Five O' Clock

« Older   Newer »
  Share  
Horus Sekhmeth
view post Posted on 5/3/2015, 20:22 by: Horus Sekhmeth
Avatar


Group:
Dipendente Ministeriale
Posts:
12,041
Location:
Trantor - Settore Imperiale

Status:



Horus R. Sekhmeth

~
BKGhiFR
Si era ormai abituato ad esser scrutato dai brillanti occhi azzurri del Professore che emanavano una svariata infinità di pensieri diversi che Horus, ovviamente, non poteva cogliere a fondo. Ma aver su di sé lo sguardo fisso di una creatura mitologica... beh, non era qualcosa che accadeva tutti i giorni. Ancora una volta, il Tassino si ritrovò a concentrarsi sul muso della Fenice, osservandola con curiosità mentre lei stessa era intenta a studiarlo. Quanti ne aveva visti, di studenti come lui? Girava voce che non fossero in pochi a fare visita a Peverell —forse più per chiarimenti sulle lezioni, che per altro— e certamente, vista la straordinaria calma della Fenice, questo per lei non doveva essere un problema.
Il Caposcuola tornò ben presto, tuttavia, a porre la sua attenzione sull'insegnante che aveva prontamente ripreso il discorso. Annuì, alle sue constatazioni e anzi, se ne sentì persino esaltato. Aveva trovato Ignotus... diverso dalle sue aspettative. Forse l'atteggiamento che aveva avuto nei suoi confronti —e che ancora manteneva, fra le righe— lo aveva divertito e piccato allo stesso tempo, ma era indubbio che aveva un certo carisma nel spiegare determinati argomenti, indorando straordinariamente la pillola qualora egli lo volesse. C'era, però, ben poco da indorare per Horus, in quel momento. Ciò che Ignotus disse non fu altro che una splendida esaltazione di un pensiero che il Tassino stesso condivideva e, anzi, con l'aggiunta di nuovi punti di vista, la sua opinione si arricchì ulteriormente, dipingendo sulle sue labbra un tenue sorriso di soddisfazione. Quando l'uomo gli pose la fatidica domanda, lui scosse lievemente il capo.

« Assolutamente no, signore. Non trovo affatto né di essere uno scarto, né di essere umiliante. Sono, invece, assolutamente d'accordo con Voi. Vedete, come vi ho raccontato, anni addietro non fui soddisfatto del mio Smistamento. Mio padre, come il vostro, fu Serpeverde e mia madre appartenne alla nobile Casata di Corvonero. Mio desiderio era dunque quello di ripercorrere le orme di uno dei due. Libri, astuzia, furbizia, intelligenza! Sono tutti valori che suonano altisonanti, per un bambino un po' troppo ambizioso. Ma cosa vuole saperne un ragazzino di undici anni di cosa è e di cosa sarà? Può solo dire cosa vorrebbe essere, sulla base delle sue poche esperienze di vita. Giunto sullo sgabello, udito quanto il Cappello aveva sentenziato, quei desideri si infransero in una barriera assai solida: la realtà. Ma crescendo e soprattutto vivendo Tassorosso, posso dire —e con molta felicità— di esser stato il più stupido dei delusi e che i miei pregiudizi non erano altro che favolette di bambino capriccioso. Crescendo, si cambiano tanti punti di vista, talvolta. Oh, non dico che a diciassette anni insorga ad ogni costo una maturità tale da avere un'idea e portarla avanti fino alla morte, come se la provvidenza Divina giungesse ad illuminarci il cammino e facendoci sembrare tutto bello e incorruttibile. Ma, voglio dire, che la consapevolezza giunge, prima o poi e si possono imparare tante cose, soprattutto dalle male lingue. Che sia per il tempo, per la rassegnazione o per la comprensione di quei valori che forse, da bimbi si è difficile abbracciare completamente, alla fine del nostro percorso scolastico dubito seriamente di trovar qualcuno che dica: "La Casata che ho frequentato non faceva per me". C'è del resto una saggezza antica di secoli, e quattro brillanti menti, in quel malandato Cappello. » Fece una breve pausa, convinto di essersi prolungato forse un po' troppo. Infine, continuò, giusto per mettere i puntini sulle "i" su quell'argomento, una volta per tutte.
« In definitiva, il simbolo di Tassorosso e di Tosca, oltre la banale simbologia della Coppa e del Tasso, era anche uno splendido albero (che noi tra l'altro abbiam potuto ammirare al Museo). Mi rendo conto, quindi, ragionando sulle Vostre parole, che non siamo che forti e solide radici e ciò mi fa capire quanto il vostro discorso sia assolutamente reale. Ancor di più, quindi, non posso che esser fiero di ciò che scelse il Cappello e di esser un Tassorosso. » Concluse, serio e con una punta d'orgoglio nella voce. Ah! Era impossibile fraintendere ora, si disse. Certamente Peverell gli aveva dato comunque un'ottima spiegazione e su questo non era rimasto assolutamente deluso. Ma fu poi il discorso successivo, quello dalle note più dolenti, a esser a rischio.
Mostrando Hagalaz, Horus si rese conto dello sguardo strano dipintosi sul volto dell'anziano uomo. Poté carpirne una certa sorpresa, un più noto disappunto, forse, e capì che Ignotus aveva parlato seriamente poc'anzi, nel non voler credere alla sua storia. Rimase, quindi, in silenzio, avido di udire cosa egli aveva intenzione di dire al riguardo. Saltò fuori che l'uomo aveva ipotizzato un uso delle Rune con elementi come i Golem: una magia istintiva, spirituale, contro una più "rozza" e fisica. Nonostante la domanda che gli fu porta, Horus rimase in silenzio, appuntandola mentalmente, conscio che in quel momento non fosse altro che una questione retorica. Ci sarebbe tornato su quando la voce di Peverell si fosse spenta. Ma fu prettamente il discorso che si rivelò essere quello finale, a far illuminare gli occhi del giovane e, al contempo, da fargli emergere una piccola nota di disappunto nelle ultimissime frasi che l'uomo gli rivolse, che tanto parevano un sottile pungolo e accusa alla sua precedente affermazione. Nel complesso, però, ciò che Peverell aveva appena detto —ad esclusione di quel piccolo dettaglio— non era altro, né più, né meno, che una conferma alla quale Horus era giunto da un bel pezzo. E questo, ancora, non fece che rinsaldarne l'opinione.

