Da un vecchio mentore?

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view post Posted on 16/2/2015, 21:18
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«Dialoghi»

Raccolti gli ultimi numeri de "Il profeta", che, in verità, lo avevano più stupito che rassicurato, Shinretsu Raven li prese tutti sotto il braccio (in contempo prendendosi indietro quegli occhiali strambi e curiosi), e, afferrata anche una scatola di cioccolatini al latte che aveva comprato (anzi: rubato) in uno dei negozio, a passo tranquillo e sostenuto uscì dal proprio ufficio. I corridoi dei sotterranei lo portarono prima verso il Piano Terra, quindi su una rampa di scale (ove un gruppo di allunni troppo loquaci faceva un casino assurdo), e quindi, da li, al primo piano. Dapprima Raven, ora docente, si fermò dinnanzi all'Aula; quell'aula gli infondeva dei ricordi particolari? Senza ombra di dubbio. Quell'aula gli aveva insegnato qualcosa. La storia della magia era una materia importante per il suo sviluppo, ma... C'era un ma. La storia andava studiata per poter prevedere il futuro, ma soltanto i cuori ardenti potevano scriverla. Del resto, come in ogni cosa, c'erano quelli che studiavano una materia, e quelli che la scrivevano. C'erano quelli che guardavano gli altri giocare a Quidditch e commentavano le loro partite, e quelli che giocavano loro stessi sul campo, scrivendo essi stessi la storia delle partite. Questo lo aveva già detto al professore una volta, tanto tempo fa, quando si era presentato da lui in cerca di una permesso per il reparto proibito. Permesso poi ottenuto a suon di the, biscotti e filosofia... E ora perché ci andava? Perché ora si ritrovava dinnanzi alla porta di quel stesso ufficio?
Sorrise. Forse aveva bisogno di risposte, forse di biscotti, forse soltanto di un buon the, di quelli che sapeva fare solo Peverell, o forse... di un amico, che non conoscesse le sue particolaritì, e che potesse dargli qualche suggerimento.
Del resto... Quel tipo non faceva altro che scrivere libri e dare il the alle persone. Poteva esserci una persona meglio adatta a quell'incarico?
Con i giornali e i cioccolatini (rigorosamente a forme di cuore, rossi), bussò per 2 volte.
Come il postino.
Come alcuni anni addietro.
 
