Halloween...Cena con Delitto...

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view post Posted on 1/11/2014, 18:42

In a coat of gold or a coat of red, a ℓισи ѕтιℓℓ нαѕ ¢ℓαωѕ.

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Aveva sempre festeggiato Halloween a casa, a Tulsa, e doveva ammettere che non aveva idea di quali fossero le differenze fra i modi di celebrare l'ultimo d'Ottobre; "Halloween" era una parola che si usava poco, a casa. Si preferiva chiamare quella festa con l'antico nome, "Samhain", il giorno in cui il confine fra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottiglia a tal punto da creare un passaggio fra le due realtà.
Almeno questo era ciò che si credeva e che veniva tramandato da generazioni; Zoey non sapeva se crederci o no, semplicemente non si poneva il problema.
Ciò che si chiedeva, invece, era: cosa avrebbe fatto quella sera? Sicuramente ci sarebbe stato un bel banchetto in Sala Grande, anche se non si era informata a dovere; poteva sempre scendere e giudicare da sé. Osservò il bellissimo vestito riposto nel baule, viola e nero, lungo, di taglio antico. Le sarebbe stato d'incanto addosso; peccato non ci fosse un'occasione in cui indossarlo.
Sì, ma io me lo provo comunque. Lasciatemi sognare.*, pensò, sospirando; iniziò a mettere il pesante abito dalla testa, rischiando quasi di soffocare prima di riuscire a vedere di nuovo la luce. Braccia infilate nelle maniche strette, gonna sistemata. Pettinò persino i capelli, lasciando che le ciocche castane le scendessero su schiena e spalle in fitti boccoli; si sentiva totalmente diversa, e, per una volta, non era poi così male.
Come un'illuminazione, si ricordò improvvisamente di aver ricevuto un biglietto due giorni prima, a cui non aveva prestato affatto attenzione per i troppi impegni, e che aveva dunque chiuso in un cassetto accanto al suo letto. Era un invito ad una festa o qualcosa del genere...ma dove? E a che ora? Non le veniva in mente, ma sperava di non essere in ritardo.
Aprì il cassetto di legno e ne trasse fuori il biglietto arancione e nero; lo voltò per leggere meglio. Certo, che buffo biglietto...
*Alle 20:30...che ore sono? Ma...non c'è scritto il luogo...*


Non fece in tempo a finire di articolare quel pensiero, che fu come risucchiata dallo stesso biglietto; una sensazione a dir poco sgradevole che aveva provato poco tempo prima, a Diagon Alley, e a cui era seguito una scoperta sconvolgente. Non voleva essere superstiziosa, ma le Passaporte per lei non erano mai un buon auspicio.
Riaprì gli occhi, avvertendo già i primi sintomi del solito mal di testa; sbuffò, irritata, guardandosi intorno.
Non fece in tempo a finire di articolare quel pensiero, che fu come risucchiata dallo stesso biglietto; una sensazione a dir poco sgradevole che aveva provato poco tempo prima, a Diagon Alley, e a cui era seguito una scoperta sconvolgente. Non voleva essere superstiziosa, ma le Passaporte per lei non erano mai un buon auspicio.
Riaprì gli occhi, avvertendo già i primi sintomi del solito mal di testa; sbuffò, irritata, guardandosi intorno, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco.
Le ci volle qualche attimo per rendersi conto di dove si trovasse; era davvero la Reggia di Versailles? Aveva sempre visto immagini dai vari libri, ma, per quanto fossero belle foto, nessuna di esse rendeva giustizia all'imponente e magnifico edificio che si trovava davanti. Si prese un momento per ammirarla nel suo complesso. Le era tornato il buonumore.
...prima di accorgersi di quel che portava addosso.
Era abbastanza sicura di indossare il vestito viola quando aveva toccato il biglietto; ora, invece, le maniche, in principio strette, erano piene di merletti ingombranti e che prudevano, la gonna era almeno il doppio più pesante ed enorme, con gli stessi identici merletti fastidiosi sull'orlo. E il corpetto...era forse la parte peggiore. Quello originale era aderente e delicato. Ora era sormontato da un gigantesco fiocco lilla su cui erano disegnati dei fantasmini bianchi che facevano smorfie, gli stessi che, notò, erano disegnati anche sulla parte alta della gonna. La scollatura del vestito era coperta dal mantello nero che manteneva la fantasia dei fantasmini. Si toccò i capelli, piena di terrore; nulla. Almeno quelli erano rimasti intatti.
Arrossì, pensando a quanto doveva sembrare ridicola. Rivoleva indietro il suo vestito originale. Voltando lo sguardo qua e là, notò che conosceva la maggior parte delle persone presenti: erano tutte di Hogwarts, e tutte presentavano un abbigliamento simile al suo.
Poco più avanti, riconobbe una figura, calzata in una improbabile gonna con un ragno disegnato sopra. Era la Prefetta Serpeverde, una delle sue più care amiche, se non la più cara. Raccogliendo le ingombranti gonne, si avvicinò a lei, a passo svelto, verso l'ingresso della Reggia.

- Arya! - la chiamò, sorridendo; almeno conosceva qualcuno. Vicino a lei, c'era anche la piccola Chrisalide; la salutò con la mano. Riconobbe anche Leah; le sorrise, anche se non era certa che l'avrebbe vista.
Era quasi ora di entrare; avrebbe detto volentieri due paroline all'organizzatore sulla questione "costumi", ma lasciò perdere. Magari si sarebbe divertita comunque.




Edited by ~ Zoey. - 1/11/2014, 20:47
 
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view post Posted on 1/11/2014, 18:46
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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« and can see things underground. »

"Non perdere il biglietto... alle 20.30 ti servirà"
*...Embè?*
Tutto quel mistero, tutta quell'attesa per... niente?
« Su dai, parla, canta, balla... fa' qualcosa! »
Mancavano dieci secondi alle otto e mezzo di sera, lo stomaco di Niahndra si ribellava al digiuno, il biglietto restava inerte. Non stava accadendo un bel nulla.

Nei giorni precedenti aveva ripetuto in lungo ed in largo che trovava tutta quella storia una grande, grandissima
boccinata eppure quasi come un morbo, si era diffuso contagiando viralmente sempre più persone fino a diventare il principale argomento di conversazione; e se già la Alistine faticava a trovare spunti di discussione, quell'improvvisa influenza di stagione l'aveva messa ancora di più in difficoltà.
Chi mai si prendeva la briga di invitare ad una "festa esclusiva" degli studentelli come loro? Poteva capire qualche figura di rilievo, qualche pezzo grosso, ma cosa aveva mai di esclusivo una festa che pareva aver invitato mezza comunità magica?
Si trattava di uno scherzo, pessimo tra l'altro dato che avrebbe potuto almeno riportare un indirizzo falso per indurre gli esclusivi invitati a fare un giro a vuoto e invece no, era chieder troppo persino essere a conoscenza del luogo, non dico esatto, ma almeno... vagamente accennato.
*Solo un misterioso... FIV* Fiv che in seguito scoprì essere "F quarto" perché « Insomma Nia, devi imparare a riconoscere un numero romano quando lo vedi. » Beh, sapeva riconoscere le pessime idee, e quella rientrava nella categoria. Ma la parte peggiore delle pessime idee è che pur riconoscendo che sono pessime, le attui in ogni caso. Pentendotene puntualmente, ovvio.

Allo scoccare dell'ora pattuita la Tassorosso decise che se il biglietto non aveva intenzione di fare qualcosa, lo avrebbe fatto lei, rendendosi conto che la soluzione era sempre stata davanti ai suoi occhi.
*Per Morgana, sei una strega. Pensa da strega. Agisci da strega. Sii una strega. E usa quella stramaledetta passaporta, anche se sai che non ti piacerà. * No, infatti, non le piacque.
Come non le piacque il freddo improvviso che pungeva sulla pelle, né tantomeno l'inaspettata mancanza di afflusso d'aria nei polmoni; o, per meglio dire, il
problematico principio di soffocamento.
Qualcosa l'aveva arpionata all'altezza della bocca dello stomaco, comprimendole pericolosamente il busto; poco al di sotto della vita, le pareva invece di avere qualcosa
di troppo. *Non è una coda, non è una coda, non è una coda...*
Era una coda. Neanche a dirlo.
Appena ebbe capito come far affluire il giusto apporto d'ossigeno senza dilatare troppo il petto, la ragazzina abbassò gli occhi solo per rischiare l'ennesimo strozzamento; qualunque cosa fosse il sacco di spazzatura omicida che indossava di certo non era la grigia e noiosa divisa scolastica completa di mantello. In quel momento si accorse di avere caldo, probabilmente indossava una coperta pesante viola. Una coperta pesante viola e
assassina.
*La moda qui, la moda là, nessuno che abbia mai detto quanto sia scomoda.*
Un lungo abito color prugna la fasciava con un rigido bustino a punta, chiuso da una sfilza di bottoni (sospettosamente somiglianti a quei bulbi oculari che si comprano a buon mercato da Misurino) che iniziava fin da sotto al mento, per aprirsi in un colletto decorato ma fortunatamente discreto; dette uno sguardo alle maniche che sentiva stranamente pesanti: il motivo erano le due anti-estetiche catene arrugginite che penzolavano mollemente.
*Bello come carcere.* Di lusso.
La reggia strabiliante, tuttavia, era passata in secondo piano; per quando Niahndra non fosse mai stata una tipetta vanitosa o egomaniaca, non poteva staccare gli occhi azzurrini da quella sfarzosa gonna a campana che camuffava abilmente i chili e chili di stoffa che lei sentiva al di sotto, in un gioco di sovrapposizioni sfasate che aveva dello stomachevole. E poi cosa era quella... pesudo impalcatura di legno? Impalcatura che lo scrittore dice essere una tournure e il personaggio un "cosa caz*o me ne faccio di una gabbia". In ogni caso si spiegava finalmente il sospettoso volume all'altezza del suo didietro.
Ad appesantire il tutto, ghirlande su ghirlande tintinnanti fatte di caramelle di tutti i tipi - vere, si ritrovò a constatare con piacere - e sicuramente le sarebbero servite, perché sentiva che se l'abito preludeva il menù sarebbe rimasta a digiuno.
Un ragnetto le penzolò davanti agli occhi e per poco non cacciò un grido mentre in un gesto istintivo schiaffava l'aracnide lontano da lì; in quel momento si accorse della cuffietta che le celava in parte la complicata acconciatura, non osò approfondire ma giurò che fosse in ragnatela.
*Iih che schifo.*
Spostò l'attenzione intorno a lei e finalmente si decise a muoversi e percorrere quel viale strabiliante, ormai era in ballo, aveva un abito - orribile ma comunque un abito - tanto valeva ballare.
Per poco non si uccise. Il suo esame aveva saltato a pie' pari - letteralmente - i suoi piedini fatati, calzati da scarpette col tacco agghindate con orrende piume.
Fantastico, c'è qualcosa qui che non tenti di uccidermi?*
Osservò a lungo il padrone di casa, mentre lo sorpassava per accettare definitivamente il suo invito e a quel punto tutto le fu chiaro.
Poteva sempre andare peggio.


