Esame GUFO Patrick Swan

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Jessica A. Evans
view post Posted on 7/2/2015, 14:30





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La sua incessante marcia verso la Sala Grande, si rivelò più difficoltosa del previsto; anzi, a vederla bene, non si completò affatto e, prevedibilmente, non si sarebbe mai conclusa. Un inaspettato affollamento l’attendeva, ignara, all’altezza del quinto piano, ragion per cui dovette arrestare la propria discesa, circa in prossimità della Torre della Preside. Aveva frequentato quel corridoio costantemente quando l’ufficio apparteneva a Caroline, ergo sapeva che tale luogo era poco distante dal passaggio da cui era appena approdata. Le sarebbe bastato avanzare di pochi metri e girare l’angolo e avrebbe visto la porta di legno scuro della presidenza. Arrestò la sua andatura di scatto, inchiodando la marcia come un cavallo irrequieto che si ribellava al domatore, puntandosi sui piedi e rischiando di capitombolare in avanti. Allungò automaticamente la mano sinistra sulla sua spalla, arrestando la altresì inevitabile caduta a terra del suo mantello di Disillusione, ancora inutilizzato. Barcollò qualche passo, riprendendo l’equilibrio, rischiando, quasi, di morire d’infarto trovandosi alle spalle di un colosso di pietra. Era enorme, globoso, solido e il suo importante volume occupava gran parte del corridoio. Bacchetta sguainata, era pronta a contrattaccare eventuali aggressioni, che mai avvennero. L’interesse del gigante, infatti, verteva all’altro lato del corridoio, stazionando in posizione difensiva dinanzi ad una figura, che riconobbe. Ai piedi della mastodontica creazione antropomorfa, Jessica distinse la chioma ramata di Horus Seckmeth, Caposcuola di Tassorosso. Fece mente locale, chiedendosi se il giovane potesse essere una presenza ostile, ma uno sguardo accorto le permise di constatare elementi oggettivi inconfutabili: primo, non portava la maschera, ergo non era un Mangiamorte; secondo, la sua identità non era in altro modo celato, ergo sarebbe stato stupido da parte di eventuali invasori essere così poco rispettosi nei confronti della propria identità. Arrischiò, dicendosi che tanto l’istinto di conservazione non era stato inserito nel suo genoma, abbassò lentamente la bacchetta, tenendola sempre ben salda e si affiancò al ragazzo. Nessuna parola, solo un cenno, toccò il suo braccio con la mano sinistra e lo fissò negli occhi, intensamente, sillabando con un sussurro: “E’ tuo quel coso?” accennando col capo alla statua di pietra, andando a sottolineare, con la gestualità, quanto sussurrato per far intendere che, il termine aulico ‘coso’, fosse riferito al Colosso. Certo, osservando con maggiore attenzione la posizione di difesa assunta dalla creatura, avrebbe dovuto supporre che sì, fosse un’evocazione di Horus; ma una conferma verbale o gestuale sarebbe stata ben gradita. La situazione appariva tesa come una corda di violino, si udivano delle grida provenire dal corridoio e il suono di uno schianto risalì chiaramente dal fondo delle scale. La battaglia doveva essersi spostata ai piani alti e questo significava che non erano al sicuro, non più. Necessitava più che mai un cenno di intesa dal giovane, uno scambio di attenzioni reciproche per riuscire a venir fuori dalla situazione che, a fatti compiuti, sembrava altamente pericolosa. Che Horus avesse visto qualcosa di tanto orribile, da spingerlo ad evocare una protezione? Da quel momento in poi avrebbero dovuto certamente difendersi e il Colosso poteva essere di aiuto. In quel momento Jessica realizzò di avere ancora il mantello di disillusione inutilizzato sulla spalla, perciò, cercando di mantenere il contatto visivo con il Caposcuola, lo indosso celermente, celando se stessa da eventuali nemici. Prima di calare il cappuccio, cercò di appoggiarsi al muro del corridoio, invitando Horus a memorizzare la posizione in cui sarebbe da lì a poco scomparsa, accennando, con l’indice puntato verso i piedi, all’area di corridoio designata, come a voler dire ‘Sono qui, non me ne vado’. Sperava che, quel piccolo stratagemma, avrebbe rassicurato il Tassorosso circa la sua vicinanza. Non si mosse, nel tentativo di non far smarrire la sua posizione al compagno, dopotutto erano studenti in balia dell’ignoto, dovevano spalleggiarsi l’un l’altro e si necessitavano vicendevolmente. Con la mano dominante non smise di tenere ben salda la sua alleata, la bacchetta, e voltò il capo verso l’ignoto, seguendo lo sguardo del colosso di pietra. Scorse a malapena due ragazzi che correvano proprio in direzione della Torre della Preside, ma Jessica non seppe cosa fare per fermarli, non voleva lasciare Horus e non avrebbe mai azzardato una mossa avventata con il rischio di farsi Schiantare. Sperò che il loro intuito li stesse conducendo verso la salvezza, probabilmente se la battaglia si era già spostata ai vari piani di Hogwarts, il panico (nemico delle strategie difensive ben organizzate) si era già diffuso. L’orecchio allerta in caso di rumori sospetti, l’occhio che vigile scattava, ad intervalli regolari, dal Tassorosso al corridoio davanti a sé, in caso captasse movimenti sospetti. Erano in attesa, sembrava che, da lì a poco, qualcosa sarebbe accaduto. Qualcosa di poco rincuorante.



SPOILER (click to view)
Punti Salute: 206/206
Punti Corpo:185/185
Punti Mana: 200/200
Punti Esperienza:41
Equipaggiamento:
Indossato: Mantello di Disillusione;
Attivo:
•Ciondolo scaglia di basilisco: infonde coraggio a chi lo indossa (+4 mana).
•Ciondolo corno di unicorno: rende puro e all'apparenza più forte chi lo indossa (+4 corpo). --> i tre ciondolo sono infilati nella stessa catenina d'acciaio.
•Anello dei troll: aumenta la potenza del mago (+5 mana)
•Un bellissimo diadema appartenente al tesoro di una veela.
Conferisce un fascino più prepotente nei confronti del nemico. (Difatti invocando il suo potere blocca l' avversario in quest per un turno, utilizzabile una sola volta per quest)
•Pietra di Luna, Aumenta la concentrazione del pg. (10 punti Mana). Incastonata nel diadema di Veela.


OT:// Visto che per altri utenti è stato specificato e che nel mio post ho asserito che il mio PG avrebbe indossato il Mantello di Disillusione, ho dato per scontato che non l'aveva addosso.
 
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view post Posted on 7/2/2015, 15:20
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Lo spostamento fu rapido e, fortunatamente, anche indolore.
Aprì gli occhi appena in tempo per constatare di aver raggiunto la parete vicina all'ingresso della Sala Grande, ancora qualche centimetro e ci si sarebbe spiaccicata contro.
Si voltò immediatamente, percependo qualcosa o qualcuno avvicinarsi con troppa foga, con la bacchetta sguainata compì una rapida panoramica rilevando che la tormenta dalla quale era uscita si stava ormai riducendo ad una lieve e bassa folata di sabbia e un appena percepibile rivolo di fumo volteggiava dipingendo impalpabili segni nell'aria.
La Sala era praticamente deserta, salvo Patrick, la Bennet e la rediviva professoressa Galloway, uscita, forse, da qualche anfratto. C'era invece un discreto affollamento proprio all'ingresso, almeno tre persone e la sagoma di una quarta appena visibile. Aggrottò la fronte, chiedendosi come diavolo avesse fatto la Lancaster a finire lì, la ricordava vicina prima che la tormenta l'avvolgesse. Ad ogni modo tutto quel nugolo di persone faceva presagire che l'incanto Nebula avesse sortito l'effetto desiderato.
Tornò sui suoi passi senza abbassare la guardia, la Sala era grande e presentava svariate possibilità di nascondiglio anche se aveva visto con i propri occhi tutti i coraggiosi servi di Voldemort dirigersi alla chetichella verso l'uscita. L'immagine era quella di tante piccole mosche ingenue che sarebbero poi finite, dritte dritte e senza passare dal via, nella tela nebulosa del ragno.


"Patrick ... stai bene?"

Le parve che si, stava bene.
Mancavano all'appello due mangiamorte, se erano riusciti a fuggire nel corridoio si sarebbero trovati di fronte gli ES, sempre che il Patronus avesse raggiunto la destinazione da lei voluta.
Troppi se. Troppi.
Si avvicinò al tavolo delle interrogazioni e si sporse in avanti, la Bennet aveva assunto la tipica forma dell'insaccato ma era viva.


"Professoressa Galloway, se non le è troppo disturbo, che ne dice di rendersi utile liberando la Preside e verificando le sue condizioni di salute?"

Nonostante fossero riusciti a mettere in fuga i mangiamorte non si sentiva affatto tranquilla. Quell'attacco così improvviso e, all'apparenza privo di giustificazione, doveva aver seguito, in realtà, un piano ben preciso. Voldemort non faceva mai le cose a caso. Ad ogni modo le due mosche bloccate all'ingresso dovevano essere messe al sicuro.
La situazione momentanea di relativa calma le avrebbe consentito di creare una passaporta.
Si guardò intorno all'evidente scopo di trovare qualcosa che potesse fare al caso suo. Il tavolo cui in precedenza erano tutti seduti era cosparso di oggetti più o meno utili, ne puntò uno con la bacchetta socchiudendo appena gli occhi. L'incanto che si apprestava a castare non prevedeva grossa complessità di movimento ma richiedeva una certa concentrazione. Cercò di liberare la mente, pensando intensamente alla destinazione. Molte volte aveva tenuto i corsi di smaterializzazione al Ministero e molte volte si era trovata a spiegare, a parole, cose volesse dire immaginarsi vividamente la destinazione che gli asaminandi avrebbero voluto raggiungere. La circostanza non era dissimile, immaginò il Quartier Generale Auror, dove era stata mille volte e, in particolare, la stanza degli interrogatori, un luogo ermetico, irraggiungibile e costantemente presidiato. Avrebbe preferito spedirli ad Azkaban e ce li avrebbe spediti sicuro. Ma non prima di aver carpito tutte le informazioni di cui aveva bisogno. Riaprì gli occhi e osservò l'oggetto, l'odore immaginario di fumo e ciambelle le provocò una smorfia, puntò la bacchetta verso il bersaglio e compì due rapide rotazioni del polso in senso antiorario, una più ampia dell'altra, in modo da ricomprenderlo entro il cerchio ideale. E poi una decisa stoccata arrivando, in pratica, a sfiorare l'oggetto, così' che l'energia magica si catalizzasse al suo interno.


