I silenzi si legavano gli uni agli altri, scivolando polverosi sulla terra arida, mentre ubriachi refoli di vento soffocavano la radura in febbricitanti spasimi di calura. Impassibile e neutrale, la Foresta era la quintessenza della perversione di un primitivo sano principio: la negazione del Bene diveniva essa stessa motivo di immorale iniquità, sì che in ogni spina o sasso poteva scorgersi una ferocia sopita. Le cortecce erano ammassi di cicatrici mal guarite, pulsanti di linfa. La luce filtrava giallognola tra le foglie creando curiosi contrasti, rivoletti brillanti che bagnavano il legno umido riverberando nell'aria con una dolente nota di smeraldo. Le ombre del sottobosco si mescevano al nero piumaggio di Agreas, arrampicandosi come un'infezione lungo il suo corpo di carboni ardenti. Estensione del buio, pareva un demone antico in dormiente attesa. Le palpebre fremettero, infuocate, morbidamente chiuse ad escludere debolmente il mondo, senza disturbare la bellezza delle sue lucide forme. Esitarono solo un momento, tese come garze sottili, prima di aprirsi in uno spiraglio di sangue brillante, come lo scorrere di due lame affilate, in un seducente gioco di morte.
-
Dobbiamo stare attenti, ora. - Un sussurro che era quasi un sibilo nell'atmosfera greve, languida, l'aria cupa che si imperlava dei vapori del mattino e lasciava sulla lingua un sapore come di lichene morente, di cose che si decompongono. -
Avrò bisogno di un segnale. - Agreas chinò il capo in un obliquo sguardo di intesa: spirito affine ma indipendente, seguiva l'uomo come un ideale. Con gli artigli di ferro mordace, serrava l'alto ramo di una quercia, pronta allo scatto.
I neri tronchi si ammucchiavano gli uni contro gli altri, ostinate sentinelle la cui immobilità instillava la paura del cambiamento, dell'imprevisto. Ma era una paura che poteva riguardare solo coloro che incautamente si fossero spinti sul suolo infecondo della radura, e non già vi risiedessero. L'Oscuro stesso la alimentava e se ne beava, avvinto nella frenesia del sangue, ebbro di desideri inconfessati. Ah, qual sublime disegno, qual curiosa sollecitudine, qual perfetta simmetria lo riconduceva nei momenti fondamentali della propria esistenza a ripercorrere le vie di Hogwarts, ad arrivare all'acme del suo genio col pensiero ossessivo del luogo che gli era stato portato via! Vi era certamente un'intenzione, una strategia, una premeditazione che andava al di là dell'uomo stesso e si confondeva col divino. La solitudine gli si addiceva, la vita degli altri non era che una fragile carezza alla terra, il tempo di un addio, un mosaico di mutevoli e scarne ombre affannate dalla brama e dall'odio verso l'Eterno.
Ma Lui, Lui, l'Eternità l'aveva sfiorata. Gli era stata promessa.
L'irrequietezza percorreva le membra e creava un miscuglio di speranza e rabbia. Se avessero osato fallire... L'oblio sarebbe stata immeritata clemenza: la misericordia era l'arma del tiranno che poteva scegliere di non usarla, così da mantenere in spasmodico equilibrio la tensione che regge la traballante volontà dei deboli tra l'illusione e l'angoscia. Era un'arte sottile, un'arte innata. Sciocchi, ignoranti filo-babbani, non avrebbero riconosciuto un salvatore neppure nell'ora più buia: che la guerra scorresse, che il dolore corrompesse, che la fame piegasse, che la paura svilisse. Erano uomini quelli? Non era forse il tempo di propendere per un assaggio di crudeltà oltre il velo dell'utopia? Un duro risveglio, che avrebbe spazzato via l'idiozia e purificato le fila dei suoi veri alleati.
Pensò alle sue schiere in movimento, in quello stesso istante. Ma sebbene fosse ancora avvolto dal fuoco della sua grande visione, non provava per loro altro che vuoto. Vuoto, e una delusione che sprofondava negli abissi dell'isteria. Non erano mai abbastanza: non abbastanza forti, non abbastanza numerosi, non abbastanza furbi. E nonostante il limite lo irritasse, la propria unicità era qualcosa di irrinunciabile, da preservare gelosamente. Sì, il problema era tutto negli altri: avversari troppo ciechi, servitori troppo ottusi.
