra: ciò che muove alcuni gesti e parole, alcuni sentimenti e sensazioni va al di là della concezione umana. Era dunque impossibile scappare a quel rendez-vous di ruoli, tra loro due. Ma se Horus, in un certo senso, ne era consapevole, poteva essere così anche per Emily? Il Tassino si ritrovò a chiederselo, incerto, mentre la osservava esitare un istante, prima di rispondere alla sua domanda. Chi poteva dire che quella sensazione era condivisa? Chi poteva assicurare ad Horus che lei non si fosse stancata e che non avrebbe calpestato quello sciocco scambio di identità? Ma quando la voce di lei riempì il silenzio, tragicamente reale, Horus rimase stupito da ciò che ella disse. Non era certo perché alla fine la Serpeverde aveva dimostrato di stare al gioco quanto più per l'incredibile serietà sul suo volto. Un chiaro segno che, in fin dei conti, Emily riusciva a vedere al di là dei semplici giochi e delle banali parole, comprendendo il senso più recondito e profondo di quelle battute e, macroscopicamente, di quella recita; le labbra di Horus si incurvarono in un impercettibile sorriso. Gli occhi di lei continuavano a posarsi sul Caposcuola senza timore alcuno; soltanto un leggero guizzo li illuminava di tanto in tanto, rimanendo eppur insondabili mentre si incontravano con quelli di Horus. Come se li osservasse solo in quel momento per la prima volta, illuminati dai bagliori marini, il ragazzo notò che le iridi di Emily erano di una tonalità straordinariamente simile a quella che, un tempo, anche lui aveva posseduto. E constatare quella somiglianza sconvolse Horus più del necessario, che si costrinse ad abbandonare lo scambio di sguardi, tornando ad osservare l'orizzonte sempre più nero, cancellando limiti tra mare e cielo notturno, fino a perdersi. Dov'era la realtà? Cosa era falso, cosa reale? Iridi argento ed iridi maledette; soltanto quel piccolo dettaglio poneva un muro tra di loro, troppo alto e al contempo incredibilmente trasparente, come una parete di diamante. Simili e assieme diversi; un riflesso distorto, di un'altra. Emily era, semplicemente, al di là della parete. Le loro voci attraversavano il cristallo, giungendo alle loro orecchie, scaldando i cuori o accendendo l'astuzia, la curiosità. Ma se entrambi avessero allungato la mano, non avrebbero incontrato altro che un muro. E chi dei due poteva dire di essere quello del mondo reale e quale quello dietro il cristallo? Chi poteva dire di vivere realmente, chi poteva affermare di rispettare il proprio ruolo meglio di tutti?
Ancora una volta, Horus sospirò impercettibilmente, ritrovandosi ad annegare nelle sue stesse, cupe considerazioni. Si chiese, scioccamente, se non potesse essere come uno qualsiasi dei ragazzi di Hogwarts che, quella sera, era troppo occupato a cercare qualcuno con cui ballare, fare colpo sulla ragazza di cui si era innamorato o facendo a gara con gli amici a quante più tartine entravano nel naso.
*Ti piacerebbe davvero, Ra?*
Lo sciabordio dell'acqua richiamò la sua attenzione, portando Horus a voltarsi ancora una volta verso Emily, aspettandosi di incontrare ancora una volta i suoi occhi indagatori. Con sorpresa, però, la vide avanzare verso le onde che, fameliche, lambirono rapide l'impalpabile stoffa della sua gonna la cui stoffa, in un attimo, si tinse di un colore più scuro, fondendosi con il mare. Il vento, quasi accogliendo quell'occasione, soffiò con teatralità quasi volesse spingere la fanciulla nelle braccia del dio Poseidone, agitando i capelli e gli abiti dei due. Istintivamente, Horus mosse un passo in avanti, spiazzato dall'azione di lei. Cosa diamine aveva intenzione di fare? Fino a che punto la loro recita era vera? Fino a che punto, Emily poteva tramutarsi nella Sirena di cui Horus aveva delineato i tratti?
« Potrai venire con me, magari preferirai anche tu i fondali a questo orribile mondo sporco.
O almeno, vienimi a trovare, una di quelle volte che risalirò in superficie per osservare le stelle e sentirmi poco importante. »
Emily allungò una mano verso Horus, tenendo sul palmo la piccola stella marina che, fino a qualche attimo prima, aveva adornato i suoi lunghi capelli; afferrandola, sarebbe stato forse come possedere la reliquia di una promessa che l'avrebbe spinto ad immergersi in un mondo buio per poi rischiare di non emergerne più. I polmoni si sarebbero contratti, l'aria sarebbe scomparsa e allungando una mano, il cielo non sarebbe più stato così vicino, le stelle rese opache dalla superficie sempre più buia dell'oceano.
Quella visione scosse Horus come un brivido che, d'istinto, avanzò di un altro passo nell'acqua, quasi volesse davvero seguire la fanciulla nel suo ritorno agli abissi. Ma, rapido, il ragazzo allungò una mano, cingendo il polso teso di Emily, prima ancora che lei potesse ritirarlo. Le dita di lui, premendo appena sulla pelle di lei, si strinsero attorno ad esso, con forza controllata. La spuma delle onde, allo stesso modo, cinse i loro abiti e il freddo dell'acqua penetrò la stoffa, accarezzando la pelle senza riuscire a rinfrescare la mente, annebbiata dalle emozioni. E mentre la voce del mare riempiva le orecchie del ragazzo, confondendolo, e il vento gli scompigliava i capelli, Horus tirò a sé Emily, strappandola all'oceano. La piccola stella marina, con quel gesto, cadde in acqua.

« Perché tornare negli abissi, quando puoi aspirare al Cielo? » Mormorò, per nulla conscio della distanza dimezzata tra sé e la giovane, come se non esistesse altro che quel momento. « Perché vivere nell'oscurità di un baratro, perché accontentarsi di pochi attimi di luce? » Horus corrugò le sopracciglia, notando appena distrattamente le lentiggini che si dipingevano sulle gote di lei. Tacque, mentre i suoi occhi continuavano a guardarla, i suoni che scemavano. Sentiva il cuore battere calmo nel petto, ma il sangue scorrere irruento dentro di sé. Provava rabbia, fastidio. Un' indisposizione per lo sguardo che aveva colto, quando aveva ritrovato Emily ad osservarlo, pronunciando quelle parole; che sentimento era quello che si celava dietro quel tiepido, piccolo sorriso? Era davvero tristezza, malinconia o era semplice, banale arresa al proprio destino, alle proprie catene? Perché, allora, emergere solo pochi attimi per osservare la luce per poi tornarsene da dove si era venuti? Horus sapeva, dentro di sé, che non erano affari suoi, che lui stesso annaspava nella sua stessa oscurità, ricercando la Luce che, tuttavia, spesso e volentieri si allontanava da lui. Ma il nichilismo e la sociopatia che provava per chiunque, con rare eccezioni, sembrò tacere per un istante così come si spense la logica e la ragione. E, in quel momento, Horus si rese conto che, stranamente, veder sprofondare Emily nelle acque del mare, esattamente come una sirena che torna a casa, lo innervosiva ancor di più. « Non tornare negli abissi, che siano o meno la tua casa. Non lasciare che ti posseggano, ancora. » Disse; la presa sul polso di lei si rinsaldò appena, con tenace delicatezza. Ah! Com'erano vicini, quei freddi occhi. Avrebbero potuto trafiggerlo come lame di spada?
« Raggiungi quelle stelle. Nessuno potrà vederti tramutarti in supernova, quando esploderai, negli abissi. Neanche te stessa.
Anela al Cielo. »