*Portus*

Pronunciò mentalmente.
Se tutto fosse andato per il verso giusto la passaporta si sarebbe attivata con il semplice tocco
.

 
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view post Posted on 7/2/2015, 15:56
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Seppur nella confusione più totale che seguì, Vagnard riconobbe subito l'incanto di cui era stato vittima. Lo aveva già subito sulla propria pelle in altra occasione, ed ogni volta era una sensazione sempre più disgustosa.
Sapeva di non aver ricevuto alcun colpo sapeva che quella era una situazione illusoria, un inganno della mente.

*facile a dirsi...*

anche se la sensazione era quella di camminare a testa in giù, con i piedi ancorati al soffitto, sapeva di averli ancora appoggiati sul pavimento della sala grande, sebbene in quel momento sembrava trovarsi sotto di lui, solo in attesa di sfracassargli il cranio in un eventuale caduta


*idiota, non puoi cadere.*

quando si iniziava a fare ragionamenti simili sotto gli effetti del Nebula, significava solo mettere in moto il cervellino e cercare di uscirne al più presto per non peggiorare ulteriormente la situazione.
Doveva fare qualcosa.
Eppure si sentiva così debole da volersi solo accasciare per terra


*ma cadrei per terra così*

scosse la testa.
Doveva uscire di lì al più presto.
Il poco senno che gli era rimasto stava fuggendo via.

Inutile guardarsi attorno per cercare un qualsiasi punto di riferimento, la cosa l'avrebbe solo destabilizzato ulteriormente.
Chiuse gli occhi.
Sarebbe riuscito a castare un qualche incantesimo con successo? Nonostante la condizione precaria della mente, realizzò che non avrebbe potuto. O quantomeno avrebbe potuto tentare, certo, ma il gioco non valeva la candela.
Doveva trovare una soluzione, e in fretta. In quel momento, pur riuscendo solo a concentrarsi su se stesso, sapeva che vi erano altre persone nei paraggi, persone non amiche, che avrebbero potuto catturarlo in poco tempo se si fossero accorte della sua presenza.
Era un pesce nella rete.

Si prese qualche secondo per realizzare la situazione e prendere confidenza con i punti cardinali. Rammentò quel che era accaduto, da dove era venuto, i movimenti che aveva fatto.
Certo, avrebbe dovuto camminare semplicemente all'indietro, passo dopo passo ne sarebbe uscito.
Ma doveva essere cauto.
La decisione era presa.
Lasciò la mano di Chrisalide, era un peso di troppo. Probabilmente avrebbe avuto difficoltà a uscirne da solo, figuriamoci in due.
Una volta uscito, avrebbe realizzato poi il da farsi.
Cominciò quindi, passo passo, a camminare indietro tenendo gli occhi sempre chiusi, facendo finta di trovarsi ancora con i piedi saldi sul pavimento.

*E infatti li hai sul pavimento, idiota*

stava cominciando a impazzire, come se già non lo fosse abbastanza.
Ad ogni passo seguiva un profondo respiro.
La bacchetta era ben impugnata, con presa salda e fiera come al solito.
Non si sarebbe dovuto mostrare debole in nessun caso, non doveva apparire come la vittima sacrificale.
Presto sarebbe uscito e sarebbero stati loro a inchinarsi nuovamente ai suoi piedi.

Una volta uscito, avrebbe cercato di ripararsi dietro la porta per cercare di pensare al da farsi.
Sarebbe riuscito nel suo intento?
Per scoprirlo, avrebbe solo dovuto aprire gli occhi...

 
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view post Posted on 7/2/2015, 18:05
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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DmK8yZE

And where was your watchman then?

Il vento le accarezzava le ciglia abbassate, sospirava fra i capelli liberandole il viso; inspirò una profonda boccata di ossigeno puro, riempì i polmoni e per un attimo si immaginò di essere sopra la propria Firebolt invece che affacciata ad una delle finestre della torre. Aveva resistito alla tentazione di far ciondolare le gambe, rispettosa dell'altezza a cui si trovava: vertiginosa senza una scopa.
Quel giorno non erano previste lezioni poiché i docenti erano impegnati con gli esami dei GUFO.
*Ci arriverai mai, bimba?* Con calma e perseveranza, forse. O forse no.
Se non altro ne aveva approfittato per finire il compito di Pozioni ed Erbologia -
*Ai prof verrà un colpo per la sorpresa.* - e rispondere alla lettera in cui Sam le chiedeva come stesse; Niahndra avrebbe volentieri risposto come di prassi che non c'era alcun motivo di preoccuparsi, ma con gli ultimi risvolti che stavano prendendo le circostanze...
Avrebbe mentito a se stessa se avesse affermato di sentirsi al sicuro, da tempo ormai viveva al limite della tensione, freccia incoccata pronta a scattare, continuamente allerta: non voleva essere colta alla sprovvista; non dopo aver visto cos'era successo l'ultima volta che si era lasciata sorprendere, non dopo aver sentito l'osso del collo di quel povero Auror spezzarsi.
*Si può mai essere pronti?* Lei ci avrebbe provato, se non altro.
Strinse l'inseparabile tracolla, la portava sempre con sé ormai, persino di notte proprio ai piedi del letto, a portata di mano.
*Dimostramelo.*
I peli sulla nuca si drizzarono per captare la pericolosa elettricità che l'avvolse all'improvviso, l'aria tremò smossa da un sinuoso sbuffo di colore che ora si allungava, ora si contraeva, curvandosi, spezzandosi, fino a formare la profetica forma di un cranio liscio. Il guizzo del serpente che sbucava dalla bocca scarna recava un monito implacabile.
*Gesù.* Deglutì pesantemente prima di sbattere gli occhi e appura che no, non si era trattato di un miraggio né tanto meno di un effetto ottico; sarebbe stato difficile credere che quello fosse un simbolo benevolo.
*Alza le chiappe bimba.* Per andare dove? Non aveva letto alcun manuale che spiegasse come agire nel caso in cui si fosse verificata un'invasione, eppure qualcuno avrebbe dovuto pensarci visto che sembrava star diventando la moda del decennio. *Ad avvisare i primini? Nasconderli? Proteggerli?* Era a loro che doveva pensare, in effetti, ma l'impulso di scendere giù in Sala Grande era fortissimo, i docenti erano già stati avvisati?
Con la mano sinistra rovistò nella borsa per estrarre il prezioso avversaspecchio che le era stato regalato con la borsa di studio dell'anno precedente: una scelta (in)felice; nell'altra invece impugnava già la bacchetta con forza, sebbene un lieve tremore le scuotesse le dita, strette convulsamente.
Con un occhio che ad intervalli regolari controllava la superficie dell'oggetto rivelatore, Niahndra iniziò a correre verso le scale, ma un nutrito gruppo di studentelli che avevano preso a spintonarsi a vicenda.
« Voi! » Pessima giornata per cazzate da bulletti; il tono trasudava ansia e una certa rabbiosa autorevolezza: era incredibile cosa potesse fare una situazione di emergenza a delle personcine casuali di un metro e un puffo usualmente silenziose. Le parve di captare un "Uh-oh è la Alistine" ma non ci avrebbe giurato, né poteva importargliene di meno.
« Filate nelle Sale Comuni e chiudetevi dentro; ci stanno attaccando, quindi se vedo anche solo il naso di uno di voi vi faccio diventare dei portaspilli, capito? » Agitò la bacchetta come dimostrazione; diventava un'altra persona in quelle situazioni, e non era sicura che la cosa le piacesse, ma finché quei ragazzini si fossero messi in salvo... « Prima di subito, ho detto. E spargete voce, forza! » Inizialmente immobilizzati, i fanciulli si mossero e presero a correre com'era stato detto loro.
Fece per riprendere la corsa, avrebbe continuato a scendere, avvisando a destra e a manca come aveva fatto coi primi ragazzetti, ma mica poteva mostrarsi così sprovveduta.
*Te la immagini una ragazzetta che inciampa sulle scale nel mezzo di... qualunque cosa ci sia sotto.* Riaprì la tracolla benedicendo la paranoia che la seguiva ovunque da un paio di anni ormai ed estrasse l'elegante mantello cinese, si coprì interamente e legò gli alamari; all'acquisto Horus le aveva garantito che le avrebbe consentito di mimetizzarsi al meglio con l'ambiente circostante, cosa che in quella situazione avrebbe potuto tornare utile.
Le iridi nervose scrutavano ancora lo specchio, la bacchetta era altrettanto tesa su qualunque obbiettivo mobile; entrambi gli strumenti erano celati al meglio.
Si augurava di non trovare niente e di essersi allarmata per uno scherzo da quattro soldi.


« I know the feeling
of finding yourself stuck out on the ledge
and there ain’t no healing
from cutting yourself with the jagged edge »


Post di avvicinamento.
Statistiche
Punti Salute: 147
Punti Corpo: 98
Punti Mana: 109
Punti Exp: 25
Attivo
Bacchetta
Amuleto Greco, al collo.
Avversaspecchio da tasca, in mano.
Mantello cinese, addosso.
Tracolla incantata con Verto Plumeus.
Caramelle dell'illusione, nella borsa.
Mors Aparentis (x1), nella borsa.
 