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Edited by Mistake - 1/11/2014, 18:50
 
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Un invito strano, un pezzo di pergamena al quale il caposcuola, serioso come sempre, non aveva dato il giusto significato. D'altronde preso come era dagli impegni e dalle attività quotidiane non sorprende che la faccenda fosse passata ai suoi occhi del tutto inosservata. E come avrebbe potuto essere diversamente: poche parole, un eccentrico personaggio, niente luogo e alcuna destinazione, tutti elementi che non avevano potuto suscitare altro nel giovane caposcuola se non eloquente alzata di spalle. Pubblicità, cartacce. Così era stato fino al giorno di Halloween quando l'occhio ricadde nuovamente sull'invito lasciato per tutto il tempo in disparte tra libri e fogli di pergamena sulla scrivania della sua stanza di dormitorio. Dandosi dello stolto per averlo conservato aveva mosso la mano per afferrare la cartaccia che avrebbe accartocciato e buttato nel cestino se non fosse stato per la magia di cui era stata evidentemente intrisa. Un solo tocco al biglietto ed ecco ripetersi quella sensazione di trasporto che aveva già provato prima: una passaporta, non poteva che essere una passaporta. Strappato al suo mondo aveva assecondato lo spostamento fino alla destinazione. La sua collera era stata palese.
* Ma che diavolo !? *
Naturalmente, in preda a un vestigiale riflesso aveva portato la mano alla bacchetta. Non poteva essere qualcosa di naturale. Possibile che un pericolo si celasse dietro l'invito. Lo sguardo rivolto intorno a sé aveva rivelato la sua destinazione. Palese, senza alcuna ombra di dubbio. Come non avrebbe potuto riconoscerla? Versailles, i suoi giardini regali e la reggia. Una magia, una passaporta, un uomo eccentricissimo dinanzi alla soglia. Cosa c'era dietro tutto questo? Perché? I sensi gli dicevano si trattasse di festa ma perché non scriverlo nel biglietto, perché strapparli a quelle occupazioni a quel modo. Non c'erano risposte, solo domande e gli effetti di una magia insolita per il divertimento di qualcuno. Esattamente. In effetti qualcosa altro era mutato. Il suo abbigliamento composto, la sua carissima divisa erano mutate, sostituita da un abbigliamento che dire anacronistico si sarebbe rivelato un evidentissimo eufemismo: camicia, gilet, pantaloni stretti e lunghi fino al ginocchio, calzini che coprivano le distanze fasciando l'avampiede tutto di un terribile verde speranze ma non solo. Tutti i capi di abbigliamento erano imbottiti tanto da rendere la figura snella del caposcuola più ingombrante e molto più simile a quello di una botte. I suoi capelli avevano cambiato colore non per tinta o per magia ma perché ricoperti da boccoli biondi partoriti da una parrucca che gli era stata ben alloggiata in testa. Quale reazione avrebbe potuto avere il caposcuola se non quella di sbraitare contro l'uomo in cachi?
- Non so chi diamine tu sia ma voglio che tu annulli tutti gli effetti di questa magia ridicola. Ma cosa credi che sia carnevale??? -
Gli occhi iniettati di sangue non tradivano nulla di buono ma piuttosto che accanirsi contro l'uomo a ben pensare gli era poi saltato alla mente il mezzo con il quale era giunto a destinazione. Una passaporta funziona in doppio senso no? Perché non provare a ritornare a casa nel modo più semplice? Inutilmente aveva ritrovato e stretto l'invito nella mano. Nessun spostamento, nessuna forza trainante, niente di niente. La rabbia al limite lo avrebbe portato a commettere un omicidio ma dalle parole dell'uomo aveva poi intuito. Non ci sarebbe stato alcun modo di lasciare la villa reale se non assecondando il gusto del suo proprietario. Un banchetto pareva il solo scotto da pagare. Mica così tanto? Mal volentieri si era mosso ormai rassegnato. Cosa sarebbe accaduto non poteva certo immaginarselo.

 
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view post Posted on 1/11/2014, 19:27
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La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo.

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29thOctober

La piccola prefetta corvonero era in giro per i corridoi del quarto piano. Era appena uscita dalla biblioteca e si stava affrettando per il castello. Doveva tornare in camera a lasciare i suoi libri e poi correre giù in sala grande per la cena che sarebbe stata pronta a breve. La ragazzina era completamente sovrappensiero: odiava dover salire e scendere per il castello in quel modo. Stava riflettendo su quante volte aveva percorso l'intero costruito dalla torre ai sotterranei in quell'anno scolastico e la cosa le sembrava indicibile. " Perlomeno qui non si può ingrassare " pensò considerando i chili che aveva perso da quando era ad Hogwarts. Non che ne avesse bisogno, ma tra lo studio e il movimento fisico, il suo corpo si stava sviluppando snello e sano, Anche se era passato poco tempo, Jen non si sentiva più la ragazzina che era quando aveva varcato per la prima volta la soglia del castello. Pensò che probabilmente anche la sua famiglia l'avrebbe trovata diversa, quando sarebbe tornata a casa, ma quello era un argomento troppo doloroso per il momento e non aveva alcuna voglia di pensarci.
Camminava con passo sicuro per i corridoi che ormai conosceva a memoria e questi erano stranamente deserti: trovava di rado altri coetanei o altri studenti, e la ragazzina pensò che fosse per via dell'imminente cena. Stava per arrivare alle scale, quando in quel tratto finale di corridoio vide, un ragazzo. In realtà non fu per nulla certa che fosse un ragazzo, uno studente, o qualcos'altro. Comunque questa figura attraversò velocemente il suo campo visivo come fosse di corsa. La ragazza allora si voltò cercando di seguirlo con lo sguardo, ma con sorpresa, quando si girò, l'unica cosa che vide era un piccolo bigliettino sul pavimento. Jen si guardò intorno, nel corridoio non vi era nessun'altro. Con aria incuriosita e diffidente si avvicinò al bigliettino che era a qualche passo da lei. Si chinò per raccoglierlo e notò con curiosità che non era un semplice foglietto, Era una bustina da lettere, come un messaggio o una posta. Non le ci volle molto per capire che quella busta era per lei, perciò tirò un sospiro e l'aprì.
Era un invito. Un invito per una festa di halloween, praticamente due sere dopo. La ragazza ricominciò a camminare con più calma raggiungendo le scale mentre con gli occhi scrutava il biglietto. " Nessun indirizzo, nessuna informazione " la ragazza lo guardò scettica. Non aveva alcuna intenzione di prenderlo in considerazione, qualcosa le diceva che era una fregatura, uno scherzo e comunque non voleva andarci. A breve avrebbe affrontato un esame e non voleva perder tempo con zucche incavate, ragni penzolanti e discutibili cibi dall'aspetto rivoltante. Lo infilò nel libro di incantesimi che aveva sotto il braccio e ricominciò la sua rapida salita verso la torre di divinazione.



31stOctober

In sala grande si respirava un'aria elettrizzata: quella era la notte delle streghe e della magia. Grande evento per tutta Hogwarts. Tra gli studenti euforici giravano voci sui vari intrattenimenti che avrebbero avuto luogo in quella serata. Jenifer ascoltando gli altri studenti e i suoi compagni di casata notò che in molti (ma non tutti) avevano ricevuto lo stesso bigliettino che aveva ricevuto lei un paio di giorni prima. Questi prescelti, se vogliamo, si chiedevano tutti la stessa cosa: dove e come. Erano domande spontanee se qualcuno gli mandava un invito senza specificare il luogo dell'evento e senza sapere neanche chi lo avesse organizzato. Infatti su quel cartoncino che amavano chiamare invito, vi erano solo delle lettere F.IV. In molti erano giunti alla conclusione che le ultime due si riferissero a numeri romani e che quindi stavano per "quarto", ma questo di certo non chiariva gli infiniti dubbi sulla questione. La giovane prefettina era incuriosita dalla cosa e seguiva i discorsi dei suoi concasati sull'argomento, ma quando non giunsero ad alcuna conclusione, sul volto della ragazzina si disegnò un semplice sorriso. In realtà non le importava nulla di quella festa e se i corvi non erano riusciti a trovar un senso a quel bigliettino, non immaginava come avrebbero potuto altri coetanei. Disinteressata salutò la marmaglia di gente che era in Sala Grande con il proprio dilemma, e decise di tornare in casata per andare a leggere un po'. Era la notte di Halloween certo, ma questo certamente non significava che la settimana seguente i professori non gli avrebbero richiesto i compiti assegnati; inoltre la già scrupolosa Jenifer, da quando era stata nominata prefetta, si sentiva in dovere di dover essere ancora più scrupolosa e impegnata nello studio. Così gli studenti che si trovarono a passare in quel momento tra i corridoi e le scale, poterono notare la chioma di ricci scuri della prefetta sbadata, risalire le infinite scale per tornare in sala comune.
20:21:56
La porta gli porse l'ennesimo indovinello della giornata e la ragazzina con un po' d'ingegno, riuscì dopo alcuni minuti a rientrare e ritirarsi nel dormitorio femminile. Se vi fosse qualche altra ragazza, Jenifer non la notò.
20:28:17
Prendendo il libro d'incantesimi si distese sul letto. Bacchetta alla mano era pronta per esercitarsi un po' negli incanti studiati, quindi aprì il libro. Distrattamente vide l'invito scivolare via dalle sue pagine, Jen aveva quasi dimenticato che lo avesse riposto lì. « Ah eccolo, il famigerato invito » disse tra sé con un sussurro riguardo al bigliettino che sembrava il protagonista delle chiacchiere di quella sera per tutta Hogwarts.
20:29:24
Svogliatamente si alzò dal letto e lo raccolse dal pavimento. Per quanto non fosse una ragazza completamente ordinata, odiava le cose inutili che rimanevano in giro, così si diresse verso il cestino che era nel dormitorio.
20:31:03
L'invito sarebbe stato accartocciato nel cestino del dormitorio femminile dei corvonero. Jenifer sarebbe dovuta essere nuovamente sul suo letto pronta per cominciare ad esercitarsi con gli incanti della quotidianità (così da lei rinominati, perché il prof li aveva definiti utili per tutti i giorni, cosa che effettivamente poteva essere).


