Esame GUFO Patrick Swan

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view post Posted on 19/1/2015, 11:20
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Tassorosso
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a far away land...

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Post descrittivo in attesa del via libera del Master


Elhena sedeva nel centro del suo letto a baldacchino, con i polpacci ripiegati sotto le cosce e i piedi premuti dai glutei. Il libro di Trasfigurazione che illustrava la tecnica per diventare Animagus era aperto a pagina 123 e la Tassa usava un ginocchio per impedire che si chiudesse. Nelle membra si stava già diffondendo un principio di intorpidimento, ma la studentessa era determinata ad ignorarlo finché non fosse divenuto insopportabile. Dopo giorni di studio infruttuoso riusciva ad afferrare il senso di un paragrafo, contenente un dato chiave per la vocazione cui aveva deciso di dedicarsi, e temeva che l'intuizione sarebbe sfuggita dalla mente, come calore da una finestra aperta, se solo si fosse distratta. Perciò resisteva storicamente.

*Non è mai morto nessuno per un po' di formiche*
Forse l'affermazione era corretta. Quasi certamente. Ma la sensazione niente affatto piacevole di avere migliaia di aghi piantati nella gamba non l'aiutava a mantenere la concentrazione. Proprio per nulla. Nel giro di cinque minuti si accorse di leggere sempre la medesima frase perché, quando arrivava in fondo, aveva già scordato come iniziava. Le labbra mormoravano le parole, scandendole come un bambino di prima elementare che stia imparando a leggere.
Infine fu costretta ad arrendersi. Infilò un segnalibro - una delle penne di Cleite - nel punto in cui era arrivata e districò le gambe dalla loro posizione, allungandole davanti a sé. Con cautela fletté le dita dei piedi, nonostante il lieve dolore che tale gesto le procurava. Le sembrava di avere la parte inferiore del corpo grande il doppio del normale e, quando posò la pianta del piede a terra, ebbe la sensazione che ci fosse un cuscinetto tra la prima e il pavimento.
Si impose di muoversi per riattivare la circolazione del sangue, camminando avanti e indietro, oppure saltellando sul posto. Ne approfittò per sgranchire anche i muscoli tesi della schiena e delle spalle, con moderati movimenti rotatori in senso orario.

*China la testa in avanti, all'indietro, a destra e a sinistra*
Fu in quel momento che la tasca dove la Tassina teneva sempre il finto Galeone dell'ES, almeno quando indossava la divisa, bruciò. La ragazza lo prese, sperando che si trattasse solo della convocazione per un'esercitazione come la volta precedente. Macché.
Il Galeone comunicava che bisognava recarsi subito in Sala Grande. Nient'altro.

*No, decisamente non è un'esercitazione*
Stava per uscire dal proprio dormitorio quando le venne in mente che, non sapendo a cosa andava incontro, un minimo di equipaggiamento non avrebbe guastato. Allora si inginocchiò davanti al suo baule, lo spalancò e cominciò a frugare al suo interno. Per prima cosa prese la pochette ottenuta per meriti di Casata l'estate precedente e se la legò in vita tramite un nastro che aveva cucito a tale scopo. Poi in essa, dotata di un incantesimo estensivo irriconoscibile, infilò la pozione rinvigorente e il decotto al dittamo, convinta che sarebbero stati più utili così che a stantuffare tra i calzini. Soppesò indecisa la lanterna magica, chiedendosi se ne avrebbe avuto bisogno. Doveva pensare in fretta. Optò per una risposta affermativa e la mandò a fare compagnia alle pozioni. Altro che le fosse utile non c'era. Nelle tasche della gonna c'erano già l'Avversaspecchio e lo specchio comunicante che le permetteva di entrare in contatto con Leah.
Le dita si chiusero sul manico ligneo del violino ronzante. Dicevano che tenesse lontane le persone sgradevoli.

*Non posso combattere a suon di scale*
Lo lasciò dov'era e, cercando di apparire più naturale possibile, uscì dalla Sala Comune e si incamminò lungo il sotterraneo, ben decisa a raggiungere la Sala Grande. Il cuore pompava adrenalina nelle vene, sebbene la giovane non avesse ancora la percezione piena di quanto stava succedendo.

 
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view post Posted on 19/1/2015, 19:34
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Di fronte al potenziale pericolo cui la scuola era stata sottoposta la chiamata alle armi giungeva rapida ed efficace. Poche azioni, un singolo incantesimo ben piazzato e i rinforzi erano stati allertati:
Sirius era stato allertato.
Nella lunga corsa alla sala grande che lo stava occupando, egli aveva perfino dimenticato quale occupazione quel giorno lo avesse tanto vessato. Dal momento in cui il galeone era iniziato a bruciare, non v'erano stati più impegni, alcun pensiero nè dubbio, alcuna tribolazione. Doveva solo correre, consumare le distanze, raggiungere rapidamente la sala grande, rispondere all'invocazione di Aiuto.
Dalla torre ovest la sua sarebbe stata una corsa lunga. Di passaggi non ne conosceva e per qualche secondo quasi maledisse il sistema di protezione contro la smaterializzazione.
Doveva decidere il percorso più idoneo, ottimizzare i tempi e sopratutto doveva muoversi.
Ma prendere la scalinata era l'unica soluzione attuabile.
La mente era tutto un lavorare, un alternarsi frenetico di congetture che presto e per fortuna avrebbero trovato soddisfazione. La sala grande lo stava aspettando, pronta a svelargli la ragione di quella chiamata alla armi. Doveva essere un attacco delle forze oscure o chissà cos'altro, non poteva essere altrimenti. Perché chiamare in sala grande in luogo della solita celata stanza?
Perché la sala grande in un momento che Sirius sapeva essere finanche sede di esami?
Come a volersi tutelare da un potenziale pericolo che temeva si sarebbe presto palesato , aveva sfoderato la bacchetta di salice: stretta saldamente nel pugno, pronta ad ingaggiare la lotta se le circostanze lo avessero ritenuto necessario. Non doveva mostrarsi impreparato. Non c'era spazio per il fallimento, non c'era spazio per l'incertezza nè per il senso di colpa. Ciò che era successo a Mary nel corso dell'ultima missione per conto dell'ES non poteva e doveva ripetersi. Lucido, posato sebbene desideroso di giungere infine a soluzione dell'arcano scendeva scalino dopo scalino attento a non travolgere gli studenti che gli venivano contro.
Sarebbe riuscito a scendere senza cambiare percorso designato?
Peraltro non stava considerando che le scale del castello che collegavano tra di loro torre e piani, celavano vizio potenzialmente ostile:
" A loro piace cambiare "
E quel cambiamento poteva fargli perdere tempo. Prezioso tempo.
Avrebbe affrontato ciò che il caso avesse serbato.
La casualità spesso non sempre é deleteria. Sarebbe stato quel che il destino voleva. Avrebbe raggiunto la sala grande in un mondo o nell'altro.
Lui era pronto.
Le forze del bene erano sempre pronte.

 
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view post Posted on 19/1/2015, 23:40
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Semper Fidelis

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× Off-Game ×


× Legenda
Narrazione
«Dialoghi»

Tutta la la grande e brutale forza dei difensori del pseudo-Bene? La Preside era ancora insaccata – che quella deficiente non si fosse portata la bacchetta dietro? -, Patrick inginocchiato per terra, e, forse, pure cieco... Insomma nella posizione adatta per uno che aveva scelto di servire la causa sbagliata, e porsi sulle ginocchia dinnanzi a un Ideale più grande. Colpa sua, - avrebbe pensato Raven, per poi girarsi e per un attimo fare il punto della situazione: di tutta l'allegra combricola che eroicamente stava resistendo a un Docente e 5 allunni di diversi anni, soltanto il Ministro sembrava essere degna di portare avanti la propria lotta. Per un attimo Raven si chiese se fosse così difficile per la Preside, il Ministro, Patrick e la Docente di Difesa (che però non sembrava poter difendere niente), fare qualcosa in quel caso. Poi però sorrise e corse via, nel mentre Vagnard von Kraus (che da solo, secondo Raven, li valeva messi tutti insieme), eseguiva l'ennesimo incantesimo giusto, mettendoli tutti fuori gioco quei geniacci. Seppur leggermente ferito alla gamba (graffi, rispetto a quello che aveva provato già non una volta), Raven uscì rapidamente dalla Sala, con la coda dell'occhio osservando Aryadne nascosta dietro a un tavolone (era una bambina... che dava del filo da torcere a Patrick Swan, il Ministro e la Docente di Anti-Difesa), e Chris, che, per effetto dell'incantesimo del Ministro Pompadour, sveniva.
"Puoi fare del male solo a una bambina di 11 anni." - Pensò Raven, uscendo e rapidamente spostandosi nel giardino.
"Ma vedremo come te la caverei contro di lui".
Lanciato il marchio, avrebbe rapidamente trovato il primo riparo utile nel giardino, che lo avrebbe posto lontano da occhi indiscreti, e nel quale avrebbe potuto nascondersi per qualche secondo. Sapeva che il patronus avrebbe richiamato rinforzi, così come sapeva, che doveva muoversi il più velocemente possibile.
Non aveva tempo, così, una volta che i suoi occhi avrebbero trovato il riparo necessario, avrebbe rapidamente agito, dando la preferenza non tanto all'esecuzione di un incantesimo di difficoltà media, quanto alla velocità: non dovevano vederlo, non doveva essere visto, era questo il suo obiettivo, ed era questo che cercava ad imprimere alla mano con la bacchetta 1 secondo dopo che aveva piazzato il Marchio Nero sopra il suo capo.
Rapidò puntò la bacchetta verso sé stesso (circa un attimo dopo che sarebbe apparso il marchio), e mantenendola ben ferma, alla fine del movimento pronunciò nella propria mente la formula magica, tenendo ben in mente di doverla pronunciare come se fosse una parola sola e mettendo i giusti accenti ai giusti posti.
"Séocculto".
Una volta eseguito l'incantesimo, ancora ferito alla gamba, Raven avrebbe effettuato un rapido spostamento verso il primo nascondiglio/riparo decente presente nella zona, il più possibile vicino a lui. Il riparo doveva metterlo lontano dai sguardo indiscreti (il solo incantesimo non bastava), e, quindi, una volta li, il ragazzo si sarebbe rapidamente tolto maschera e mantello, nascondendoli nell'ombra. Sapeva che il seocculto avrebbe dato i frutti sperati almeno per quel frangente di tempo: non doveva essere visto durante lo spostamento, altrimenti avrebbe rischiato la missione.
Dunque, toltosi maschera e mantello, avrebbe quindi ben pensato a cosa fare successivamente...
 