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view post Posted on 7/2/2015, 18:24
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non cliccare

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La sua corsa aveva trovato fine.Adesso si trovava nel pianerottolo tra le rampe di scale che davano accesso al quinto piano,ormai era in ballo ed era troppo tardi per tirarsi indietro,anche se ciò era del tutto irrilevante non si sarebbe tirato indietro.Aveva buone ragioni per aver paura?Si.Ma solo gli schiocchi non hanno paura,c’e molta differenza tra coraggio e stupidità,è quella era la chiara situazione da linea margine fra le due.
Con sua grande sorpresa nel suo cammino incontrò uno studente,di certo non si poteva definire un normale incontro tra due studenti in quella scuola dato che egli era disteso supino sul pianerottolo,e fu proprio quel “dettaglio” a far si che lui si fermasse.Uno studente che di certo non era finito li per caso,molto probabilmente era stato attaccato,e chiunque fosse stato doveva essere li vicino,anche perché il ragazzo non poteva essere li da molto tempo.
La bacchetta era sempre nella sua mano destra e non l’avrebbe mai lasciata,di certo non si poteva definire un asso del duello e nona aveva molta probabilità di riuscita contro dei maghi adulti,ma non aveva la minima intenzione di rendere più facile il lavoro dei suoi avversari.
Avendo appurato che lo studente davanti a lui fosse stato attaccato iniziò a guardarsi intorno per cercare di vedere chi aveva castato l’incantesimo che gli fu fatidico,guardò verso il basso al terzo piano,ma per quello che riusciva a vedere lì non c’era nessuno,poi guardò dietro di lui,nella speranza di non vedere nessuno,sarebbe stato parecchio imbarazzante vedere qualcuno che proveniva dalla sua stessa direzione o che stesse per salire dal terzo piano,ma per sua grande gioia non vide nessuno.Sospirò.E continuò la sua ricerca visiva nella speranza di notare qualcosa,i suoi occhi verdi piroettarono velocemente verso ciò che era visibile del quinto piano,ma nulla nemmeno li,sembrava che chiunque fosse stato si fosse dileguato dopo il misfatto.
Nonostante quel breve accenno di perdita della speranza il giovane continuò a cercare.La ricerca gli aveva quasi fatto dimenticare chi aveva attaccato la scuola,chi avrebbe quasi sicuramente tentato di attaccare anche lui.
Quel piccolo ritorno di memoria lo rese quasi più motivato nella ricerca di chi da un momento all’altro avrebbe potuto sfoderare un bel incantesimo da proprio repertorio per ledere alla persona dello studente già atterrato ed anche sua,probabilmente poteva anche egli ancora attaccare,il rendeva tutto più tranquillo,per quanto tranquillo si potesse definire il momento.
Strinse nuovamente la bacchetta con la mano destra,quasi come un tic nervoso che si ripeteva con cadenza periodica come se la sua bacchetta fosse diventata una di quelle palline antistress babbane.
Gli occhi continuavo a guardare il ogni direzione anche in punti dove già aveva guardato,ma in quel momento qualunque dettaglio,anche il più insignificante poteva essere importante ed aiutarli.
La velocità di movimento oculare faceva si che ormai i punti intermedi tra il punto precedente su cui lo sguardo si posava e quello successivo erano una sequenza di immagini sfocate,come se le stesse vedendo a velocità doppia.
Rimase fermo nel medesimo punto nel quale si dovette fermare prima per via dello studente attaccato e sperò in cuor suo che quello studente si alzasse e combattesse con lui contro chiunque lo aveva in precedenza attaccato.





Punti Salute: 131

Punti Corpo: 81

Punti Mana: 81

Punti Esperienza: 13
 
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view post Posted on 7/2/2015, 18:50
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«Do I not destroy my enemies when I make them my friends?»
<i>Dunque era quello il Piano? Raven aveva davvero deciso di fare irruzione in Sala Grande per attuarlo??
Mentre camminava lungo la parete, passi lenti, cadenzati, sovrastati dai suoni percettibili in lontananza, Emily si lasciò sfuggire un amaro sorriso, impossibile da notare, certo, ma che per un solo secondo, contrastò con la severità dipinta sul suo volto perlaceo.
Non era il momento di esprimere giudizi e, per quanto l'unica cosa a cui voleva e doveva pensare era la propria sicurezza, il tormento prese, per pochi istanti, il sopravvento. Cosa fare? Non era semplice. Fosse stato per lei, avrebbe lasciato i Mangiamorte, tutti, crepare sotto le rovine del Castello e gli Auror cadere, colpiti da maledizioni. Quella guerra logorava tutto, si era infiltrata nelle mura della Scuola, quelle sicure, quelle che dovevano offrire protezione dalla Corruzione e dall'Orrore che dilagava nel Mondo Magico e non.
Le cose erano quelle che erano, inutile impensierirsi su simili faccende, inutili elogiare la Pace quando, a pochi metri di distanza aveva luogo una delle tante battaglie di quella infinita Guerra.
Dobbiamo fare in fretta. Ma dobbiamo fare attenzione.
La voce di Zoey la riscosse, lasciandola basita: si era quasi dimenticata che stesse seguendo i suoi passi, in quel tacito accordo che l'aveva resa inconsapevole guida dell'avanzamento. Non aveva puntato la bacchetta contro la Serpina, non aveva messo in dubbio le sue azioni, si era fidata e basta. E lei stessa, Emily, l'aveva trascinata con sé, credendo nella bontà d'animo che dava a vedere. In momenti di pericolo, quando l'istinto di sopravvivenza dovrebbe governare ogni tipo di emozione, affiancato, in taluni casi, da quello di protezione, siamo maggiormente portati a non fidarci di nessuno, a valutare bene chi ci circonda e se questi possa o meno esserci di aiuto. La giovane Rose si concedette, dunque, un ripensamento: era il caso di restare accanto al Prefetto rosso-oro? Soprattutto nel momento in cui si riconosceva neutrale davanti ai due schieramenti in lotta.
Nonostante ciò, prese una decisione, non era il tipo di persona che si lasciava trasportare dalle folate di vento. Lesnicky aveva confidato in lei e lei le avrebbe garantito protezione. Forse, si sarebbe guardate le spalle a vicenda. Per la prima la fanciulla verde-argento si riscoprì a non combattere da sole, scopri di avere qualcos'altro, oltre sé stessa, per cui lottare: dov'era era Lei? Dove era
Lui?
Al diavolo i piani. Si sarebbe ritrovata ad attuarli solo perché questi rispecchiavano la sua attuale linea di azione, le SUE regole. Raven aveva davvero così tanta importanza? Perché il Signore Oscuro non si era accorto di quanto folle e stupido fosse quello che si pensava essere il suo più fidato Alleato? Eppure Lord Voldemort doveva saperlo, si presupponeva fosse così e, probabilmente, ciò era dimostrazione del fatto che la fedeltà non viaggiava sempre a braccetto con l'ingegno.
Mentre mille pensieri si muovevano, frenetici, nella sua mente, Emily continuava a camminare: lenta, vigile, soggetta al panico certo ma anche concentrata. Aderì con il fianco destro alla parete, il sottile legnetto di Salice stretto nella sinistra. L'ingresso dei sotterranei era visibile dinanzi a lei, così come la scalinata principale, esattamente difronte all'entrata della Sala Grande.
Si guardava intorno, alla ricerca del pericolo, pronta a mettere a fuoco eventuali e presunti amici-nemici. Si disse che entrare in Sala Grande sarebbe stata mossa assai stupida: non potevano avere la più pallida idea di cosa stesse accadendo e non potevano correre rischi.
Era quasi giunta al fianco del portone della Sala, avrebbe potuto lasciar scivolare la mano su quel possente legno scuro e far capolino oltre il bordo per dare un'occhiata all'interno. Ma scelse, giustamente, altra via.
Tese il braccio che reggeva la sua unica arma, sollevandolo all'altezza della fronte per eeguire tre cerchi, in verticale, in senso orario e tutti della medesima lunghezza, facendo sì che l'ultimo terminasse il più vicino possibile ai propri piedi. Accompagnò l'intero movimento con la pronuncia della formula.

Protego Totàaaaaalus!
Fece attenzione all'accentuazione della seconda vocale presente in Totàlus e ne allungò la pronuncia fin quasi la fine del movimento volto a formare l'ultimo cerchio.
Sperando di ricevere protezione da quell'incanto, tirò a sé Zoey, avanzando fin difronte la Sala, a pochi passi dall'arco d'entrata. Conscia di quanto stava accadendo, di chi si trovava dove e, soprattutto, del pericolo che avrebbe potuto correre, Emily si sarebbe regolata di conseguenza.



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view post Posted on 7/2/2015, 18:56
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I sensi in allerta accolsero gradualmente i segnali della battaglia, permettendo alla mente di formulare ipotesi, confermare quel che l’istinto, affine forse allo spirito della vicenda, aveva avvertito. Nulla di tutto ciò, tuttavia, parve esercitare una qualche influenza pressoria sul suo stato d’animo. Confluivano silenziosi in un angolino della testa, pensieri e considerazioni, mentre il ragazzo si arrampicava su per le scale, a ritmo con gli schiocchi secchi delle fatture che scandivano il susseguirsi degli istanti. Qualcosa dentro di lui era impaziente di puntare gli occhi sulla minaccia, e scrutava il campo isolando indifferentemente potenziali ostacoli per la sua lucidità.
Non appena lo scenario si spiegò dinanzi al suo sguardo, le iridi fregiate d’ambra scattarono da un angolo all’altro, bisognose, forse più di qualsiasi conforto, di dare un volto all’intruso. A fronteggiare i due fari gialli fu evidentemente uno dei focolai della battaglia. In contrasto con l’apparente e paradossale quiete che nell’atrio teneva testa al caos, dall’ingresso della Sala Grande traboccavano i marchi vivi della lotta. E proprio lì, a pochi passi da lui e dalle sue domande, giaceva, contorta, la risposta alla sua esigenza. Paul osservò il nemico mascherato chino davanti all’arco, e nel suo sguardo albergava un livore carico di disgusto e di inaspettata delusione… nel dover affrontare un pericolo senza volto. Sebbene si trattasse di un identikit ormai noto anche ai meno faziosi della comunità magica, quella maschera non poteva che accentuare l’incertezza che ne scaturiva agli occhi del ragazzo.
Osservò il nemico sentendo di brancolare in una coltre di fumo informe ed imprendibile, eppure, pochi istanti dopo averlo inquadrato, un impulso energico ma controllato lo spinse a muovere le braccia. Per l’istinto non esistevano volti o maschere, l’istinto non guardava in faccia la minaccia; non appena l’ebbe identificata, esso preparò il corpo alla reazione. Furiosa ed immediata.
Mentre l’anestesia dei sensi cessava totalmente, di fronte all’ormai scovata fonte di pericolo, Paul scattò silenziosamente in avanti con la bacchetta protesa verso la schiena dell’incappucciato. Non ebbe bisogno di riflettere più del necessario. Con la coda dell’occhio aveva già notato l’atrio sgombro eccetto un paio di ragazze, mentre tutto ciò che avesse attinenza alla battaglia pareva contenuto entro i limiti della Sala Grande. La ragione e l’intuito per una volta si trovarono istantaneamente a desiderare la stessa cosa: il giovane licantropo, che si era schierato a favore della causa sin dai primi segnali, sentiva il bisogno di impedire che il marcio dilagasse oltre quei confini. E così il pensiero cosciente, che non mancava, coi suoi modi controversi, di ricordargli chi, all’interno di quella stanza, potesse in quel momento aver bisogno del suo aiuto.
La scelta fu quindi ovvia dal primo istante e non richiese esitazioni. Non provò rimorsi nel lasciarsi guidare dall’aggressività, mentre il braccio armato di bacchetta, in un impeto di calore adrenalinico, caricava il colpo flettendosi verso l’interno, e scattava nuovamente verso la schiena dell’intruso. Un gesto atto a riversare tutta la repulsione che trasudava dal suo corpo e dalla sua mente, condensata in un unico grido di battaglia. *Stupeficium!*
Nella frenesia dell’istante, sentì montare una soddisfazione torbida, che lo avrebbe inquietato se solo avesse agito contro coscienza. Ma non era quello il momento. Persino nella morsa rovente degli artigli della bestia, Paul si sentiva coinvolto. Era in ballo qualcosa di più esteso rispetto al semplice istinto battagliero. Qualcosa che riguardava anche lui, e che, non appena avesse assaporato il lampo rosso della sua furia concretizzarsi, si sarebbe voltato ad affrontare.