La collera continuava a cibarsi dell'inestinguibile sete di Potere, di Giustizia, per sé.
Ma non era ancora il momento.
Levò lo sguardo su Agreas, e lo sgargiante rosso delle sue iridi impietose incrociò il rosso cupo e ambiguo di taglienti schegge incastonate nel buio. Vi erano ancora forze oscure che dovevano entrare in gioco, prima della resa dei conti.
Lord Voldemort
Punti Salute: 600
Punti Corpo: 550
Punti Mana: 550
• Bacchetta: Legno di tasso, cuore di piuma di fenice, 14 pollici
• Semplice medaglione su cui ha inciso il Sigillo di Salomone (Spirito affine: Ombra e Fiamme)
• Fenice Nera.
~ Gruppo di Vesper e Peredur. In avvicinamento alla Sala Grande attraverso il Giardino.Un urlo straziante si levò per i prati assolati, producendo un macabro contrasto con lo scenario candidamente tranquillo delle verdi e intonse distese. Narrava di disperazione, orrore, perdita. Era l'urlo della madre innanzi al figlio morto, l'urlo dell'innocente innanzi al boia armato, l'urlo della Morte stessa, venuta a mietere il suo turpe compenso. L'aria perfino parve creparsi e crollare rivelando un abisso di infinito sconforto, un indicibile abbandono che avrebbe reciso qualunque auspicio. Chi era puro pagava la sua ingenuità con la debolezza del cuore, un battito mancato, un istante di congedo dalla vita, appena prima del ritorno della consapevolezza che si trattava non di un male passato ma di qualcosa che stava ancora per accadere, in continuo inarrestabile divenire. Ma chi aveva l'oscurità nel petto, segretamente gioiva, e sorrideva, e fantasticava, e sapeva di svolgere incarico prezioso, necessario, ambito.
Il gruppo avanzava, compatto, levando oscenità contro le mura del Castello, che proiettavano la loro fredda ombra sullo scempio in atto. Il sacro suolo su cui saperi millenari erano stati faticosamente costruiti, veniva crudelmente profanato nella sua intimità più toccante. Non vi era rispetto, non vi era cautela, nulla che lasciasse presagire un'incertezza dello spirito, il vacillare di un Male consolidato da chissà quali passate atrocità.
-
Compatti. - Non serviva altro ordine. I Mangiamorte si radunarono in modo da formare un gruppo concentrato che avrebbe impedito di coglierne a prima vista il numero esatto. Vi era uno schema da seguire, e non guastava il diversivo gentilmente offerto da colui tristemente noto presso molti di loro come il Capo Auror. Il gruppo dei seguaci dell'Oscuro risaliva lateralmente verso il Castello, Rhaegar Wilde si affacciava in pieno sole frontalmente, dall'ingresso principale, attardandosi solo un istante forse per qualche incantesimo protettivo. Era prudente, certo, ma come lui aveva notato il nero muro dei Mangiamorte che avanzava, difficile sarebbe stato per 32 occhi ed una abbondante dozzina di assalitori intenti all'attacco non tener conto dei cancelli, ad appena 30 metri di distanza, nonché di ciò che da essi sarebbe potuto entrare, e della figura imponente del Capo Auror in particolare. Peredur sorrise, al riparo della maschera, marciando coi compagni, senza dar segno di preoccupazione. Levò con cura la bacchetta e la puntò alla propria gola. -
Sonòrus. - Un incantesimo semplice, di primo livello, la cui unica cura era nel porre i giusti accenti. -
Sei venuto a farti cavare l'altro occhio, Wilde? - Poche rapide frasi nel mentre che l'uomo fosse giunto a portata di bacchetta. La voce del Mangiamorte sarebbe risuonata sino alle sue orecchie, forse l'intero Castello avrebbe goduto del dileggio. -
Ho sentito che dopotutto potresti avere inclinazioni barbare al pari di noi altri. E' vero che fai lo scalpo ai bambini? - Parole brutalmente distorte, voci al Ministero, colleghi chiacchieroni, dicerie sulla possibilità che l'uomo si dilettasse a tempo perso nell'intrecciare ciocche di capelli recise, chissà da chi, chissà perché.