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view post Posted on 17/2/2015, 01:08
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Il Silenzio.
Beato fantomatico benedetto Silenzio.
Il basso scoppiettio dei ciocchi del camino, andava accavallandosi, in una ideale staffetta, con il vergare rapido, e preciso, della piuma sulla pergamena. Il becco della nobile, ed orgogliosa piuma, che si pavoneggiava, salda nella morsa, grattava sulla superficie ruvida ingiallita del supporto, lasciando chiare, nette tracce ferrose, una calligrafia svolazzante, inclinata, sottile. Appunti. Una serie di codici sparsi sulla scrivania sembravano voler reclamare bulimicamente a gran voce spazio, ed ancora spazio, rilevanza, importanza, come se già non ne avessero a sufficienza. Codici aperti, chi sull'inizio, chi nel mezzo, chi sul finire, sembrava non esservi uno schema preciso, così come nemmeno tra gli argomenti, che fosse imperante il Caso? O peggio il Caos?
La piuma, salda nella presa dell'Anziano Mago, sembrava trarne uno smisurato piacere, vivendo in uno stato di estasi quei momenti di concentrata dedizione, dedicandosi a quanto meglio le riuscisse: scrivere. Scivolava lesta sulla pergamena, prima irruenta, come se non vi fosse un domani, precipitosa come a non volersi far scappare nemmeno una sillaba, in uno stato di bisogno, e scarse capacità mnemoniche, poi tornava alla calma, alla riflessione, l'interpunzione, la quiete che solo una virgola era in grado di ripristinare, in un oceano di emozioni compulsive, irruente, che spazzavano la superficie con impavida sagacia, ed altezzosa superbia. Appunti meditati, ponderati, pesati, ogni parola sembrava dover essere calibrata, tagliata, il lavoro di un artigiano, il tagliatore di gemme, lì all'opera, in un'inedita veste, tutto per qualcosa che probabilmente nessuno avrebbe mai letto, o visto. Appunti, semplici appunti. Eppure, un lungo, e laborioso processo mentale, che sembrava voler lentamente prender guisa nel Verbo, perdendo buona parte dell'ineffabilità che sino a quel momento l'aveva contraddistinto, e reso grande, unico. Un tributo d'onore, un silenzioso domestico grazie, tra quella che era stata un'idea, ed il suo Artefice, che lentamente ne stava anche divenendo illuminato, ma pur sempre, carnefice. Idea, che per quanto elegantemente venisse redatta aveva smesso di essere tale, frastornata nella sua essenza, tradotta e tradita, in quell'unico primo punto della piuma. Era bastato un singolo, innocente, innocuo punto, ed era stata strappata al suo Mondo, trascinata attraverso gli elementi, sino a varcare una nuova Dimensione, e giungere infine lì.
L'Anziano Mago con un'innata calma lasciava spaziare lo sguardo da una pagina all'altra, prima di tornare a vergare il lungo rotolo, ormai scritto per metà, un guanto bianco abbandonato a metà strada tra un codice, e la pergamena, passata la fase d'analisi, sembrava essere ormai nel vivo della fase di scrittura. Cosa poi in fondo stesse scrivendo, con ogni probabilità non l'avrebbe compreso nemmeno lui, sino alla conclusione della sessione. Era pur sempre una questione di Genio, ed estro, ineludibili gregari di una Vita spesa in un vicendevole servizio. La lunga veste cremisi, spiegazzata nella seduta, riluceva dei chiarori del fuoco, ravvivandosi, quasi rifulgendo di una seconda misteriosa vita, ignota ai più, come se potesse a sua volta prendere, ed uscire dalla stanza, mollando tutto e tutti, per lidi ignoti ai mortali, stufa della noia, se mai ve ne fosse stata. Quelle stanze gli erano tanto famigliari, da trovare sorprendente esservi appena tornato, per scherzo o per caso che fosse. Spoglie come le aveva trovate, e lasciate, avevano un che di lugubre, peccaminoso, tornate ai rassicuranti fasti d'un tempo, era tutta un'altra Storia. Perchè di Storia pur sempre andavano trattando, certo, ci sarebbe voluto tempo, ma Storia sarebbero diventati, Storia e polvere.
Il nobile animale, amico di un'intera esistenza, riposava, il capo celato sotto un'ala, tranquillo, ed elegante sul suo trespolo, poco distante. L'ora non era tarda, certo, cenato si era cenato, come tradizione imponeva, ma l'intera serata era ancora in agguato, prolifica nella sua benigna quiescenza. L'emergere lesto del becco, lo sguardo fulvido, curioso, della nobile compagnia parve sfuggire al Mago, che proseguì gaudiente nell'opera, prima che l'inevitabile precipare della situazione, reclamasse una qualche reazione. Un paio di colpi, non propriamente un colpo di mortaio, in fondo.

*Toc Toc*

Il primo pensiero era sempre lo stesso.
Che avesse scordato qualcosa d'importante?
La soluzione era dietro la porta.
Nulla di troppo difficile, in fondo.
Del resto, gli anni dei problemi,
erano ormai felicemente alle spalle.
Sospirò, alzando lo sguardo.
Aveva il loro interesse.


Avanti.

 
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view post Posted on 17/2/2015, 22:29
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«Dialoghi»

Avanti. Quella parola, che sotto certi aspetti gli ricordava una parolina magica pronunciata completamente a caso, e forse, spesso, senza cognizione di causa, era ormai una parola sotto certi aspetti leggendaria. Non era forse quell'"Avanti", che il vecchio professore diceva a tutti, chiunque si presentasse accanto alla sua porta e ivi bussasse. Poi, la sua voce, - annotò Raven, - non era cambiata per nulla: stessa intonazione, stesso modo di parlare, quasi lo stesso accento, particolare, inglese, molto british, con una nota di intellettualismo profondo, e una nota di, ahimé, anzianità. Gl mancava quella voce, non poteva negarlo. Da quando se ne era andato, è come se fosse sparito qualcosa di molto simile a un amico saggio, una specie di fratello maggiore a distanza, che avrebbe saputo dire quel che importava quando importava; calmare le acque, riportare la calma e la tranquillità nelle anime delle persone.
Così non attese oltre: ascoltando quella voce, aprì la porta, e fece un calmo passo in avanti.
«Buongiorno.» - Sussurrò. Poi chiuse la porta dietro di se.
«Dove diavolo se la passava?» - Chiese quindi con un sorriso, forse un po' stupido, ma senz'altro molto curioso, stampato sul volto. E infatti: era sparito senza lasciar traccia, come se fosse un'ombra, uno spettro, e ora se ne tornava come se niente fosse, sempre seduto dietro a quella cattedra.
Vecchio farfallone.
«E' da due settimane che mi giungono nell'ufficio numeri del Profeta che la riguardano...» - Disse, poggiandoli sulla scrivania. Poi sorrise, poggiando dinnanzi al professore anche i cioccolatini.
«Ah... Bentornato.»
 