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view post Posted on 20/1/2015, 00:00
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Il dado era tratto, i primi incantesimi erano stati castati, la storia di Hogwarts in pochi minuti era nuovamente mutata. I futuri studenti della scuola magica probabilmente l'avrebbero odiato: avrebbero dovuto studiare un paragrafo in più nel loro libro di testo.

Nonostante ci volle più tempo del previsto, i due erano nuovamente fuori dalla Sala Grande; tra il leggero infortunio subito da Raven e il tenere d'occhio la situazione dell'ex Prefetto dopo aver castato il Tormentam, passarono diversi secondi prima che i due riuscissero nel loro intento, che avrebbe dato il via alla seconda parte del piano.
Appena uscito si appoggiò spalle al muro.
Rimase fermo in quella posizione per qualche secondo, cercando di respirare il più lievemente possibile, poi impugnò con decisione la bacchetta, ora pronta a scattare nel caso i suoi sensi fossero stati stimolati da una qualche fonte.
Per quale motivo aveva fermato la sua fuga?
Il motivo della sua esitazione era evidente; dopo aver messo ko i difensori della Patria, ancora una volta qualcosa sembrava essere andato storto; uno degli alleati era crollato poco avanti a loro nel momento della fuga. E probabilmente si trovava ancora lì, in balia dei nemici, che presto o tardi si sarebbero ripresi dal brutto colpo subito.
Fato o Caso, non era quello il momento di indagare su chi dei due tirasse le redini di quella sfida; bisognava capire cosa fare.


Come avevano previsto inconvenienti di vario tipo, anche i ruoli erano stati stabiliti fin da subito.
Raven immediatamente era corso via, lo aspettava un compito ben più importante che pensare a svolgere il lavoro sporco. Quello era più un mestiere che si addiceva al tedesco, e fu ben felice di accollarselo.
Rientrare nella Sala in quella situazione, però, era rischioso senza sapere come agire, molto rischioso. E non poteva neanche essere certo del reale effetto che aveva avuto il suo Tormentam sugli avversari, nè di quanto sarebbe durato.
Capì quindi cosa fare: si sarebbe sporto leggermente, cercando di individuare la posizione della compagna.

Cosa fare dopo?

Con imbarazzante freddezza, realizzò.
Se la situazione si fosse rivelata agevole l'avrebbe tirata fuori in qualche modo, in caso contrario, di fronte all'impossibilità di poter fare qualcosa di concreto, sarebbe stato costretto a bruciare o a far esplodere il corpo dell'Alleata, viva o morta che fosse.
Voldemort avrebbe capito, ne era certo, e così anche gli altri Alleati.
Non potevano permettersi di cadere nelle mani avversarie. E anche se qualcuno di loro fosse perito per la giusta causa, i nemici si sarebbero ritrovati solo cenere tra le mani.

Dopo essersi preso il tempo necessario per la dovuta riflessione quindi, si sporse.

Appena intravista la figura di Chrisalide per terra in prossimità dell'entrata/uscita della Sala, capì che poteva farcela.

Per i fuochi d'artificio avrebbe dovuto attendere un altro giorno.

Il piano quindi era chiaro; si sarebbe quindi chinato e, dopo aver allungato il braccio, l'avrebbe trascinata fuori, riportandola con sè dietro il muro. Solo poi avrebbe pensato a come poter andare via entrambi da lì.
Era un movimento semplice, ma doveva fare in fretta: qualche ospite indesiderato poteva essere in arrivo, e lui, si sarebbe dovuto far trovare pronto per accoglierli.

La fine di quella lunga giornata era ancora lontana.
Sarebbero dovute volare ancora molte teste.

 
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view post Posted on 20/1/2015, 00:14
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La Stanza delle Necessità. Quando vi era entrata, una ventina di minuti prima, mai avrebbe pensato di ricevere visita da un Patronus.
Stava dando uno sguardo all’elenco affisso sullo specchio, per conoscere i nomi degli studenti che di recente si erano uniti al gruppo, quando un cigno argenteo attraversò la parete con una certa fretta. La voce del Ministro Pompadour risuonò tra quelle mura: Hogwarts era sotto attacco.
Rimase immobile per qualche secondo, incredula. Hogwarts era diventato un bersaglio fin troppo facile negli ultimi tempi, sbucavano nemici ovunque. Non c’era tempo da perdere, era il momento di agire.
Estrasse dalla tasca della divisa il Galeone falso, mentre con l’altra mano, la destra, impugnò la bacchetta; servivano rinforzi. Poche e semplici mosse e la chiamata partì, diramandosi di Galeone in Galeone. Tutti coloro che fossero stati in possesso della moneta dell’ES avrebbero ricevuto il messaggio: Dovevano recarsi in Sala Grande. Subito. Confidava nel fatto che avrebbero capito che qualcosa non andava, avevano aderito ad un “Esercito” ed era il momento di entrare in azione.
Divulgato l’allarme si avviò verso l’uscita, ma prima c’era una cosa che doveva fare, le era venuta in mente dopo solo pochi passi. Frugò nella borsa a tracolla, individuando quasi subito il Mantello della disillusione, ordinatamente piegato e riposto sul fondo. Lo estrasse con poca cautela, facendo fuoriuscire dalla borsa una boccetta d’inchiostro e qualche rotolo di pergamena, che prontamente ributtò all’interno.
Lasciò la borsa lì nella stanza ed uscì. Mentre percorreva il corridoio del terzo piano infilò il mantello, allacciandolo bene. Con il mantello della disillusione addosso non avrebbero potuto vederla arrivare, questo poteva scoraggiare chi stava spettando soccorsi, ma di sicuro le avrebbe dato un vantaggio sui nemici. Dopo aver sistemato il cappuccio del manto sulla testa, si precipitò giù per le scale, in direzione della Sala Grande.
La bacchetta già in pugno e la mente attenta a ciò che le si sarebbe presentato d’avanti.



Punti Salute: 233
Punti Corpo: 221
Punti Mana: 231

Punti Esperienza: 70

Equipaggiamento Indossato:
Mantello di Disillusione: se il corpo è ben avvolto in questo tessuto esso sembrerà donargli l'invisibilità
Anello del coraggio: Evocando la sua forza contro un unico nemico ben preciso, sarete molto avvantaggiati nello scontro contro di lui per un po' ( durata da 2 a 5 azioni, attacco e difesa raddoppiati nei confronti di un unico avversario )
Runa Thurisaz della Spina: Utilizzabile a discrezione del possessore. Consente all'utilizzatore di far crescere uno o più cespugli di "Rovi". Queste piante, resistenti come l'acciaio e dotate di numerosissime spine, possono essere poi comandate dall'utilizzatore, fatte crescere praticamente a dismisura e molto rapidamente, o utilizzate nei modi più disparati; il prezzo da pagare per questo potere è il dolore: per ogni cespuglio di rovi creato, e per ogni modifica effettuata sulla pianta originale, delle piccole ma profonde ferite appariranno sul corpo dell'utilizzatore, di entità in quanto a PS variabile, e a discrezione del master. L'utilizzo della runa richiede grande concentrazione. Una volta disattivata la runa, tutti i rovi creati sino a quel momento spariscono.
 
