Pagine., Annotazioni di Talìa Blackstorm

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view post Posted on 27/5/2015, 16:09     +1   -1
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Serpeverde
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I annotazione

Odio chiamarti "diario".
Ho sempre pensato che quello fosse il nome per quelle sciocche paginette da bambini, quelle con frasi del tipo "Oggi a scuola ho imparato ad afferrare una bacchetta!" e roba del genere. E' per questo che quando mi rivolgerò a te non ti chiamerò in alcun modo, al massimo potrò chiamarti col mio stesso nome, d'altronde sarai solo un mio sfogo, che scriverò io e che solo io leggerò. Saranno annotazioni per me stessa, per ricordarmi chi sono, per quelle volte in cui sembro dimenticarlo. Per esempio per quei momenti in cui mi sento più debole di quanto vorrei. A volte ho l'impressione che tutto quello che continuo a creare intorno a me sia più il risultato di un'oppressione derivante dalla mia infanzia.
Il fatto che sia solo il male a consolarmi, o il fatto che mi piaccia vedere la sofferenza negli sguardi altrui, e tutto l'odio che provo verso chi ha un sangue più sporco del mio...credo che sia frutto di una vita di repressione che i miei genitori hanno stampato sulla mia fronte.
Ho perso il conto di tutte quelle volte in cui ho provato ad avvicinarmi a loro con affetto, ricevendo in risposta solo sguardi freddi e amare risate di compassione per essere così stupida e... piccola. Nessun cenno di amore, nessuno slancio di dolcezza nei miei confronti. Ero, e forse sono, solo una bambina, senza aver mai vissuto come tale. Purtroppo, o per fortuna, ormai sono uscita dall'età in cui si è più predisposti a ricevere calore, e ora mi ritrovo a chiedermi se l'amore esista davvero. Il problema non è solo riceverlo, ma anche imparare a donarlo. Se non se ne ha un esempio fin da bambini, o se non si è mai neppure scorto da lontano, come si fa a imparare ad amare? Oggi l'idea che ho di esso è solo un miscuglio di parole, luoghi comuni, idee elaborate da altri che dicono di aver capito cosa sia. Sbaglio se fatico a crederci? La colpa è solo mia che non riesco a comprenderlo?
Costretta a vedere cose che le persone normali non sognano di vedere neppure in una vita intera. Costretta ad assistere ai ghigni di mia madre di fronte a freddi cadaveri o a corpi mutilati e coperti di caldo sangue porpora. Forzata a guardare morire persone, anziani, bambini o intere famiglie. Vite strappate perché non degne di esistere. Finché non ho iniziato a farci l'abitudine, ad imparare come farlo e a capire il perché venisse fatto, non so se la tortura fosse più dolorosa per loro o per me. Quando mi venne spiegata la ragione, però, la cosa assunse tutto un altro colore, iniziò addirittura a piacermi. Trovai una spiegazione per tutto quel sangue: eliminare la sporcizia dal mondo e purificarlo.
E poi mi chiedo cosa sia l'amore. Come posso saperlo, io che non ne ho mai visto neppure l'ombra? Ho guardato negli occhi le persone che mia madre torturava, li ho scrutati in fondo all'anima prima che lei desse loro, finalmente, il colpo di grazia. All'inizio il mio sguardo era impaurito, sconcertato, incredulo. Col tempo diventò più distaccato e inespressivo. Ora è quasi annoiato, totalmente distante, a volte soddisfatto e compiaciuto. Qual è la mia colpa? Essere riuscita ad abituarmi a quello che la mia infanzia mi ha costretta ad assistere? Non potevo certo scappare, per quanto ci avessi provato, non potevo ribellarmi.
Vorrei tanto poter amare mia madre e mio padre. Mi sforzo di ammirare il loro successo, di fare di loro un modello, di pensare che in effetti non hanno sbagliato, tuttavia a volte non riesco a non credere di essere una loro vittima e penso che liberarmi dai loro fantasmi sia una possibile scelta. Ciononostante ho seguito le loro orme, ho percorso il Sentiero Oscuro, mi sono fatta avanti da sola davanti al mago più potente di tutti i tempi, e non ho avuto ripensamenti. Tuttavia non posso fare a meno di chiedermi: quale sarebbe stata la mia sorte se loro non fossero stati quello che sono? Se non avessi visto la morte con i miei occhi, mi sarei spinta nelle fauci del male più assoluto? Ho bisogno di capire se tutto questo sia in loro o in me. Ho bisogno di riflettere su chi sono, di fare, per una volta, luce dentro di me e di scoprire se davvero tutto il male che covo sia un risultato della loro pressione o della mia natura. O se entrambi. Per ora so soltanto che il male ha trovato un riparo in me e che non gli permetterò più di uscire. Non posso più viverne senza. E' negli stimoli del mio cervello e nei battiti del mio cuore. E' l'unica cosa che mi fa stare bene.
Il resto è tutto confuso e opaco.
Ho bisogno di tempo.