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view post Posted on 21/2/2015, 18:25
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Era statisticamente assai probabile che il tardo visitatore fosse una donzella, a sua volta studentessa. Per quanto idealmente più verosimile che potesse essere un collega a spingersi a cercarlo, la schiettezza e la ferocia dei numeri sembravano voler spazzare dal tavolo qualunque creativa ipotesi, prim'ancora che vi fosse il tempo di formularla. Eppure, era così, aveva i dati dell'anagrafe, da qualche parte certo, ma erano in quella stessa stanza. Sarebbe stato decisamente poco galante lasciar aspettare sulla soglia una per quanto inaspettata visitatrice, per concedersi il tempo di trarre con la giusta precisione il dado, congraturarsi con l'altro sè stesso per l'eccellente analisi, rimettere in ordine, tornare alla scrivania, e soavemente invitare ad entrare. Sarebbero potute trascorrere se non delle ore, almeno una mezz'ora, un buon giro di clessidra, anche con l'aiuto di Atlante, e di quanti fosse in grado di convocare così su due piedi. La capacità di perdersi in un bicchier d'acqua? O ingegnosamente ingannare l'attesa? In fondo, se era vero, come era vero, che la ormai assodata giovane avesse un deciso vantaggio di prima mossa, con ogni probabilità era giunta lì con un piano, già ampiamente pianificato, un discorso, un'introduzione, un piatto forte, ed un ineludibile problema, che avrebbe riguardato presumibilmente Storia, o la Biblioteca, dal canto suo, lui era nel suo ufficio, sulla sua poltrona, e non temeva per natura le visite inaspettate. Quanto le due cose riuscissero nel ricreare un equilibrio era dubbio, ma era comunque meglio di nulla.
Mentre la bronzea serratura scattava, ed i denti scattavano, facendo abbassare la maniglia, l'energico schiocco di uno dei ciocchi del camino catturò l'attenzione dei due quieti osservatori, mentre una colonna di scintille incandescenti risaliva la colonna di aria calda, su per la cappa del camino, perdendosi nei meandri millenari delle strutture del Castello. Troppo tardi, era entrato. Non era una Studentessa, e nemmeno uno Studente, o meglio, non lo era più. Un collega. O forse, per certi versi, continuava ad essere uno Studente? Non si rimaneva sempre Studenti agli occhi dei propri Professori, per quanti gli Anni ed i decenni potessero inesorabilmente trascorrere? Era davvero cambiato tutto? Qualcosa? Una minima parte? Un abbigliamento consuetudinario, l'aspetto di sempre, solo un poco cresciuto, in fondo, quanto era passato? Giornali, quello era insolito, ed una scatola. Un regalo? Altri giornali? Che dovevano farsene dei giornali? Una ricerca?


Buongiorno Mr Shinretsu, che piacere, mi domandavo quando sarebbe passato, la ringrazio.
In fondo, affinché tutto resti uguale, è necessario che tutto cambi, no? Ed i cambiamenti non sono mancati, nel bene, e nel male, dall'inizio della mia vacanza. Ma prego, si accomodi.


Pacato, tranquillo, allegro.
Non sembrava cambiato molto, in fondo, tra un rotacismo, ed un vocalismo, un accento forse peculiare, ed una pausa inaspettata procedeva nel suo loquire, invitando ora l'ospite a sedersi, salvo poi cambiare forse a mezz'aria l'idea, ed alzarsi, non senza qualche difficoltà, tra gli impedimenti della veste, del tappeto, e del trono, protendendo oltre la mano, candida, bianca, soffice, e calda, che odorava con insistenza di inchiostro e pergamena. Una stretta di mano? In fondo, per quanto sembrasse strano, paradossale, un collega era un collega, restava con ogni evidenza uno Studente, ma aveva anche messo insieme una serie di successi, di conquiste, era ancora nel Castello, ma con una funzione diversa. Una stretta non troppo forte, anzi, blanda, all'inglese, almeno in quello non sarebbe stato scozzese. Si sarebbero poi inevitabilmente accomodati, era già l'ora del The, era sempre l'ora giusta, come non sarebbe potuto esserlo?