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view post Posted on 23/1/2015, 00:57
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«Do I not destroy my enemies when I make them my friends?»
Stava riprendendo a nevicare. Emily alzò lo sguardo verso il cielo, socchiudendo, infastidita, gli occhi dinanzi a tutto quel candore. I fiocchi, piccole, gelide faville dai corpi perfetti, andavano ad aggiungersi al soffice manto bianco, piccole particelle di nulla che si perdevano nella totalità generale. Molte persone apprezzano il freddo perché da esso si trova rifugio. Una casa, un letto caldo, l’abbraccio delle persone che amano, una tazza di the in compagnia. Emily amava il freddo perché la faceva sentire viva. Il freddo la investiva e le ricordava che era lì, che era una persona, ignara di ciò che le mancava e di ciò di cui aveva realmente bisogno – o forse cosciente ma cocciuta nell’ignorarlo, ma pur sempre una persona. Pensò che non ci fosse sensazione migliore che potesse sentire, nonostante le mani congelate, nonostante la pesante sciarpa enorme che le pizzicava il viso.
Avvertì i passi morbidi di Zoey prima ancora di metterne a fuoco l’esile figura, ma non si voltò, preferendo volgere le iridi argentee, leggermente arrossate, verso la sua micia che, distratta dall’arrivo della Rosso-Oro, inclinava di poco la testolina e sprofondava ulteriormente nella neve nel tentativo di muoversi in avanti. La ricordava? Ricordava Felix?
Ciao, Emily

Lesnicky
Fu la veloce risposta al saluto, accompagnata da un leggero cenno del capo vermiglio.
Cosa Zoey volesse da lei, restava ancora un mistero. Perché Emily avesse deciso di rispondere positivamente all’invito, senza sapere né “come” né “perché”, pure.
Educatamente decise di alzarsi, approfittandone per riporre le mani, chiuse in due pugni, in tasca.

Allora, di cosa si tratta?, chiese senza tanti giri di parole. Voleva arrivare subito al punto e capire perché il Prefetto Grifondoro avesse cercato proprio il suo di aiuto.
*Cosa abbiamo in comune, dopotutto?*
La risposta fece velocemente capolino nella sua mente come fulmine a ciel sereno: perché non ci aveva pensato prima? Arya, Arya era l’unica cosa che lei due avevano in comune. Cosa era successo? Cosa le aveva detto? E se le avesse raccontato di quella notte in Sala Comune? *NO*
Due erano le opzioni, quindi: prendere subito la parola, fingersi improvvisamente impegnata ed andar via oppure… Beh, affrontare la questione da persona matura. *La prima. No, eh? Vabeh, divertiti Claire*
Giunta quindi alla masochista sentenza, la giovane Caposcuola sospirò appena, alzando nuovamente lo sguardo al cielo in segno di resa. Quelle piccole lotte interiori non le giovavano per nulla.
E lì accadde: la prima cosa a cui pensò fu che, infondo, era vero che la fortuna premiasse gli audaci e che fosse salva dal probabilissimo tema principale di quell’incontro. Ma poi … La preoccupazione tornò ad essere protagonista di quella giornata, mista a crudele rabbia.
Il Marchio Nero. Fumo sporco che si stagliava contro la lucentezza pallida del cielo innevato e ne infettava la purezza. Come incapace di realizzare cosa davvero stesse aleggiando e muovendosi minacciosamente sulla sua testa, Emily restò immobile ma per non più di un paio di secondi. E poi accadde in un momento: sfoderando il legno di Salice dalla cinturina di pelle ed impugnandolo con la sinistra, si voltò verso Zoey, compagna non richiesta, ma in quel momento voluta, di ciò che andava fatto, di ciò che Lei doveva fare.

Dobbiamo correre al Castello. Qualcosa non va.
Asserì con urgenza, lasciando cadere scomodamente a terra la maschera di freddezza che da sempre era un tutt’uno col suo volto. Era preoccupata; e chi non lo sarebbe stato al suo posto?
Non sapeva quanto Lesnicky ne sapesse di tutta quella storia ed in quel momento non pensò nemmeno al “se” fosse giusto trascinarla con sé eppure, in quanto Prefetto, doveva rientrare nei suoi compiti, doveva proteggere i suoi studenti – se mai questi fossero davvero sotto attacco. Perché di quello si trattava no? Chiunque potesse avere abbastanza informazioni su Lord Voldemort ed i suoi seguaci, avrebbe saputo che non poteva trattarsi di uno scherzo; il Marchio Nero voleva poter dire due cose, quasi sempre correlate: omicidio e chiamata in campo del Signore Oscuro e nessuno avrebbe osato scherzare su entrambe le cose.
Senza nemmeno rendersene conto, Emily stava già correndo verso i gradini che l’avrebbero avvicinata all’entrata del Castello. Si voltò indietro per scoprire se Zoey la stesse seguendo: lasciarla lì, da sola, non era una mossa tanto sicura e poi, qualcosa le suggerì che lei non se ne sarebbe stata con le mani in mano.
Giunta al possente portone di legno massiccio, l’avrebbero dunque spinto di lato, inoltrandosi nel corridoio principale che avrebbe permesso loro di farsi un’idea logica su dove si trovasse la fonte del Caos, anche se Emily sapeva fin troppo bene dove dirigersi: Sala Grande, ove si stavano tenendo i Gufo di Patrick Swan, il che voleva dire soltanto una cosa…
… Preside e Ministro sotto il medesimo tetto, con l’aggiunta di validi insegnanti. Con loro in trappola, gli studenti potevano ritrovarsi facilmente in serio pericolo. Una scelta andava dunque fatta: correre in aiuto delle alte cariche scolastiche – e non – oppure dirigersi nei sotterranei a protezione dei suoi studenti?
Seppur tentata dalla seconda opzione, le bastò però immaginare chi potesse trovarsi lì, *Lui, lei, sotto attacco*, per capire che fossero le persone a cui, in quel momento, seppe di tenere, a correre il pericolo maggiore.

Sala Grande.
Avrebbe dunque mormorato verso il Prefetto, rallentando il passo, respirando piano, allertando i sensi e procedendo silenziosamente verso la meta – se non avessero trovato intoppi lungo il tragitto, ovviamente.

POST DI AVVICINAMENTO


 
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Arya Von Eis
view post Posted on 23/1/2015, 02:22




Si era mossa rapidamente, malgrado il piccolo, forse non così piccolo, problemino di vista, era riuscita a raggiungere il portone e a uscire dalla Sala Grande, ora doveva essere ancor più rapida, a breve il piano terra si sarebbe affollato e non poteva permettersi di farsi trovare ancora lì con tanto di maschera e mantello addosso, conciata così nemmeno uno stolto l’avrebbe scambiata per una studentessa lì di passaggio.
Non poteva sapere cosa fosse accaduto ai suoi compagni e non poteva nemmeno sapere se tutto stesse andando secondo i piani, avrebbe potuto aspettare per averne conferma, se avesse indugiato lì sulla porta qualche istante avrebbe di sicuro potuto riconoscere altre due figure incappucciate darsi alla fuga e il successivo ripensamento di una di queste, ma non lo fece, li aveva anticipati per un motivo preciso, non poteva ora vanificare la riuscita di quella sua mossa, attardarsi era dunque inutile.
Appena varcata la soglia decise la direzione da prendere, la vista ancora le creava qualche problema, ma riusciva a distinguere meglio le figure, almeno i contorni, la memoria avrebbe fatto il resto.
Non sapendo da quale direzione sarebbero potuti arrivare i rinforzi, decise di evitare i punti cruciali, le scale, sia quelle che portavano ai piani superiori, sia quelle che l’avrebbero condotta ai sotterranei e il portone d’ingresso.
Decise dunque di costeggiare il muro il più velocemente possibile, fino a raggiungere un angolo del piano terra che non portava da nessuna parte, una strada chiusa insomma, nessuno sarebbe passato di là per raggiungere il centro della battaglia, defilata, puntando sul fatto che l’attenzione di chi arrivava sarebbe stata sulla Sala Grande, sperava di avere giusto il tempo necessario per sbarazzarsi delle prove incriminanti, sarebbe bastato quello, al resto avrebbe pensato dopo, il non essere colta sul fatto sarebbe stato, per ora, sufficiente.
Cercando il punto più in ombra, dando le spalle alla via principale in modo che le sue azioni fossero coperte dal suo corpo e dai muri che si incrociavano, sempre mantenendo l’attenzione costante verso i rumori che la circondavano, in modo da tentare di intercettare in anticipo qualsiasi pericolo, sfilò maschera e mantello, avvolgendo la prima nel secondo in modo da formare un unica massa prima di gettarli a terra.
Le sue intenzioni erano chiare, puntò quindi la bacchetta che teneva ancora stretta in mano verso ciò che aveva appena lasciato cadere e, mentre con l’arma compiva un movimento circolare continuo, che sarebbe continuato fino al temine dell’enunciazione, pronunciò la formula desiderata facendo attenzione a non alzare troppo la voce, ma scandendola comunque correttamente, dividendola nelle sue tre parti
-E – Va – Nesco-
Se tutto fosse andato come previsto, almeno un problema l’avrebbe risolto, ciò che più direttamente la collegava al gruppo che aveva assaltato la Sala Grande sarebbe scomparso, niente più maschera, niente più mantello, niente più mangiamorte, sarebbe stata una semplice studentessa.
Vero era che la vista ancora le creava problemi, avrebbe dovuto fingere che così non fosse se avesse incontrato qualcuno, ma poteva riuscirci, almeno non correva più il rischio di urtare qualcuno o qualcosa per sbaglio.
Ora doveva solo fingere di essere ignara di tutto e cercare di allontanarsi o, nella peggiore delle ipotesi, se proprio fosse stata tirata in mezzo per qualche arcano motivo tipo “Sei un Prefetto, non puoi esimerti dal difendere la scuola” ritornare al punto di partenza schierandosi, questa volta, dalla parte opposta, ma sperava vivamente di raggiungere i dormitori senza intoppi.
Un respiro profondo e fu pronta, si voltò e, con tutta la tranquillità che riuscì a richiamare a sé iniziò a ripercorrere a ritroso la strada che l’avrebbe condotta alla sua Sala Comune e, se qualcuno di più sospettoso le avesse chiesto cosa ci faceva per di là, avrebbe sempre potuto inventarsi di star cercando il custode per qualche motivo.