Ma spesso nella vita le cose non vanno mai come sarebbe dovute andare e anche per Jen in quella sera particolare, le cose non furono come sarebbero dovute essere:
20:30:00
La ragazza stava giusto per lasciarsi scivolare l'invito dalle dita, ma proprio in quel momento, quando lo stava lasciando cadere questo l'attirò a sé, come se qualcosa l'afferrasse dalla pancia, in quelle frazioni di secondo, la sensazione più precisa che la ragazza riuscì a intuire fu un gancio nell'ombelico e poi solo un veloce vorticare. Quando tutto si fermò, Jen si sentiva scombussolata e la testa le girava un po'. Riaprì gli occhi. La sua stanza era scomparsa, si trovava all'esterno, in un sentiero che non aveva mai visto. La ragazzina rimase a bocca aperta dallo stupore. Non aveva idea di cosa fosse successo, ma di una cosa era certa: non era più ad Hogwarts. " Ma neanche lontanamente. " si disse con lo sguardo dritto davanti a sé, fisso su un punto preciso, anzi un edificio preciso: la reggia di Versailles. Da vera corvetta, la ragazza fu subito presa da un grande sconforto. Non aveva la minima intenzione di trovarsi lì in quel momento. C'era il suo libro d'incantesimi aperto sul suo letto e la sua bacchetta... la ragazza fu presa da un attimo di panico che scomparì non appena si accertò che la bacchetta di legno di Zelkova fosse ancora stretta nella sua mano. Comunque si rasserenò solo per una frazione di secondo, infatti per lei le sorprese di quella serata non erano ancora finite e la ragazza tremò all'idea che quello sarebbe stato solo l'inizio. La mano che stringeva la bacchetta, la Sua mano che stringeva la bacchetta era avvolta da un guanto nero con le dita scheletriche bianche disegnate sopra. Jen con discrezione e timore allungò il braccio in modo da poter vedere anche il resto. Il guanto mutava esattamente dopo il polso in un lungo guanto nero a strisce bianche, o bianco a strisce nere. La ragazza era abbastanza sconvolta per pensare a queste sciocchezze. Terrorizzata dalla sparizione della sua adorabile divisa di corvonero cominciò a scrutarsi. Guardando dritta a terra, riusciva a vedere solo un pallone di stoffa nera dal quale spuntavano delle orrende scarpe a punta rialzata di vernice rossa. " Quelle.. ti prego, quelle non possono essere le mie scarpe!?! " Spinse con le sue mani ossute l'ingombrante gonna di stoffa morbida nera grigiastra e si guardò i piedi. Sembravano scarpe che risalivano almeno a tre, forse quattro secoli prima. Avevano un tacchetto in legno che poteva essere di 5/6cm, ed erano assolutamente scomode. A migliorare il tutto, sulle scarpe come un diadema, vi erano due grossi ragni neri. Le calze. ridicole, richiamavano la stessa tinta a righe dei suoi guanti. Jenifer era nel panico, non aveva visto ancora nulla di tutto quello che aveva indosso e già stava andando fuori di testa. " Dio! Io non dovrei essere qui, né tanto meno conciata in questo modo! ". Continuò a guardarsi e capì di avere un lungo vestito nero grigiastro, con una gonna pomposa che si reggeva tale grazie a una struttura in ferro che sentiva scomodissima intorno al suo bacino. Era larga e dal ginocchio in giù continuava contra balze: le prime due in merletto bianco la terza in velo così che i suoi ridicoli piedi fossero in bella mostra. Il corpetto, come le scarpe, sembrava di un'altra epoca, ma c'era qualcosa d'inquietante anche in questo. Era nero ma come per le sue mani, per tutta la grandezza del corpetto, sullo sfondo nero erano presenti tutte le osse che componevano la sua gabbia toracica e spina dorsale. A Jen sembrò di essere passata sotto una macchina a raggi X, come fosse su una lastra di ospedale. L'unica cosa che alla ragazza avrebbe minimamente considerato accettabile era il copri-vestito in velluto, dello stesso rosso acceso delle sue scarpe aderiva perfettamente all'abito. Le avvolgeva le spalle in una massa indefinita di sbalzi e merletti che si ripetevano in tutti gli orli del capo. Jen decise di abbottonarlo per nascondere nel miglior modo l'orrendo corpetto che le aderiva e la faceva sentire.. uno scheletro; e l'unico modo possibile era con un unica spilla a forma di ragno al centro del suo petto. In quel momento, muovendo la testa, la ragazza si accorse di un'altra cosa: i suoi lunghi ricci neri non le accarezzavano le sue spalle scoperte. Una nuova ondata di terrore travolse la ragazza e si porse subito le mani in testa per trovare prima uno strano velo e poi i suoi capelli stirati e raccolti verso l'alto in un enorme palla nera e setosa, per poi ricadere in un unico piccolo boccolo sulla sua nuca. Non aveva la minima idea di come questi si reggessero a forma d'uovo sulla sua testa. Jen si sentì mancare l'aria, odiava i suoi capelli in qualsiasi modo che non fosse il suo solito modo sciolto e ribelle. Quasi con nostalgia attorcigliò intorno al dito l'unica ciocca riccia superstite che le cadeva sulla fronte davanti al suo orecchio destro. In quel momento si accorse anche degli orecchini pendenti. Non riusciva a vederli ma al tatto avrebbe detto che avessero forme diverse e uno dei due le sembrava una luna.

" Non posso rimanere in questo posto " pensò d'istinto. Smise di concentrarsi sul suo aspetto ridicolo e si guardò intorno. In quello stesso momento, (chi pochi istanti prima, chi pochi istanti dopo), sullo stesso viale, stavano comparendo dal nulla altri maghi e streghe, anch'essi con abiti strambi e discutibili. Guardandoli Jen capì che tutta quella faccenda era stata scrupolosamente organizzata da chi l'aveva invitata alla festa. Ma questo non cambiava le cose, la ragazza era alquanto irritata da ...praticamente tutto. Non voleva trovarsi lì in quel momento, non voleva andare a quella stupida festa, non voleva indossare quell'abito ridicolo e fastidioso e cosa più importante fra tutte, non sapeva come tornare a casa.
La ragazza tirò un lungo respiro, non aveva scelta, doveva andare a quella maledetta festa se voleva sperare di trovare un modo per poi tornare indietro; anche perché l'alternativa di rimanere eternamente in quella strada non l'entusiasmava più di tanto. Così ignorò l'ingombrante vestito pomposo e le scarpe scomode e si avviò con passo deciso lungo il viale, verso la Reggia.
Lungo la strada, trovò in altri innumerevoli invitati, di cui alcuni erano già stati intravisti ad Hogwarts dalla ragazza. Ma proseguendo ancora lungo la via, come un allegra compagnia vestita come matti, s'imbatterono in un uomo altrettanto strano che gli diede il benvenuto. Un uomo con parrucca, completamente vestito in arancione e con una zucca in testa si presentò come Fuco IV e l'invitò ad entrare nella sua "dimora" che altro non era che l'imponente Reggia di Versailles. Jenifer scrutò l'uomo. Era stato lui a combinar tutto quel pastrocchio e sicuramente la ragazza gli avrebbe voluto riservare una sfilza innumerevole d'indicibili insulti se non fosse che notò com'era anch'egli conciato e giunse all'amara conclusione che fosse uno svitato. Con noncuranza e poca allegria, passò oltre per la sua via.