Alcuni ridacchiavano, ma c'era chi, fremente di farsi valere, accecato dall'odio per l'uomo che aveva catturato suo fratello anni prima, non aveva neppure atteso che lo sbeffeggiamento giungesse al termine. Ragnarok era al margine del gruppo, dal lato da cui era possibile vedere il Capo Auror avanzare dai cancelli. Bloccarlo lì, nell'impotenza, meglio ancora respingerlo, ferirlo, prima che potesse anche solo muovere altri passi, costretto all'ascolto dell'avvilente presa in giro... sì, pareva una buona idea. L'incantesimo sarebbe dovuto essere d'ampio raggio, a quella distanza l'errore nell'esecuzione di incantesimi che avessero richiesto più precisione poteva essere lecito. Rallentò la marcia per compiere il suo dovere e non sbagliare i movimenti. La rabbia risaliva lungo il suo corpo mentre la bacchetta andava a compiere un movimento circolare che sfruttava tutta la lunghezza del suo braccio come raggio. Sapeva di avere le capacità per reggere una simile potenza: sapeva che era il momento della vendetta, il momento di scatenarsi. Una rotazione violenta, per generare raffiche altrettanto violente, che avrebbero spazzato via uomini, piante, suoni, brezze, tutto ciò che prima occupava la zona tra i Mangiamorte e i cancelli, o che avesse avuto la sfortuna di giungere nel momento in cui quella furia distruttiva avrebbe colmato ogni distanza. Ragnarok terminò il movimento, non aveva preso più di qualche istante. -
Anemos. - Un'unica parola decisa. Con i venti al suo comando, avrebbe inseguito l'Auror ovunque pur di fargli provare un po' di quel dolore che alimentava la sua rabbia.
E poi c'era chi, conscio del suo compito, non poteva concedersi distrazioni. Il gruppo si era compattato. Ma mentre Peredur e Ragnarok si occupavano dell'intruso, Vesper, Mosag e Achernarius erano nel cuore della forza avanzante, coperti dai compagni. Vesper puntò senza esitazione la bacchetta contro sé stessa, mantenendola ben ferma. -
Séocculto - La solita cura negli accenti, nella tempistica, nulla di così elementare le poteva sfuggire. Al suo fianco, Mosag e Achernarius raccoglievano la concentrazione cercando di prestare massima attenzione all'ambiente intorno. Mosag levò la bacchetta e colpì con un tocco deciso la testa di Achernarius, immaginandolo come parte del mondo circostante. -
Illùdo Camaleontide - Essendo tra i componenti più forti del gruppo, era stata designata per aiutare il compagno a dare maggior forza alla propria mimetizzazione. Una forza che gli avrebbe donato una invisibilità pressoché perfetta.
Gli attaccanti preparavano più frecce al proprio arco. Nel frattempo, inesorabilmente colmavano il paio di decine di metri che li distanziavano ancora dal castello. Lì avrebbero saputo fin dove si erano spinte le piccole pedine che avrebbero dovuto creare scompiglio durante lo svolgersi dei GUFO.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Peredur Stormcrow (Uomo) Punti Salute: 400 Punti corpo: 350 Punti Mana: 360 | Vesper Lennox (Sorella di Rabastan) Punti Salute: 350 Punti corpo: 300 Punti Mana: 300 | Mosag Connington (Donna) Punti Salute: 300 Punti corpo: 250 Punti Mana: 250 |
Ragnarok Dondarrion (Uomo) Punti Salute: 250 Punti corpo: 230 Punti Mana: 230 | Asterope Mallister (Donna) Punti Salute: 240 Punti corpo: 210 Punti Mana: 210 | Achernarius Hightower (Uomo) Punti Salute: 210 Punti corpo: 200 Punti Mana: 200 |
Walburga Forel (Donna) Punti Salute: 200 Punti corpo: 200 Punti Mana: 200 | Rabastan Lennox (Fratello di Vesper) Punti Salute: 200 Punti corpo: 195 Punti Mana: 195 | Cefeo Oakenshield (Uomo) Punti Salute: 190 Punti corpo: 180 Punti Mana: 180 |
Clizia Gascoyne (Moglie di Thren) Punti Salute: 180 Punti corpo: 160 Punti Mana: 170 | Quirinus Hinchinghooke (Uomo) Punti Salute: 180 Punti corpo: 160 Punti Mana: 150 | Nigellus Stokeworth (Uomo) Punti Salute: 180 Punti corpo: 150 Punti Mana: 150 |
Alcione Marillion (Donna) Punti Salute: 180 Punti corpo: 140 Punti Mana: 140 | Bartimeus Daxos (Uomo) Punti Salute: 170 Punti corpo: 140 Punti Mana: 140 | Enopione Baelish (Uomo) Punti Salute: 160 Punti corpo: 130 Punti Mana: 130 |
Wulfa Cressen (Donna) Punti Salute: 150 Punti corpo: 110 Punti Mana: 110 |