Piccola precisazione, nella descrizione dell' Evanesco la formula viene scritta in maiuscolo, nel post l'ho scritta in minuscolo, spero che questo non incida sulla riuscita del tentativo, la motivazione è semplice, siccome da che mondo è mondo il maiuscolo si usa nel caso si stia urlando o comunque parlando ad alta voce, ho pensato fosse meglio scriverla in minuscolo dato che sto cercando di attirare il meno possibile l'attenzione su di me e urlare non mi sembra proprio il modo migliore.
 
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view post Posted on 23/1/2015, 04:29
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- Deus ex Mazza -

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L'ultima cosa che Patrick vide furono i tre mangiamorte dirigersi verso l'uscita della Sala Grande, poi tutto ciò che ricordava era la sabbia, sulla pelle, dentro il naso, le orecchie, in bocca, sulla lingua e, soprattutto negli occhi. Indietreggiò sulle terga scivolando sul pavimento pensando di essere diventato cieco, con la spalla ancora pulsante dal dolore! Imprecò anche se non credeva a divinità alcuna, se li era lasciati sfuggire, di nuovo. La rabbia, l'ira, la frustrazione, la sensazione di inutilità prese il sopravvento, per un istante, prima di essere soffocata da quel senso di responsabilità e di speranza che lo muoveva. Farsi travolgere dalle emozioni era, dopotutto, ciò che doveva evitare, la ragione, l'intuito, la mente, funzionavano al meglio solo se accompagnate dalle giuste emozioni: l'adrenalina doveva infondergli coraggio e caparbietà non ansia e amarezza. Non sapeva bene cosa stesse accadendo attorno a lui, non sentiva le voci delle docenti per cui pensò per un istante di essere rimasto solo, indietro, in disparte, e non lo sopportava. Si sarebbe rialzato e avrebbe fatto di tutto per catturare anche il più misero indizio riconducibili a quei codardi mangiamorte. Prima però doveva tornare a vedere. Mosse quindi la bacchetta orizzontalmente puntando prima ad un occhio e poi all'altro, disegnando un segmento di linea retta di fronte ad essi, tenendola con dolcezza e decisione, con il tocco unico di chi a differenza dei più possedeva il talento della cura e guarigione.

*Àceclo*

Pensò udendo nella sua mente una voce risoluta e pacata. Se il suo incanto avesse avuto effetto si sarebbe rialzato sul pavimento non più scivoloso aiutandosi col tavolo per far più veloce e meno fatica (non doveva dimenticarsi la ferita subita alla spalla) e avrebbe preso coscienza di ciò che stava accadendo davanti a lui, se la tormenta fosse poi cessata avrebbe finalmente scoperto cosa ne era stato dei Mangiamorte e dei compagni, erano forse usciti fuori o caduti? Solo il Fato avrebbe potuto fornire al ragazzo le risposte che andava cercando.

 
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Jessica A. Evans
view post Posted on 23/1/2015, 11:34





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Aveva appena abbandonato il dormitorio percorrendo le scale a perdifiato, lasciandosi alle spalle un gruppo di Corvonero novelli che osservavano la sua furiosa corsa, con curiosità; erano radunati in Sala Comune, accalcati attorno ad un tavolo intenti a fare i compiti. Fuori dall’Aquila indovina che custodiva l’accesso al loro piccolo e segreto mondo, altri Corvetti contemplavano l’uscio, scervellandosi per risolvere il quesito; Jessica risparmiò loro il tempo, balzando fuori dalla porta di legno e rischiando di travolgerli tutti. Rimase sospesa sulla soglia, avanzò di qualche passo e decise di tornare indietro. Era ancora in tempo per ripensamenti su ciò da portare con sé. Risalì in dormitorio e aprì nuovamente il baule,rovistando frettolosamente fino a trovare ciò che cercava: il mantello di disillusione. Lo buttò su una spalla e ridiscese, il fiato corto, capitombolando nuovamente oltre la porta di legno. “FUORI DAI PIEDI!” gridò, schivando gli studenti del primo anno ancora lì fuori, per un soffio. Imboccò la scala che conduceva giù dalla torre di divinazione, verso la scalinata principale che portava inevitabilmente ad ogni destinazione possibile. Non aveva tante possibilità per poter scendere in Sala Grande, decise quindi di incominciare la discesa imboccando quell’inevitabile via, augurandosi che i cambiamenti delle scale mobili andassero a suo favore. Passò un piano dietro l’altro, occhi spalancati alla ricerca di segni sospetti, qualora l’evento (qualunque esso fosse) si stesse spostando in giro per la scuola o nell’eventualità di incontrare compagni dell’ES e chiedere delucidazioni. Prestò, infatti, particolare attenzione all’altezza del Terzo piano, sapeva benissimo che in uno dei corridoi laterali, precisamente in quello addobbato con l’arazzo dei troll ballerini, era ubicata la Stanza delle Necessità; chiunque avesse attivato il loro Galeone, era probabile si trovasse là. Fortunatamente non trovò ostacoli al suo cammino, solo qualche corridoio affollato di studenti, che scansò in malo modo, per non arrestare la sua avanzata. Non si fermò, rallentava occasionalmente per riprendere fiato e far diminuire i battiti cardiaci, fino a quando arrivò in vetta allo scalone principale che si affacciava sull’atrio. Indossò il mantello di disillusione e sfoderò la sua fedele alleata, la bacchetta. Si affacciò alla balaustra delle scale, scrutando sotto di sé fino al più insignificante angolo buio, sapendo che l'altrio offriva confortevoli nascondigli transitori per fuggiaschi; da quella distanza riusciva a vedere il portone della Sala Grande… Era aperto? O era un gioco d’ombre dettato dalle luci e dalla posizione? Decise di concedersi il beneficio del dubbio e di scrutare attentamente attorno a sé in caso qualcuno avesse abbandonato la Sala Grande, magari avrebbe incrociato qualche professore informato sui fatti o la causa dell’attivazione dell’ES. Da quella posizione rialzata poteva chiaramente vedere il piano sottostante nella sua interezza, il grande portone di Quercia (che meritava attenzione, in quanto costituiva l’unica via di fuga per eventuali fuggitivi) e l’ingresso al luogo del misfatto. Il cuore le martellava frenetico in gola, rimbombandole nelle orecchie, mentre l’eccitazione e l’adrenalina piroettavano frenetici nelle sue vene, preparandola allo scontro. Realizzò, d’un tratto che, quel giorno e in quel luogo, si stavano svolgendo i G.U.F.O (almeno in teoria); non era una scoperta inaspettata, l’evento era noto a tutta la scuola poiché l’accesso alla Sala Grande, in quella data fascia d’orario, era negato a tutti, per ovvi motivi. Avanzò di qualche passo verso l’atrio, allerta, scendendo con cautela i Gradini della scalinata e prestando attenzione a non urtare i passanti. Si tenne adesa al corrimano, aumentando la stretta sulla bacchetta sguainata. Era pronta, qualunque cosa stesse per accadere; l’attenzione focalizzata al target e ai confini limitrofi, l’occhio vigile saettava perlustrando l’atrio nella sua interezza. Un occhio particolarmente attento venne riservato al portone di Quercia, era l’uscita, la via di fuga per chiunque avesse causato trambusto, dopotutto.



Punti Salute: 206/206
Punti Corpo:185/185
Punti Mana: 200/200
Punti Esperienza:41
Equipaggiamento:
Indossato: Mantello di Disillusione;
Attivo:
•Ciondolo scaglia di basilisco: infonde coraggio a chi lo indossa (+4 mana).
•Ciondolo corno di unicorno: rende puro e all'apparenza più forte chi lo indossa (+4 corpo). --> i tre ciondolo sono infilati nella stessa catenina d'acciaio.
•Anello dei troll: aumenta la potenza del mago (+5 mana)
•Un bellissimo diadema appartenente al tesoro di una veela.
Conferisce un fascino più prepotente nei confronti del nemico. (Difatti invocando il suo potere blocca l' avversario in quest per un turno, utilizzabile una sola volta per quest)
•Pietra di Luna, Aumenta la concentrazione del pg. (10 punti Mana). Incastonata nel diadema di Veela.
 