« The lying, the devil, the silence
Embracing the world on the edge
— Let us burn —
The night in the skies here tonight
— Let us burn —
In this fire that makes us yearn
We're fighting our fear of the silence
We're running through walls where they stand
— Let us burn. —
I'm searching no more for tomorrow
I reach for the skies while I can.
The unknown will always be waiting. »

« I'm not strong enough to pay this ransom. One more monster crawled inside, but I swear I saw it die. Can you save me from the nothing I've become? »

 
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view post Posted on 2/8/2014, 22:59
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« We both know that
The nights
Were made for saying things
You can’t say
Tomorrow day.»

Un passo.
Emily osservava Horus avanzare come mosso da quella forte brezza che aveva reso la scena ancora più drammatica, ancor più reale.
Ma la giovane Rose non era una Sirena, non poteva fuggire e sprofondare negli abissi senza regalarvi la propria anima, tornando a galla come mero corpo vuoto. Eppure quel buio, quell’oscurità, quella pace che dimoravano al di sotto della cristallina superficie della medesima acqua che raggelava i loro corpi, sembravano invocare il suo nome, attendendola con la promessa di un dolce riposo, di una cura che avrebbe dato l’impressione di riempire il vuoto dalla dubbia consistenza che la fanciulla si era abituata ad avvertire all’altezza del suo petto.
*Stai avanzando perché sai quanto, di vero, c’è in questo gioco che portiamo avanti?*
La verità è che viviamo tutti a metà. Siamo come frenati, costantemente e a volte inconsapevolmente, dal giudizio degli altri, dall’impressione sbagliata che potremmo dare, anche quando di veramente sbagliato non v’è nulla.
Cosa avrebbe detto Horus se Emily gli avesse raccontato delle notti in cui aveva imprecato contro quello stesso cielo testimone del loro incontro? Cosa avrebbe pensato di lei, se gli avesse confidato che aveva scelto l’oscurità perché era familiare, perché la conosceva da sempre, faceva parte di lei e sarebbe stato sempre così?
Dal punto di vista fisico, l’oscurità, il buio, non esistono; vengono intesi come “assenza di luce”. Emily, dunque, non si era trovata dinanzi ad una decisione vera e propria, aveva semplicemente continuato il cammino a lei più affine: non v’era barlume alcuno lunga la sua strada se non le stelle, visibili soltanto nelle tenebre; ma le stelle sono lontane ed il Tassino aveva ragione nel dire che qualsiasi corpo celeste dotato di luce propria si stesse guardando, questi poteva essersi spento da milioni di anni.

Due passi.

Per un istante la Serpina credette che il ragazzo stesse per affiancarla e dinanzi a quella vana presa di coscienza, provò una strana sensazione, un piccolo sussulto che causò il fermarsi del respiro.
Riusciva a capire il perché delle sue parole? Comprendeva davvero il confine sottile che ormai aleggiava tra gioco e realtà? Per decidere di raggiungerla, lui doveva certamente sapere cosa poteva voler dire qualcosa come il non essere in grado di tornare indietro quando hai l’anima macchiata dal sangue figurato di un atroce crimine reale.
E quasi se ne meravigliò; quasi ne fu contenta seppur al tempo stesso dispiaciuta perché ciò poteva significare che anche lui era in balia di una terribile tempesta interiore.
La mente di Emily lavorava frenetica, partendo da speranze nate in un battito di ciglia, costruendoci sopra interi castelli forse inesistenti ma non più fatti di stanze vuote ove l’unico rumore presente era l’eco della propria voce spezzata dal tormento. Lui stava forse per rispondere a quell’eco?
Ci sono istanti in cui anche all’occhio più sobrio della ragione, il mondo della triste umanità assumerebbe le sembianze dell’Inferno; si avverte il bisogno di alienarsi, di avere, in qualche modo, speranza.
In quel momento, non più fatto di secondi, minuti od ore ma di un eterno presente di cui i due giovani sarebbero stati per sempre gli unici protagonisti, la fanciulla sembrò addolcirsi di poco mentre per un attimo la sua anima credette di gioire per averne trovata una a lei affine.
Ma non fu così ed anche se Horus avrebbe davvero potuto comprendere il tormento della sua collega, se anche avesse posseduto un animo a lei simile o in qualche modo legato, con ogni probabilità, non lo avrebbe saputo.
Il gesto del ragazzo la colse dunque di sorpresa, andando contro ciò che si sarebbe aspettata, impedendole, per tale motivo, una qualsiasi reazione.
Il corpo non conosce la differenza tra la rabbia e l’euforia, tra il panico ed il dubbio, tra l’inizio e la fine, tra il desiderio ed il timore; in caso di difesa, da' una sola risposta: la fuga.
Mentre veniva tirata verso il Tassorosso con facilità inaudita, con il complice aiuto delle onde che sembravano non volerla più bramare dopo i pensieri che aveva fatto capolino nella sua mente, al di là delle emozioni che poteva provare, il suo corpo sembrava essere in grado di rispondere solo in un modo:
vai via.
Perché tornare negli abissi quando puoi aspirare al cielo
Emily ignorò l’impulso che l’avrebbe normalmente costretta ad allontanarsi e le risultò più facile del previsto. Le aveva agguantato il polso, costringendola a voltarsi, a tornare indietro, a ritrarsi dal mare aperto per ancorarsi a lui e tutto ciò la confuse non poco. Fu come perdere il senso dell’orientamento e la capacità di ragionare lucidamente, tutt'insieme.
Ed ancora una volta: non si aspettava quella reazione, non si aspettava quella vicinanza, ritrovandosi a poggiare la destra sul petto nudo di lui mentre l’altra lasciava cadere la stella marina tra la spuma, reazione istintiva nell’istante stesso in cui Emily si ritrovava a gettare al vento tutte le sue supposizioni, stupita.
Gli occhi erano fermi sui cerchi formati sulla superficie dell’acqua dall’oggetto ormai perduto; quanto odiava quella sensazione. Perché si sentiva così… Stupida?
Inspirò profondamente e spostò lo sguardo verso l’alto, fino ad incrociare quello del Tassino il cui volto era di difficile interpretazione. Fronte corrugata, espressione seria: cosa andava pensando?
Non lasciare che ti posseggano ancora.
Emily provò nuovamente il bisogno di spingerlo via e correre lungo la spiaggia, lontano: non era l’oceano a possederla in quel momento. Non era l’oceano il posto in cui voleva fuggire, non più ed il prendere coscienza di ciò sembrava infastidirla non poco. Questo e quel candore metallico, innaturale, dei suoi occhi che l’attraevano a sé e, al contempo, la incitavano ad andare via senza voltarsi.
Si pensa che più si va lontano e più si vedrà poco e distante ciò che si è lasciati alle spalle. Ma le regole della prospettiva non sono sempre valide e di sicuro non lo erano per loro.
Non v’era prospettiva.
Non v’era razionalità.
Solo istinto e reazioni.
La presa sul suo polso si fece leggermente più forte ma Emily non l’avvertì, impegnata ad attendere le parole che avrebbero seguito il lento schiudersi delle labbra che stava osservando per la prima volta così da vicino.
Anela al cielo.