Chiedo venia, non sapevo di dover specificare tutto nel dettaglio. Dal momento che quegli oggetti in scheda sono già catalogati nell'inventario "attivo", ho supposto che accompagnino il PG sempre, a meno che non dica diversamente o si trovi in particolari situazioni (come Jessica che studiava in biblioteca e Elhena sul letto del suo dormitorio). Paul non era in aula per studiare, l'ho specificato, ci si è recato giusto per distrarsi, per cui portava la sua solita borsa senza libri, bensì con quegli oggetti e indumenti di routine (che non mi sembrano assolutamente esagerati, anzi... due fiale di pozione e due mantelline ci entrano anche senza incantesimo d'estensione).
A parte quelli, che non conferiscono un vantaggio diretto perché non sono indossati, ho scelto di portare soltanto 2 ciondoli funzionanti (gli altri 2 sono inattivi, Runa e Galeone).

Scrivo questo soltanto per precisare, ti ringrazio comunque per avermelo fatto notare e cercherò di essere più preciso. (;
 
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view post Posted on 7/2/2015, 19:03
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« The peaceful times have made us blind

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rGpH7cT
Inquietante.
Terribilmente inquietante. Quell'urlo disperato e al tempo stesso, grottesco e maledetto, si era insinuato in lui come l'umidità nelle ossa in una giornata di tempesta, mentre sotto i suoi occhi il suo Veritas andava a frangersi contro l'area dell'ingresso. Tuttavia, l'occhio Magico, scattante, era già andato a posarsi sulla grande onda nera, putrida, di mantelli oscuri e maschere scintillanti al caldo sole estivo. Il cuore gli fece un buffo tuffo nel petto nel constatare che era tardi: Voldemort era già lì?
Rapido, Rhaegar decise subito la prossima mossa, cercando di relegare in quel familiare angolino, l'angoscia che quell'urlo aveva provocato: chi l'avesse provocato, se fosse stato reale o no, poco importava. Cedere ad esso e al terrore che suscitava sarebbe stato solo un inutile rischio. L'occhio Magico scartò abilmente cercando di individuare il rifugio più vicino, mentre il braccio scattava, puntando la bacchetta verso di sé, al petto, una distanza minima, quel tanto che bastava per non toccare la stoffa dell'abito. Un movimento fluido del polso che ruotava veloce, velocissimo, quasi a voler generare un turbinio d'aria, un piccolo vortice all'altezza del cuore e spingerlo dentro di esso, tramutandolo. Dal cuore, l'aria si sarebbe divisa nei vari rami, arterie, vene e capillari, percorrendo fulminea l'intero colpo, dissolvendolo. Nella testa dell'uomo, l'immagine gassosa di quelle nuvole leggere e flebili, impalpabili e al contempo veloci in cui il suo corpo, come fumo, si sarebbe dovuto trasformare per mettersi al riparo, libero da attacchi. Poteva sentirla, quell'aria, in quegli istanti dilatati, colpirlo con tutta la sua microscopica potenza, fatta di ossigeno, azoto ed eoni della Magia che sarebbe dovuta fuoriuscire dalla sua bacchetta.
*Essenùbilus* Pronunciò nella testa, intensamente, visualizzando il percorso che, da nuvola, avrebbe dovuto compiere, laddove il suo Occhio aveva trovato il Riparo più prossimo: da lì, in quella posizione scoperta, sarebbe dovuto muoversi leggiadro, dietro il luogo designato dal suo Istinto. Un'esecuzione non troppo complessa, una concentrazione dovuta, dettata dall'istinto di sopravvivenza, dall'adrenalina che scorreva nel corpo e che cercava di dissipare affanni e timori,nel tentativo di affievolire il timor di venir scoperto ancor prima che qualcuno si potesse accorger di lui. E del resto: era rimasto in silenzio, il Veritas certo era difficile da poter individuare, se non si era preda di Illusioni di sorta. Avrebbero potuto rendersi conto di lui? Probabilissimo, ma meglio togliersi da lì, proteggersi e avvantaggiarsi per le prossime mosse. I suoi occhi avevano appena notato la massa oscura, quando aveva deciso di agire e pregò che il suo tempismo sarebbe stato giusto e voluto, seguito dall'esperienza e dall'eccitazione. Quando aveva visto il Marchio Nero troneggiare sopra i tetti del Castello, aveva creduto e sperato che ci fossero soltanto un paio di idioti, di poter beccare quei miseri studentelli che avevano macchiato l'orgoglio di Hogwarts e chiudere in fretta la faccenda. Ma mai avrebbe potuto immaginare l'orda barbarica di quegli uomini e di quelle donne celati dietro quel cupo travestimento. I suoi sarebbero arrivati come rinforzi, presto o tardi, ma i tempi erano quel che erano; la Scuola al suo interno aveva validi elementi: l'Ordine, l'ES, ma quanto ancora avrebbero retto?
Doveva muoversi. Non appena e se l'incanto avesse funzionato, sotto forma di nuvola gassosa e impalpabile si sarebbe diretto tacito dietro il riparo designato, con la speranza di non esser visto, né udito, né calcolato: cos'era mai quella misera nuvoletta d'aria, d'incanto chiaro e sconosciuto ai più, in confronto a quella massa di studenti spaventati, a quel via vai frenetico e disperato? Silenzioso, proprio come l'aria stessa; veloce, come una nuvola nel vento; pronto a prepararsi agli attacchi seguenti, a piombar su di loro come un puma nascosto nelle ombre. Sentiva, dentro di sé, il fuoco ardere, ma ancora, avrebbe dovuto coltivarlo, così come seguire la sua strategia, per poter riuscire nell'attacco. Aspetta, attendi la preda, questo l'esperienza aveva insegnato. Anche a caro prezzo.

Poiché non era presente, nel topic Descrizione Incanti, l'esecuzione dell'Essenubilus, mi sono permesso di crearne una. Mi rimetto al giudizio del Master per la sua eventuale validità.
 
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view post Posted on 7/2/2015, 20:46
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La sua corsa sfrenata si arrestò nel momento in cui i piedi toccarono il corridoio del piano terra. Era allarmata per via del messaggio della Pompadour, ma voleva cercare di capire meglio la situazione, valutando con i propri occhi ciò che stava accadendo.
La Sala Grande era proprio di fronte a lei; nei pressi dell’ ampia porta regnava il caos. Ciò che avveniva nel resto del corridoio non le interessava, dal messaggio ricevuto era conscia del fatto che il nemico si trovava nella Sala.
Lo sguardo si posò dapprima su due figure ammantate. La prima, distesa a terra, appariva immobile, innoqua. La seconda, protesa verso la prima, compiva movimenti che in un primo momento non riuscì a comprendere. Tuttavia, non potè fare a meno di pensare che entrambi facessero parte degli intrusi, gli invasori che avevano spezzato la ritrovata tranquillità di Hogwarts.
Il motivo per cui lo pensò era piuttosto semplice: erano incappucciati; dovevano essere loro.
Senza neanche accorgersene si era avvicinata di qualche passo verso la porta, nel compiete questo movimento aveva scorto, con la coda dell’occhio, la figura di Paul proveniente, presumibilmente, dall’altra rampa di scale, quelle che portavano ai sotterranei. Ma la sua attenzione, più che al Tassorosso, era rivolta a ciò che avveniva nei pressi della porta della Sala Grande.
Oltre alle due figure individuate per prime, un’altra figura incappucciata sostava in piedi, apparentemente in procinto di uscire dalla sala. Quest’ultima figura le sembrava più pericolosa di quella protesa in avanti, forse perchè non era intenta ad agitare il braccio a vuoto. Senza pensarci più di tanto rafforzò la presa sull’impugnatura della bacchetta, puntando l’arma contro quella figura, con l’intento di schiantarla. Raccolse l’energia necessaria, cercando di convogliarla nella bacchetta magica, e si concentrò a fondo...
Mirando al busto del suo momentaneo nemico, eseguì una stoccata, piegando prima il braccio armato verso di se, per poi rilasciarlo energicamente contro la sua vittima

* Stupeficium*
Fece risuonare mentalmente la formula magica, risoluta e determinata a far perdere i sensi a quella persona.

 
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view post Posted on 7/2/2015, 21:52
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Horus Ra Sekhmeth ♦ ~
UqZ6FBD
Era un rombo potente e rumoroso, quello che sentiva remotamente dietro di lui. Il cuore batteva forte, scandendo quei momenti con insolita lentezza, il respiro bloccato nella gola, mentre le orecchie erano aperte a tutta la cacofonia di rumori che seguivano: tonfi, urla, scricchiolii sinistri. Ce n'era abbastanza per mandare in paranoia chiunque, lì dentro. Quando aveva scoperto quel gigantesco marchio sopra la propria testa, le emozioni di Horus gli erano tutte caracollate addosso. Dall'avventura a Dulwich, con lo scoprire i Mangiamorte e Voldemort fino a quel momento sigillati e bloccati dall'incanto di protezione di sua madre, Horus era stato preso da una famelica voglia di conoscenza: non più cancellati, i suoi ricordi erano finalmente immagazzinati nella mente e lui aveva cercato in ogni possibile fonte tutto quello che c'era più o meno da sapere al riguardo. Era andato in biblioteca, aveva letto libri di storia magica contemporanea; era stato alla Gazzetta, approfittando del suo ruolo per aprire gli archivi dei vecchi numeri con informazioni e malefatte. Aveva assorbito qualunque informazione pubblica, eppure, si era sentito ancora poco appagato: c'era così tanta censura e così poca reale informazione che ciò che infine aveva compreso erano solo banalità. Tuttavia, tutto faceva comodo e quelle informazioni gli erano tornate utili proprio quel giorno, sebbene Horus ne avrebbe fatto volentieri a meno nell'utilizzarle così presto.
Così ora, in quel corridoio vedeva il suo Colosso prender forma dalla dura roccia della pavimentazione, innalzandosi per due metri. I nervi, tesi, la bacchetta, stretta convulsamente. L'istinto e l'autoconservazione gli consigliavano prudenza: non aveva idea di dove fossero i nemici, se c'erano davvero dei Mangiamorte come quelli di Dulwich o se le storie sugli studenti infiltrati, lette nel Profeta, fossero vere o meno. Era un attentato? Una farsa? Eppure le urla, i tonfi e i rumori sinistri erano grottescamente veri. Sì, Horus doveva proseguire, ma con cautela, con calma: la fretta uccideva, così come l'eccessiva lentezza. Ma la Preside, forse, poteva aiutarli. Il dubbio, però, si insinuò: era lì davvero? Lezione non c'era, non che ricordasse, ed erano ormai terminate. Gli Esami...
Basta non c'era tempo per pensare, doveva muoversi.
Quando il Colosso terminò la sua costruzione, il Tassorosso decise di proteggersi ulteriormente. Horus si appiattì al muro dell'angolo, tenendo sott'occhio il suo Colosso fungere da vera e propria Esca. Con la mano libera, aprì la borsa che portava a tracolla e frugò tra i libri, finché la morbida stoffa del mantello di Disillusione non incontrò le sue dita. Lo tirò fuori, rapido, srotolandolo e mettendoselo sulle spalle, in procinto di celarsi al meglio. Fu in quel momento che i suoi occhi incrociarono una figurina venir verso di lui. La tentazione di puntarle contro la bacchetta fu forte, eppure bastò uno sguardo verso quel viso per capire che quella ragazza —una Corvonero dalla chioma fulva quasi quanto la sua— era inquietata quanto lui; in più, la sua bacchetta abbassata era un chiaro segno della sua non belligeranza. La fanciulla gli si accostò, mormorando una veloce frase, toccando leggera il suo braccio. Horus annuì, senza tuttavia arrischiarsi a guardarla in volto, attento invece a percepire eventuali movimenti.