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view post Posted on 23/1/2015, 11:45
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Non ebbe il tempo di sincerarsi dell'esito del suo incanto, immediatamente tutto si fece nebuloso.
Portò il dorso della mano davanti agli occhi ma la sabbia che sferzava il volto rese subito pacifico ciò che era accaduto.
Avrebbe dovuto gioire? L'ultima immagine registrata era quella dei mangiamorte in fuga, un nugolo di conigli saltellanti e zoppi che strisciavano verso il loro nefasto destino. Eh no, Mister Voldemort non sarebbe stato per niente contento se avesse assistito a quella scena.
Chiuse gli occhi, non vedeva praticamente nulla, era inutile tenerli aperti con il rischio che la sabbia danneggiasse irrimediabilmente la vista ma tenne gli orecchi ben dritti. Non udiva alcun rumore.
Si mosse compiendo qualche passo all'indietro, l'unica cosa che poteva fare era riflettere. Il mangiamorte che zompettava come un grillo non aveva puntato la bacchetta nella sua direzione, quello che teneva d'occhio lei men che meno, era troppo intento ad organizzare la ritirata. Ne rimanevano tre, uno vicino all'uscita, un altro protetto dal tavolo e l'ultimo si trovava proprio davanti a lei, in linea d'aria. Era evidente che si trovasse nel bel mezzo di una tempesta di sabbia, quanto questa fosse dilatata non poteva saperlo ma era convinta che la zona in prossimità dell'uscita non ne fosse interessata per evidenti motivi, per scappare avrebbero dovuto avere la visuale (e la strada) libera.
C'era poco da fare, se non mantenere la calma e togliersi da quel pout pourri di sabbia con una certa rapidità. Ricordava perfettamente dove si trovava e ricordava perfettamente da che parte fosse l'uscita. Alzò il gomito e piegò il braccio puntando se stessa. Per essere sicura si toccò lo sterno con la punta della bacchetta, per poi allontanarla nuovamente, di poco, la tormenta non le pareva particolarmente forte e il mangiamorte che si era attardato avrebbe dovuto agire con molta rapidità, a discapito della perfetta (e potente) esecuzione dell'incanto. Lo scopo era stato quello di creare un diversivo finalizzato a tenerli occupati per poter fuggire con maggiore tranquillità. Dovette comunque far forza per tenere fermo il braccio


*Proiècto!*

Pronunciò mentalmente rilasciando il braccio verso l'esterno, in prossimità della zona dislocata fra la fine dei tavoli e la parete, vicino all'uscita. Conosceva fin troppo bene la Sala Grande e sapeva che da quella parte si erano affollati i mangiamorte, compreso quello che aveva spiaccicato contro il muro. Magari si sarebbe trovata proprio davanti a uno di loro. Ancora meglio se addosso.

 
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view post Posted on 23/1/2015, 12:45

In a coat of gold or a coat of red, a ℓισи ѕтιℓℓ нαѕ ¢ℓαωѕ.

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Si era spesso domandata se la freddezza di Emily fosse solo una facciata superficiale incredibilmente convincente , o se fosse parte di lei. Era davvero possibile per una persona avere una natura così scostante e gelida, tale da affascinare ma al contempo allontanare gli altri?
Certo, una cosa non escludeva necessariamente l'altra: per quanto ne sapeva, Rose poteva anche non essere stata sempre così, ma esserci diventata.
Ma non era lì per psicanalizzare la Serpeverde, né per scandagliare le sue emozioni, sempre ammesso che ne provasse; le aveva sempre dato l'impressione che fosse una statua, bella, ma granitica e arida sentimentalmente. Era innaturale il modo in cui Emily si presentava, e innaturale il modo in cui si rapportava agli altri.
Cosa aveva passato per diventare quella che era? Quanto aveva dovuto sopportare?
Adesso, mentre il cielo diventava bianco ed iniziavano a cadere leggeri i primi fiocchi di neve, ed essi andavano a posarsi delicatamente sulla chioma vermiglia della compagna, la Caposcuola Verde-argento le pareva ancora meno umana del solito, una giovane Regina delle Nevi a proprio agio nel freddo. Nessun altro luogo avrebbe mai potuto rendere giustizia alla bellezza di Emily quanto quel panorama innevato.
Del resto, era davvero così sicura fosse umana?
Un lieve miagolio la scosse dai quegli assurdi pensieri, ricordandole che starsene lì in piedi, a fissare l'altra, non era molto educato.
Sbatté le palpebre un paio di volte, tornando alla realtà, aiutata anche dalla voce della Rose, distaccata, neutra, senza alcuna sfumatura tonale. Ancora una volta, la sua freddezza, probabilmente involontaria, non mancò di colpirla.
- Lesnicky. -; così aveva esordito, appellandosi a lei per cognome, accompagnando la parola ad un cenno del capo, a mo' di saluto.
Sospirò; era già qualcosa. Se non altro, si era presentata. Anche se, per qualche strano motivo, aveva ancora il dubbio che, una volta aver illustrato il motivo di quell'incontro, si sarebbe ritrovata la bacchetta di Emily alla gola, senza ricevere spiegazioni di sorta. Dopotutto, ogni volta che si era trovata in presenza di entrambe, sia della Rose che di Arya, il clima non era mai stato dei più piacevoli, e anzi, l'atmosfera era talmente tesa che, se le due avessero iniziato a lanciare incantesimi l'una contro l'altra, Zoey non se ne sarebbe meravigliata più di tanto.
La domanda di Emily, incalzante, che quasi rasentava la scortesia, la spinse ad aprire la bocca, cercando il più rapidamente possibile le parole giuste per non irritare l'altra. Ma fu inevitabile guardarla di traverso; col suo comportamento, snob, l'aveva già infastidita abbastanza da prendere in considerazione l'idea di accampare una scusa e lasciarla da sola in giardino.
*Avanti, ricordati che lo fai per Arya.*, pensò, a denti stretti.

- Credo tu lo sappia già, o quantomeno lo immagini. - disse, senza tanti complimenti; non poteva credere che la rossa Caposcuola, acuta come uno spillo, non avesse fatto congetture e fosse arrivata ad una razionale conclusione. - Comunque, a scanso di equivoci, il motivo per cui ti ho chiesto quest'incontro, è Arya. -
Non aggiunse altro, attendendo di vedere le reazioni di Emily e agire di conseguenza; non avrebbe condiviso le sue preoccupazioni con una persona poco interessata ad esse e a cui erano completamente estranee. Aveva necessità di sapere se e quanto le importasse del suo Prefetto.
E la reazione di Rose arrivò, anche se non fu per quel che aveva detto lei; la vide cambiare espressione - miracolo! -, impietrirsi, farsi preoccupata, e poi rivolgersi a lei, sfoderando la bacchetta.
*Io lo sapevo che si sarebbe arrivati a questo momento.*, pensò istintivamente, prima di rendersi conto di cosa avesse visto la compagna. Seguì il suo sguardo, e capì.
Sgranò gli occhi, che fissavano sconvolti il cielo, non più candido. Realizzò in pochi secondi che erano in pericolo, tutti.
Fu più o meno in quel momento che avvertì un insolito calore provenire dal taschino della sua giacca, che la fece sussultare. Prima che la sua mano andasse a controllare cosa fosse, già sapeva. Era il finto galeone che chiamava a raccolta i membri dell'ES. Era poco tempo che ne faceva parte, ma il segnale era chiaro e conciso.
Annuì verso Emily, per darle ragione. Dovevano correre dentro. Pochi istanti dopo, la Serpeverde stava correndo verso i gradini d'ingresso. La seguì, dimenticando tutto quel che aveva pensato poco. Non aveva più importanza.
Era giornata di GUFO, se non andava errata; questo voleva dire che tutto il corpo docente era riunito in Sala Grande. Era lì il pericolo, quindi?

- Sì. - soffiò nell'orecchio della Caposcuola, dopo averla raggiunta. - Dobbiamo fare in fretta. Ma dobbiamo fare attenzione. -
Al fianco di Emily, sarebbe avanzata verso la Sala Grande, rispondendo alla chiamata e dando soccorso a chi l'aveva inoltrata; il cuore in tumulto nel petto per l'agitazione e la preoccupazione, lei era pronta, qualunque cosa fosse successa.
Guardò la ragazza dalla chioma rossa che aveva accanto; stava davvero per affrontare tutto ciò con quella che aveva sempre considerato sua rivale naturale?
Non importava neanche quello; di fronte alla minaccia a cui avrebbero dovuto far fronte, tutto cadeva e passava in secondo piano. Non si fidava completamente di Emily, però, e dunque, avrebbe tenuto d'occhio anche lei, pronta a reagire in qualunque caso.
Sfoderò la bacchetta di ciliegio, e si tenne pronta, avanzando verso la Sala Grande; qualunque cosa fosse accaduta da quel momento, non si sarebbe tirata indietro.


POST DI AVVICINAMENTO.