VVczZm8
 
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Seduta sul bordo del letto, facendo scrocchiare tutte le giunture possibili - a dispetto di stuoli di medici che elencavano fior fiore di controindicazioni per suddetta pratica - Elhena fissava il pavimento. Quello, oppure il muro dritto di fronte a lei. E a tratti osservava, con malcelato sospetto, seppur velato del piacere di ricevere un dono inaspettato ancorché gradito, il misterioso invito ricevuto pochi giorni prima. Di mittente ignoto - diciamo pure che erano più le informazioni celate di quelle offerte - parlava di una festa di Halloween. La Tassa si alzò, percorse il dormitorio per tutta la lunghezza a passo di marcia, quel passo che aveva acquistato dopo giorni, settimane, ormai mesi trascorsi a pattugliare i corridoi di Hogwarts in lungo e in largo sino a che i piedi imparavano la strada automaticamente, e sollevo le braccia sopra la testa. Nemmeno il morbido pelo di Penny, la Puffola pigmea rosa shoking che ora si strusciava teneramente contro il suo polpaccio, riusciva a distrarla dal pensiero fisso che martellava il cervello. L'invito.
L'intelligenza ... Anzi, il buon senso le suggeriva di buttare suddetto biglietto nel fuoco del camino, seduta stante, bruciarlo, ridurlo in cenere, perché non prometteva niente di buono. E, negli ultimi tempi, di avventure impreviste la Tassina ne aveva avute abbastanza.
D'altro canto, non aveva mai partecipato ad una festa di Halloween, salvo un caso a quattro anni quando era andata di casa in casa travestita da Frullobulbo gigante a chiedere "dolcetto o scherzetto", perciò la possibilità di tale opportunità le provocava un brivido di eccitazione lungo la schiena. Sarebbe potuta essere l'occasione di incontrare altre persone, studenti della sua età, cosa di cui Elhena aveva assolutamente bisogno. All'alba dei diciassette anni, il suo circolo di conoscenze era ancora molto risicato, a causa della timidezza che, seppur limata nel tempo, mai l'avrebbe abbandonata del tutto, degli impegni di Prefetto, dalla sua incapacità di intrattenere relazioni di amicizia durature.
Con un profondo sospiro si asciugò le mani madide di sudore sulla camicia, perché tanto era già sporca e si chinò ad afferrare il biglietto, prendendolo per uno degli angoli, così da studiarlo meglio. Casomai le fosse sfuggito qualche particolare, un dettaglio, una sfumatura utile a risolvere l’enigma.
Rimpianse il suo gesto. Non appena le due dita ebbero sfiorato il piccolo cartoncino nero e arancione, la Tassa avvertì un fastidiosissimo strappo all’altezza dell’ombelico, prima che un risucchio magico la trascinasse ovunque la passaporta (perché in fondo questo era l’invito) fosse stata programmata per portarla, volente o nolente.
L’ago della bilancia pendeva più sul nolente. Dopotutto, la ragazza era scesa a patti con se stessa per partecipare a una festa cui si sarebbe recata con le proprie gambe, senza alcuna inferenza con il suo prezioso libero arbitrio.
Quella passaporta non rientrava nei piani – anche se, andiamo, nel mondo della magia gli imprevisti e le stranezze attendevano dietro ogni angolo. Ormai avrebbe dovuto apprendere – e le suonava molto come un’indebita ingerenza.
Nella migliore tradizione dei viaggi tramite passaporta, l’atterraggio fu scomodo, violento e doloroso. La giovane, infatti, spuntò dal nulla con il corpo teso in avanti, in una posizione simile a quella di un nuotatore ai blocchi di partenza. Con l’unica differenza che le sue braccia non erano elegantemente e aerodinamicamente protese, ma mulinavano nel panico, mentre Elhena, già goffa di suo, cercava in ogni modo di non sbattere il mento contro il terreno. Con un colpo di reni, riuscì a salvare la testa a scapito delle natiche. Mugugnò a denti stretti, inspirando l’aria che la botta le aveva per un attimo sottratto e, massaggiandosi la parte lesa, si alzò.
Mentre si guardava attorno, accaddero due cose.
Notò, nell’ordine, di trovarsi di fronte alla celebre reggia francese di Versailles, luogo che le sarebbe piaciuto visitare (chissà, forse aveva sbagliato a giudicare l’esperienza prima che questa cominciasse davvero); di non essere sola e, particolare in grado di tranquillizzarla assai, di scorgere molte facce familiari. Le sue compagne di casata, Zoey, la ragazza dai capelli chiari che aveva già incontrato da Fortebraccio. Abbastanza da non sentirsi del tutto sperduta.
Fu allora che i suoi semplici abiti furono sostituiti da un vestito che poteva essere definito con ogni aggettivo, tranne “semplice”. Sfarzoso, esagerato, kitsh. Soprattutto l’ultima. Tutto quanto la Tassina aborriva, perché lei era una persona timida e, in quanto tale, amava nascondersi, attività che mal si accordava con colori accesi accostati in maniera quasi dolorosa, pizzi, lacci, fiocchi e fiocchetti e forme ridicolmente voluminose.
Alle elementari aveva studiato il Seicento francese e le sue pomposissime vesti, per cui non ebbe dubbi: ne stava indossando una.
Una gonna lunga fino ai piedi, che contribuiva a toglierle qualche centimetro buono di altezza, presentava ruches sul davanti, in un impeto di volute buone solo a farla somigliare a una meringa. Sul sedere l’indumento subiva un rigonfiamento esagerato, complice un apposito cuscinetto, per poi scendere in una coda sostenuta da una gabbia in stecche di balena. Il tutto di un orrendo colore arancione zucca marcia.
La vita era fasciata da un corsetto, allacciato sulla schiena da una serie di lacci di seta porpora incrociati. Ciascun incrocio era sottolineato da un fiocchetto verde acido, decorato da una minuscolo pipistrello. Le maniche si aprivano a sbuffo all’altezza delle spalle, due morbide nuvole di zucchero filato (davvero, erano in broccato, color rosa pallido) per poi scendere strette fino alle mani.
La profonda scollatura, per quanto non avesse molto da mostrare, la mise ancora più in imbarazzo, specialmente se il profilo dello scollo era intarsiato. Non di pietre o perle, ma di occhi in vetro. Occhi realistici al limite dell’inquietudine. Occhi che il pazzoide responsabile di tutta la faccenda aveva pensato di infilare un po’ dappertutto nel vestito.
Sospirando, la ragazza sollevò la gonna di qualche centimetro per non inciampare nella sua mole e mosse qualche passo verso Leah e Niahndra.

 
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view post Posted on 1/11/2014, 20:09
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all that is gold does not glitter, not all those who wander are lost

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Tassorosso
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Decumano Sud, La Contea 🍁

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Era una settimana che il mondo magico stava in fibrillazione, e l’entusiasta Eloise Lynch non era da meno. Da quando era arrivato quel misterioso invito, non era passato giorno senza chiedersi dove, perché e come. Chi stava architettando strani piani alle spalle dei maghi di tutto il mondo? Chi avrebbe preso parte all’evento?
Dal canto suo, Eloise non disdegnava l’idea di non sapere che cosa l’aspettava: presa dal tran-tran delle lezioni e dal carico dei compiti, la sua settimana volò rapida, e l’eccitazione si faceva palpabile. Tutta Hogwarts pareva mettere tutte le energie che aveva a sua disposizione per permeare l’ambiente di atmosfera halloweenosa.
Erano ormai quasi scoccate le otto e mezza del fatidico giorno, e la giovane Tassorosso si stava rigirando l’invito tra le mani. Come sarebbe stato possibile arrivare in quel luogo? Avrebbe dovuto vestirsi in qualche modo adeguato?
Non appena iniziò a sentire il tipico risucchio che l’afferrava in un punto imprecisato all’altezza del suo ombelico, si diede della stupida: come non supporre che il suo biglietto fosse una Passaporta? Era un’idea così banale e semplice. In quell’istante infinitesimo in cui veniva trasportata verso quella meta, una parte di sé tirò un sospiro di sollievo, ringraziando per aver stretto il biglietto all’ora esatta, mentre una seconda parte iniziò a temere quello che l’avrebbe attesa.
In meno di un momento, venne scaraventata in modo poco grazioso in un luogo indefinito nell’oscurità. Unico elemento ad ammortizzare la sua caduta fu l’immenso retro di un vestito che, evidentemente, le aveva appioppato qualche sadico incanto. Si rialzò, oscillando pericolosamente nella sua instabilità. Inizialmente fu grata di aver avuto un ammortizzatore integrato, ma poi si rese conto di che cosa significava.
Si era ritrovata con un vestito d’età vittoriana di color rosa salmone, in tinta perfetta con i suoi capelli, decorato di sfarzosi pizzi neri. Le sue mani, coperte di guanti lunghi fin sopra al gomito, si trovavano gremite di anelli gotici e piuttosto inquietanti. Disperata, tentò di sbattersi una mano alla testa, ma prima di incontrare i suoi capelli rimase incastrata in un’orripilante retina. Si tastò il capo e si rese conto di avere un cilindretto montato in cima a un’acconciatura pomposa, cotonata e incredibilmente stabile. Era terrorizzata. Iniziò a indagare altre spiacevoli soprese del suo abbigliamento, e tra queste trovò: una parure di orecchini e collana fatta di croci semi-gotiche, un paio di ciglia rigorosamente finte, un neo posto sopra il suo labbro e un paio di inquietantissime zeppe nere e lucide. A completare il tutto, un corpetto strettissimo, con il quale era quasi impossibile respirare, e una struttura rigida sul sedere ad almeno 10 centimetri dalla sua vera pelle.
Si sentiva il nuovo membro delle Sorelle Stravagarie.

«Dannazione, neanche nonna Cindy si sarebbe mai vestita così!»
Alzò lo sguardo da quello scempio che aveva addosso ed iniziò a dirigersi con passo instabile verso il luogo che ormai temeva più del suo stesso abbigliamento. Guardandosi intorno, notò un capannello di Tassine e si affiancò a loro facendo un cenno di saluto.
 