« Non so se la strada è libera... » Sussurrò, mentre stringeva forte la bacchetta. C'erano delle voci, dei ragazzini che correvano che, probabilmente, avrebbero attutito il suo sussurro facendolo giungere solo alla ragazza al suo fianco. Qualcosa in lui gli disse che stavano perdendo tempo, che forse la strada era sgombra, eppure quel Marchio Nero pressava nella sua testa; la rapidità con cui i Mangiamorte si erano presentati quella sera, a Dulwich, era rimasta impressa in lui, facendolo divenire incredibilmente diffidente. Prudenza, per quel turno, prudenza. Se non ci fosse stato nessuno, sarebbero stati solo 5 minuti in meno. Era inutile fare congetture, doveva solo aspettare. Con la coda dell'occhio, vide la Corvonero indossare anch'essa qualcosa; che avessero avuto la medesima idea? Allo stesso tempo, Horus si tirò su il mantello, cercando di coprire l'intero corpo sotto la magica stoffa e sperando che quella mossa lo celasse alla vista di chiunque e mantenendo così l'effetto sorpresa qualora ci fosse stato qualcuno.
Il Colosso ora assumeva nuovo incarico: esca, difensore, ambiguo alleato. Ma era, al momento, quanto di meglio possedeva. Certo, la presa forte della ragazza comunicava una cosa: una strana alleanza. Non si conoscevano, eppure potevano contare solo l'uno sull'altra. Se c'era qualcuno al di là o nei corridoi e scale più in basso, lui e lei avrebbero dovuto collaborare se volevano cavarsela.
L'unica soluzione era non farsi cogliere impreparati, o lo scacco sarebbe stato inevitabile.


«I'm not scared of dreams, when it's hard to survive the night.»


Statistiche:
♦ PS: 192
♦ PC: 165
♦ PM: 175
♦ Exp: 43,5

Equipaggiamento:
• Bacchetta: In mano.
• Mantello della Resistenza: indossato
• Mantello della Disillusione: in procinto di essere indossato.
• Pugnale Normanno: infilato nella cintura.
• Artigli di drago sminuzzati (x2): nella tasca anteriore dei pantaloni.
• Una collana con la Runa Hagalaz: indossato.
• Girocollo con un ciondolo d'oro a forma di Ankh: indossato.

 
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view post Posted on 7/2/2015, 22:34
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- Deus ex Mazza -

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Tirò un sospiro di sollievo non appena realizzò che la sua vista era tornata alla normalità, gli occhi non bruciavano più e quello era un fastidio ben maggiore rispetto al dolore alla spalla, unica ferita che si portava ancora dietro dallo scontro di alcuni secondi prima. Un senso di vuoto e quiete si impadronì della Sala Grande non appena l'ultimo rivolo della tormenta di sabbia si levò dal suolo. Alzatosi, avanzò verso la parte centrale del salone - era rimasto presso che nello stesso punto per il duello - per verificare l'andamento della situazione. Fu sorpreso nello scorgere la figura del Ministro più avanti di lui dato che era sicuro di essere quello in prima linea la dentro, così come strana era la posizione della Lancaster, ferma, quasi sospesa, all'ingresso. Raccapricciante era poi il fatto che non fosse l'unica: Patrick poteva scorgere chiaramente alcuni Mangiamorte, tre di preciso, fermi sul limitare della stanza, come intrappolati in una ragnatela. Si chiese il perchè di tanto accalcarsi e di tanta immobilità, salvo poi rammentare l'unico incantesimo tanto invisibile quanto subdolo, il Nebula Antigravitas. L'unico motivo che lo spingeva a tale intuizione, era il fatto di averlo provato sulla sua pelle, contro Raven, e di ricordare esattamente la sensazione e la paura di muoversi. Eppure, non poteva esserne sicuro e, soprattutto, non poteva nemmeno rischiare di avvicinarsi tanto alla zona. Decise di avvicinarsi alla Pompadour, per avere una migliore vista sull'ingresso, i mangiamorte e il salone d'ingresso e per sincerarsi delle condizioni della donna che, a parte tutto, sembrava illesa. Incrociò la donna a metà strada, dato che ella nel frattempo era tornata indietro di fretta verso il tavolo dei docenti, anche lei preoccupata della salute del giovane.

«Solo qualche graffio, voi? Bisogna pensare alla preside, la Lancaster se la può cavare da sola, forse...»

Commentò senza perdere nemmeno in quella triste evenienza la sua vena sarcastica. Proseguì nella direzione prestabilita senza curarsi dello spostamento di Camille intento a raggiungere la sua precedente posizione che gli avrebbe fornito una visuale più angolata e anche più riparata. Osservava come un cane affamato i Mangiamorte intrappolati e, nonostante la voglia di torturarli, sapeva che era meglio se li avessero presi illesi. Il suo primo pensiero fu quindi quello di riportarli dentro la Sala ma non si mosse nemmeno ripensando al fatto che recarsi in quella zona avrebbe potuto incantare lui stesso come gli altri. Per di più i nemici potevano essere ancora fuori dalla Sala pronti a schiantarlo. Agire con incantesimi su di loro, poteva poi risultare difficile e un intralcio per la povera Lancaster, che sembrava voler arretrare per mettersi in salvo.

«Dobbiamo catturarli.»

Disse Patrick a voce alta per farsi sentire dal ministro. Si, ma come? Per il momento avrebbe pensato a mettere al sicuro se stesso e i presenti in sala e ciò significava diventare più forte. Nessuno aveva dichiarato chiuso lo scontro, gli aggressori sarebbero potuti tornare da un momento all'altro, soprattutto per non lasciare traccia degli ostaggi che avrebbero potuto spifferare informazioni preziose. Sapeva anche cosa fare, aveva pronto nel suo bagaglio di conoscenze qualcosa che l'avrebbe reso capace di grandi cose, anche di agire su più obiettivi contemporaneamente. Era dunque arrivato il momento di liberare ciò che anche esso temeva, la sua natura più nascosta, la sua magia più profonda. Non aveva paura perchè avrebbe messo le sue forze, ancora una volta, al servizio del bene. Avrebbe attaccato o difeso, avrebbe combattuto, avrebbe aiutato. Sollevò la bacchetta sopra la sua testa e gridando a gran voce, liberò tutta la sua voglia di fare:

«MAGICUS EXTREMUS!»




 
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view post Posted on 7/2/2015, 23:22

In a coat of gold or a coat of red, a ℓισи ѕтιℓℓ нαѕ ¢ℓαωѕ.

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Se le avessero detto che un giorno si sarebbe ritrovata nel bel mezzo di una battaglia, ad Hogwarts, a fianco della persona che con tutta probabilità le andava meno a genio fra tutti gli studenti del Castello, chissà, forse avrebbe evitato di mandare quel biglietto, quel pomeriggio.
La verità era che non si fidava di Emily, non per questioni personali, ma perché era, in fondo, una sconosciuta per lei. Sì, avevano parlato qualche volta, e si erano quasi uccise a vicenda al Club dei Duellanti, ma a parte quello, nessuna delle due aveva mai tenuto particolarmente ad approfondire la conoscenza dell'altra e viceversa.
Zoey aveva sempre pensato fossero troppo diverse per andare d'accordo, o per avere una qualsiasi conversazione senza finire per litigare.
Eppure, adesso, in quel frangente, si domandava se non avesse avuto fino a quel momento un'opinione sbagliata della rossa Caposcuola. Forse avrebbe dovuto ponderare meglio il suo giudizio. Adesso, in quella situazione, che pareva evolversi sempre più drammaticamente, Emily non le sembrava più così distante e gelida.
Anche lei stava reagendo, e anche lei sembrava preoccupata per quel che sarebbe potuto accadere; anche lei, forse, era in pena per le persone a cui teneva.
Non poteva vedere il viso di Emily, dal momento che era davanti a lei, e le dava le spalle, mentre avanzano verso la Sala Grande, dunque non poteva neppure intuire cosa le passasse per la testa basandosi sulle sue espressioni facciali; quando proviamo emozioni forti, anche inconsciamente lasciamo trasparire qualcosa all'esterno. L'impatto emotivo è troppo forte perché si possa restare impassibili, nella maggior parte dei casi.
Certo, i pensieri e la mente della Rose erano off-limits per lei, questo era ovvio; ma da come stava agendo, Zoey sentiva di poter confidare in lei. Pensava davvero che le loro intenzioni potessero essere le stesse. Poteva sbagliarsi, poteva aver frainteso del tutto, ma per il momento non credeva che fosse la Serpeverde ciò di cui preoccuparsi maggiormente.
No, ciò di cui dovevano preoccuparsi adesso, era la scena che si presentò loro davanti all'ingresso della Sala Grande.
Vide vari volti, alcuni familiari, altri meno, che le era già capitato di incontrare all'interno del Castello; che Hogwarts si stesse mobilitando per scongiurare il pericolo?
Erano tutti studenti, questo pareva essere ovvio; di comune, avevano la bacchetta sfoderata, che pareva pronta a scagliare un incantesimo.
Per un attimo, pensò che fossero loro stesse il bersaglio, ma poi tornò lucida, e realizzò che non era possibile.
Non notò molto altro finché Emily la tirò a sé, apparentemente senza motivo; accadde molto in fretta, ma poté scorgere due figure ammantate, rese irriconoscibili dalle maschere che indossavano.
Ora, Zoey non capiva molto di quella situazione, chi fosse l'artefice di quell'attacco, o il motivo perché fosse stato messo in atto; ma di certo non era stupida, e riusciva ad intuire che con Hogwarts sotto attacco, era sospetto vedere qualcuno con indosso un mantello nero ed una maschera.
Le bacchette non erano puntante verso di loro, ma il fatto che fossero così vicine, le includeva comunque nel raggio d'azione degli incantesimi. Dovevano spostarsi.
Cosa non facile, con Emily che stava per castare un incantesimo; le restituì la stretta, e, afferrandole il polso con quanta più forza poteva, cercò di spingerla indietro, verso di lei.
Se fosse riuscita nell'intento, l'avrebbe fatta ritrarre di qualche passo, proprio da dove erano arrivate, non tanto da indietreggiare troppo, ma il necessario perché si allontanassero dalla porta della Sala Grande, e prima che Emily fosse riuscita a lanciare l'incantesimo, che da quel poco che aveva capito, era un incanto difensivo. Non ce n'era bisogno, adesso; ma non dovevano intralciare gli studenti che, supponeva, stavano per colpire le due figure mascherate.
Forse Emily non amava essere ostacolata, ma sperava capisse che non c'era altra scelta. Ma questo, gliel'avrebbe spiegato dopo.
Sempre ammesso, ovviamente, che fosse riuscita a portare a termine le sue intenzioni.