II annotazione

Sono ancora qui. E' sera e tra poco cercherò di addormentarmi. Questa mattina ho ricevuto questa lettera:

"Talìa, stiamo partendo per l'Irlanda. Abbiamo alcuni compiti da svolgere lì e anche quest'anno non potremo rivederci per Natale. Speriamo sinceramente che per te non sia un problema e che passerai lo stesso delle felici vacanze.
Saluti, i tuoi genitori.
"

Tutto normale. Ovviamente le vacanze iniziano domani, e io non avevo neppure preparato la valigia. Sono al mio terzo anno e finora non ho mai passato le vacanze di Natale a casa mia. La prima volta erano stati i miei genitori a deciderlo, sempre per qualche lavoro da svolgere, invece il secondo anno avevo scelto io di non tornare, prendendo la scusa dello studio ed esprimendo il mio "immenso" dispiacere.
Bene, ho pensato, in questa lettera non c'è nulla che non vada, tutto assolutamente regolare. Come al solito, ricevuta e gettata nel camino della sala comune.
Come la carta ha iniziato ad ardere nel fuoco, però, un brivido gelido mi ha trapassato il corpo. C'era qualcosa di strano; qualcosa che è riaffiorato nella mia mente solo poco dopo averla gettata nel camino. Senza neppure pensare, ho allungato la mia mano destra nel fuoco e ho recuperato la lettera. Mi sono bruciata una mano, ma il dolore in quel momento è stato secondario. Ho riletto ciò che era rimasto della lettera velocemente e ho capito cosa mi aveva sconvolto: la grafia era diversa dal solito e anche alcuni dettagli. Non era stato mio padre a scrivere la lettera, ma mia madre!
Lei non mi aveva mai scritto, questa è stata la prima volta in tre anni di scuola. E' sempre mio padre a farlo. Lei di solito si tiene dietro le quinte, risolvendo tutto con un poco impegnativo "anche da parte di tua madre".
Questo mi ha portata a chiedermi perché fosse andata diversamente stavolta. Se non fosse stato per questo fatto, stasera non sarei neppure qui a scriverti, perché non c'è assolutamente nulla di speciale nelle loro lettere. Il fatto, però, che fosse stata lei a scrivere mi ha dato molto da pensare. Cosa è successo?
Sono confusa, così come i miei sentimenti verso di loro. Forse non è stata neanche lei a buttar giù quelle righe, del resto io non ricordo nemmeno la sua grafia e le loro lettere sono talmente spoglie che chiunque potrebbe riprodurle. Provo un misto di angoscia ed eccitazione, non so bene come definirmi.
Vorrei che fossero morti.


[interruzione]

III annotazione

L'altra sera mi sono addormentata scrivendo. Non so come sia potuto succedere, di solito non mi addormento mai mentre leggo o scrivo. Inoltre l'argomento non era poi così noioso. La mia mente deve avermi giocato un brutto scherzo quando ho scritto quelle ultime righe. Sono passati tre giorni e sono venuta a conoscenza del fatto che quella lettera era stata scritta da mia madre semplicemente perché mio padre aveva avuto del lavoro extra e non aveva avuto tempo per scrivermi. La lettera era molto sintetica, troppo perfino per loro, così ho ipotizzato che avessero avuto davvero pochissimo tempo e che fosse stata redatta in fretta e furia.
Che delusione.
Se qualcuno dovesse mai leggere questi appunti penserebbe a me come una persona tremenda e perfida. Magari avrebbe ragione, ma da quando ho iniziato a riflettere sul mio rapporto con loro, già dopo la prima annotazione, sempre più spesso e anche involontariamente mi trovo a pensare ai loro corpi, torturati dalla loro bambina, seduti allo stesso posto di tutti quei sudici mezzosangue da loro stessi trucidati. Non sarebbe in effetti così diverso dalla tortura a cui venivo sottoposta io, d'altronde tra tortura psicologica e tortura fisica non passa poi molto.
Cerco di trattenermi, pensando che sarebbe qualcosa non solo contro natura, ma anche un abominio al mio credo e alla mia lotta per la purificazione. I purosangue rimasti, quelli veri, sono davvero pochi e sarebbe un peccato imperdonabile eliminarli. Ciononostante, il mio viso si fa sognante ogni singolo momento in cui quelle immagini si disegnano nella mia mente.
Ero a lezione di Erbologia oggi, e mentre osservavo alcune piante rampicanti il mio pensiero è andato completamente alla deriva, in balìa di quelle scene macabre ma inspiegabilmente piacevoli.
Devo smetterla, non posso continuare ad abbandonarmi a questi pensieri, non posso.
Rischio non solo di distrarmi, ma anche di alimentare il mio odio che, in mancanza di un obiettivo reale, potrebbe scagliarsi contro chiunque, in qualsiasi momento.
Controllati, Talìa, controllati.


