Real Eyes, Realize, Real Lies., Privata

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~ Zoey.
view post Posted on 24/10/2014, 14:46 by: ~ Zoey.

In a coat of gold or a coat of red, a ℓισи ѕтιℓℓ нαѕ ¢ℓαωѕ.

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District 2 // Casterly Rock // Gryffindor House // Asse Roma-Brighton.

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« No matter how many breaths that you took,
you still couldn't breathe;
no matter how many nights that you'd lie wide awake to the soud of poison rain.
Where did you go? Where did you go? Where did you go?»




Raccontare la sua storia, o comunque alcuni pezzi di essa, era una cosa che faceva raramente, perché non si avvicinava mai troppo a qualcuno o legava abbastanza da cominciare a fidarsi (la fiducia era infatti per lei un processo complesso che richiedeva molto tempo), o da abbattere l'imbarazzo di parlare di se stessa. Zoey non era una ragazza egocentrica, non viveva per le attenzioni altrui; anzi, essere al centro dell'attenzione, la mandava completamente in tilt. Ricordava quando a sei anni era stata organizzata una festa a sorpresa per il suo compleanno: la cosa l'aveva talmente destabilizzata, tanto che quasi era scappata via quando aveva sentito gli occhi di tutti i presenti puntati su di lei. Uno dei motivi per cui non diceva mai la data del suo compleanno era proprio il fastidio che provava nell'essere al centro dell'attenzione; diceva sempre che era nata in Giugno, senza mai specificare il giorno preciso. Era più semplice così.
Con la coda dell'occhio, notò che Nathan la stava guardando in modo strano; finse di non accorgersene, mentre puntava i piedi al suolo e poggiava il mento sulle ginocchia, abbracciandosi le gambe. Si sentiva in qualche modo protetta in quella posizione, che uno psicologo avrebbe definito "di chiusura". Perché in questo era brava Zoey: a chiudere fuori le persone e il mondo esterno. Pensava che così non avrebbe corso alcun rischio.
Nel frattempo, il vento soffiò contro di loro; non era freddo, ma mite; sorrise, alzando gli occhi verso il cielo.
*U-no-le*, pensò, con gioia; era una parola cherokee, che più che l'elemento nella sua fisicità, evocava la sua essenza. Era una delle ragioni per cui amava la sua lingua - beh, dei suoi antenati - e la sua cultura: tutte le parole designavano la natura di qualcosa, e mai si fermavano alla superficie.
- Dare la dignità all'uomo, bambina, è all'origine di tutte le cose. -
Era quello che le veniva spesso ripetuto da bambina; allora non capiva, ma crescendo, aveva imparato ad assegnare a quella frase un significato, e l'aveva fatta sua: ogni uomo nasce con una dignità, ma negli occhi di chi osserva, essa può crescere o affievolirsi a seconda dell'influenza che egli ha su di noi. Non sopravvalutare. Non sottovalutare. Dare ad ognuno la possibilità di esprimersi. Solo in seguito sviluppare un'opinione su quel che ci sembra quell'uomo, ricordando che, per l'appunto, quel che appare quasi mai è quel che è.
Da qui l'estrema discrezione che caratterizzava la giovane Grifondoro: raramente dava giudizi affrettati, e mai s'impicciava negli affari altrui. Dava a tutti un'occasione, e poi decideva se fosse il caso di troncare o continuare la conoscenza.
Solitamente, quando aveva a che fare con persone come Nathan, sceglieva la prima opzione, ma stavolta le era complicato fare così: non l'avrebbe mai ammesso, ma quel ragazzo la incuriosiva, sebbene la irritasse da matti la sua propensione a rompere tutte le regole e a farle saltare tutte le sue sicurezze che a fatica aveva costruito.

- Non dovrei starti vicina perché altrimenti rischierei di beccarmi il raffreddore anch'io? - chiese sbattendo le palpebre, con finta ingenuità e candore; doveva ammettere che, nonostante tutto, era divertente rispondergli a tono. Aveva parecchie frecce da lanciare ancora; del resto, lei era sempre stata innegabilmente brava nel tiro con l'arco.
Un'altra cosa che nessuno sapeva, fra l'altro; forse doveva davvero cominciare ad uscire dal guscio. "Nutshell" era un altro della lunga lista dei suoi soprannomi, non tutti esattamente gratificanti.
Si voltò alla domanda di Nathan, e lo guardò, accigliandosi; era un'altra domanda provocatoria? Pensarlo era lecito, tuttavia il suo tono di voce e la sua espressione non ostentavano malizia stavolta; soppesò le parole e deglutì, prima di rispondere. Non era proprio il genere di domande a cui era abituata a rispondere.

- Io, mmh...non mi sono mai trovata finora dinnanzi a situazioni che richiedessero una tale scelta. Ma non sono una tipa impulsiva, quindi...credo che rifletterei bene prima di fare qualunque cosa. Certo, se ne valesse davvero la pena, persino io potrei fare qualcosa di stupido o insensato. -
Disse, e tacque; era visibilmente in imbarazzo, e la tensione nervosa attorno a lei si poteva tagliare con la lama di un coltello. Non le era mai capitato di sentirsi così a disagio e agitata, generalmente per lei era facile mantenere il controllo sulle proprie emozioni. Altro motivo per cui Nathan la irritava.
Prese a giocherellare con il ciondolo che portava al collo, e poi a torturare le frange della borsa a tracolla, che giaceva sull'erba umida; se ne era completamente scordata, ed ora la stoffa era bagnata.
*Dannazione, spero che il libro non si sia rovinato...accidenti a me*, pensò mordendosi il labbro inferiore preoccupata; trasse rapidamente fuori il piccolo volume antico, e trasse un sospiro di sollievo quando si accorse che era intatto. Se lo portò al petto e lo strinse, quasi potesse sentire l'abbraccio di sua nonna attraverso le pagine.
Rendendosi conto che poteva dare l'impressione di essere completamente andata, ripose in fretta il libro nella borsa, arrossendo; tossicchiò, a disagio ancora una volta. Quando non era Nathan a metterla in difficoltà, ci si metteva lei stessa.
Poi, con sua enorme sorpresa, le arrivò una frase del ragazzo che la colpì; era sincero? Gli faceva davvero piacere conoscere qualcosa in più su di lei? Lentamente, sorrise, arrossendo delicatamente. Forse, poteva fidarsi, almeno un pochino.

- Io...mmh...appartengo ai cherokee. Vivo con mia madre, mia nonna, e ho due sorelle più piccole. Niente padre, lui...ha preferito lasciarci. - ammise, con vergogna; distolse lo sguardo e puntò gli occhi altrove, senza realmente vedere ciò che aveva davanti. No, oramai il ricordo di suo padre non la toccava più; ma la rendeva comunque triste. E preferiva di gran lunga che nessuno la vedesse così.
Sospirò e tornò ad osservare il quieto lago.

 
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