Potrei farlo ma mi lascerebbero cadere verso il basso. Verso gli abissi. Non è il mio posto, il cielo.
Quale era il suo posto? Forse non lo sapeva nemmeno lei. Forse non esisteva per nessuno.
La destra della ragazza si posò sulla stoffa nera che dal collo di Horus scendeva esattamente al centro del suo petto; ne accarezzò i bordi, fissando i fili dorati.
*Non pensare si essere così determinata. Perché non ammetti che non vuoi allontanarti?*
Si morse il labbro inferiore con incredibile naturalezza: l’ultimo gesto che annunciava la resa.
Sapeva ciò che doveva fare ma sarebbe stato esattamente il contrario di ciò che avrebbe fatto. Stava infrangendo le sue stesse regole ed obblighi, andando contro ciò che si era sempre imposta e che gli altri si aspettavano da lei e per una volta, le risultò semplice. Una dolce resa senza l’ombra di alcuna lotta interiore.

Così tanti eventi scolastici e non mi hai mai concesso l’onore di un ballo.
Mentre sventolava bandiera bianca verso la sua immagine riflessa, Emily sembrò continuare senza dar peso alcuno alle parole pronunciate da lei stessa poco prima.
Il mare si fece improvvisamente silenzioso alle sue orecchie mentre cercava di concentrarsi sulla lenta melodia che proveniva dall’Evento di cui aveva dimenticato persino l’esistenza.
La mano esile scivolò dalla stoffa che prima cingeva tra le dita, fino al collo del suo salvatore, in modo che il braccio risalisse lungo quello di lui e le dita si poggiassero delicatamente dietro la sua testa.
Tentò di liberarsi dolcemente dalla presa che Egli teneva sul suo polso in modo che la sinistra, qualora fosse stata libera di muoversi, avesse cercato la destra di lui, costruendo così l’armonica posizione di base di un semplice lento.

Le Sirene ammaliano i marinai, li adescano per poi ucciderli o farli loro schiavi.
Sussurrò mentre cercava nuovamente i suoi occhi.
Anche se volessi tornare negli Abissi, mi ripudierebbero per ciò che non ho avuto il coraggio di farti.

« Take a look beyond the silver glades
See darkness weave with many shades

Gonna soften the blow,
soften the blow and give it up
I saw the surprise, the look in your eyes, and gave it up
Gonna be who I am and give it up

Therefore the dark stays inside
You kill a part of me keeping me alive »
 
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view post Posted on 5/8/2014, 08:31
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Horus Ra Sekhmeth ♦ » » Schedule » Outfit » Details
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Aveva agito, ancora una volta, sospinto dalla marea dei suoi sentimenti e del suo istinto che spesso e volentieri lo sommergeva completamente, senza dargli tempo di ripresa alcuna, facendolo annaspare tra l'irrazionalità.
Ma, a poco a poco, sarebbe sempre riuscito a far emergere, quel tanto che bastava per controllarsi e tornare alla lucidità. In quel caso, fu la testa di Emily, contro il proprio petto, a ricordare ad Horus quanto egli avesse tranciato di netto, i legami e le barriere tra di loro che erano sempre esistite sin dal loro primo, bislacco incontro. Sentì l'irrefrenabile impulso di avvolgere le braccia attorno a quella piccola schiena decorata da squame iridescenti, stringendola con forza, persino con violenza: tutto per poter vedere quanto ancora avrebbe retto la corazza di quella ragazza, prima di frantumarsi. E nonostante la testa in tumulto, quel desiderio discordante e pericoloso, il cuore si manteneva calmo, come se niente di tutto ciò potesse tangerlo;

orripilato da quei pensieri, Horus non riuscì a muoversi, continuando a stringere convulsamente il polso della Serpeverde. Si sarebbe aspettato uno schiaffo, un calcio o fredde parole di fiele, eppure, Emily lo stupì ancora una volta, rimanendo placida accanto a lui. Nuovamente, il Caposcuola si rese conto di avere a che fare con una sconosciuta, per quanto questa sconvolgesse completamente i suoi piani e pizzicasse la sua curiosità, trasformando il valore della sua identità da nullo —com'era per chiunque— ad un livello più alto. Nonostante ciò, Horus qualcosa era riuscita ad intuirla, avendo come base ciò che lei aveva pochi momenti prima, affermato: in quello sguardo, che aveva captato in Emily quand'ella millantava il suo ritorno agli Abissi, v'era quella punta di arrendevolezza che aveva spinto Horus a cedere alle emozioni e che aveva contribuito a innervosirlo. Era come se quelle iridi argento non facessero altro che supplicare di uscire dall'oscurità e, al tempo stesso, non conoscessero altra strada che le tenebre, rimanendosi saldamente attaccata senza riuscire ad abbandonarle, convincendosi che non vi fosse altra scelta. Un po' come un uccellino che vuole volare, ma non sapendo come si fa, preferisce rimanere nel suo nido, nonostante il serpente fosse in procinto di arrampicarsi sul tronco, pronto a divorarlo proprio nel luogo che riteneva più sicuro.
Alla risposta di lei, Horus sorrise appena, allentando di poco la presa delle sottili dita sul polso di Emily, mentre l'immagine di quell'uccellino si frapponeva a lei.