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view post Posted on 1/11/2014, 20:33
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- Deus ex Mazza -

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Corvonero
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Le grandi feste in maschera di Bath erano ormai un ricordo lontano. Diversi anni erano passati dall'ultima volta in cui si era recato ad un evento mondano con la sua famiglia adottiva, a quel tempo la sua mente innocente ed ingenua era ancora ignara di cosa sarebbe stato del suo futuro, un avvenire sì ricco di morte e dolore, ma pieno di magia. Con malinconia, disteso a pancia in giù sul letto nel suo dormitorio, il Caposcuola aveva rivoltato tra le dita l'invito da poco recapitatogli, la cortese richiesta di prendere parte ad un evento apparentemente esclusivo. Pochi minuti e sarebbe sceso con gli altri studenti in sala grande, a mangiare con forza il cibo di Halloween che poco gli piaceva, già cercando una preziosa e golosa ricompensa per l'elfo che sarebbe riuscito a portargli qualcosa di meno dolce o che comunque non fossero patate dolci o zucca. Tuttavia, vi era qualcosa che Patrick aveva sottovalutato o semplicemente ignorato, ovvero il significato letterale delle parole scritte in quel biglietto: quando l'ora ivi scritta combaciò su quella dell'orologio a pendolo della stanza, Patrick si ritrovò disteso su un viottolo di sassolini, davanti a lui una reggia dalle dimensioni colossali, alle sue spalle, chilometri di giardini decorati da statue, piante e fontane che subito riconobbe come quelli di Versailles.



Il Corvonero si perse per un istante ad ammirare quel panorama, le luci, l'acqua, la natura, l'ingegno umano ivi si univano per dar vita a qualcosa di magnifico. Cosa ci faceva in quel luogo? Dunque il biglietto non era che una passaporta! Si trovava quindi alla festa alla fine, o almeno così egli credeva, nonostante avesse deciso di non andarvi. Soprattutto si trovava ad una festa in maschera senza maschera. Provò ad alzarsi, giusto perchè si accorse di non essere solo all'ingresso, ma circondato da altre persone vestite in maniera altrettanto buffa e, solo in quel momento, si rese conto di essersi sbagliato. Rimessosi a fatica in piedi, si rese conto di non indossar più la sua uniforme.
Senza_titolo_1
Abbassando lo sguardo ciò che per prima cosa lo fece sussultare furono le sua adorabili scarpette, dei mocassini a mezzo tacco, decorati da una graziosissima fibbia di metallo pesante, così duri da far concorrenza al Pestacallum. Le sue gambe muscolose erano avvolte da una calzamaglia candida che le rendevano simili a due salsiccie e che conducevano gli occhi ad una sottospecie di casacca dello stesso colore ma decorata da ricami floreali e arcobaleno che terminava, aprendosi ad altezza vergogne in un tripudio di frange dorate che nemmeno un danzatore professionista di balli caraibici aveva mai visto. Lo spettacolo rococò proseguiva poi sul collo, con un fiocco carbone a dir poco ingombrante e lungo le braccia fino ai polsi, addobbati come un albero di natale da dei polsini di merletto. Un cappotto prugna, copriva per fortuna maggior parte dell'orrore, ma nulla poteva contro la parrucca grigia e boccolosa tipica dell'epoca seicentesca e il rossetto scarlatto sulle labbra del Caposcuola. Visibilmente in imbarazzo, il Caposcuola scorse quindi il padrone di casa in un abito color cachi sicuramente peggiore del suo e da questo gratificato si apprestò a fare il suo ingresso nella reggia, sperando così di non essere riconosciuto da anima alcuna.


 
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Richard Count
view post Posted on 1/11/2014, 22:38




Richard era in giro per il castello, pronto per scendere in sala grande per la cena della sera di Halloween,Quando un qualcosa gli balenò in mente e gli ricordò del biglietto d'invito ad una festa anonima per Halloween, in cui era scritto solo l'orario ma nessun'altra informazione , così decise di prenderlo dalla tasca per studiarlo meglio e in men che non si dica si ritrovò davanti ad un viale che conduceva ad una enorme reggia , che subito riconobbe .
In poco tempo vide arrivare altri maghi vestiti con vestiti così sfarzosi e colorati da essere ridicoli ed in cuor suo era contento di essere con la divisa di Hogwarts, ma non appena abbassò lo sguardo per compiacersi dei suoi abiti normali notò di non indossare più i vestiti di tutti i giorni, invece, al loro posto portava delle scarpe legate con in fiocchetto blu e colorate di viola brillante , i suoi pantaloni gli arrivavano al giorno occhio ed erano pieni di risvolti, fatti con una stoffa di uno sgargiante color verde pisello , mentre il resto delle gambe era coperto da una calzamaglia arancione.Purtroppo anche la parte di sopra non era meglio, tutta piena di pizzi e di forma tutta arzigogolata e sempre con accostamenti cromatici di dubbio gusto, e per finire un copricapo enorme che per rimanere in tema Halloween ricordava la parte superiore di una zucca.
Non appena finì di studiare il suo nuovo abbigliamento fece un profondo respiro e si incammina verso la Reggia, con i suoi abiti settecenteschi ed andò a prendere parte ai festeggiamenti
 
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Aaron Haderus Fenrir
view post Posted on 1/11/2014, 23:11




Ormai era tutto pronto, i corridoi e le sale di Hogwarts erano decorate con fantasie che riportavano ad una delle feste che Aaron preferiva più di tutte: Halloween. Certo, nessuna solennità batteva Natale, ma La Festa dei Morti, aveva quel ché, quel tocco spettrale e misterioso che la rendeva unica e inebriante. Quello stravagante biglietto di invito, in effetti, non faceva che aumentare quella sensazione. La giornata era passata liscia, fra lezioni e chiacchiere con gli amici; una giornata monotona, come tutte le altre. Da una settimana, però, i ragazzi non facevano che parlare della festa di Halloween, proprio quella di cui narra il biglietto che Aaron ricevette pochi giorni prima. Giravano strane storielle a riguardo, una, ad esempio, millantava l' ipotesi che, toccando il biglietto, all' ora prestabilita, i malcapitati sarebbero scomparsi nel nulla, senza fare più ritorno. Di certo una congettura che solo un idiota può fare. Le solite storie che incuriosiscono gli stupidi. Aaron, tuttavia, era particolarmente interessato a questo evento e chiaramente non se lo sarebbe perso.Trascorreva la serata in compagnia della sua Civetta, Hageln, in attesa dell' ora “X”, mentre la pancia si esibiva in concerti, brontolando, ricordando al ragazzo che la cena non doveva tardare. Le bianche e morbide piume danzavano tra le dita di Aaron, quando si accorse che mancavanopochi minuti all' inizio dell' evento. Lo estrasse dalla tasca destra dei pantaloni, e lo rilesse un' altra volta. Accadde tutto in un istante, Aaron sentì improvvisamente il vento accarezzargli i capelli; lentamente levò lo sguardo, e quello che vide gli mozzò il fiato. Riconobbe subito quel magnifico spettacolo: La Reggia di Versailles. Così imponente, il ragazzo si sentì una formica, piccola piccola,in confronto. Si incamminò verso il portone d' ingresso, passando accanto alla meravigliosa fontana, decorata da statue, tra cui rane e tartarughe. Le piante so ergevano lungo il viale che conduceva all' ingresso del palazzo reale. Solo in quel momento, notò il tremendo abito che indossava: Una camicia rossa con tanti piccoli teschi neri con occhi bianchi, e sopra, un gilet nero decorato con bottoni argentati a forma di teschio, e un bavaglio bianco al collo con al centro una spilla arancione a forma di zucca, infilato dentro il gilet. I pantaloni, anch' essi neri, con tanto di Femore, Tibia e Perone disegnati sopra, di colore bianco. Nella mano sinistra stringeva un bastone, con un teschio posto all' estremità. Avvicinandosi all' entrata, poteva ormai distinguere un uomo dall' aria assai bislacca. Sembrava che con un occhio guardasse il cespuglio alla destra di Aaron, e con l' altro osservasse il ragazzo. Così, porse l' invito allo strano individuo e proseguì all' interno della Reggia.
 
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view post Posted on 1/11/2014, 23:33
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Serpeverde
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"Tutto nel mondo é burla.
L’uom é nato burlone,"


Quella sera il Serpeverde era particolarmente di buon umore. Fischiettava e accennava qualche parola di un celebre passaggio, senza sapere che quel tema sarebbe stato ricorrente quella notte, ma non come avrebbe desiderato lui.
Nel mentre si preparava per la serata, così come probabilmente molti suoi colleghi stavano facendo in quel momento, in attesa della grande cena in Sala Grande e festeggiamenti a seguito.
Vagnard dal canto suo non avrebbe presenziato; Halloween non era festa per lui, e proprio a dirla tutta non c'era bisogno di una ricorrenza particolare per poter spaventare le persone e rubare dolciumi.
Quel giorno però aveva deciso di far coincidere le due cose dando vita ad una festa del tutto personale e dopo il termine delle lezioni si rinchiuse in camera per prepararsi a quella che si prospettava una grande serata.


"Tutto nel mondo é burla.
L’uom é nato burlone,
La fede in cor gli ciurla,
Gli ciurla la ragione."


Proseguì, storpiando il testo italiano con un marcato accento tedesco.
Sarebbe stata una nottata divertente, ne era certo. Chi quella sera avrebbe cercato di burlarsi di altri studenti, sarebbe stato burlato a sua volta.
A suon di bastonate.
Prese quindi il bastone da passeggio (elemento imprescindibile di quella serata) e vi inserì all'interno la bacchetta, come di consueto. Si diresse verso lo specchio e, continuando a canticchiare, sistemò il trucco


"Tutti gabbati! Irride
L’un l’altro ogni mortal.
Ma ride ben chi ride
La risata final."


Rimase qualche secondo zitto, in silenzio, osservando la sua figura.


alex

Un sadico ghigno apparve sul suo volto.
Era pronto.

Diede un ultima occhiata all'orologio prima di partire.
20:29.
Era ora.