Posso offrirle qualcosa?
Magari un The?
Immagino vi sia molto di cui discutere, ed è arrivato armato, noto.


Sorrise, divertito.
Aveva più del sorprendente che avesse iniziato a leggere il Profeta, che si interessasse al suo caso, o che fossero colleghi? Almeno dell'ultima ne era consapevole da tempo, qualche parola tra un pasto e l'altro l'avevano già scambiata. Ed era anche piuttosto convinto che presto o tardi si sarebbe presentato alla sua porta. Era sempre questione di naso, e tempo.

 
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view post Posted on 27/2/2015, 23:27
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Sì, un the. Un the era giustamente la cosa che più desiderava, quella che, gira e rigira, lo aveva spinto fin li, al primo piano, nel suo vecchio ufficio ove aveva bussato non una volta, e ove aveva già bevuto quel the così dannatamente delizioso. Quanti cucchiaini di zucchero vi metteva quell'uomo dalla barba folta? Quasi-quasi avrebbe voluto chiederglielo; quasi-qu<si avrebbe voluto farsi dare la ricetta. Fra tutte le cose che in uno o nell'altro modo cambiavano in quel mondo, il The di Peverell era quella cosa, che non cambiava mai. Lo si poteva bere a 20, 30, 40 anni e sarebbe sempre stato delizioso, buono; sempre nuovo, quasi come se il sapore del the cambiasse di volta in volta, stronzo e bastardo, come a volerci dare nuove spinte per venire a trovare quel vecchiaccio ancora, ancora e ancora, finché la morte non se la sarebbe portato nella tomba, o finché, più semplicemente, non gli sarebbe finito il the. Ma fintanto che se la prima sembrava impossibile (quell'uomo sembrava avere la vita lunga quanto quella di una tartaruga e li avrebbe vissuto più di tutti loro messi insieme), la seconda sembrava essere ancora più improbabile e impossibile della prima: le scorte del'erba non finivano mai. Erano un po' come quei falsi galeoni che se li toccavi si moltiplicavano: prima uno, poi due, quattro, otto ecc. Raven non lo sapeva ancora, ma sembrava proprio che il the di Peverell funzionasse secondo un meccanismo simile: più gente lo consumava quel the, e più the Peverell tirava fuori dal suo sacco. Ma avrebbe mai smesso?
Raven sospirò e sorrise, per poi sedersi dinnanzi alla scrivania.
«Un the penso possa andare bene, professore.» - Disse egli. Poi rapido aggiunse: - «Con una goccia di latte parzialmente scremato e due cucchiai di zucchero. Grazie.»
In fin dei conti, non era poi così vecchio e noioso come dicevano che egli fosse. Certo, la storia non sempre era affascinante, e non sempre riusciva a catturare l'interesse degli allievi, ma Raven doveva ammettere che l'uomo anziano dinnanzi a lui, era invece un uomo parecchio interessante, nonostante la materia che egli insegnava: due occhi profondi a formare un unico sguardo abissale, una barbetta folta, ma non troppo, stile scozzese, ma senza il whiskey vicino, una storia di libri scritti e pubblicati, forse sotto effetto dell'alcol sopracitato, forse no, e infine due mani che più che tenere salda la bacchetta, tenevano saldamente la piuma per scrivere.
Non era forse un mito?
«Più che armato,» - iniziò Raven, - «mi direi piacevolmente sorpreso. Insomma: era sparito tutto d'un tratto quando avevo passato i GUFO, e se ne torna ora, dopo 3 e più anni, ancor più giovane e in forza di prima. Cos'è?» - Chiese egli. - «Avrà mica trovato la pietra filosofale nel giardino di casa sua, mentre riposava sorseggiando il whiskey sulla costa nord della Scozia?»
Poi sorrise, divertito, indicando con il proprio indice i due giornali che si era portato dietro.
«Ne parlano tutti del suo ritorno. Due numeri del Profeta dedicati a Lei, alunni in giro che parlano di lei, e persino i professori, che la citano. Ancora un po', e con questa fama diverrà più popolare dell'ennesimo belloccio che gioca a Quidditch nella più alta Lega.» - Disse, iniziando a sorseggiare il suo the, qualora gli fosse arrivato.