 
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~Hope™
view post Posted on 24/1/2015, 20:08





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Mentre avvertiva chiaramente la magia fluire all’internò del piccolo bastoncino di legno avvenne qualcosa di inaspettato che contribuì a distrarre la sua attenzione e a mandare all’aria, nuovamente, il suo attacco. Minuscoli granellini di sabbia mossi da un’abbondante folata di vento iniziarono a lambire il suo corpo, costringendola a chiudere gli occhi e a ripararsi sollevando il braccio destro a livello del volto. Ma cosa diavolo stava succedendo? Quell’attacco era riuscito a sconvolgerla fino al punto di lasciarsi indebolire da un banalissimo Tormentam? Digrignò i denti mentre avvertiva la rabbia invadere ogni fibra del suo essere. Si, era arrabbiata, si sentiva frustrata perché pareva che ogni insegnamento fosse stato dimenticato, e ogni suo gesto, ogni idea che prontamente balenava nella sua mente sembrava destinata a fallire. Era davvero così inutile la sua presenza? Non avrebbe fatto la differenza in quell’occasione contrariamente a ciò che era avvenuto tempo prima in giardino? No, non era da lei, non poteva permetterlo in alcun modo. Strinse con maggior vigore le dita sottili intorno al bastoncino di legno mentre adagiò la mano sinistra sulla scrivania dinnanzi a lei. Sapeva che non poteva permettersi di perdere altro tempo in stupide riflessioni, ci sarebbe stato modo e soprattutto tempo per farlo. Aveva innanzi tutto bisogno di uscire dal raggio d’azione di quell’insulto incantesimo per poi occuparsi nuovamente e con maggior determinazione di coloro che avevano scelto di irrompere all’interno della scuola con l’arroganza di chi crede di poterla passare liscia. Prese a camminare lentamente verso sinistra facendo attenzione ad ogni singolo passo, per evitare di complicare ancor di più la sua situazione, senza smettere di pensare con tutte le sue energie al modo più veloce per uscire da quella tempesta. Continuava ad avvertire i piccoli granelli pungere la pelle delicata del viso e insinuarsi nelle vesti, ma non le importava, non le importava nulla. Finalmente con le dita sfiorò il bordo della scrivania e ne approfittò per portarsi in avanti; non sapeva con certezza quale altro ostacolo avrebbe potuto incontrare sul suo tragitto, non aveva alcuna intenzione di aprire gli occhi e compromettersi la vista, doveva semplice agire e lo avrebbe fatto. Abbassò il braccio destro e adagiò la punta della bacchetta contro il suo petto, li dove sotto diversi strati di pelle e muscolo batteva con vigore il suo cuore. Doveva semplicemente mantenere la calma ma soprattutto continuare a credere nelle sue capacità nonostante tutto ciò che era successo fino a quel momento. Aveva sbagliato, si era lasciata prendere in contropiede da un attacco vile e improvviso, aveva scelto strategie forse avventate, magari troppo elaborate per poter essere utilizzate in situazioni così drammatiche. Eppure continuava a credere in se stessa e nelle sue potenzialità e sapeva di non essere l’unica; erano in molti a credere in lei e a confidare nella sua protezione e no, non gli avrebbe delusi in alcun modo. Si concentrò a fondo sull’incantesimo che aveva scelto di castare e immaginò il punto che avrebbe potuto raggiungere da quella posizione; l’ingresso della Sala Grande non doveva essere troppo distante. Sollevò il gomito creando un angolo di circa novanta gradi rispetto al tronco senza però smettere di puntare il suo cuore. Era giunto il momento, il momento di nuovo tentativo, l’ennesimo. -Proiècto- Avvertì chiaramente il suo della sua voce, deciso, chiaro. Ogni speranza era riposta in quel semplice incantesimo e sapeva di avere tutte le carte in regola per riuscirci. Se il fato fosse stato clemente ben presto avrebbe potuto riaprire gli occhi e tornare a combattere per la sicurezza dei suoi studenti.








 
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view post Posted on 24/1/2015, 22:34
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Quella mattina per Paul era stata un alternarsi di sbuffi dettati dal tedio, sporadiche e fulminee riflessioni sul ben noto motivo per cui intorno a sé, nelle aule, ci fosse così poca affluenza di studenti… e, soprattutto, non altrettanto infrequenti smorfie di disgusto per le zaffate “esotiche” che lo investivano a intervalli regolari. Che restasse in piedi davanti al suo banco di lavoro, o ciondolasse incerto di fronte alla lavagna polverosa e opaca per le infinite cancellature, gli odori intensi dell’aula di Pozioni non smettevano di prevaricare sul suo olfatto.
*Forse l’assuefazione di Kandel non conta se hai i sensi di un licantropo.*
Sbuffò per l’ennesima volta, mentre una vocina strategicamente costretta agli angoli della mente si sforzava di ricordargli che, a ben vedere, aveva deciso da solo di starsene nascosto nell’aria viziata. Sebbene faticasse ad ammetterlo, era consapevole del processo di non-accettazione che stava alla base di quella scelta apparentemente lecita. Mentre il novantacinque per cento degli abitanti del castello trascorreva la giornata libera in altro modo, lui aveva optato per approfittare diversamente dell’assenza dei docenti. Questo, purtroppo, perché sapeva dove fosse richiesta la loro presenza, e perché l’esserne cosciente bruciava in modo imbarazzante.
Era sull’onda di queste considerazioni, dunque, che si era convinto di poter ignorare tutto quanto. Che un piano più su una persona - una in particolare - stesse sostenendo i GUFO; che quella stessa persona fosse cresciuta – in un modo che lo incuriosiva ingiustamente e in maniera tormentosa – nell’ambito di quella normalità che a lui ancora non apparteneva. Ignorare persino quanto tutto ciò fosse deleterio, per ragioni dolorosamente ignote, per la sua nuova natura, che con quella voce ruggente si artigliava al suo cervello trasformando le sue inclinazioni, rendendo prioritarie ipotesi che preferiva rifuggire.
Aveva già sperimentato quel fuoco in risposta alla sua freddezza, e forse, pur combattendo contro se stesso, ignorarlo sarebbe stato possibile. Ma quel giorno, nonostante il silenzio promettesse pace a chi, come lui, ignorava, qualcos’altro era in agguato. La scintilla di una miccia inesplosa; un fuoco differente, che non saliva dai visceri in un crescendo di sensi di colpa, ma che bruciava sulla pelle, come uno sgradevole sentore di pericolo, un avvertimento… che non poteva essere ignorato.
Lo sterno aveva cominciato a soffrire il bruciore inferto dal metallo, e le dita del ragazzo non esitarono un secondo nell’afferrare il Galeone dal cordoncino per leggervi, inciso, l’avvertimento che era nell’aria. Neanche la legittima incredulità, di fronte al messaggio quasi paradossale trasmessogli da qualche membro dell’ES, poté però interrompere il processo che avvenne dentro il giovane licantropo. Qualcosa dentro di lui aveva già compreso ed interiorizzato le due parole scritte sul bordo del dischetto d’oro, e tanto gli era bastato perché prendesse il sopravvento sulla confusione che, di contro, albergava nella parte cosciente della sua mente. Improvvisamente l’aula divenne troppo stretta, quell’accozzaglia di odori troppo limitante per i suoi sensi. Si ritrovò ad ansimare nel percorrere quei pochi e rapidi passi che lo separavano dal corridoio esterno, e quando fu fuori, a fronteggiare la scalinata che lo separava dal piano terra, fu come se una colata di vernice fresca e dai colori vivaci avesse dissolto l’opaco e reso tutto più chiaro. A raccontargli cosa stesse accadendo erano gli odori che raggiunsero il suo fiuto: tensione, rabbia,
pericolo.
Il pericolo fece coincidere i pezzi, liberò i sensi, strigliò i nervi e rese ogni centimetro del suo corpo pronto ad agire. La miccia era esplosa.
Si ritrovò ad impugnare saldamente la bacchetta d’ebano, mentre una parte di sé, in contrasto con lo stoicismo del suo corpo, comprendeva con un po’ di timore che quanto stava accadendo non era frutto di un processo endocrino meramente umano. Ma persino quel lato di sé, per natura in distonia, non si oppose alla volontà animale di combattere. Fu forse grazie a questi, alla Ragione che mai si affievoliva del tutto, che mentre esitava brevemente sulle scale in salita puntò con decisione la bacchetta contro se stesso. Canalizzò nella magia di quel gesto il desiderio di restare nascosto che quasi mai abbandonava la metà controversa della sua anima, e articolò con voce bassa ma decisa un semplice comando.
« Séocculto. »
Fluida, pronunciata come se fosse una semplice parola di conforto, quella formula bastò a coinvolgere tutto di sé in quello che si apprestava a fare. Sperimentando per la prima volta quella sorta di armonia interiore, raggiunse il pianerottolo e corse, apprezzando finalmente quel sentore di urgenza che aveva investito i suoi sensi dal principio. Stava raggiungendo l’ingresso della Sala Grande, era tutto quanto gli era dato sapere… per il momento. Ma voleva saperne di più, e come in risposta ad un bisogno atavico, l’olfatto, l’udito e la vista si acuirono oltre i limiti imposti alla sua maschera di umanità. Nascosto ed in silenzio, ma vigile e presente, era pronto a recepire qualsiasi segnale di pericolo.
Perché di quello si trattava.