IV annotazione

Sono passate sei settimane dalla mia ultima annotazione. Forse sto tornando sulla strada giusta. Mi sono costretta a reprimere quei pensieri che ti ho descritto in precedenza e, grazie alla mia risolutezza, sono riuscita nell'obiettivo.
Sto un po' meglio in questi giorni, sono meno distratta e dubbiosa e sto cercando di rivolgere il mio odio unicamente in una direzione: i mezzosangue e i nati babbani. Non che io abbia mai smesso, ma non possiamo permetterci, noi purosangue, di pensare di intaccare il nostro candore.
Qui a scuola inoltre le cose si fanno peggiori ogni giorno che passa: sembra non ci sia più un limite all'immondizia che questo edificio può contenere. Tra qualche mese permetteranno anche ai ratti di fogna di sgambettare per i corridoi ed assistere alle lezioni.
Vorrei poter riprodurre il sotterraneo della mia casa qui in questa scuola. Io lo chiamo il "Laboratorio". E' quello che ti ho descritto nelle prime annotazioni, quello dove i miei genitori, ed anche io talvolta, torturiamo i nati babbani e i mezzosangue, così come quei purosangue che voltano le spalle alla causa. E' l'unica cosa che mi manca della mia casa. Lì ho vissuto le emozioni più forti, sia in negativo che in positivo.
Sarebbe davvero un sogno riprodurlo qui, conosco un paio di amici che sarebbero più che entusiasti all'idea di aiutarmi a portare avanti il progetto. Purtroppo, però, sarebbe molto rischioso e potrei essere espulsa dalla scuola. E' una cosa che non posso permettermi.


V annotazione

Oggi il cielo è completamente libero, fa caldo e il sole batte con forza su tutta Hogwarts. Gli studenti si sono riversati in giardino, ed è per questo che io sto camminando per i corridoi della scuola. Qui è fresco e oggi è straordinariamente silenzioso e pulito e di tanto in tanto spifferi d'aria calda lo attraversano.
Non mi piacciono molto le giornate serene, ad eccezione certo di quando ci sono partite di Quidditch in vista.
Preferisco i temporali e la pioggia intensa, quella con cui è impossibile distinguere figure che non siano a meno di un metro di distanza. Mi piace perché mi sembra di guardarmi dentro uno specchio, che riesce a leggere direttamente le mie emozioni, senza che altri possano scorgerle, attraversando la dimensione terrena fino a giungere direttamente nell'anima.
Ho sempre creduto che la cosa giusta da fare sia nascondere ciò che si prova, per non rischiare di venire feriti, di sembrare delusi o di far capire agli altri quello che si ha in testa. Penso che sia la migliore difesa che gli esseri umani abbiano. Finché non ci si abitua, però, può sembrare faticoso. Qualche volta lo è anche per quelli come me che praticano questa difesa ogni giorno.
Oggi mi chiedevo che persona sarei senza questa armatura. Ho pensato a lungo. Anche le persone più spontanee e naturali indossano maschere via via diverse, e non si mostrano mai per quello che sono, forse perché in fondo non sono niente.
Io magari sorriderei guardando un bel voto, piangerei pensando alle lettere che non ho mai ricevuto, mi preoccuperei per un esame difficile, mostrerei ansia per una partita di Quidditch. Invece sono poche le emozioni che si disegnano sul mio volto, solo quelle che VOGLIO che vengano viste. Vorrei che ci fossero momenti per cui io non possa nascondere quella che sono, momenti in cui debba dar sfogo alla mia anima e liberare il mio spirito. Non ci riesco neppure quando sono da sola, perché nulla è così potente da sovrastare il muro che c'è dentro di me.
Vorrei provare qualcosa di talmente forte da non poter essere limitato. Una gioia, un dolore, o magari una fusione di entrambe le cose.


Edited by DarkValkyrie - 22/6/2015, 14:12
 
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