 
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view post Posted on 5/3/2015, 00:25
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Anche quello sapeva del già visto.
Del già sentito. Del già vissuto?
Certo, con un'importante varianza al tema, una cara evasa quanto antica Variatio. Nessuna strana richiesta, nessun permesso da firmare, nessun compito di cui discutere, nulla che fosse in suo potere, più di quanto già non lo fosse nelle mani dell'altro. E che ne facesse l'altro, era un mistero? Forse non sino in fondo. Eppure, erano finiti i tempi del rendiconto, finiti i tempi di Hogwarts per certi versi, era iniziata una nuova fase. Che la stesse cavalcando? Che si stesse facendo cavalcare? Per quanto ciò fosse possibile, qual era più probabile? Quale meno? Eppure, ciò non toglieva che il tutto avesse alquanto del già vissuto, quell'intonazione famigliare, ed allo stesso tempo inedita, ancora viva ed energica, non qualcosa di contrito, vessato dal tempo e dalla successione sterile di un cerimoniale ormai vecchio, privo di un qualche senso, per quanto in fondo, tutto si mantenesse immutato, almeno nella forma. Era la sostanza ad essere mutata? Significante e significato si erano davvero scollati? Erano precipitati in un piacevole edonistico incubo barocco? O era tutto uno scherzo? Un sogno? Non era successo nulla. Era solo un'altra volta, un altro accadimento, di una lunga serie, di un ben definito programma. Cos'era accaduto di tanto oscuro, terribile, ma allo stesso tempo vitale, ed imprescindibile in quegli anni? Perchè qualcosa era accaduto.
Eppure, innanzi allo scuotersi dei Mondi, un'àncora di salvezza.
Un'àncora ancora ancorata lì.
Il The era ancora lì.
E bastava.
Detto fatto, il servizio parve animarsi allo spegnersi della richiesta del Giovane. Era stato chiaro a sufficienza, da non essere necessarie specifiche o rettifiche, la via era spianata. La gorgogliante e panciuta teiera già si avventava su un'assonnata, seppur preparata tazzina, pronta a raggiungere la postazione, inseguita dal bricco del latte, nella sua innocente fanciullezza, zampettando sulla scrivania, quasi scendesse un declivio delle Highlands, e braccata dalla foga della zuccheriera, menando per l'aria il cucchiaio d'argento, promessa di una terribile vendetta, a chiunque avesse osato mettersi in mezzo, frapporsi al suo alto uffizio.
Tanto valeva, che fosse il suo turno.


Un The anche per me, uno di zucchero. Vada per due.
Ormai mi faccio dettare l'agenda dalla zuccheriera, se è possibile...
Ma meglio evitare possibili vendette, se ci si mette. sa essere molto più che insopportabile!


Sorrise, divertito, mentre irriverente, la stessa zuccheriera, inveiva con veemenza, al suo indirizzo, lasciando scivolare nella tazza il secondo di zucchero. Vizi, e leggerezze della vecchiaia, i piaceri della pensione. Probabilmente vent'anni prima non si sarebbero capiti, poi era cambiato tutto, o meglio, era iniziato a cambiare. Almeno in parte. Vent'anni, erano pur qualcosa, avrebbe potuto scrivervi un libro. Era un'idea, sì. Doveva ricordarsene.
Era tornato, quello sì, sul più giovane avrebbe potuto sollevare qualche perplessità, la Pietra non l'aveva trovata, perchè cercarla in Cina? O in Giappone? L'avrebbe mai cercata, l'avrebbe presa se ne avesse avuto l'opportunità? La pietrà, non era un altro Graal? Un Graal forse più moderno, forse diverso, ma nemmeno troppo, ma in fondo erano la stessa cosa, che si ripresentava, tentazione della nuova epoca. Ed il Giornale, sì. Quel vizio di fare notizia. Per quanto avesse provato a smontare il caso, prendendo l'iniziativa, non aveva funzionato sino in fondo. Con buona pace di tutti. Per quanto fosse ormai passato un mese, e forse più, ed ormai il Natale fosse imminente, avevano ancora voglia di parlarne?


La ringrazio della gentilezza, ma gli anni iniziano a farsi sentire, nessuna Pietra ho scorto, ma probabilmente non l'avrei nemmeno raccolta. La pensione per quanto si possa pensare di rimandarla, presto o tardi va affrontata, e per quanto apprezzi la vita del Castello, essa mi vincola a lunghissimi soggiorni qui, gli impegni si accumulano lentamente, poi le pause estive diventano troppo brevi, ed il gioco è fatto. A volte bisogna dire basta, e confidare nella Tuke. Intende? Ad ogni modo, mio malgrado, son stato ben poco in Scozia, torno dal Giappone, ed i Peverell non hanno certo bisogno di pubblicità supplementare, lasciamoli parlare. Si stuferanno, prima o poi. Mi hanno già chiesto due interviste, ho accampato due ottime scuse, punto tutto sul Tempo. Crede possa farcela?