« Per quanto riguarda la sua ipotesi nel collegamento Rune e Golem, suppongo che vi sembri così... improbabile per la natura refrattaria del Golem stesso alla Magia. Le Rune e la loro applicazione come magia arcaica, o almeno quel che c'è rimasto, credo cozzino enormemente con qualcosa di fisico e sviscerato alle funzioni magiche, come i Golem. » Ecco già poteva veder il professore esprimere il suo disappunto per quella osservazione. « Tuttavia, sono convinto, nella mia ignoranza, che sia proprio il fatto che siano entrambe due forme arcaiche di Magia a permetter loro di legarsi l'uno all'altra. È sicuramente complesso, ma non impossibile. E certamente, vi posso assicurare che Hagalaz o meglio, colui che aveva attivato Hagalaz, comandava allo stesso modo il Golem che ne aveva assorbito buona parte del potere runico. Vi assicuro, inoltre, che quando questo è molto propenso a schiacciarvi il cranio e voi siate... impossibilitato a darvela a gambe, c'è poco da fare, se non tentare l'impossibile. L'istinto di sopravvivenza può sembrare un gran idiota agli occhi altrui, ma il più delle volte salva davvero l'esistenza dell'individuo. » Gli disse, censurando ad arte il tono di sfida che invece avrebbe voluto utilizzare, e limitandosi a stringersi nelle spalle. Quindi, posto quel chiarimento, tornò alla ribalta. « Da questa esperienza, e da ciò che ne derivò —e non solo— ho capito quanto il fatto che la Conoscenza, e la Magia stessa, spesso e volentieri non abbiano limiti ben distinti e che nessuno possa porli che sia un'istituzione o una morale comune. Come Voi dite, non c'è Bene e Male e soltanto perché qualcosa non viene insegnato a scuola o secondo l'etica e la morale dei più non sembri giusto, non vuol dire che non valga la pena di esser studiata né che, appunto, non esista e che così possa esser dimenticata. Sta all'individuo applicare quelle conoscenze in modo più o meno buono o malvagio. Ho, ormai, raggiunto l'assoluta consapevolezza che la Conoscenza è un argomento troppo ampio e talvolta anche trascendentale —passatemi il termine— e così come la Storia è piena di esempi buoni o cattivi, lo è anche il sapere Magico. Per questo non biasimo il mio desiderio. Sono figlio di un archeologo, Professore, e sono stato introdotto alla Storia fin dalla più tenera età, imparando il rispetto per le antiche gesta e ciò che ci è stato tramandato. Lavoro per un negozio di antiquariato che, sebbene possa sembrare un'attività atta al solo guadagno, è altresì una fonte di enorme ispirazione quando, nei miei viaggi, mi capita di imbattermi in luoghi sacri, in ambienti percorsi, tanti secoli fa, dai nostri antenati, in oggetti da loro creati e che raccontano di loro e di ciò che eravamo. Ciò non fa di me un saccheggiatore e mai lo sarò, perché nel mio sangue è insita la consapevolezza e il riguardo per la Storia e le meraviglie —dalla coppa dorata medievale alla banale punta di freccia preistorica— che ne raccontano il proseguo e i secoli. Voler studiare, voler indagare, volerle scoprirle, non vuol dire necessariamente saccheggiare o sfruttarle. Anche qui, dipende dal Mago, dall'Uomo: nel mio caso, e mi permetto di peccare di arroganza, vuol dire apprenderle, capirle per poterne apprezzare ancor di più la magnificenza. Soltanto conoscendo a fondo qualcosa, si può dire di esserne un grande estimatore. La superficialità, il farsi frenare dall'altrui giudizio, o anche distruggere ciò che apprendiamo utilizzandolo nel peggiore dei modi, sono sintomi di una bassa stima non solo verso noi stessi, ma anche verso ciò che ci appassiona.
"Solo perché non le studiamo, non vuol dire che non esistano": è giusto. Ed è proprio questo che voglio fare. Voglio renderle vive, queste conoscenze, nella mia mente, nel mio interesse e nella mia coscienza. Ho ancora una moralità che mi impone e mi fa desiderare di rispettarle e proteggerle. »


The Time you enjoy wasting is not wasted time.»

 
Top
19 replies since 9/1/2015, 22:16   366 views
  Share