« Chissà perché... » Sussurrò, cercando di scacciare quegli orridi pensieri « Immaginavo mi avresti risposto così. » La mano di Emily andò a posarsi sul suo collo, ed Horus lasciò la presa, facendo ricadere il braccio lungo i fianchi. In precedenza, ribadì a se stesso, sveva agito d'impulso, e su quello non ci pioveva; eppure l'incredibile naturalezza che aveva mostrato la Serpeverde lo scombussolò. Sembrava quasi che Emily non fosse inquietata, quanto lui, da quel gesto improvviso, come se non fosse turbata dall'eccessiva vicinanza che in meno di un respiro era stata raggiunta, come se per lei fosse facile e una conseguenza, sfiorarlo con tanta semplicità; lui, che odiava non avere i propri spazi, lui che detestava l'irruenza e lui, che infine l'aveva cercata, applicata e, forse, in fondo, persino voluta. Il perché di quel gesto, di quel nervoso nell'immaginarla sprofondare, Horus non riusciva a spiegarselo, per quanto si arrovellasse. Era ovvio che Emily non sarebbe sprofondata negli abissi, ma, del resto, comprendere i nostri più reconditi istinti andava contro ogni logica.
« Così tanti eventi scolastici e non mi hai mai concesso l’onore di un ballo. » *Huh?* Per la seconda nel giro di neanche un'ora, la Caposcuola Serpeverde riuscì a spiazzare il Tassino che si ritrovò a guardarla per un istante con la fronte aggrottata, come se lei gli avesse appena chiesto di prendere e partire per Timbuctu a cavallo di Mrs Purr. Con un piccolo sospiro, Horus rinunciò definitivamente a trovare un nesso, accettando di buon grado la spontaneità —più o meno velata— che quella sera Emily gli aveva in un certo senso donato; e che lui si era, in fin dei conti, concesso.
« Potrebbe esser questa, l'occasione. » Si sentì rispondere con tranquillità, come se il discorso precedente non fosse mai esistito; ma sapeva, sì, Horus sapeva che non era stato né sepolto, dalle dune di sabbia, né sommerso dalle onde. Sia lui che la ragazza continuavano a rimuginarci su senza neanche saperlo, guidando i propri gesti, anche quelli più semplici, come lei, che prendeva posizione, poggiando con delicatezza una mano dietro il collo di lui e cercando la destra del ragazzo. Non v'era una musica ben precisa, a fornir loro la base dalla quale partire: il fulcro della festa era troppo lontano e il vento non portava che un vago eco, difficilmente udibile al di sopra del dolce suono della risacca. Ma il mare e la brezza fornivano una melodia ancor più consona a quella strana situazione ed Horus, prendendo il controllo, cominciò a muoversi pacatamente in un semplice lento. Nonostante la parte inferiore degli abiti fosse, oramai, completamente zuppa, e nonostante l'acqua arrivasse ben oltre le loro caviglie, il movimento placido delle onde li condusse ancor meglio di quanto loro stessi avrebbero potuto muoversi su una banale pista da ballo. Prima ancora che Horus potesse completamente abbandonarsi a quella breve danza, la voce di Emily tornò, ancora una volta, a richiamare l'attenzione del Tassino, che fino a quel momento aveva osservato un punto indefinito, oltre la spalla di lei. Quando gli occhi di Horus si posarono sul volto della Serpeverde, incontrarono ancora una volta lo sguardo della fanciulla e, alle sue parole, il giovane ghignò divertito.
« Per quanto improbabile sia l'aspetto di questo naufrago, la sua anima è ben lungi dall'essere ammaliata. » Rispose, riprendendo ancora una volta il ruolo che pochi attimi prima erano riusciti, in un certo senso, ad abbandonare. Approfittandosi di quel margine di confidenza, Horus si chinò leggermente in avanti, verso la fanciulla. « Mai e poi mai una Sirena potrà riuscire a trascinare con sé negli abissi un falco. » Le sussurrò nell'orecchio, un angolo della bocca incurvato in una smorfia ironica. Sebbene l'espressione dipinta sul suo viso potesse sembrare fuorviante, il tono della sua affermazione era incredibilmente serio. V'erano tante, forse troppe, sfumature nascoste in quella frase, così come ve n'erano in tutto il loro precedente discorso ed Horus ne era certo, avrebbe speso parecchio tempo, ripensandoci; Emily si sarebbe ritrovata a ripensare ancora al loro discorso, quella notte, una volta dismessi gli abiti da Sirena?
« Se non altro... » Esordì il Tassorosso, dopo qualche attimo di silenzio, allontanando il viso da quello di lei, e osservandola con un piccolo bagliore negli occhi « Questo dimostra che gli Abissi, del resto, non sono il luogo che più ti si addice. »

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view post Posted on 5/8/2014, 11:19
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ravenclaw

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La linea del mare si delineava silenziosa sullo sfondo di un angolo di paradiso.
Piccole increspature,che divenivano onde,sempre piccole e silenziose.
Luci che si riflettevano su capelli blu/azzurro..come se fossero un prolungamento del mare stesso.
Sembrava che tutto il mondo si stesse sforzando di essere il piu' rilassante possibile.
Permettendo di pensare,riflettere,farsi qualche domanda.
Niko qualcuna stava iniziando a porsela.
*Accidenti che spettacolo...*
pensò.
La risacca,lieta,odorante di un odore che solo il mare aveva e che lui aveva imparato a riconoscere,nonostante non fosse ancora in grado di dargli un nome.
Sapeva solo che lo faceva sentire a casa.
Là nella Scozia così impervia e romantica al tempo stesso.Dove mito e tradizione si fondevano.
Dove il suo animo sognatore,idealista si era formato e che ora continuava a lottare tra lo schifo della mondo babbano e magico attuale.
Un sobbalzo.
Si era estraniato nuovamente dal mondo.
Era ancora lì sulla spiaggia dei festeggiamenti,ma per qualche minuto era stato sospeso nel nulla,nei ricordi,nelle sue emozioni che in quel momento ,in quella atmosfera,trovava la completa,totale esaltazione.
Sentiva tutto,percepiva sensazioni,umori.
Era tanto che non gli ri-succedeva in quel modo.
Lo sguardo si spostava da una parte all' altra,domandandosi se conosceva qualcuno in mezzo a tutte quelle persone.
Il classico,sentirsi soli con millemila persone attorno.
Decise allora di andarsi a prendere qualcosa al banco delle vivande,immancabile ad ogni Ballo che si rispettasse.
Una "sistemata" veloce al cappuccio/testa di pesce, a cui seguirono passi silenziosi sulla sabbia che attutita e assorbiva i suoi sforzi.
Le mani che andarono istintivamente dentro le tasche dei pantaloni.
Il banco non sembrava così lontano all' inizio e lui si trovava ancora metà strada,nel mezzo della spiaggia.
 
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view post Posted on 5/8/2014, 15:01
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I am the mon[Ƨ]ter you created.