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view post Posted on 7/2/2015, 23:40
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I silenzi si legavano gli uni agli altri, scivolando polverosi sulla terra arida, mentre ubriachi refoli di vento soffocavano la radura in febbricitanti spasimi di calura. Impassibile e neutrale, la Foresta era la quintessenza della perversione di un primitivo sano principio: la negazione del Bene diveniva essa stessa motivo di immorale iniquità, sì che in ogni spina o sasso poteva scorgersi una ferocia sopita. Le cortecce erano ammassi di cicatrici mal guarite, pulsanti di linfa. La luce filtrava giallognola tra le foglie creando curiosi contrasti, rivoletti brillanti che bagnavano il legno umido riverberando nell'aria con una dolente nota di smeraldo. Le ombre del sottobosco si mescevano al nero piumaggio di Agreas, arrampicandosi come un'infezione lungo il suo corpo di carboni ardenti. Estensione del buio, pareva un demone antico in dormiente attesa. Le palpebre fremettero, infuocate, morbidamente chiuse ad escludere debolmente il mondo, senza disturbare la bellezza delle sue lucide forme. Esitarono solo un momento, tese come garze sottili, prima di aprirsi in uno spiraglio di sangue brillante, come lo scorrere di due lame affilate, in un seducente gioco di morte.
- Dobbiamo stare attenti, ora. - Un sussurro che era quasi un sibilo nell'atmosfera greve, languida, l'aria cupa che si imperlava dei vapori del mattino e lasciava sulla lingua un sapore come di lichene morente, di cose che si decompongono. - Avrò bisogno di un segnale. - Agreas chinò il capo in un obliquo sguardo di intesa: spirito affine ma indipendente, seguiva l'uomo come un ideale. Con gli artigli di ferro mordace, serrava l'alto ramo di una quercia, pronta allo scatto.
I neri tronchi si ammucchiavano gli uni contro gli altri, ostinate sentinelle la cui immobilità instillava la paura del cambiamento, dell'imprevisto. Ma era una paura che poteva riguardare solo coloro che incautamente si fossero spinti sul suolo infecondo della radura, e non già vi risiedessero. L'Oscuro stesso la alimentava e se ne beava, avvinto nella frenesia del sangue, ebbro di desideri inconfessati. Ah, qual sublime disegno, qual curiosa sollecitudine, qual perfetta simmetria lo riconduceva nei momenti fondamentali della propria esistenza a ripercorrere le vie di Hogwarts, ad arrivare all'acme del suo genio col pensiero ossessivo del luogo che gli era stato portato via! Vi era certamente un'intenzione, una strategia, una premeditazione che andava al di là dell'uomo stesso e si confondeva col divino. La solitudine gli si addiceva, la vita degli altri non era che una fragile carezza alla terra, il tempo di un addio, un mosaico di mutevoli e scarne ombre affannate dalla brama e dall'odio verso l'Eterno.
Ma Lui, Lui, l'Eternità l'aveva sfiorata. Gli era stata promessa.
L'irrequietezza percorreva le membra e creava un miscuglio di speranza e rabbia. Se avessero osato fallire... L'oblio sarebbe stata immeritata clemenza: la misericordia era l'arma del tiranno che poteva scegliere di non usarla, così da mantenere in spasmodico equilibrio la tensione che regge la traballante volontà dei deboli tra l'illusione e l'angoscia. Era un'arte sottile, un'arte innata. Sciocchi, ignoranti filo-babbani, non avrebbero riconosciuto un salvatore neppure nell'ora più buia: che la guerra scorresse, che il dolore corrompesse, che la fame piegasse, che la paura svilisse. Erano uomini quelli? Non era forse il tempo di propendere per un assaggio di crudeltà oltre il velo dell'utopia? Un duro risveglio, che avrebbe spazzato via l'idiozia e purificato le fila dei suoi veri alleati.
Pensò alle sue schiere in movimento, in quello stesso istante. Ma sebbene fosse ancora avvolto dal fuoco della sua grande visione, non provava per loro altro che vuoto. Vuoto, e una delusione che sprofondava negli abissi dell'isteria. Non erano mai abbastanza: non abbastanza forti, non abbastanza numerosi, non abbastanza furbi. E nonostante il limite lo irritasse, la propria unicità era qualcosa di irrinunciabile, da preservare gelosamente. Sì, il problema era tutto negli altri: avversari troppo ciechi, servitori troppo ottusi.
La collera continuava a cibarsi dell'inestinguibile sete di Potere, di Giustizia, per sé.
Ma non era ancora il momento.
Levò lo sguardo su Agreas, e lo sgargiante rosso delle sue iridi impietose incrociò il rosso cupo e ambiguo di taglienti schegge incastonate nel buio. Vi erano ancora forze oscure che dovevano entrare in gioco, prima della resa dei conti.
Lord Voldemort

Punti Salute: 600
Punti Corpo: 550
Punti Mana: 550

• Bacchetta: Legno di tasso, cuore di piuma di fenice, 14 pollici
• Semplice medaglione su cui ha inciso il Sigillo di Salomone (Spirito affine: Ombra e Fiamme)
• Fenice Nera.




~ Gruppo di Vesper e Peredur. In avvicinamento alla Sala Grande attraverso il Giardino.