Era inevitabile.
Quanto sarebbero andati avanti?
Presto o tardi l'avrebbero pur finita.
Era un dato di fatto, incontrovertibile.
Un no, destinato a restare no, era pur sempre no.
Non era nulla di assurdamente complesso, e circonfuso di mistero.
Del resto, se perdevano lettori, era forse anche per quello?
Ah ecco! L'abbecedario quando andava dismesso?
Prima o dopo la scuola primaria? Era quello il punto?
Tornò ad osservare il gradito ospite, in fondo, c'era altro.
Sì. C'era.


Ad ogni modo, la Preside mi diceva che ora si occupa di Volo, ed anche di Serpeverde. Per quanto in tutta onestà trovi abbastanza discutibile la seconda, per quanto sia sempre stato un sui generis Corvonero, mi parli di lei, gli anni non passano solo per noi, in fondo, Raven. Per quanto i propri Professori son destinati a rimanerlo per tutta la vita, immagino che possa anche scegliere uno dei miei tanti nomi, e per comodità continuare ad usarlo. Ne ho talmente tanti, che finiremmo con il fare confusione, dovesse lasciarsi vincere dall'irrefrenabile impulso di continuare a cambiarlo. Del resto, per molti versi, posso affermare di conoscerla da diverso tempo, mi ricordo ancora dei suoi permessi, immagino possa anche scegliere una seconda persona, in questo secolo ormai è terribilmente di moda, e l'anagrafe sembra voler corroborare la pratica.

Il che, in fondo, era anche tutto vero.
Certo, magari strano, quasi sinistro, ma vero.
Ad ogni modo, un Tu o un Voi non sarebbero poi stati così peregrini.
In fondo, seppur strano, a sua volta, erano colleghi.
Il che non era poi così male.

 
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view post Posted on 11/3/2015, 21:55
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«Dialoghi»

«Mi occupo di volo da quando cammino.» - - Rispose Raven, prendendo il suo thé, fatto per come lo aveva richiesto, e se lo portò verso la bocca, tenendo la tazza alla inglese, dolcemente, soltanto con due dita, e sorseggiando anche dolcemente, piano-piano, quasi come a volersi gustare quei secondi, quei sorsi, come a voler mostrare al prossimo che lui poteva, ma altri no. Certo che lui poteva. Conosceva quel barbone (poteva dirlo, vero, per la sua barba lunga?), da quando era entrato al 3° anno, quando un certo Simon aveva fatto suo posto a qualcuno di migliore nel naturale processo di evoluzione; selezione naturale. - «Mentre, per quanto riguarda i Serpeverde, temo di doverla deludere, professore. Purtroppo, non sono mai stato un fanatico per quanto riguarda la vincita della Coppa delle Case, e considero quella coppa nient'altro che del metallo fuso.» - Disse sicuro, quasi sorridendo delle sue stesse parole. Poi volle aggiungere qualcosa, qualcosa di simile a: "Le vere battaglie si combattono la, fuori dalla finestra. In questo castello non ci sono che infanti pronti a pizziccarsi a vicenda". Pero tacque, ora prendendo un cucchiaio e mescolando, lentamente il the, ora rivolgendo sguardi e cenni d'intesa verso il professore, che considerava non solo un professore a caso, come di molti ce ne sono tra le mura del castello, ma considerandolo Il professore, una specie di mentore; un qualcuno che, seppur in minima maniera, lo aveva formato, affermato, e gli aveva permesso di essere quel che ora era.
«Di me c'è ben poco da dire.» - Rispose. - «Sono un semplice studente diplomatosi, e preso dalla Preside in veste di Docente di Volo soltanto per via dei risultati mostrati su un Campo di Quidditch. Niente di particolare su di me, dunque, mister... Ignotus?» - Chiese, quasi come a voler capire se quel nome, dei tanti nomi, poteva andare bene, o se, invece, avrebbe voluto che Raven lo cambiasse, magari con uno che gli si addiceva di più, magari con un "Henry" (che pur non centrando niente, era pur sempre figo), o con un Albus (poco figo, ma almeno aveva più senso).
«Sì.» - Rispose dunque. - «La fatica che dovevo fare ogni santissima volta per avere un dannato permesso non ha eguali. Se non sbaglio, stavo qui...» - "e bevevo il the, ovviamente" - «...cercando di farle capire quanto fosse importante per me scoprire gli angoli più remoti della conoscenza magica, e apprenderli. Era filosofia pura quella.» - Disse, quasi mettendosi a ridere, nel ricordare quei momenti e quei lunghi discorsi fatti proprio li, lui da Docente e Raven da studente. Ma del resto, che importava?.. Aveva sempre quel che voleva, e indipendentemente dal metodo e dal tempo, trovava sempre il modo. Morale o immorale, etico o no, non importava niente. Quel che contava era la vittoria. Il risultato. Il resto era superfluo.
«Gli anni si fanno sentire per tutti. Credo sia proprio per quello che, a differenza sua, la pietra la raccoglierei ben volentieri, professore.» - Sospirò Raven, sincero, quasi come a voler dire: "Voglio vivere in eterno. Voglio vivere per sempre. E ci riuscirò. In un modo o nell'altro. Del resto chi, se non io, nell'essere l'architetto della Storia?". Però tacque, quasi sorprendendosi nel sentire che Peverell tornava dal Giappone. "Cosa ci ha perso?" - volle chiedere. Però fece spallucce. E solo dopo parlò.
«Non vorrei chiederle cosa ci faceva in Patria, ma non so resistere: ha per caso dei parenti nel lontano Giappone?»
 