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Il cielo si era colorato di più sfumature, l'odore del mare inebriava, la salsedine che pian piano si condensava nell'aria, svincolandosi nei corpi dei presenti. E arricciando un po' di più i capelli ben sistemati delle ragazze.
Non si era assolutamente accorta che la spiaggia era più affollata, troppo presa a fissare il mare e perdersi nei pensieri, a riflettere sull'anno passato e progettare quello a venire. Per cominciare, aveva inquadrato bene il banchetto con i succhi, l'acqua, e qualche dolciume. Inoltre, aveva voltato lo sguardo verso il palco e vide alcuni ragazzi, uno vestito proprio come un pesce, un altro con una tuta piuttosto bizzarra, e alcune ragazze che probabilmente aveva già visto fra le scale o in giro per il castello. Una ragazza in particolare rubò la sua attenzione. Era davanti a lei, di profilo, capelli biondi molto mossi che le cadevano sulle spalle, occhi chiari anche se da quella posizione non riusciva a determinarne il colore. Un vestito molto particolare in toni di blu e d'azzurro, scrutava l'orizzonte.
L'idea che fosse da sola batté il gong iniziale per la battaglia istintiva-razionale, che per lei era ormai di prassi al novanta percento delle situazioni. Prima di agire, lasciarsi andare di solito scrutava le persone, le studiava, le analizzava, aspettava che il tempo le definisse e le modellasse in base poi a quale delle tante sfaccettature del suo carattere avrebbe scelto. Eppure si erano già viste, la sua vena goliardica e gioviale le diceva di salutarla, di rompere il ghiaccio e fare magari amicizia. Ma se quella ragazza voleva rimanere volutamente sola, lontana da tutti, alla ricerca del suo spazio personale? Poteva essere un'opportunità per approfondire i rapporti con i suoi stessi concasati, ma, se l'avesse presa male? Se l'avesse solo infastidita?
Forse l'animo della festa ha contribuito, o forse proprio perché era la terza festa a cui andava e rimaneva sola soletta, ma a quanto pare, aveva scelto l'istinto.
Si incamminò verso di lei, con i piedi che affondavano e riemergevano nella sabbia morbida, con i pendenti della cavigliera che si riempivano di sabbia ma si riasciugavano tempestivamente, luccicando nonostante tutto. Si era ormai avvicinata a lei, e rimaneva sulla sua destra. Curvò il capo verso destra, come se fosse un animaletto curioso, come un gufo. Non sapeva se l'avrebbe spaventata o fatta ridere, ma il tutto le veniva con naturalezza.

<< Diiiiii..sturbo? Spero di non averti spaventata! Non abbiamo avuto occasione di presentarci ai provini di Quidditch, ma io sono Ophelia! - Tendendogli la mano in attesa della sua, eventuale, stretta di mano - E..complimenti per la partita e soprattutto per la nuova carica! >>
Gli disse rimanendo sorridente e curiosa al tempo stesso. Quello che gli aveva detto lo pensava davvero, è stato incredibile come tutto era consequenziale all'altro, d'altronde nel dormitorio si riteneva che lei fosse la studentessa modello, perciò credeva che la carica di prefetto fosse stata perfetta per lei, quindi senza spiegare troppe cose, disse con fermezza e quasi sottolineandolo l'ultima parte del discorso. Rimase a guardarla serena ma con quel pizzico di brio che nascondeva sotto i suoi sorrisi.

 
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view post Posted on 7/8/2014, 00:17
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« You rise with the sun,
I rise with the moon
»

Dicono che a volte le decisioni sbagliate ci conducano alla cosa giusta. Forse è solo un detto, uno di quei tanti che si usano per mettersi la coscienza a posto e l’anima in pace, senza doversi pentire quand’è ormai troppo tardi, per aver preferito prendere una strada piuttosto che un’altra.
Se Emily avesse saputo di quel modo di dire, probabilmente avrebbe sperato che fosse vero; c’erano molte cose che non andavano in quel momento, forse troppe ma nella loro totalità, creavano una situazione di calma, pacatezza, dove tutto ciò che la fanciulla compiva sembrava esser privo di forzature alcune, come se fosse la cosa più naturale del mondo agire così e non diversamente. Come se fosse … Giusto.
Nonostante ciò che la giovane Rose dava a vedere, tuttavia, c’era parecchia irrequietezza dietro quei gesti così spontanei. Era uno di quei momenti in cui tutto poteva essere considerato sbagliato e lei non riusciva a star dietro ai suoi propri pensieri, non riusciva a cambiare le cose.
Era tanto semplice arrendersi al suo istinto, perché doveva sforzarsi di rompere quel contatto, allontanarsi dal ragazzo ed andare via?
Le onde del mare sembravano ben descrivere la situazione con i loro suoni strascicati: l’acqua si alzava, ricadeva su sé stessa imitando il rumore di un piccolo scontro e terminando in un paio di secondi di silenzio. E poi di nuovo. Così come le emozioni provate dalla fanciulla in quel momento: sorpresa, irrequietezza, fastidio, calma. E di nuovo ancora.
L’unico motivo per cui evitava di pensare al perché quelle emozioni s’alternassero nel giro di pochi istanti, era per paura di scoprire che ciò che davvero voleva in quel momento non combaciava affatto con ciò che doveva, a tutti i costi, fare. Si lasciava, dunque, cullare e dominare da esse come il mare che sembrava essersi improvvisamente adattato ai loro movimenti, concedendosi, come mai prima di allora, quel piccolo lusso. La ragione venne messa da parte, gettata in un angolo come straccio sporco inutile. Quanto ancora avrebbe resistito prima di realizzare che, nel giro di nemmeno un’ora, si era allontanata fin troppo dalla figura schiva, distante e fredda, che ammirava allo specchio prima di scendere in giardino e decidere di prender parte a quell’evento?
Quando poggiò la mano sul collo del giovane, lasciando che egli stringesse delicatamente l’altra con la propria, non si rese effettivamente conto del fatto che, per la prima volta, poteva sentire il calore della pelle di lui. Forse fu semplicemente perché, come lei, anche Horus sembrava avere una temperatura corporea abbastanza bassa, se non più bassa della sua.
Nonostante la sua mente fosse in balìa di un uragano di pensieri, il suo corpo non ebbe fremito alcuno mentre, stretto al collega, si lasciava condurre in quel lento così disinvolto.
La parte ironica di quella scena idilliaca era sicuramente ciò che la Serpina rimproverava a sé stessa: cercava di chiedersi il perché di determinate emozioni per poi passare a chiedersi il motivo dell’assenza di altre.
Era così vicina a lui, da temerlo eppure qualcosa, ancora, sembrava non quadrare: cosa provava realmente?
Socchiuse gli occhi mentre poggiava il capo sul petto nudo di lui, arrendendosi a quel tumulto di questioni irrisolte.
*Come fai ad essere così tranquillo, Ra?*
Avrebbe voluto chiedergli, ma la domanda non venne formulata, interrotta dalla voce profonda di lui e dall’ennesimo gesto che spinse Emily a dare più enfasi alla questione su cui stava rimuginando proprio nell’istante in cui lui aveva ripreso parola dopo l’inizio di quella silenziosa danza.
Il viso perlaceo del giovane era vicino al proprio, potevano quasi sfiorarsi. Le successive parole le giunsero come un sussurro e lei alzò appena la spalla destra, per attutire, istintivamente, l’improvviso soffio avvertito sul collo esile.
Emily riaprì gli occhi ritrovandosi, a causa della vicinanza del suo volto contro il petto di lui, a fissare l’oscurità. Rimase persa nel buio, mentre le sue gambe si muovevano, per inerzia e per volere delle onde, lentamente, seguendo l’andamento deciso dal compagno. Risultava tutto così semplice ed autentico che non doveva concentrarsi per far sì che i suoi movimenti, seppur minimi, fossero armonici e sincronizzati.
Quando il Tassino rialzò il capo, lasciando che un piccolo riverbero lunare definisse di poco i contorni della sua pelle, Emily fece lo stesso, giusto in tempo per cogliere un bagliore in quegli occhi color del ghiaccio.
Se l’era immaginato?