Un urlo straziante si levò per i prati assolati, producendo un macabro contrasto con lo scenario candidamente tranquillo delle verdi e intonse distese. Narrava di disperazione, orrore, perdita. Era l'urlo della madre innanzi al figlio morto, l'urlo dell'innocente innanzi al boia armato, l'urlo della Morte stessa, venuta a mietere il suo turpe compenso. L'aria perfino parve creparsi e crollare rivelando un abisso di infinito sconforto, un indicibile abbandono che avrebbe reciso qualunque auspicio. Chi era puro pagava la sua ingenuità con la debolezza del cuore, un battito mancato, un istante di congedo dalla vita, appena prima del ritorno della consapevolezza che si trattava non di un male passato ma di qualcosa che stava ancora per accadere, in continuo inarrestabile divenire. Ma chi aveva l'oscurità nel petto, segretamente gioiva, e sorrideva, e fantasticava, e sapeva di svolgere incarico prezioso, necessario, ambito.
Il gruppo avanzava, compatto, levando oscenità contro le mura del Castello, che proiettavano la loro fredda ombra sullo scempio in atto. Il sacro suolo su cui saperi millenari erano stati faticosamente costruiti, veniva crudelmente profanato nella sua intimità più toccante. Non vi era rispetto, non vi era cautela, nulla che lasciasse presagire un'incertezza dello spirito, il vacillare di un Male consolidato da chissà quali passate atrocità.
- Compatti. - Non serviva altro ordine. I Mangiamorte si radunarono in modo da formare un gruppo concentrato che avrebbe impedito di coglierne a prima vista il numero esatto. Vi era uno schema da seguire, e non guastava il diversivo gentilmente offerto da colui tristemente noto presso molti di loro come il Capo Auror. Il gruppo dei seguaci dell'Oscuro risaliva lateralmente verso il Castello, Rhaegar Wilde si affacciava in pieno sole frontalmente, dall'ingresso principale, attardandosi solo un istante forse per qualche incantesimo protettivo. Era prudente, certo, ma come lui aveva notato il nero muro dei Mangiamorte che avanzava, difficile sarebbe stato per 32 occhi ed una abbondante dozzina di assalitori intenti all'attacco non tener conto dei cancelli, ad appena 30 metri di distanza, nonché di ciò che da essi sarebbe potuto entrare, e della figura imponente del Capo Auror in particolare. Peredur sorrise, al riparo della maschera, marciando coi compagni, senza dar segno di preoccupazione. Levò con cura la bacchetta e la puntò alla propria gola. - Sonòrus. - Un incantesimo semplice, di primo livello, la cui unica cura era nel porre i giusti accenti. - Sei venuto a farti cavare l'altro occhio, Wilde? - Poche rapide frasi nel mentre che l'uomo fosse giunto a portata di bacchetta. La voce del Mangiamorte sarebbe risuonata sino alle sue orecchie, forse l'intero Castello avrebbe goduto del dileggio. - Ho sentito che dopotutto potresti avere inclinazioni barbare al pari di noi altri. E' vero che fai lo scalpo ai bambini? - Parole brutalmente distorte, voci al Ministero, colleghi chiacchieroni, dicerie sulla possibilità che l'uomo si dilettasse a tempo perso nell'intrecciare ciocche di capelli recise, chissà da chi, chissà perché.
Alcuni ridacchiavano, ma c'era chi, fremente di farsi valere, accecato dall'odio per l'uomo che aveva catturato suo fratello anni prima, non aveva neppure atteso che lo sbeffeggiamento giungesse al termine. Ragnarok era al margine del gruppo, dal lato da cui era possibile vedere il Capo Auror avanzare dai cancelli. Bloccarlo lì, nell'impotenza, meglio ancora respingerlo, ferirlo, prima che potesse anche solo muovere altri passi, costretto all'ascolto dell'avvilente presa in giro... sì, pareva una buona idea. L'incantesimo sarebbe dovuto essere d'ampio raggio, a quella distanza l'errore nell'esecuzione di incantesimi che avessero richiesto più precisione poteva essere lecito. Rallentò la marcia per compiere il suo dovere e non sbagliare i movimenti. La rabbia risaliva lungo il suo corpo mentre la bacchetta andava a compiere un movimento circolare che sfruttava tutta la lunghezza del suo braccio come raggio. Sapeva di avere le capacità per reggere una simile potenza: sapeva che era il momento della vendetta, il momento di scatenarsi. Una rotazione violenta, per generare raffiche altrettanto violente, che avrebbero spazzato via uomini, piante, suoni, brezze, tutto ciò che prima occupava la zona tra i Mangiamorte e i cancelli, o che avesse avuto la sfortuna di giungere nel momento in cui quella furia distruttiva avrebbe colmato ogni distanza. Ragnarok terminò il movimento, non aveva preso più di qualche istante. - Anemos. - Un'unica parola decisa. Con i venti al suo comando, avrebbe inseguito l'Auror ovunque pur di fargli provare un po' di quel dolore che alimentava la sua rabbia.
E poi c'era chi, conscio del suo compito, non poteva concedersi distrazioni. Il gruppo si era compattato. Ma mentre Peredur e Ragnarok si occupavano dell'intruso, Vesper, Mosag e Achernarius erano nel cuore della forza avanzante, coperti dai compagni. Vesper puntò senza esitazione la bacchetta contro sé stessa, mantenendola ben ferma. - Séocculto - La solita cura negli accenti, nella tempistica, nulla di così elementare le poteva sfuggire. Al suo fianco, Mosag e Achernarius raccoglievano la concentrazione cercando di prestare massima attenzione all'ambiente intorno. Mosag levò la bacchetta e colpì con un tocco deciso la testa di Achernarius, immaginandolo come parte del mondo circostante. - Illùdo Camaleontide - Essendo tra i componenti più forti del gruppo, era stata designata per aiutare il compagno a dare maggior forza alla propria mimetizzazione. Una forza che gli avrebbe donato una invisibilità pressoché perfetta.
Gli attaccanti preparavano più frecce al proprio arco. Nel frattempo, inesorabilmente colmavano il paio di decine di metri che li distanziavano ancora dal castello. Lì avrebbero saputo fin dove si erano spinte le piccole pedine che avrebbero dovuto creare scompiglio durante lo svolgersi dei GUFO.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Peredur Stormcrow
(Uomo)
Punti Salute: 400
Punti corpo: 350
Punti Mana: 360
Vesper Lennox
(Sorella di Rabastan)
Punti Salute: 350
Punti corpo: 300
Punti Mana: 300
Mosag Connington
(Donna)
Punti Salute: 300
Punti corpo: 250
Punti Mana: 250
Ragnarok Dondarrion
(Uomo)
Punti Salute: 250
Punti corpo: 230
Punti Mana: 230
Asterope Mallister
(Donna)
Punti Salute: 240
Punti corpo: 210
Punti Mana: 210
Achernarius Hightower
(Uomo)
Punti Salute: 210
Punti corpo: 200
Punti Mana: 200
Walburga Forel
(Donna)
Punti Salute: 200
Punti corpo: 200
Punti Mana: 200
Rabastan Lennox
(Fratello di Vesper)
Punti Salute: 200
Punti corpo: 195
Punti Mana: 195
Cefeo Oakenshield
(Uomo)
Punti Salute: 190
Punti corpo: 180
Punti Mana: 180
Clizia Gascoyne
(Moglie di Thren)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 160
Punti Mana: 170
Quirinus Hinchinghooke
(Uomo)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 160
Punti Mana: 150
Nigellus Stokeworth
(Uomo)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 150
Punti Mana: 150
Alcione Marillion
(Donna)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 140
Punti Mana: 140
Bartimeus Daxos
(Uomo)
Punti Salute: 170
Punti corpo: 140
Punti Mana: 140
Enopione Baelish
(Uomo)
Punti Salute: 160
Punti corpo: 130
Punti Mana: 130
Wulfa Cressen
(Donna)
Punti Salute: 150
Punti corpo: 110
Punti Mana: 110




~ Sheiva, l'infiltrato. Piano terra, corridoio.

La bacchetta era volata di mano alla ragazzina. Era divertito ma non perse tempo in autocompiacimenti di scarsa importanza. - Ascoltami bene, non c'è tempo e parlerò una volta sola. - Si avvicinò e le strattonò malamente la veste per assicurarsi la sua attenzione. Ora che la ragazzina cominciava a recuperare la vista avrebbe potuto vedere che il suo improbabile assalitore non era altri se non il Signor Gazza. Sheiva contrasse il volto in un moto di disgusto al pensiero dell'aspetto trasandato che doveva avere, le guance flosce, i capelli radi, e soprattutto ricordando quel che aveva dovuto passare nei giorni precedenti dovendo fare a meno, ufficialmente, della Magia. Abominevoli Maghinò. Ma da nessuno aveva potuto apprendere più informazioni sul castello se non dal Guardiano stesso. Era stata la scelta più ovvia, il più indifeso, il meno interpellato, il più conosciuto e dunque il meno sospetto. L'unico rammarico era stato il non poter farlo fuori, o non avrebbe avuto una costante fonte di risposte alle sue domande e la materia prima per la Polisucco. - Tornerai nell'atrio, come suppongo stessi già meditando, ma se scopro che stai tradendo l'Oscuro non mettendo la tua... dubbia intelligenza al servizio della nostra Causa, te la vedrai con me personalmente. Cerca di tirare fuori quegli incapaci dei tuoi compari, se ti riesce. E ora sparisci. - La spinse via, con malagrazia. La piccola codarda era l'ultimo dei suoi problemi. Si sentivano decine di passi convogliare verso la zona degli scontri. Che scuola schifosamente altruista.
Calciò dietro una statua la roba della ragazzina. Ogni istante era prezioso, perfino per un incantesimo. Nessuno avrebbe potuto ricondurre quegli stracci a chicchessia, e prima o poi che nella scuola ci fossero stati degli infiltrati sarebbe stato ovvio. Lì nessuno li avrebbe trovati, a meno di non compiere approfondite pulizie, e caso voleva che lui fosse l'unico bidello cui in particolar modo spettava la cura di quel corridoio, dove proprio accanto a dove si trovava vi era la porta del suo presunto Ufficio. Sorrise, consapevole che questo avrebbe rafforzato il suo presentarsi in uscita da quella zona del piano terra.
Afferrò al volo una ramazza, si calò nella parte, e corse, alla velocità concessagli da quel vecchio corpo, verso l'atrio. Agitò la ramazza a mo' di arma, quasi si preparasse alla battaglia. Lui, che nessuno mai avrebbe voluto tra i piedi in un frangente simile, un fastidioso incapace privo di Magia. - Attacco al castello! - Gracchiò con un tono allarmato, un'ovvietà per la quale probabilmente metà delle persone in sala avrebbero alzato gli occhi al cielo senza neppure degnarsi di rispondere. - Non è cosa per studenti! Non vi ha insegnato nulla l'ultimo assalto? I non maggiorenni tornino nelle Sale Comuni! Me ne assicurerò io stesso! - Svoltò dall'imboccatura del corridoio verso le scale principali che portavano al primo piano. Una volta là, preferibilmente dopo aver evitato l'imminente battaglia che sapeva avvicinarsi a ritmo incalzante, avrebbe saputo cosa fare.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Sheiva Greenfield
(Uomo)
Punti Salute: 180
Punti corpo: 140
Punti Mana: 140




~ Gargantua, l'infiltrata. Scale, Quinto piano.

Non si era fermata a considerare quanti gradini si era fatto, strisciando e scorticandosi, il povero Grifondoro. Le era bastato capire di aver fatto centro, e subito si era nuovamente ritirata nell'ombra, dietro la parete dell'arco del corridoio. Certo, il disappunto l'aveva colta quando aveva compreso di aver calibrato i tempi con troppa leggerezza, sì che il magnifico volo oltre la ringhiera si era tramutato in un volo (pur sempre altrettanto magnifico) in fondo alle scale. Ma ora occorreva pensare a come sfruttare il proprio vantaggio. Non poteva sapere cosa stesse accadendo in fondo alle scale: il ragazzo si stava già rimettendo in piedi? Erano giunti altri? Anche dall'altra parte del corridoio giungevano rumori: qualcosa che pareva grattare contro il pavimento, come pietra contro pietra, e passi, passi di corsa. Questo non ci voleva.
In compenso, qualcosa di interessante catturò la sua attenzione. Da dietro il suo arco, poteva ben vedere avvicinarsi dalla rampa delle scale che collegava il quinto piano alla torre di astronomia, ad appena pochi metri da lei, quello che aveva tutta l'aria di essere un Docente dall'aria vagamente familiare. Era la sua occasione di rimettere le cose in carreggiata.
Si preparò ad uno slancio, dall'ombra del suo nascondiglio. Così poco, bastava così poco. Era così poca la distanza. Poteva farcela. L'uomo veniva chiaramente nella sua direzione. Non doveva far altro che trascinarlo fulmineamente a sé, solo per un istante. Un istante sarebbe bastato.
Scattò nel momento in cui ritenne l'uomo alla sua portata. Forse avrebbe dovuto uscire allo scoperto per un tratto, ma non importava: se fosse riuscita nel suo intento, avrebbe avuto un alleato, ed era pur sempre qualcosa di fronte al pericolo. Sfruttando l'effetto sorpresa, cercò di afferrare la veste dell'uomo e di sbatterlo con sé al riparo dell'arco. Non attese neppure che il movimento d'inerzia, comunque andasse, si portasse a compimento, quando gli puntò la bacchetta alla tempia sinistra. La punta toccava la pelle, in quel fragile punto così vulnerabile. Avrebbe potuto ucciderlo subito, fracassargli il cranio. Ma poteva esserle più utile se avesse combattuto al suo fianco. - Imperio - Pronunciò la parola con decisione e fermezza, il tono di comando non le mancava, da arrogante Mangiamorte conscia del proprio potenziale qual era. Ogni fibra del suo essere desiderava annientare la ridicola volontà dell'uomo, un altro odioso alleato di coloro che abusivamente occupavano un suolo che era dell'Oscuro di diritto. Annullare la sua parte razionale, sì, quella era la chiave: lasciar fluire la propria forza nella debole plasmabile mente della vittima. Era il momento di giocarsi tutto.
Tutti i PnG sono dotati di bacchetta, abbigliamento da Mangiamorte con maschera, e Marchio Nero.
Gargantua Clegane
(Donna)
Punti Salute: 260
Punti corpo: 230
Punti Mana: 200




~ Astaroth e Thren, gli infiltrati. Quinto piano, nei pressi dell'ingresso alla Torre della Preside.