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view post Posted on 27/3/2015, 18:26
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Sorrise, il tutto aveva del ridicolo, se non solo divertente.
Si occupava di Volo. Quanto sarebbe stato utile accoglierlo, coprendolo d'insulti, sull'inutilità di un Corso dubbio, che sarebbe stato molto meglio cancellare? Ma forse non era nemmeno colpa sua, gli avevano offerto il lavoro, l'aveva accettato. Era davvero una colpa? Il responsabile non era seduto altrove, forse anche molto più lontano, a Londra? Qual era il senso della cosa? Infarcendo i programmi di Corsi ed argomenti inutili, come si poteva pretendere che diventassero anche utili? Qual era il fine? Semplice stupidità? Ignoranza? Superficialità? Altro? Quanto sarebbe stato legittimo attendersi che il giovane studente muovesse guerra al sistema, per cambiarlo? Cui prodest? Sarebbe stato lecito scaricare l'intero peso sulle spalle del giovane, a fronte di aver solo accettato quanto gli si era andato subdolamente offrendo? Quanta fantasia, quanto estro sarebbe stato necessario scomodare per urlare ad un presunto oscuro complotto? Lo era davvero? E Serpeverde. Anche quello, quanto era stato davvero avveduto, e ponderato? C'era dell'altro? Lì però una responsabilità più oggettiva era possibile rintracciarla. Se l'avevano voluto, poteva essere una colpa? Avrebbero potuto? Quanto poteva il volere, rispetto alla ferrea imperiosa aura di regole millenarie? Volere e necessità avrebbero potuto piegarle? Continuare a farlo impunemente? Avrebbe avuto senso continuare ad avere quelle regole? Erano già da tempo precipitati nell'Anarchia? Chi era il responsabile di tutto?
Era davvero il giovane Shinretsu?
Era lo stesso di quei permessi, lo stesso di quella poltrona, lo stesso di quei discorsi. Non era cambiato nulla? Qualcosa era cambiato. Una scelta peculiare, guidata dal sinistro beffardo istinto della Tuke, ed ormai era fatta. Ignotus per gli atti, per una parte di quel mondo delle ombre che aveva conosciuto anni addietro. Ma non era cambiata la sostanza. Quella era pressoché immutata. Destinata a rimanere tale, a perdurare nel Tempo. Era quello il suo destino? Cosa lo riconduceva nuovamente lì? Che avessero un conto in sospeso? Atlante l'avrebbe ricordato. Doveva. O la Magia. Con il passare del Tempo, i ricordi si sovrapponevano, confondendosi, troppi fili intrecciati, in dimensioni troppo variegate, dietro troppi costumi, alla ricerca delle risposte più improbabili. Quanti anni aveva davvero vissuto? Troppi? Era quello il problema?
Era davvero così vecchio?