Non ho affatto intenzione di ammaliarti.
Asserì con voce stranamente dura mentre aggrottava di poco la fronte come per dire “hey, per chi mi hai presa?”. Si rese subito conto di aver preso le sue parole un po’ troppo seriamente e tentò, forse in modo vano, di addolcire il tutto socchiudendo gli occhi, chinando il capo e sorridendo appena, prima di proseguire.
Non volevo tirarti giù con me negli Abissi, solo mi sembrava scortese non invitarti.
Scherzò, cercando nuovamente lo sguardo di lui. Credeva davvero che l’oscurità dei fondali, per qualsiasi cosa stesse tale metafora, non fosse il posto adatto a lei?
*Ti sbagli, purtroppo*
Si ritrovò a pensare, ma non disse nemmeno questo.

Se il Cielo fosse il tuo posto e gli Abissi il mio, chi pensi che dovremmo ringraziare *o maledire* per averci concesso questo incontro?

E mentre parlava, la giovane Caposcuola si rese davvero conto di quanto lontano dalla semplice ironia fosse quella frase e quanti significati nascosti potesse, in verità, contenere.
Non si può fissare il sole mentre risplende ma potrei guardarlo durante un eclissi.
Si ritrovò a sussurrare con un fil di voce.
Perché era effettivamente così. Come la superficie del mare che sembrava ricongiungersi col cielo solo all’orizzonte e solo alla limitata vista umana, lo stesso valeva per il Sole e la Luna a cui, Emily, per semplice seguire il proprio flusso di coscienza si ritrovò a far riferimento. Solo all'occhio romantico, durante l’eclissi, essi sembrano fondersi restando, in realtà lontani.
Si limitò a guardarlo, senza aggiungere altro, senza chiedersi, per la prima volta durante quella sera, quanto prive di senso potessero risuonare le proprie parole.
Si limitò a guardarlo e per un attimo, un solo attimo, si godette quell’arrendevole sensazione di pace.
«Three things cannot be long hidden:
The Sun
The Moon
The Truth
»
 
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~Hope™
view post Posted on 18/8/2014, 21:58






Erano passati diversi minuti da quando aveva iniziato ad osservare la sua immagine riflessa nello specchio della piccola stanza. I lunghi capelli biondi raccolti in una morbida coda di cavallo, tanto semplice quanto elegante o comunque resa tale da diversi punti luce. Il trucco era leggero, sicuramente più curato rispetto a quello utilizzato ogni mattina, ma comunque adatto a una ragazza della sua età. Il corpo minuto e delicato era avvolto da un abito di seta legato in vita e con diverse paillette ad adornare la modesta scollatura. L’idea di partecipare al Ballo non pareva renderla felice o comunque Hope si sentiva diversa rispetto all’anno precedente, quando Rhaegar aveva scelto di accompagnarla in quella serata. In quell’occasione qualcosa era cambiato, la giovane donna si era dimenticata, seppur per un attimo, il resto del mondo, riscoprendo finalmente il suo essere durante quell’unico ballo che gli aveva avvicinati, forse troppo. Eppure quella sera si sarebbe ritrovata nuovamente da sola, ad osservare e a prendersi cura degli studenti. Non aveva impiegato molto tempo per scegliere l’abito adatto, a testimoniarlo la semplicità di quell’abbigliamento comunque elegante e raffinato. Afferrò con decisione il fiocco che le stringeva i capelli sulla nuca e lo tirò, liberando la cascata di morbidi ciuffi biondi che ricaddero lungo il collo e la schiena, più ribelli di prima. Si mosse quindi, richiudendo la porta dell’ufficio alle sue spalle. Raggiunto il giardino, le iridi smeraldine si posarono sulla conchiglia che poche ore prima aveva sistemato sul piedistallo al centro, ben visibile una volta superato il portone d’ingresso. Il desiderio di fare dietro front, e tornare rapidamente nella propria stanza era forte, quasi asfissiante, ma Hope scelse di compiere il suo dovere, mettendo da parte quella sorta di fastidio che avvertiva in prossimità dello stomaco. Una mancanza forse, o il solo desiderio di poter tornare indietro e rivivere alcuni istanti che parevano far fatica a tacere nella sua mente. La donna appoggiò le lunghe dita sulla dura conchiglia, lasciandosi trasportare da quella magia nel luogo prescelto per far da sfondo a quella magica serata. Non appena i suoi pedi nudi toccarono il suolo, una sensazione mai provata prima la costrinse ad abbassare lo sguardo, osservando i piccoli granelli di sabbia che si erano poggiati sulla pelle chiara. Chiuse gli occhi provando ad assaporare quel momento. Il dolce odore del male, il suono delle morbide onde che di continuo si infrangevano sulla spiaggia, sensazioni nuove, sconosciute. Quando Hope riaprì gli occhi il suo sguardo si perse in quello scenario, li dove il mare azzurro si mischiava al cielo che lentamente assumeva i medesimi caratteristici colori, complice il tramonto del sole a fine giornata. Una brezzolina leggera le scompigliò i capelli, accarezzandole la pelle delicata del collo. Sopra di lei, li dove i raggi sole parevano non avere più alcun potere, la notte stava prendendo il sopravvento e le stelle, come spettatrici, si godevano i festeggiamenti, silenti e luminose come non mai. Rimase li ferma, concentrandosi su quello spettacolo per lei nuovo, senza badare troppo ai festeggiamenti, ormai nel vivo. Seguì con lo sguardo il bagnasciuga, quella linea che divideva la terraferma dal mare, fin dove la luce delle candele le permetteva di vagare con lo sguardo e fu colta dal desiderio di seguire quella linea, ma prima doveva assolvere i suoi compiti. Con lo sguardo cercò il piccolo palco, che probabilmente, pochi minuti prima, la preside aveva utilizzato per proclamare la Casata vincitrice della coppa e lentamente si mosse tra gli studenti eccitati e festanti, dirigendosi verso quel punto. Vi salì e schiarendosi la voce, attirò su di se l’attenzione dei presenti. -Buonasera a tutti. Mi duole disturbare i festeggiamenti, ma come da tradizione, sono qui per premiare il Re e la Reginetta di questa serata. Voi tutti avete scelto chi per bellezza ed eleganza, questa sera, possa ricoprire questo ambito ruolo.- Fece una breve pausa, lasciando correre le iridi smeraldine tra i presenti. -La nostra Reginetta del ballo è Miss Emily Rose, accompagnata dal suo Re, il signor Horus Sekhmeth. Un applauso per loro!-