SALUTE: 188
CORPO: 169
MANA: 170
EXP: 39

Equipaggiamento utile
• Bacchetta.

Al collo, sotto la maglia
• Cuore della Banshee: conferisce controllo sulle emozioni essendo capace di istigare un'emozione, far sentire dolore.
• Medaglione Pirata: in oro lavorato, con un teschio incorniciato da simboli criptici. Possiede un incanto che lo fa bruciare a contatto con la pelle, avvertendo il proprietario di un imminente pericolo.
• Runa Isa del Gelo.
• Galeone ES.

Nella tracolla
• Mantello della Disillusione: realizzato con pelliccia di camaleonte, rende un'ottima mimetizzazione: se il tuo corpo è ben avvolto in questo tessuto, esso sembrerà donarti l'invisibilità.
• Cappa della Resistenza: realizzata con scaglie di testuggine, e cuoio di Trinoceronte e Drago, resiste a moltissimi colpi e folate di Calore/Gelo.
• Pozione Annulla-Azione: permette di annullare l'azione di un altro PG (x1).
• Estratto di Dittamo: cura gravi ferite (x1).
 
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view post Posted on 25/1/2015, 12:27
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Signore Oscuro
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- Tutto è pronto, mio Signore. - Un esile vapore bianco esalava dal respiro caldo della donna, fondendosi alla radura gelida e morta. Uno spettacolo spoglio, decadente, che regalava un senso di disperata aspettativa. Delirio. Delirio sotto un cielo percorso da nubi nere, che macchinava l'iroso caos nel ventre gonfio di pianto. L'Oscuro rimase immobile, la sua ombra che artigliava la terra reclamandone il possesso, voltando le spalle alla sua serva. Così vicino. La soluzione poteva davvero essere così vicina?

Il corpo dell'uomo si torceva in mille forme grottesche, tendendosi meravigliosamente al limite della vita, lì dove l'affascinante mistero della morte non era che un sottile velo tra due mondi assai più simili di quanto vecchi saggi barbuti avessero mai profetizzato. Era impossibile non coglierne la bellezza: la tensione spasmodica delle articolazioni che si spezzavano, la torsione dei muscoli che si laceravano, le ossa che grattavano, schioccavano, bruciavano. Era il dolore nella sua forma più pura, una sublimazione dell'essenza che tanto appassionava gli sciocchi mortali intenti alla vacua arte del sentimento: certamente meritava gratitudine per un simile servizio, se solo fosse stato rilevante. E non lo era. - Dov'è, Darren? - La sua voce era un sibilo venefico che appestava la nuda cella del prigioniero. Ma era la calma, quella calma in bilico sulla follia, che riaccendeva nella carne spasimi di vero terrore. La febbre consumava la mente dell'uomo, poco più che un ragazzo in verità, e gli offuscava la vista con la patina lattescente della cecità che precede l'ineluttabile. Il dolore stesso era ormai parte integrante del processo di assoluzione per il suo peccato più grave, il peccato che non aveva commesso. La tosse squarciò la sua gola riversando denso liquido scuro sulle labbra, sul mento, sulla pietra. - Non lo so... -


- Il Marchio Nero splende sul castello, come da Voi annunciato. - Una nota di incertezza si insinuava tra le parole della donna, la paura annidata nella solitudine e nel silenzio, logorante. Il suo corpo si protendeva in avanti, pur senza osare compiere il fatidico passo che l'avrebbe portata ad un soffio dal suo padrone. Il desiderio di approvazione era qualcosa di tangibile e penoso, un crescendo di contrasti che annullava la volontà nella cieca obbedienza.

- Non lo so... Lo giuro... Forse lei... Lei l'ha... l'ha... Non lo so... Fallo smettere...Fallo smettere! - Il cuore tuonava, al limite dello sforzo, costretto nel petto tremante di Darren. Il respiro pareva ora così fragile, un alito di vento l'avrebbe spezzato, prima del sopraggiungere della fine. Umori gorgoglianti crepitavano in gola, soffocandolo, disgustosi e caldi. Lo sguardo ardente dell'Oscuro lo osservava con critica scienza, bruciando di un'ira controllata. - Tu puoi porre fine a tutto questo, Darren... Sai che puoi... - Gli occhi del ragazzo rotearono nelle orbite, ciechi e folli, iniettati di sangue. Non aveva più la forza dell'odio, il dolore aveva preso ogni cosa. Si era preso la sua anima. - Lei... Hogwarts... - Menti! - Le iridi scarlatte cercarono gli occhi di lui, ma trovarono solo sclere bianche e immobili.


- Mio Signore? - L'avidità negli occhi della donna pulsava di irragionevole brama. - Vesper. - L'Oscuro si girò lentamente, l'esaltazione e la rabbia che risalivano sottopelle ampliando a dismisura il suo potere. Era stata una menzogna? Poteva mai essere così semplice? Se quell'idiota avesse atteso solo qualche altro istante prima di spegnersi miserabilmente... - Prendi il tuo gruppo e vai, sai cosa fare. - Affidarsi a degli inetti, sarebbe potuto essere un problema. Ma la fedeltà avrebbe condotto quegli uomini anche all'estremo sacrificio, il che era già qualcosa. - Gargantua, Sheiva, Astaroth e Thren sono ai loro posti? - Sì, mio Signore. - Pareva sollevata di non dover dare una delusione al suo padrone. Il viso arrossato dal freddo trasmetteva una puerile concitazione che ben contrastava con i suoi capelli nerissimi e lucenti. - Ho ricevuto un messaggio proprio poco fa. - Non deludermi, Vesper. Tu sai quanto può essere profonda la mia delusione - La donna sbiancò, e nel suo pallore la sottile cicatrice frastagliata che le attraversava la guancia risaltò come un marchio di fuoco. - Prendi Peredur con te. Abbiamo chi vuole approfittare dell'occasione speciale per divertirsi, e la cosa potrebbe tornarmi utile. - Sì mio Signore, sarà fatto. -

L'Oscuro la guardò allontanarsi, e fu nella solitudine che avvertì un potente malessere montare dentro di lui. Insoddisfazione, rabbia, odio. Sì, odio. Coloro che più odiava erano in quella scuola, a pascersi di ciò che gli spettava di diritto, ad impomatarsi per riti di passaggio ed a crogiolarsi nella promiscuità. Esseri abietti, così prevedibili. Vulnerabili. Il piano procedeva come doveva procedere. Attendeva solo che il vento gli portasse l'odore del sangue.
Lord Voldemort

Punti Salute: 600
Punti Corpo: 550
Punti Mana: 550

• Bacchetta: Legno di tasso, cuore di piuma di fenice, 14 pollici
• Semplice medaglione su cui ha inciso il Sigillo di Salomone (Spirito affine: Ombra e Fiamme)
• Fenice Nera.




~ Gruppo di Vesper e Peredur. In avvicinamento alla Sala Grande attraverso il Giardino.

- Muovetevi, l'Oscuro conta su di noi. - Chi ti ha eletto capo, Lennox? - Taci, Mosag. - Altrimenti che fai, Rabastan? E' già molto se riesci a trasfigurare un fiammifero in un ago, non avresti l'onore di essere qui se non fosse per tua sorella. - Lascia stare Vesper, e aspettati uno dei miei aghi in un occhio un giorno di questi. - Finitela. - La voce di Peredur Stormcrow era scura, autoritaria. Nessuno osò controbattere. E non solo perché tutti erano a conoscenza degli straordinari talenti dell'uomo, ma anche e soprattutto perché era ben noto per la sua imprevedibilità. Non aveva amici, Peredur. Era leale solo all'Oscuro. C'era chi pensava che il fortunato incontro fosse avvenuto per volere dell'Oscuro stesso, a seguito di qualche misterioso evento del nebuloso passato dell'uomo. Nessuno si era mai azzardato a chiederglielo. - Perché non cominciare con il divertimento? Copritevi le orecchie se pensate che le maschere non siano sufficienti. - Wulfa fu tra i primi a seguire il suggerimento. Peredur stava ancora camminando quando si portò lentamente e deliberatamente la bacchetta alla bocca. La punta sfiorò le labbra incurvate in un impercettibile sorriso. La paura era sempre stata una potente alleata. - Lamento frango - Il potere si accumulava al focalizzarsi della sua concentrazione, non restava che vederlo irrompere in un urlo che avrebbe fatto tremare il mondo. Che avrebbe fatto capire, ai poveri conigli nel castello, chi stava arrivando e per chi.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Peredur Stormcrow
(Uomo)
Punti Salute: 400
Punti corpo: 350
Punti Mana: 360
Vesper Lennox
(Sorella di Rabastan)
Punti Salute: 350
Punti corpo: 300
Punti Mana: 300
Mosag Connington
(Donna)
Punti Salute: 300
Punti corpo: 250
Punti Mana: 250
Ragnarok Dondarrion
(Uomo)
Punti Salute: 250
Punti corpo: 230
Punti Mana: 230
Asterope Mallister
(Donna)
Punti Salute: 240
Punti corpo: 210
Punti Mana: 210
Achernarius Hightower
(Uomo)
Punti Salute: 210
Punti corpo: 200
Punti Mana: 200
Walburga Forel
(Donna)
Punti Salute: 200
Punti corpo: 200
Punti Mana: 200
Rabastan Lennox
(Fratello di Vesper)
Punti Salute: 200
Punti corpo: 195
Punti Mana: 195
Cefeo Oakenshield
(Uomo)
Punti Salute: 190
Punti corpo: 180
Punti Mana: 180
Clizia Gascoyne
(Moglie di Thren)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 160
Punti Mana: 170
Quirinus Hinchinghooke
(Uomo)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 160
Punti Mana: 150
Nigellus Stokeworth
(Uomo)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 150
Punti Mana: 150
Alcione Marillion
(Donna)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 140
Punti Mana: 140
Bartimeus Daxos
(Uomo)
Punti Salute: 170
Punti corpo: 140
Punti Mana: 140
Enopione Baelish
(Uomo)
Punti Salute: 160
Punti corpo: 130
Punti Mana: 130
Wulfa Cressen
(Donna)
Punti Salute: 150
Punti corpo: 110
Punti Mana: 110




~ Sheiva, l'infiltrato. Piano terra, corridoio.