~ Sheiva, l'infiltrato. Piano terra, corridoio.La bacchetta era volata di mano alla ragazzina. Era divertito ma non perse tempo in autocompiacimenti di scarsa importanza. -
Ascoltami bene, non c'è tempo e parlerò una volta sola. - Si avvicinò e le strattonò malamente la veste per assicurarsi la sua attenzione. Ora che la ragazzina cominciava a recuperare la vista avrebbe potuto vedere che il suo improbabile assalitore non era altri se non il Signor Gazza. Sheiva contrasse il volto in un moto di disgusto al pensiero dell'aspetto trasandato che doveva avere, le guance flosce, i capelli radi, e soprattutto ricordando quel che aveva dovuto passare nei giorni precedenti dovendo fare a meno, ufficialmente, della Magia. Abominevoli Maghinò. Ma da nessuno aveva potuto apprendere più informazioni sul castello se non dal Guardiano stesso. Era stata la scelta più ovvia, il più indifeso, il meno interpellato, il più conosciuto e dunque il meno sospetto. L'unico rammarico era stato il non poter farlo fuori, o non avrebbe avuto una costante fonte di risposte alle sue domande e la materia prima per la Polisucco. -
Tornerai nell'atrio, come suppongo stessi già meditando, ma se scopro che stai tradendo l'Oscuro non mettendo la tua... dubbia intelligenza al servizio della nostra Causa, te la vedrai con me personalmente. Cerca di tirare fuori quegli incapaci dei tuoi compari, se ti riesce. E ora sparisci. - La spinse via, con malagrazia. La piccola codarda era l'ultimo dei suoi problemi. Si sentivano decine di passi convogliare verso la zona degli scontri. Che scuola schifosamente altruista.
Calciò dietro una statua la roba della ragazzina. Ogni istante era prezioso, perfino per un incantesimo. Nessuno avrebbe potuto ricondurre quegli stracci a chicchessia, e prima o poi che nella scuola ci fossero stati degli infiltrati sarebbe stato ovvio. Lì nessuno li avrebbe trovati, a meno di non compiere approfondite pulizie, e caso voleva che lui fosse l'unico bidello cui in particolar modo spettava la cura di quel corridoio, dove proprio accanto a dove si trovava vi era la porta del suo presunto Ufficio. Sorrise, consapevole che questo avrebbe rafforzato il suo presentarsi in uscita da quella zona del piano terra.
Afferrò al volo una ramazza, si calò nella parte, e corse, alla velocità concessagli da quel vecchio corpo, verso l'atrio. Agitò la ramazza a mo' di arma, quasi si preparasse alla battaglia. Lui, che nessuno mai avrebbe voluto tra i piedi in un frangente simile, un fastidioso incapace privo di Magia. -
Attacco al castello! - Gracchiò con un tono allarmato, un'ovvietà per la quale probabilmente metà delle persone in sala avrebbero alzato gli occhi al cielo senza neppure degnarsi di rispondere. -
Non è cosa per studenti! Non vi ha insegnato nulla l'ultimo assalto? I non maggiorenni tornino nelle Sale Comuni! Me ne assicurerò io stesso! - Svoltò dall'imboccatura del corridoio verso le scale principali che portavano al primo piano. Una volta là, preferibilmente dopo aver evitato l'imminente battaglia che sapeva avvicinarsi a ritmo incalzante, avrebbe saputo cosa fare.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Sheiva Greenfield
(Uomo)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 140
Punti Mana: 140
~ Gargantua, l'infiltrata. Scale, Quinto piano.Non si era fermata a considerare quanti gradini si era fatto, strisciando e scorticandosi, il povero Grifondoro. Le era bastato capire di aver fatto centro, e subito si era nuovamente ritirata nell'ombra, dietro la parete dell'arco del corridoio. Certo, il disappunto l'aveva colta quando aveva compreso di aver calibrato i tempi con troppa leggerezza, sì che il magnifico volo oltre la ringhiera si era tramutato in un volo (pur sempre altrettanto magnifico) in fondo alle scale. Ma ora occorreva pensare a come sfruttare il proprio vantaggio. Non poteva sapere cosa stesse accadendo in fondo alle scale: il ragazzo si stava già rimettendo in piedi? Erano giunti altri? Anche dall'altra parte del corridoio giungevano rumori: qualcosa che pareva grattare contro il pavimento, come pietra contro pietra, e passi, passi di corsa. Questo non ci voleva.