 
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view post Posted on 21/8/2014, 00:42
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Horus Ra Sekhmeth ♦ » » Schedule » Outfit » Details
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« It burns into your heart,
the darkness that you fear.
You were never free, and you never realized.
And love is a word you've never heard.
Your heart ain't cold 'cause it burns,
A desire to leave the mire.
Take your breath 'til nothing's left.
Scars of life upon your chest.
And I know wherever it goes.»

Era straordinario come Horus fosse riuscito, solo in quel momento, a comprendere, forse solo in parte, la reale essenza di Emily. Non quella interiore; quella mai, e poi mai, un altro essere umano avrebbe saputo coglierla al di fuori della ragazza stessa. Ma quella esteriore, quella che, all'apparenza, poteva saltare all'occhio di chi, attento, l'avesse osservata cercando di sviare la superficialità e la banalità. Lo stesso meticoloso studio che il ragazzo aveva fatto, scrutando gli occhi della fanciulla, il suo viso, i suoi gesti, ascoltando le sue parole, sentendo il suo profumo e il suo calore.
Emily non era una Sirena. Emily, semplicemente, era l'Oceano. Affascinante, all'apparenza tranquillo e padrone di sé, ma pronto a incresparsi al minimo soffio; le sue acque, gelide, intorpidivano i sensi e, al contempo, la sua vastità donava un senso di libertà che nella realtà si esprimeva nell'incredibile varietà di maschere che sia lei che lui indossavano ogni qualvolta si incontravano. Sebbene sembrasse un controsenso, quello scambio di ruoli, altro non era, invece, che un allontanamento dai compiti e dalle vesti della vita reale, divenendo così una sorta di bieca libertà; la luce si rifletteva sulla sua superficie, senza mai riuscire a penetrare nelle sue profondità. Horus aumentò, leggermente, l'andatura del ballo, mentre osservava assorto il mare brillare. Si disse che una Sirena, in fondo, non è che l'Oceano per antonomasia, così come il Falco lo è per il Cielo.
Accantonando quei pensieri, il Tassorosso sorrise alla risposta di Emily, piccata dalla sua velata, sottile accusa, ma preferì tacere, rimuginando sulle sue parole. Dalla sua reazione si poteva facilmente dedurre che, era vero, la Serpeverde non era certo consapevole del fascino che esercitava sugli altri, come invece poteva esserlo Aryadne Cavendish. O almeno, non su Horus che, dal suo canto, ancora stentava ad ammetterlo. Sapeva, sì, che era una ragazza particolare e come tale stuzzicava la sua curiosità, relegando il tutto a delle considerazioni marginali ed infantili. Ma era sul serio immune come credeva? Gli occhi del giovane abbandonarono l'orizzonte del mare, posandosi sulla spalla di lei. Qualche disordinata ciocca rossa spiccava sulla pelle bianca assomigliando a sottili rigagnoli di sangue sulla neve, richiamando alla memoria la stessa, suggestiva immagine che gli avevano ricordato i capelli della stessa Cavendish un pomeriggio d'inverno di un paio di anni prima. Le squame iridescenti, nonostante la poca illuminazione, continuavano a lanciare bagliori come se emanassero luce propria. La grazia con cui Emily seguiva i movimenti di Horus e al contempo, la decisione con cui si appoggiava al suo petto erano in netto contrasto tra di loro, confondendolo.

« Se il Cielo fosse il tuo posto e gli Abissi il mio, chi pensi che dovremmo ringraziare per averci concesso questo incontro? »
La voce di Emily si perse nel vento, ma, nonostante questo, si radicò nel Tassorosso, il cui ballo si interruppe a poco a poco, sfumando. I due ragazzi rimasero immersi, fino alle caviglie, nell'acqua, immobili sotto la luce della luna.
« Il Chaos. » Il sussurro di Horus venne, anch'esso, portato via dalla brezza marina, mentre il giovane ammorbidiva la presa su Emily. Non seppe se la ragazza avrebbe compreso quelle parole; il Credo di Horus era qualcosa che, nel bene e nel male, regolava la sua vita, una parte di sé e della sua storia che custodiva gelosamente ed era, in un certo senso, un violento ossimoro con la sua Religione. Non gli avevano forse insegnato che erano gli Dei, a regolare tutto? Il Chaos era distruzione, disordine, per la maggior parte degli uomini. Eppure, per Horus, era un ordine cosmico dato dalle coincidenze, dagli avvenimenti, dalle frasi dette e non dette che contribuivano a creare situazioni e incontri, conoscenze, amicizie, amori e nemici.
*Poco importa. È così, che lei lo comprenda o meno.
Quelle considerazioni vennero interrotte nuovamente dalla voce, esile, di Emily.
Il suo sussurro giunse alle orecchie di Horus più forte che mai, come se la ragazza avesse urlato a gran voce sovrastando persino il vento. E la reazione che provocò, fu altrettanto chiassosa, in lui. Il Tassorosso aggrottò le sopracciglia, trattenendosi dal roteare gli occhi. Lo strano nervosismo provato in precedenza quella sera, tornò a montare con prepotenza, mitigato da un bislacco istinto di protezione —stroncato sul nascere— che salì quando Horus incontrò gli occhi della giovane.