Gli ultimi giorni erano stati di una noia mortale. Bere la Polisucco era stato fastidiosamente doloroso, ma ancor più degradante era stato assumere le sembianze di un vecchio bidello rimbambito. Eppure poco importava, se era il suo Signore a chiederlo. Il grande giorno era infine giunto, tutto era stato studiato nei minimi dettagli. Aveva mandato un messaggio a Vesper solo quella mattina, quando le porte della Sala Grande si erano chiuse per lo svolgimento dei GUFO. Tutti erano ai loro posti, o comunque dove dovevano essere. Quindi si era sistemato in un angolino appartato, da cui poteva godere di un'ottima visuale sull'ingresso e monitorare la situazione. Il divertimento non aveva tardato ad arrivare. *Piccole coraggiose pedine* Sghignazzò tra sé e sé, notando la piccola folla di Adepti mascherata che faceva irruzione nella sala. Non ci era voluto molto perché finissero in rotta. *Meglio che niente* Una ragazzina mezza morta nell'ingresso, un Mangiamorte che mostrava ignominiosamente il suo lato compassionevole cercando di tirarla via... *Idiota, nessuno di voi può rivelare i piani dell'Oscuro, perché nessuno li conosce* ...il giovane incaricato del grande onore di lanciare il Marchio Nero sulle teste di tutta quella feccia... ed una figuretta che aveva tutta l'aria di volersela svignare. *Non così in fretta...* La seguì silenziosamente, scivolando con lei curva dopo curva nei corridoi del piano terra. Capì presto che aveva difficoltà alla vista.
Caricò appena il braccio, come se fosse sul punto di lanciare qualcosa. La mano era ormai giunta al livello del naso quando indugiò un momento, quasi immobile. *Ex-* Distese improvvisamente il braccio verso la ragazzina. *-pelliarmus* Mente ferma, rilassata, tutto quello non era che un gioco. Impedire alla giovane Adepta di disfarsi dei simboli della sua appartenenza sarebbe stato soddisfacente, ma si sarebbe divertito anche solo a constatare il suo sguardo di terrore nel pensare di essere stata sorpresa da un nemico. - Sei già stanca, piccola apprendista cattiva? - Un tono canzonatorio, che avrebbe raggiunto le orecchie di colei che stava irrispettosamente cercando di eliminare le prove della sua Fede. - Non c'è una scadenza per servire l'Oscuro. Forse posso trovarti qualcosa da fare. - Sorrise, ed era il sorriso di un demone.

[Azione contro Arya]
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Sheiva Greenfield
(Uomo)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 140
Punti Mana: 140




~ Gargantua, l'infiltrata. Scale, Quinto piano.

Tramestii concitati, in diversi accorrevano ai piani inferiori. Odiosi seguaci del Ministro? Curiosi? Aspiranti eroi? O aspiranti suicidi? Il pensiero la fece sorridere. Che corressero, che tutti coloro disposti a combattere andassero in Sala Grande.
A pensarci bene, magari non tutti.
L'ennesimo studente si precipitava giù per le scale, e la ragione poteva essere una sola. Un Grifondoro, che ironia. Dall'ombra dell'arco del corridoio, nero contro nero, poteva togliersi tutti gli sfizi che voleva.
Raccolse il braccio attorno al collo, poggiando la mano sulla spalla opposta. Doveva essere rapida nel momento in cui il ragazzo le fosse inconsapevomente passato vicino. *Everte* Estese rapidamente il braccio verso l'obiettivo. *Statim* La ferocia selvaggia del suo sguardo avrebbe già di per sé fatto indietreggiare chiunque. Ma non si era mai abbastanza sicuri quando si voleva buttare qualcuno fuori da una ringhiera, ad ammirare le bellezze del vuoto e della gravità. Mal che fosse andata, l'incidente avrebbe focalizzato in quel punto l'attenzione dell'intero piano. Rendere ciechi i nemici era un'arte raffinata.

[Azione contro Sirius]
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Gargantua Clegane
(Donna)
Punti Salute: 260
Punti corpo: 230
Punti Mana: 200




~ Astaroth e Thren, gli infiltrati. Quinto piano, nei pressi dell'ingresso alla Torre della Preside.

Attendere era la parte peggiore. Il silenzio, l'anonimato, la frustrazione. Il compito loro affidato pareva privo di fascino, ma in verità, anche se difficilmente avrebbe incluso sangue di mezzosangue, sapevano, con la certezza con cui si definivano ciascuno "Il Prediletto" dell'Oscuro, che era fondamentale. Di sicuro non sarebbe stato facile.
Celati alla vista, addetti alla manutenzione ormai in pensione dopo appena pochi giorni lavorativi passati sotto l'effetto di una serie infinita di Incantesimi di Camuffamento, non dovevano far altro che attendere che i focolai di battaglia risucchiassero o facessero rintanare nelle rispettive tane ogni abitante del castello. Ma anche se qualche undicenne si fosse posto sul loro cammino, di certo non sarebbe stato un problema; i docenti erano tutti richiesti per la sessione di GUFO e la Sala Grande era sotto attacco; il quinto piano, privo di aule, aveva buone probabilità di restare deserto. Era il momento.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Astaroth Kettleblack
(Uomo)
Punti Salute: 170
Punti corpo: 130
Punti Mana: 130
Thren Gascoyne
(Marito di Clizia)
Punti Salute: 300
Punti corpo: 230
Punti Mana: 230

 
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Aryadne Cavendish
view post Posted on 25/1/2015, 13:49




Gli eventi si erano susseguiti rapidi ma anche lentamente, o per meglio dire, al rallentatore. Ogni passo, ogni mano sollevata, ogni raggio o esplosione di luce era lenta e misurata, ogni caduta rallentata, ogni respiro diveniva un sospiro, il battito di cuore un tamburo.
Tra maschere e urla, si faticava a distinguere l'amico dal nemico, la cieca rabbia dalla lucida vendetta.
Lei stessa non era convinta delle azioni degli amici, ma ancor meno da quella dei nemici, e mentre il suo battito accelerava, le domande erano molte nella sua testa. Cosa sarebbe successo? Il suo intervento era stato decisivo o d'aiuto? Era davvero aiuto quello che voleva dare?
La situazione stava degenerando, riteneva, i "buoni", se così si potevano definire, si stavano strenuamente difendendo, vista la precarietà della loro vita, mentre i "cattivi", numericamente superiori, un po' si difendevano, un po' attentavano alle vite altrui.
Lei, come leggera nuvola, doveva dileguarsi, prendere a piccoli passi la sua scalata al successo. Più equilibrio, Aryadne, più stabilità.
A difenderla, resisteva imperterrito il solido tavolo in legno dietro al quale si era nascosta, cosa che l'aveva lasciata illesa da possibili attacchi. Bene.
Individuò la porta e si massaggiò con la mano libera una gamba, più per nervosismo che per preparazione. Doveva andarsene, e subito.
Uno....due....un respiro, un altro ancora....tre!
Sollevò la mano sinistra che reggeva strenuamente la bacchetta e la puntò verso l'interno della sala, dove vi erano ancora i nemici.

-Fumos!- disse, portando alla mente ciò che sarebbe successo: una grossa, densa cortina di fumo avrebbe protetto la sua fuga, rendendo arduo il mirarle.
Subito, poi, scattò verso la porta, appellandosi alla velocità acquisita nei vari allenamenti e all'adrenalina che le scorreva. la pura di morire, la paura di essere scoperta...La paura è un super-potere.
Avrebbe corso fuori a perdifiato dal portone della sala grande, per dirigersi subito verso i sotterranei.
Appena avesse iniziato a scendere le scale, sicura che nessuno potesse vederla, avrebbe fatto evanescere la maschera e il mantello e si sarebbe sciolta i capelli, per andare a rintanarsi nel dormitorio. Doveva essere accorta, doveva essere attenta.
La paura è un super-potere, la paura ti rende vivo.

 
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