Un colpo di bastone per terra e di scatto si girò, pronto per dirigersi verso l'uscita. Appena arrivato alla porta però, qualcosa attirò la sua attenzione.
Un foglio di pergamena svolazzava per la stanza, fino a cadere ai suoi piedi.
Lo raccolse con il bastone da passeggio e lo osservò per qualche secondo, quasi come se stesse per intuire quello che stava per accadere.
Non è vero, non aveva intuito niente. Voleva solo buttarlo via, da buon tedesco maniaco della pulizia e dell'ordine.
Lo prese in mano per accertarsi che non fosse qualcosa d'importante, e non appena girato si ricordò di cosa si trattava.
Di nuovo quello strambo invito. Perchè non lo aveva ancora buttato? Il tizio non aveva neanche avuto il coraggio di presentarsi, nè tanto meno scritto il luogo della cerimonia. Aggiungendo a ciò che Halloween non era la sua serata preferita aveva deciso di declinare l'invito, progettando altro per quella serata. Non voleva correre il rischio di trovarsi ad una delle solite feste per ragazzini.
Ma proprio mentre stava per lasciar cadere il foglio di pergamena nel cestino, si sentì risucchiato dallo stesso, sentendo nuovamente l'odiata sensazione, le budella attorcigliarsi un forte senso di nausea, poi piú nulla.
No, non si sarebbe mai abituato alle passaporte.
Quella fortuna peró, non svení, cosa che succedeva quasi sempre in quelle occasioni.
In compenso ci vollero diversi secondi prima che la vista si riassestasse, e altri ce ne vollero prima di realizzare dove si trovasse.
No, non era piú ad Hogwarts, e l'aria che respirava suggeriva che non si trovava piú neanche in Inghilterra.
Solo una volta alzatosi, con l'aiuto del bastone, capí dov'era.


*Versailles*

No, non doveva essere una festa per ragazzini, e le cose non erano comunque piú chiare.
Il mistero si infittiva.
Chi mai aveva organizzato una cena a Versailles?


"Tutto nel mondo é burla.
L’uom é nato burlone,"


Quel motivo continuava a girargli per la testa. Cosa c'entrava in quel momento?

*assolutamente niente*

O forse sí?
Che diavolo era il "vestito" che indossava?

vestito

No, non era quello con cui era uscito, ne era certo. Aveva gusti migliori, al contrario del padrone di casa. A quanto pare voleva giocare con le sue regole.
Ghignó.
Se voleva la guerra, guerra avrebbe avuto.
Senza curarsi degli altri ospiti, si diresse verso l'entrata, dove in breve avrebbe fatto comparsa il primo strano individuo di serata, che si presentó con un lugubre benvenuto.
No, non poteva essere lui il padrone di casa. Probabilmente il quoziente intellettivo di quell'individuo non superava quello di una scimmia.
Sospiró e fece il suo ingresso in Reggia.
Se da una parte non vedeva l'ora che tutto finisse presto solo per togliersi quel ridicolo vestito, dall'altra la situaZione diventava sempre piú intrigante.

 
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view post Posted on 1/11/2014, 23:37
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Il Fato

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APRIMI


Ebbene, gli ospiti eran numerosi. Il che faceva gonfiare l'ego smisurato del Luminoso come un tacchino
strizzato alle estremità per esser imbottito di strutto e rosmarino!
Il sorriso splendido splendente (pa-ra-ppa-pa-pa-pa) si espandeva su quel viso unticcio come fosse voragine terrestre!
Santi Numi! Che bocca graaaande che aveva!
Tuttavia, cotanto orgoglio e siffatta soddisfazione, trovarono un piccolissimo, minuscolo, insignificante (booom!)
momento di arresto nel momento in cui una strega bizzarra (e non elegante e alla moda come lui...)
lo schiaffeggiò pubblicamente, aggredendolo con veemenza.
L'occhio mobile di Fuco IV ebbe un arresto cardiaco (?!). L'occhio che TUTTO vedeva rimase immobile preoccupantemente e
la bocca si spalancò come fosse una galleria ferroviaria lugubre e oscura.
Ti veeeeeeeedoooooo....
Una forza ed un volere superiori non avrebbero MAI più permesso che alcuno oltraggiasse la candida e linda (ahah) immagine
di Fuco IV.
Ei, ricomposta la sua perfetta figura, magnanimo e generoso, non si pronunciò oltre. Lasciò entrare la strega ferina
borbottando qualcosina:
Entra, entra, signora strana...vedrai che ti cadrà addosso una damigiana...Prima o poi...
Un sorrisetto malefico, poi...E LUCE FU!
Ella credeva di non esser stata vista, ma l'occhio che tutto vede, vedeva...(caro Ministro...TI VEEEDO!)
Febbricitante e frettoloso, Fuco invitava ora i ritardatari ad entrare. Le porte del palazzo andavan chiuse, serrate,
blindate. Era ora di dare inizio allo show...
Una sala maestosa attendeva i graditi ospiti. Lampadari di cristallo illuminavano a giorno un'immensa area affrescata.
Oro e cristalli ornavano ogni angolo e nel mezzo...Un'immensa tavola rotonda imbandita, ricolma di ogni delizia...Originale...
Sedete suvvia! Diamo inizio alla cena! I posti sono liberi! Troverete il menù e potrete deliziare il vostro palato
di ogni delizia! Ma prima...UN BRINDISI A QUESTA SERATA!

APRIMI

Piccoli ominidi rosa si aggiravano ora rapidamente tra gli ospiti per porgere il cocktail di apertura (leggere
attentamente il foglio illustrativo: può avere effetti collaterali anche gravi! Muah!)
CIN CIN!
Non restava che brindare, sedersi alla tavola imbandita e dare inizio alla...Cena!

occhi


Molto bene. Nel prossimo post vi chiedo cortesemente di scrivere vicino a chi siederete, se possibile, e cosa intendete mangiare.
Avete tempo sino a domani sera.
Vi comunico, dato che siete numerosi (ed io ne sono felicissimo) che, qualora non riusciate a postare, non accade nulla di grave! XD
Potrete postare nei turni successivi comunque. Tuttavia il premio finale sarà proporzionale alla frequenza.
 
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view post Posted on 2/11/2014, 00:18
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« At first cock-crow the ghosts must go
Back to their quiet graves below..»

Qualcosa le sfuggiva. Qualcosa che non aveva compreso a dovere e a cui pensava insistentemente.
Quando Emily Rose aveva ricevuto l’invito per una festa privata da parte di un mittente del tutto ignoto, si era detta che, almeno per quella volta, non era costretta a partecipare: non si trattava, come al solito, di un evento organizzato dalla Scuola e volendo, avrebbe anche potuto evitare, restando nel Castello insieme agli sfigati a coloro i quali era stato negato il medesimo invito dall’anonimo F. IV.
Ma qualcosa aveva fatto in modo che, nonostante gli ultimi eventi, Emily cambiasse idea e decidesse di seviziare sé stessa partecipando a quella dannata festa di Halloween che non sembrava affatto promettere bene: *Vi piacerà… Da morire*, recitava il biglietto e la Caposcuola era alquanto sicura che tutti, persino i più idioti degli invitati, avrebbero visto in quelle poche parole una minaccia più che un invito a del “sano” divertimento.
Si era ritrovata, quindi, nel giro di poche ore, dal maledire il signor F. IV (chiunque esso fosse) e la propria curiosità (che la incitava, inutile a dirlo, a scoprire chi e perché aveva deciso di metter su quell’Evento), a darsi della stupida per non aver rifiutato un secondo invito, quello del presunto collega che le avrebbe fatto da cavaliere (o per meglio dire, supporto) durante quella, a dirsi spiacevole, Festa.
Non aveva potuto rifiutare, nonostante le parole del giovane non l’avessero convinta a dovere circa la motivazione riguardante il “perché vorrei mi facessi compagnia durante l’Evento”, e aveva deciso di convincer sé stessa che si trattasse solo e soltanto di pura cortesia, una sorta di comportamento che, volente o nolente, doveva adottare nei confronti di un suo pari.
Se ci fosse dell’altro, se le facesse piacere o meno esser in compagnia del ragazzo, erano quesiti irrisolti che Emily aveva deciso di rinchiudere in quella piccola, temporale cornice mistica risalente all’ultimo Evento Scolastico: da allora, aveva deciso di non pensarci e, a dire il vero, le era riuscito piuttosto bene. Allora perché l’idea di trovarsi al suo fianco da un momento all’altro riusciva ad infrangere la sua palpabile difesa di acida indifferenza?
*È solo nervosismo: hai deciso di partecipare ad una Festa dal luogo ignoto. L’organizzatore è ignoto. E , nonostante questo tutto ciò a cui sei andata incontro negli ultimi tempi, ti tocca anche chiederti per quale assurdo motivo “lui” ti abbia invitata, come se non bastasse un solo minaccioso invito a farti realizzare che ultimamente non te ne va una buona*
Eppure Emily era giunta ad una conclusione: se voleva sapere la ragione di una tale proposta, non poteva far altro che presentarsi al fianco del suo cavaliere.
*Cara Rose, avresti potuto semplicemente declinare come hai già fatto. È evidente che, in qualche modo, non ti dispiaccia tanto che lui abbia deciso di invitarti*
Ecco lo stava rifacendo, stava cercando risposte che in realtà non voleva trovare mentre stringeva il bustino così tanto da sperare che, in qualche modo, il sangue smettesse di fluirle nel cervello, spegnendo il suo flusso di pensieri.
C’era qualcosa di strano, qualcosa che non capiva e che tuttavia, aveva deciso di accantonare nell’angolo delle cose per cui non valeva la pena arrovellarsi il cervello: ormai aveva accettato e non si sarebbe tirata indietro.