« Sarebbe alquanto triste, nonché scadente, accontentarsi di un mero riverbero. » Affermò, sprezzante, assottigliando lo sguardo. Rimase in silenzio, chiedendosi il perché di quel tumulto interiore, perché quella ragazza scatenasse in lui tante domande e tanti contrasti, sballottolandoli esattamente come se le parole di Emily fossero state onde. Si chiese come poteva esistere qualcuno così arrendevole alla propria condizione di prigioniero e si chiese, allo stesso tempo, perché cavolo gli interessasse. Che affondasse lei, e tutta la baracca, si rimbrottò interiormente. Poi, improvvisamente, capì. Guardando quegli occhi grandi, cupi e al contempo luminosi, comprese ciò che fino a quel momento non aveva voluto vedere né accettare.
« Sai... » Esordì, spostando lo sguardo verso la propria sinistra, dove il mare si apriva e luccicava alla luna.
« Credo di essermi sbagliato. Forse tu hai ragione. » I suoi occhi, freddi, tornarono a guardare il volto della giovane. La mano che cingeva delicatamente il fianco di lei, sciolse la presa.
« Non avevi affatto intenzione di ammaliarmi. » Ripeté, atono, le parole di lei. « Ma il problema è... » Come se tutto perdesse consistenza, come se l'illuminazione di poco prima occupasse completamente la sua testa, offuscandone i sensi e la ragione, la mano di Horus afferrò il mento della giovane. Le dita premettero sulla pelle morbida, alzandole il viso; gli occhi, calamitati, non abbandonarono neanche per un istante quelli della Serpeverde.
« ...Che potrebbe essere troppo tardi. » La mano ancora stretta a quella di Emily, nel ballo, si strinse. Il volto di Horus si avvicinò a quello della giovane, finché il suo respiro non ne sfiorò le labbra;
« Potresti avermi già ammaliato, tuo e mio malgrado. » Sussurrò, socchiudendo gli occhi, gli angoli della bocca leggermente incurvati. Se lei non si fosse spostata, avrebbe potuto quasi sfiorare le sue labbra, cingendola in quella stretta venefica, per entrambi.
Fu una fitta al petto, ad impedire qualsiasi cosa, ancor prima di Emily. L'egoismo del giovane si incrinò, mentre il cuore martellava imponente nel petto, gridando a gran voce la follia. Non puoi, non puoi! sembrava urlargli, rimbalzando furente contro la gabbia toracica. Ah, come sarebbe stato bello, invece, abbandonarsi a quell'insolita attrazione, abbandonare quei sentimenti tanto dolorosi, che l'avevano costretto a scelte così maledettamente sofferte e l'avevano condannato a soffocare i rimorsi e i sentimenti.
Fallo, fallo! urlava la testa. Cosa si prova, quando, cercando la propria Via, ci si ritrova, ad un passo dagli Abissi?

« La nostra Reginetta del ballo è Miss Emily Rose, accompagnata dal suo Re, il signor Horus Sekhmeth. Un applauso per loro! » Molesta e non richiesta, seppur lontana, la voce della Vice-Preside giunse alle loro orecchie, venendo accolta da Horus da una parte, con irritazione e dall'altra, con sollievo. Cercando di non scomporsi, e impedendosi di reagire bruscamente in modo tale da non lasciar intendere ad Emily i suoi tentennamenti, rimase immobile, allentando solamente la presa sul viso e sulla mano della Serpeverde, scostando il viso quel tanto che bastava per azzerare la tentazione.
« A quanto pare, è un vizio, quello di divenire Re e Regina del Ballo, mh? » Disse, sardonico e con una naturalezza che stupì persino se stesso. Nonostante tutto, non aveva intenzione di salire su quel dannatissimo palco. Non più. Voleva solo...
*Ficcare la testa nella sabbia, huh.
« Lascio a te l'onore di ringraziare "il popolo". » La canzonò, muovendo un passo indietro e liberando dalla stretta la giovane, ostinandosi a non abbandonare il suo sguardo e a non farsi schiacciare dalle emozioni e dallo strano formicolio che sentiva sulle guance e sulla punta delle dita.

Il cuore, nel petto, batteva ancora, dolorosamente.


« And we run with a lonely heart
And we run for this killing love
And we run 'til the heavens above
Yeah, we run running in the dark
And we run 'til we fall apart
And we run 'til the heavens above. »




« I'm not strong enough to pay this ransom. One more monster crawled inside, but I swear I saw it die. Can you save me from the nothing I've become? »

 
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Persefone D. Bennet
view post Posted on 21/8/2014, 17:41




Miei cari studenti, accingetevi a lasciare la Festa!
Sabato chiudo il Ballo! ;)
 
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view post Posted on 22/8/2014, 17:26
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ravenclaw

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Piu' tempo passava in quella "Sala da Ballo" sul mare,piu' cresceva la sensazione di un qualcosa che non aveva consistenza.
Probabilmente a non avere consistenza era il Ballo stesso.
Il perchè gli sfuggiva completamente di mano,con la stessa facilità della la sabbia della spiaggia.
Poteva chiudere il pugno come fosse una tenaglia di acciaio,ma la maggior parte del contenuto,sabbia,ne sarebbe comunque uscito.
Il Ballo gli si era presentato come ghiotta occasione per stare bene,divertirsi,rilassarsi,stare in compagnia,magari vincere anche il premio di miglior costume,vincendo anche la Coppa delle Case.
Nulla.
Niente di quello che aveva progettato,ipotizzato si stava avverando.
In quei momenti capiva quelle persone che facevano del motto " Non farsi aspettative,previene dalle delusioni",il proprio credo.
Quella sera aveva perso un po' su tutti i fronti.
Là,ormeggiato accanto a un banco di cose da mangiare,costretto a guardare altro e altri.
Non era in buona compagnia,quella di Daddy si era dissolta come una scritta sulla battigia,non si era divertito visto che non aveva conosciuto nessuno ne tanto meno vissuto particolari episodi degni di nota.
L' altro tasto dolente era stato appena pigiato,rimanrcato con forza da parte della sua Caposcuola Lancaster.
Non aveva nemmeno vinto il premio come migliore costume.
Ok,non era tipo da dare molto peso a quei premi,ma quella sera ci aveva creduto.
Il costume era divertente e non troppo serioso,elegante al tempo stesso.
Era a tema. Un tema colorato,che però a quanto pareva non era riuscito a convincere il pubblico votante.
La democrazia che aveva sancito Horus,il ragazzo taciturno Tassorosso,e la serpeverde che aveva incrociato a suo tempo,di cui ora sapeva anche il nome...Emily Rose,come il Re e Regina del Ballo.
*Mah non mi sembra nemmeno granchè come costume..*
pensò mentre osservava il Tassorosso che si apprestava a salire sul palco in compagnia della bella Serpeverde.
Era geloso forse ? La parola piu' adatta forse sarebbe stata "invidioso".
Aveva come un chewingum in bocca.

Stava masticando amaro come si è solito dire.
Continuava a ripetersi dentro di se che meritava lui quel premio,ma non aveva molto da poter contestare.
Era solo,solo,a un Ballo di Fine Anno.
Aveva solo ancora piu' fame.
Prese uno spuntino nel tentativo di togliersi quel saporaccio dalla bocca.
Sapeva inoltre che il Ballo si avviava alla conclusione dopo quell' annuncio.
Niente da fare, quando prendere in quel modo,manco la magia può farci qualcosa.
Le piccole donne della battigia avrebbero poi cancellato tutto quello che era succedeva.
Almeno così sperava.


abito :
 
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32 replies since 11/7/2014, 12:07   946 views
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