Un colosso. Qualcuno aveva evocato un colosso. Dal loro nascondiglio, Astaroth e Thren si chiedevano se fosse la normalità, in quel castello di decerebrati. Ma probabilmente, erano solo tutti impauriti come conigli. Il Marchio Nero doveva splendere in cielo ormai da diversi minuti, e la diffusione del panico era già evidente per via di diversi segnali più o meno palesi, come la folle corsa di quei due ragazzini senza nerbo che andavano dritti tra le braccia di Gargantua. Poveri sciocchi.
Per parte loro, c'era una missione da portare avanti. L'inconveniente era spiacevole, l'autore della bravata si nascondeva probabilmente oltre l'angolo del corridoio. Ma questo non voleva dire che non vi fosse modo di colpirlo. Anzi, di prendere due piccioni con una fava.
Astaroth e Thren si scambiarono uno sguardo d'intesa. Tutto doveva comunque andare avanti secondo i piani. Stesero entrambi il braccio, ma verso obiettivi diversi.
*Bombàrda*
*Bombàrda*
Silenziosamente Trhen, con tutta la sua potenza, aveva puntato il colosso. Sapeva di essere forte abbastanza da distruggerlo, e forse nell'esplosione, con un po' di fortuna, qualcuno sarebbe rimasto ferito. Astaroth aveva puntato all'ingresso della Torre della Preside: bastava anche solo un piccolo anfratto e, con la sua piccola statura, avrebbe potuto fiondarvisi.
Astaroth Kettleblack
(Uomo)
Punti Salute: 170
Punti corpo: 130
Punti Mana: 130
Thren Gascoyne
(Marito di Clizia)
Punti Salute: 300
Punti corpo: 230
Punti Mana: 230

 
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Aryadne Cavendish
view post Posted on 7/2/2015, 23:49




Il rapido susseguirsi degli eventi non aveva permesso alla giovane serpeverde di capirci su molto. Prima muoveva dei passi in direzione dell'uscita, senza alcun sorriso di soddisfazione stampato sulle sue labbra sotto la maschera, poi, invece, rimaneva immischiata in un qualcosa che non sapeva cosa fosse, guardando - così le sembrava -, il cielo sotto ai suoi piedi, la terra sopra e l'uscita, capovolta, ancora dinnanzi a lei.
Il cuore in gola, parve voler uscire fuori. Spiccare il volo.
Cosa fare? - Si chiese rapida per un attimo. Doveva uscirsene da quella sala. Doveva uscirsene prima che tutti gli altri avessero capito come muoversi; prima che Patrick e gli altri le fossero corsi dietro. Per un attimo ebbe paura.
"E cosa, se mi manderanno ad Azkaban?" - Si chiese. Poi si ricompose. Ci doveva essere un'uscita da quella situazione. C'era sempre un'uscita da ogni situazione. Il suo ruolo era svolto, e ora non doveva far altro che uscirsene dalla trappola nella quale era caduta.
"Pensa, Aryadne, pensa".
Sospirando, con le spalle rivolte alla sala e il viso (forse), rivolto in avanti, essa, con la bacchetta ancor stretta nel morbido pugno, pensò ben di calmarsi e di agire. Li dov'era, doveva essere in prossimità della porta. Per forza. E nessuna illusione, nessun incantesimo avrebbe potuto intaccare la sua logica: neanche la sua stessa vista.
Rapida, senza guardarsi indietro ma soltanto sperando che il controincantesimo avesse funzionato a dovere (oppure sperando che, seppur non completamente, avrebbe attenuato l'effetto di quella illusione stramba almeno un po'), Aryadne avrebbe semplicemente puntato la bacchetta verso la zona dinnanzi a sé, quella soggetta a fattura del nemico cattivo, e, a voce alta, avrebbe esclamato:
-Finite Incantatem! - Con voce decisa e coraggiosa.


Subito poi, si sarebbe mossa: nel caso in cui la terra e il cielo fossero tornati ai loro posti, rapidamente, correndo; nel caso in cui l'incanto nemico avesse solo attenuato la propria intensità, camminando pian-piano; nel caso in cui, invece, la terra e il cielo non si fossero affatto spostati, Aryadne avrebbe camminato piano-piano, in avanti, misurando ogni passo, ormai conscia che soltanto un mago secolare avrebbe potuto ribaltare il cielo con la terra, e dato che li di maghi così non ve n'erano, la piccola studentessa serpeverde, ne deduceva che era solo un'illusione.
"Chiudi gli occhi e cammina". - SI sarebbe detta in quest'ultimo caso, muovendosi piano, usando le mani e il tatto, se non la vista, per individuare la porta e uscire.
Qualora fosse riuscita ad uscire, muovendosi più o meno velocemente, più o meni piano, parlandosi della paura, ma anche convincendosi del fatto che il cielo e la terra non posso cambiare così, d'improvviso, Aryadne, uscita avrebbe corso. Con tutte le forze che aveva in corpo.
Correre finché poteva...

 
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Arya Von Eis
view post Posted on 7/2/2015, 23:51




Sembrava che quel giorno nulla volesse filare secondo i piani, i risultati in Sala Grande, almeno fino al momento della sua ritirata, erano stati disastrosi, un bel nulla di fatto, non si sarebbe stupita nel ritrovarsi, il giorno successivo, con un concasato in meno e, anche il suo allontanamento, non pareva così indolore come aveva sperato.
Non ebbene nemmeno il tempo di concludere il suo incantesimo che, una fastidiosa scossa alla mano e il successivo tintinnare del legno sul pavimento, non le lasciarono dubbi, non era sola in quel corridoio.
Sentì, per un attimo, la rabbia crescere, ma cercò di placarla, in quel momento non era più protetta dalla maschera, qualsiasi mossa avventata poteva esserle fatale, doveva restare lucida.
La sgradevole voce di colui che l’aveva colpita le arrivò chiara, come fosse a pochi passi da lei e le sue parole suonavano come una velata minaccia, sì voltò, non si preoccupò di raccogliere immediatamente la bacchetta né di celare il suo volto, chiunque fosse sapeva esattamente chi era e chi serviva, non l’avrebbe attaccata nuovamente, quello era solo un avvertimento.
Notò, con sollievo, che aveva ormai riacquistato la vista, ecco, almeno una cosa sembrava essersi sistemata, ma prima ancora di concentrarsi sulla figura, questa si avvicinò strattonandola e, un’espressione confusa mista tra disappunto e ira le si poteva chiaramente leggere in volto.
Non era tanto ciò che stava dicendo, ma chi le stava parlando, Gazza, no, non era possibile, tutti sapevano delle sfortunate condizioni dell’uomo, era impossibile avesse castato l’incantesimo, eppure si trovava lì, di fronte a lei e, le stava dando ordini?
La ragazzina fece due più due, il risultato non fu decisamente quattro, non le erano di certo chiare le dinamiche della faccenda, ma quello non era Gazza e, chiunque si nascondesse dietro le sembianze del bidello, non si era fatto problemi a farle capire da che parte stava.
Non parlò, non disse nulla, evitò di ribattere, la tentazione era forte, ma aveva avuto modo di notare in più occasioni il caratteraccio e le scarse doti comunicative, oltre che la scarsa intelligenza, di parte dei servi dell’Oscuro, meglio tacere, nella speranza che se ne andasse il prima possibile, avrebbe avuto altre occasioni, altri tempi, luoghi e modi per prendersi la sua rivincita, al momento doveva fare buon viso a cattivo gioco.
Avrebbe forse potuto prenderlo di peso e scaraventarlo contro il muro, azzannargli la gola e lasciarlo lì morente, non che il pensiero non le fosse balenato per la mente ma, si ritrovò presto libera dalla sua presa, certo, scortese così come s’era avvicinato l’aveva allontanata, ma quello era l’importante.
Malgrado la spinta tentò di mantenere l’equilibrio, quello non era un problema e, sempre senza rivolgergli la parola, si chinò per tentare di recuperare la bacchetta che quell’idiota le aveva fatto cadere, avevano perso tempo inutilmente, possibile che non avesse nulla di meglio da fare? Dubitava che Lord Voldemort l’avesse mandato lì a pettinar le bambole eppure, invece che concentrarsi sul suo obiettivo, stava lì a rivangare l’ovvio.
Una volta recuperata la sua arma, ammesso e non concesso che non ci fossero altri intoppi o altri colpi di testa da parte del finto bidello, avrebbe ripercorso a ritroso la strada verso l’atrio, sapeva che ormai, quella zona doveva essersi affollata, poteva sentire le voci, i passi, ma non poteva fare diversamente, di sicuro si sarebbe inventata qualcosa, anche se, ancora, non sapeva cosa, avrebbe aspettato di vedere com’era, effettivamente, la situazione prima di ributtarsi nella mischia, questa volta con i suoi panni.
Al mantello e alla maschera sembrò pensarci il bidello, in fondo, ripulire era compito suo, così, prima di allontanarsi gli riservò giusto qualche parola, le avevano insegnato che era maleducazione non rispondere, anche a uno fastidioso come quello


-So esattamente cosa devo fare e credo tu abbia cose più importanti a cui pensare-

Mentiva spudoratamente, ma non gli avrebbe dato modo di sospettarlo, anzi, si sarebbe allontanata da lui volentieri, cercando comunque di restare leggermente in disparte, utilizzando tutti i sensi a sua disposizione, nel tentativo di capire come agire.
Gazza, o chi per lui, la superò, uscendo di corsa allo scoperto, squittendo qualcosa di assolutamente fuori luogo brandendo uno scopettone, la ragazzina alzò gli occhi al cielo sospirando, l’interpretazione era di certo ottima, il che le lasciò il dubbio che il mangiamorte potesse sul serio avere la medesima intelligenza dell’uomo sostituito.



Non ho specificato che, una volta tentato di riprendere la bacchetta, Arya, non la mette via ma la tiene in mano, mi sembrava superfluo dato che appunto scrivo che tenta di riprenderla ma non di metterla via, se ho sbagliato chiedo venia al Master.
 
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144 replies since 3/8/2014, 09:29   7689 views
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