In compenso, qualcosa di interessante catturò la sua attenzione. Da dietro il suo arco, poteva ben vedere avvicinarsi dalla rampa delle scale che collegava il quinto piano alla torre di astronomia, ad appena pochi metri da lei, quello che aveva tutta l'aria di essere un Docente dall'aria vagamente familiare. Era la sua occasione di rimettere le cose in carreggiata.
Si preparò ad uno slancio, dall'ombra del suo nascondiglio. Così poco, bastava così poco. Era così poca la distanza. Poteva farcela. L'uomo veniva chiaramente nella sua direzione. Non doveva far altro che trascinarlo fulmineamente a sé, solo per un istante. Un istante sarebbe bastato.
Scattò nel momento in cui ritenne l'uomo alla sua portata. Forse avrebbe dovuto uscire allo scoperto per un tratto, ma non importava: se fosse riuscita nel suo intento, avrebbe avuto un alleato, ed era pur sempre qualcosa di fronte al pericolo. Sfruttando l'effetto sorpresa, cercò di afferrare la veste dell'uomo e di sbatterlo con sé al riparo dell'arco. Non attese neppure che il movimento d'inerzia, comunque andasse, si portasse a compimento, quando gli puntò la bacchetta alla tempia sinistra. La punta toccava la pelle, in quel fragile punto così vulnerabile. Avrebbe potuto ucciderlo subito, fracassargli il cranio. Ma poteva esserle più utile se avesse combattuto al suo fianco. -
Imperio - Pronunciò la parola con decisione e fermezza, il tono di comando non le mancava, da arrogante Mangiamorte conscia del proprio potenziale qual era. Ogni fibra del suo essere desiderava annientare la ridicola volontà dell'uomo, un altro odioso alleato di coloro che abusivamente occupavano un suolo che era dell'Oscuro di diritto. Annullare la sua parte razionale, sì, quella era la chiave: lasciar fluire la propria forza nella debole plasmabile mente della vittima. Era il momento di giocarsi tutto.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Gargantua Clegane
(Donna)
Punti Salute: 260
Punti corpo: 230
Punti Mana: 200
~ Astaroth e Thren, gli infiltrati. Quinto piano, nei pressi dell'ingresso alla Torre della Preside.Un colosso. Qualcuno aveva evocato un colosso. Dal loro nascondiglio, Astaroth e Thren si chiedevano se fosse la normalità, in quel castello di decerebrati. Ma probabilmente, erano solo tutti impauriti come conigli. Il Marchio Nero doveva splendere in cielo ormai da diversi minuti, e la diffusione del panico era già evidente per via di diversi segnali più o meno palesi, come la folle corsa di quei due ragazzini senza nerbo che andavano dritti tra le braccia di Gargantua. Poveri sciocchi.
Per parte loro, c'era una missione da portare avanti. L'inconveniente era spiacevole, l'autore della bravata si nascondeva probabilmente oltre l'angolo del corridoio. Ma questo non voleva dire che non vi fosse modo di colpirlo. Anzi, di prendere due piccioni con una fava.
Astaroth e Thren si scambiarono uno sguardo d'intesa. Tutto doveva comunque andare avanti secondo i piani. Stesero entrambi il braccio, ma verso obiettivi diversi.
*Bombàrda**Bombàrda*Silenziosamente Trhen, con tutta la sua potenza, aveva puntato il colosso. Sapeva di essere forte abbastanza da distruggerlo, e forse nell'esplosione, con un po' di fortuna, qualcuno sarebbe rimasto ferito. Astaroth aveva puntato all'ingresso della Torre della Preside: bastava anche solo un piccolo anfratto e, con la sua piccola statura, avrebbe potuto fiondarvisi.
Astaroth Kettleblack (Uomo) Punti Salute: 170 Punti corpo: 130 Punti Mana: 130 | Thren Gascoyne (Marito di Clizia) Punti Salute: 300 Punti corpo: 230 Punti Mana: 230 |