Un ultimo sguardo allo specchio decorato di smeraldi e, soddisfatta della propria immagine riflessa, Emily prese tra le mani il famoso-odioso biglietto, dirigendosi verso gli esterni del castello, presso le scalinate, lì dove avrebbe avuto luogo il primo incontro della serata. Il dove-quando-come avrebbe avuto inizio la festa, restava un quesito privo di risposta. Erano le 20.25 quando Emily uscì finalmente dai sotterranei; l’invito, stretto delicatamente tra le esili dita della mano destra sembrava fremere mentre l’orologio s’apprestava a segnare l’ora “X”. Stringendo un lembo del vestito nella sinistra, la Caposcuola Serpeverde fece capolino oltre il possente portone di Pietra, avvertendo lentamente il freddo invaderle le esili membra.
20.29
Lui era di spalle, le sarebbe bastato scendere qualche scalino per raggiungerlo prima che si voltasse.
Uno, due, tre… I suoi passi risuonarono appena nel silenzio della notte ma per qualche motivo la fanciulla immaginò ch’Egli potesse udirla.
20.30
Stava per voltarsi? Quell’impercettibile movimento del busto perfetto (come aveva potuto notare durante lo scorso Ballo) stava forse per avvisarla che, presto, avrebbe incontrato quegli occhi dal colore particolarmente sovrannaturale?
Emily non lo seppe mai od almeno non in quel momento; qualcosa di sgradevole, reso meno tale in quanto aveva spento quel piccolo fremito d’ansia provato dalla Serpina, le impedì di respirare normalmente portandola a provare la medesima sensazione che aveva provato soltanto pochi mesi prima.
Questa volta non fu la soffice spiaggia di sabbia bianca e lucente ai raggi solari ad accoglierla ma il ruvido viale di sassolini dinanzi alla sontuosa Reggia di Versailles. In leggero stato confusionale Emily non si rese nemmeno conto del lieve prurito causato dall’ironico (tale soltanto per il Luminoso Fuco Lindo) cambiamento d’abiti. Davanti a lei, in tutto il suo maestoso splendore, s’ergevano i cancelli dorati dell’antica residenza reale dei Borbone di Francia.
*Beh, un ottimo inizio*
Pensò, ragionando sul fatto che non aveva fatto poi tanto male ad accettare, alla fine.
Inutile dire che quel piccolo momento di apparente calma venne troncato in pochi istanti: prima ancora di voltarsi per constatare se la magia aveva reso inalterata la distanza che la separava dal suo cavaliere, qualcosa la spinse ad abbassare le iridi chiare sul proprio vestito, o per meglio dire su ciò che ne aveva preso il posto.

Ma che diam--- No!

In cuor suo pregò che nessuno avesse udito la sua imprecazione ma soltanto perché, in tal modo, nessuno avrebbe notato l’ampio strato di urticante paglia color arancio che si apriva dalla vita in giù al posto dell’originale satin verde smeraldo. Un bustino fatto di quel sembrava un comune sacco di patate rattoppato aveva preso il posto dello chiffon nero che le ornava la schiena.
Sssss. Ssss.
Portandosi la mano al petto come colta da un leggero spavento, la Caposcuola non poté fare a meno di notare, con la coda dell’occhio, qualcosa scivolarle lungo la guancia sinistra. Qualcosa di viscido. Qualcosa di… Vivo.
Fu in quel momento che immaginò i suoi lunghi e rossi capelli raccolti sulla spalla, intrecciati ad un serpente che aveva deciso potessero essere una comoda dimora. Un’immagine che solo in parte corrispondeva alla realtà: i serpenti erano almeno cinque, di varie dimensione e colore, dal viola all’arancio (cosa che doveva esser sfuggita al padrone di casa a quanto pare, visto che in qualche modo richiamava il colore del vestito).
Ma al peggio sembrò non esservi fine e probabilmente l’arrivo, con le sue modalità, rappresentava soltanto un assaggio di ciò che si nascondeva all’interno della “château de Versailles”.

Non era questo l’abito che avevo scelto.
Asserì rivolta al suo, almeno per quella sera, compagno prima ancora di poter udire una qualche parola di scherno od una qualche imprecazione sotto forma di domanda.
Se prima aveva pensato che, qualora ci fosse stato un concorso per il Re del Ballo, lui avrebbe sicuramente vinto anche quella sera, Emily dovette trattenersi dal sorridere appena, APPENA, divertita. Fortunatamente ci riuscì ma ritenne comunque opportuno volgere lo sguardo altrove e fu in quel momento che notò uno strano “essere” attendere tutti i malcapitati all’entrata della splendente Dimora. Una rapida occhiata a quest’ultimo e la Caposcuola capì chi potesse esser stato l’artefice di quella poco carina trasformazione.

Immagino non abbia voluto sentirsi da solo nel suo apparire tanto ridicolo.
Proferì ormai rassegnata al fatto che in molti l’avrebbero vista in quelle condizioni.
“Abbassa la cresta, figlia mia” fu forse il messaggio indiretto trasmessole dal Padrone di casa quando, Emily ci avrebbe messo la mano sul fuoco, aveva deciso di cambiare il loro look con qualcosa che lui, e lui soltanto, avrebbe ritenuto “chic” ed adatto all’occasione.

Non lo avrei mai detto prima ma sembra non esserci altra via di uscita… Andiamo a renderci ridicoli.
Asserì con tono affranto. Attendendo che il suo, almeno per quella sera, compagno le porgesse gentilmente il braccio così come aveva fatto tempo addietro, Emily procedette a passo lento verso l’odioso omino sul sui capo s’ergeva una zucca più grande della sua testa[ ( *e del suo cervello*, avrebbe pensato lei). Una volta raggiuntolo, gli avrebbe dunque porto, riluttante, l’invito, annunciando la loro presenza:
Emily Claire Rose ed Horus Ra Sekhmet
Entrati nell’ampia Sala, la fanciulla non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno che il bizzarro-odioso-ridicolmente (?) raccapricciante padrone (o presunto tale) di casa li invitò ad un brindisi.
Alzò appena il calice colmo di una sostanza non identificabile, brindando, silenziosamente, alla propria cattiva sorte. In silenzio prese posto, od almeno ci provò cercando di sfoggiare, nonostante l'incoerenza dettata dal suo nuovo abito, i modi eleganti che le si confacevano e cercando di costringere sé stessa a trattenere ben più di un’imprecazione per:
1) L’abito che al solo tocco, dava vita ad un fastidioso prurito (ma che non superava quello provato al palmo delle mani quando le capitava di intravedere la figura di “F.” IV);
2) I serpenti apparentemente – forse solo apparentemente – innocui sul suo capo che, a contrario suo, sembravano alquanto affamati;
3) Il menù al quale aveva soltanto dato una rapida occhiata prima che il suo stomaco si stringesse, rifiutandosi di ingerire anche solo una di quelle pietanze.

Enunciami un solo ma convincente motivo per il quale dovrei restare qui.
Sussurrò al giovane alla sua destra.

 
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Arya Von Eis
view post Posted on 2/11/2014, 04:31




No, chiunque fosse il damerino di cachi vestito, poco ma sicuro non aveva la più pallida idea di cosa fosse il buon gusto, ovunque posasse lo sguardo poteva ammirare quei capolavori dell’orrido che i poveri malcapitati s’erano ritrovati a indossare.
*Se partiamo così non oso immaginare la conclusione della serata*
Il pensiero non era dei più rassicuranti, ma che alternative aveva? Nessuna, indietro non poteva tornare e, ormai che era lì, tanto valeva cercare di passare il tempo in modo costruttivo o distruttivo, probabilmente prima della fine avrebbe sentito l’istinto omicida nei confronti di “Aeroplanino”.
Fortunatamente o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, non era sola, o meglio, non era proprio un pesce fuor d’acqua.
Riconobbe alcuni studenti, non che potesse dire di conoscerli, ma identificarli era già sufficiente a non farle pensare di essersi cacciata in chissà quale guaio, si sbagliava, probabilmente non sapeva quanto si sbagliava, ma crogiolarsi in quell’idea era sempre meglio dell’alternativa.
Con un cenno del capo e un’espressione tra il divertito e il disperato, salutò Leah, senza però avvicinarsi, notò infatti dei volti sconosciuti che già l’avevano preceduta e preferì evitare, la serata sarebbe stata lunga, avrebbe avuto tutto il tempo di scambiarci due parole.
Mentre muoveva il primo passo verso l’entrata fu bloccata da una fanciulla che, a quanto pareva, sembrava conoscerla.
In realtà, così su due piedi, conciata in quel modo, non le diceva nulla, avrebbe giurato di non averla mai vista, la osservò con aria perplessa, nel tentativo di ricordare, ma nulla, cioè, forse vagamente poteva ricordarle qualcuno, ma magari si stava solo autoconvincendo.
Non era però il caso di fare i maleducati, così le rivolse un sorriso, di circostanza, ma abbastanza convincente e si scusò per la sua poca memoria


-Ci...ci conosciamo?-

Non ebbe il tempo di aggiungere altro che alle sue spalle si sentì chiamare, un sospiro di sollievo ancor prima di voltarsi, non le era necessario scoprire chi aveva pronunciato il suo nome, aveva riconosciuto la voce dell’unica persona che poteva renderle quell’assurda serata più sopportabile.

-Zoey- questa volta il sorriso era decisamente più sincero e spontaneo *Al diavolo le formalità* -Mi credi se ti dico che è una gioia vederti- ma non poté fare a meno di scoppiare a ridere vedendo quello spropositato fiocco viola a fantasmini -Scusami, immagino che non fosse la tua prima scelta-

Nel frattempo, avevano preferito proseguire, sia mai che l’eccentrico padrone di casa s’infastidisse per il ritardo e, dopo aver superato il controllo biglietto, avevano raggiunto l’immenso salone dove, a occhio e croce, si sarebbe tenuto un banchetto.

-Beh, prendiamo posto?- guardò l’amica perplessa -Se ti azzardi ad abbandonarmi giuro che ti darò la caccia fino in capo al mondo- gliel’aveva sussurrato in modo che il messaggio fosse recepito solo dall’interessata -Dove vuole fanciulla- disse sfoderando un sorriso a ventordicimila denti, nuovamente di circostanza, guardando il tavolo imbandito, non era più sicura che sedersi fosse una buona idea.

Diede una rapida occhiata, giusto per non rischiare di finire accanto a qualche individuo dalla dubbia sanità mentale, insomma, voleva evitare di finire a braccetto col fratello, lo zio, il nipote, il figlio o qualsiasi altro parente del F14.
Sarebbe sicuramente stato saggio, per entrambe, evitare von Kraus e Cavendish, non erano proprio simpatizzanti Grifondoro, per il resto un posto valeva l’altro, così, nell’indecisione, tirò per un braccio la compagna verso un posto a caso, ma, prima di arrivare effettivamente a sedersi, si bloccò.
Già, cos’è che aveva pensato prima di ritrovarsi lì? Ah sì, che non le sarebbe affatto dispiaciuto incontrare la sua Caposcuola, beh, in quell’istante si era appena ricreduta, il trovarsela lì, così, senza preavviso, le aveva ricordato la miriade di questioni irrisolte e, il vederla accompagnata da Sekhmeth le aveva procurato non poco fastidio.

*Arya, ci risiamo?*
Ma cambiare direzione in quel momento sarebbe parso al quanto inappropriato, non avevano due anni, ormai era lì, come al solito il Fato non stava facendo il tifo per lei, ma dettagli..
Si sedette alla sinistra di Emily, inizialmente aveva seriamente pensato di non rivolgerle la parola, ma, come detto prima, non avevano due anni, così si limitò a salutarli entrambi


-Rose, Sekhmeth, buonasera-

Nel frattempo sembrava che tutti gli invitati fossero arrivati e l’inquietante voce di “Aeroplanino” stava ufficialmente dando il via alla serata.
Dei bizzarri cosetti rosa stavano passando porgendo a ognuno un bicchiere, di non si sa cosa, col quale avrebbero presto dovuto brindare e il menù non era di certo più rassicurante.


-Ci forniscono anche un assaggiatore vero?-

Sorrise, rivolgendosi a Zoey, anche se il suo tono doveva suonare leggermente preoccupato, finire nuovamente al San Mungo, per avvelenamento da cibo questa volta, non era tra le sue priorità.

-Zoey, mia cara- disse in tono solenne alzando il bicchiere verso di lei -Che Merlino ce la mandi buona-

 
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view post Posted on 2/11/2014, 12:29
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VII Anno

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Finalmente era giunto il tempo della famosa notte di Halloween, festività che nel mondo, ma soprattutto in quello magico si rivelava piena di sorprese e divertimenti. Ricordava la scorsa volta passata in Sala comune, non certo una seratina tranquilla, come poi il seguito nella Foresta Proibita dove aveva conosciuto Leah, unica nota positiva di quella notte. Ora ad un passo dal finire la scuola, il giovane Grifo sentiva che avrebbe perso molto di più delle pesanti mattinate fra i libri, e i noiosi monologhi della prof di Divinazione, e questo pensiero seppur forte si insinuava in lui solamente nelle occasioni speciali, in quei momenti in cui erano tutti insieme, indipendentemente dai colori della divisa. Per stavolta Hogwarts non sarebbe stata la cornice di nessun ballo o cena particolare, almeno non per il ragazzo, difatti teneva custodito fra i libri un invito speciale, pervenutogli pochi giorni prima. “Una festa esclusiva” così vi era scritto, oltre alla data e l’ora, un invito singolare, che con tutta probabilità non avrebbe afferrato fino a quella sera, era piuttosto informato su certi stratagemmi, passaporte o stregonerie varie, e voleva essere preparato quando tale magia l’avrebbe scaraventato chissà dove. Non ne aveva fatto parola con nessuno, non poteva immaginare chi avrebbe incontrato a quella festa, il pensiero che poteva esserci anche Caroline si insinuava prepotente in lui, dopo quella notte non si erano più visti, chissà cosa le era passato per la mente, se avesse detto a qualcuno il suo segreto o quello che aveva fatto. Poco male, sarebbe stata la volta per chiarire o almeno cercare una qualche scusa a cui aggrapparsi, l’unica consolazione sarebbe stata la notte, quel momento in cui si sentiva in grado di poter fare tutto; si era nutrito da poco e una bella festa era proprio quello che ci voleva per distrarsi e incontrare qualche anima affine alla sua, anche se ne dubitava grandemente.
Era quasi l’orario prestabilito, un classico completo nero senza particolari accessori veniva indossato con naturalezza, era ormai troppo grande per le inutilità da primini, l’unico particolare oggetto poteva essere la sua bussola, prezioso tesoro recuperato da quel viaggio infinito sull’isola misteriosa, una bussola che guarda caso non puntava a Nord, ma faceva un po’ a modo suo..
*È una festa come un’altra*
Pensò quasi per scacciare dalla mente quello strano presentimento, non era insolito per lui agire alla cieca, ma qualcosa di strano stavolta lo preoccupava, come se quell’invito nascondesse ben altro che una semplice nottata di festa. Alle 20.30 stringendo avidamente l’invito il giovane Scott venne catapultato in tutt’altro luogo nel quale si trovava, o che avesse mai potuto immaginare. *Ma dove diavolo..Versail…* Quel pensiero per quanto incredulo non riuscì a completarsi nella mente del giovane, i suoi occhi erano rapiti dal castello maestoso, quasi quanto Hogwarts, presidiato da un lungo viale, e da decine di Maghi e Streghe ansiosi di partecipare alla serata, quell’invito doveva esser giunto a tantissime persone di tutto il mondo magico. Fra quei volti nessuno però attirava l’attenzione del ragazzo, tranne quello del tipo dinnanzi l’ingresso. Lo guardava dubbioso e un po’ impreparato a dir la verità, *Ma chi l’ha mandato? ..Fuco IV il luminoso? Andiamo bene..* Poteva essere davvero quello strano tipo ad aver architettato tutto questo? E quella la sua dimora? Beh se non altro Nathan era stato spiazzato già prima di entrare, e la cosa non gli dispiaceva affatto. Quel che invece lo fece inorridire non poco fu il mutamento del suo completo nero, non appena varcò la soglia del castello. Il tutto era diventato più pomposo e morbido, il forte e innaturale fisico del vampiro era coperto da soffici strati di piume tipiche di un cuscino, avvolte da un tessuto simile al velluto, i colori si mischiavano fra il grigio e il rosso scuro, sembrava uno di quei strani supereroi babbani creati per far divertire i bimbi al cinema. Doveva davvero andare in giro conciato in quel modo per tutta la serata? Quale ragazza poteva corteggiare in quello stato? L’unica cosa era affidarsi al ben noto detto: L’abito non fa il monaco, oppure "Uno Scott è pur sempre uno Scott".
Neanche il tempo di trovar posto che le enormi porte della reggia si chiusero alle sue spalle, confinando letteralmente tutti i presenti, una notte di strambe follie stava per abbattersi su tutti gl ingari invitati..
Girovagando lentamente fra i tavoli imbanditi, il suo sguardo si posò su decine di volti conosciuti, o almeno di vista, molti studenti di Hogwarts erano stati invitati, ed anche il Ministro della Magia era presente, che conoscesse Fuco in qualche modo?? Mah sta di fatto che tutti avevano subito il medesimo scherzo del padrone di casa sul cambiamento radicale dei vestiti. *Almeno non sarò l’unico a far la “festa” a quel pazzo* Pensò afferrando al volo un calice donatogli da strani ometti rosa che si aggiravano servendo abilmente gli invitati, sperava solo che l’alcol avrebbe schiarito i suoi occhi porgendoli su di un viso per cui valeva la pena restar svegli un’intera notte a festeggiare..
 
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Lucilla Degona Lancaster
view post Posted on 2/11/2014, 16:33




Lucilla nel suo ingombrante vestito si diresse a fatica nella grandissima sala, addobbata di luminosi lampadari di cristallo e sfarzosi addobbi in oro e cristalli, Fuco non avevaa badato a spese per quella stramba festa.
All`inizio della serata si era preoccupata solo del bruttissimo vestito ma ora cominciava a chiedersi del motivo per il quale fosse stata invitata e comincio` a preoccuparsi seriamente.
Fuco aveva appena chiuso il portone d`entrata, come fossero animali in gabbia.
La maschera nera le copriva meta` del viso, lasciandola solamente respirare e far vedere le labbra rosse, era irriconoscibile, e non sapendo perche` si sentiva salvata almeno in parte dal fatto che nessuno potesse riconoscerla, se lo sentiva quella sera sarebbe successo qualcosa, era una bruttissima sensazione che si manteneva costante.
Si guardo` attorno e tra la folla le uniche persone che conosceva non solo di vista erano Arya, la prefetto Serpeverde e Aquileia che era vestita di mille colori, conciata comunque meglio di lei.
Decise pero` di essere prudente e non rivelarsi a nessuno che non fosse Aquileia; le si avvicino` cercando di non attirare troppo l`attenzione degli altri ma con la lunghissima gonna che si portava a presso era impossibile, prima o poi qualcuno ci sarebbe inciampato.
Guardo` la donna e tiro` su, un secondo, la maschera in modo che capisse chi fosse poi le si avvicino` all`orecchio e le sussurro` velocemente - Ti prego siediti vicino a me, c`e` qualcosa che non mi piace in questa festa, forse il sorriso di Fuco...- e poi si allontano` velocemnte dirigendosi verso un posto a sedere su cui si accomodo`.
L`organizzatore della festa fece portare un cocktail di benvenuto a ognun degli invitati, c`era chi lo bevve tutto d`un sorso senza pensarci chi invece lo guardava con aria sospettosa.

*Hanno ragione a guardarlo cosi` non si sa cosa ci potrebbe essere dentro, questa festa non trasmette nulla di buono, anche il fatto che quest`uomo ci ha invitati tutti a una festa senza ricevere nulla in cambio, spendendo cosi` tanti soldi per poi farsi odiare per questi stupidi vestiti...*
Guardo` il bicchiere con indulgenza e poi sottovoce disse -Speriamo bene...- e bevve un goccio della bevanda sperando non i fosse veleno.
Alla fie avrebbe rdinato solo delle patate in tutte le salse per non destare sospetti...



Edited by Lucilla Degona Lancaster - 2/11/2014, 17:20
 
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