Capisco Raven, immagino vi sarebbero molte Storie cui andrebbe resa giustizia, ma ovviamente non ci si può permettere questi lussi, tutti in una volta. Credo di non aver mai fatto mistero per la scarsa considerazione che nutro per Volo, no? O di quella sua infernale filiazione. E temo che le mie pressoché inesistenti doti atletiche abbiano ben poco a che fare, se i Numi ci avessero voluti abitanti del Cielo, son certo avrebbero provveduto altrimenti, ma non divaghiamo, sarebbe qualcosa di terribilmente lungo. Ad ogni modo, direi di sì, la poltrona è la stessa di allora, ed anche buona parte dei libri, magari non tutti, ma la maggior parte sono dei Peverell da diverse generazioni. Come avete provveduto in nostra assenza? A chi l'ingrato compito della firma?

In fondo, era piuttosto sicuro, che nonostante la sua assenza, si fosse comunque trovata una soluzione, anche magari non del tutto lecita. Il fatto che quel Reparto fosse proibito, per una qualche stramba ragione, dalla fondazione, sembrava non aver mai impensierito legioni di Studenti. Perché avrebbe dovuto impensierire lui in particolare? Il fatto poi che fosse, e non fosse, un Corvonero, sembrava voler confermare la tesi, corroborarla, spingerla al limite, ed oltre. Era vero?
Prese a sua volta il The, tornando ai piaceri della bevanda, tra le profusioni del vapor acqueo. La conoscenza, un affare sporco, per molti versi, come raggiungerla? Una querelle sul suo stesso significato. Cosa poteva significare spingersi a ricercarla? Come farlo? A quale costo? Era una lotta destinata al fallimento, la vittoria di qualche piccola scaramuccia, non avrebbe potuto invertire l'inesorabile destino di quella campagna, la guerra era persa. Non poteva essere vinta. Perché combatterla, allora? Perché dovevano? Era necessario? C'era soluzione? Poteva essere davvero appagata quella sete? Il rialzo esponenziale dei costi da sostenersi, e sostenuti, nell'inseguimento di quell'utopia, la rendevano e condannavano destinata al fallimento, ma era tale e totale, su tutta la linea? Qual era la linea del non ritorno? C'era un limite? Varcato quello, cosa cambiava nel bilancio complessivo della guerra? Nulla. Per quanto l'esplorazione dell'oceano procedesse, con alacrità, e speditezza, non c'era possibilità alcuna di passarlo, attraversarlo. Si era condannati a rimanere sulle rive, lì, incatenati alla terra. E la pietra.
Che ruolo ricopriva la Pietra in tutto quello?


Vede, per quanto questi angoli possano sembrare tali e remoti ad un primo sguardo, si renderà sempre conto che in realtà è condannato a restare confinato sulle rive di un Oceano inesplorato, ed inesplorabile. Nonostante i prezzi che sarà chiamato a pagare per avanzare, passo dopo passo, sempre più esorbitanti, tali da spingere al dubbio sistematico qualunque ferrea volontà, gli avanzamenti verso le profondità di questo Oceano sono condannati a restare infinitesimali. A quale prezzo? Sono anni che cerco di metterla in guardia da una guerra che non può essere vinta. Crede davvero che la Pietra possa essere raccolta? La Pietra è sempre stata una peccaminosa tentazione posta lungo il nostro cammino, non ha nulla da offrirle. Nulla che in realtà non abbia già imparato a conoscere lungo il cammino che l'ha condotta verso la Pietra stessa. In fondo, le probabilità di trovare davvero per caso una Pietra per strada, sono talmente irrilevanti, da essere costretti a pensare, che in realtà vi sia dietro qualcosa, o qualcuno, di più grande, no? La Pietra è sempre stata una tentazione, una prova, cui presto o tardi ogni buon Alchimista è chiamato a confrontarsi, nulla di più, nulla di meno. Non è, e non vuole nemmeno esserlo, la soluzione di ogni nostro problema. Non esiste la panacea di tutti i mali, come potrebbe? Non trova?

L'intera questione stava sfuggendo rapidamente di mano. Parlavano ora del più e del meno, subito dopo della Pietra, del suo valore, e non valore. Che fosse necessaria una decretazione d'urgenza, per uscire lesti dal pantano, prima che non fosse troppo tardi? Esisteva un limite che era bene non superare? O era tutto parte di un disegno più ampio, e quindi, inutile preoccuparsene? Era destino che finissero per discuterne, e quindi opporsi era cosa vana, e sciocca? C'era altro? Quanto poteva il Burattinaio? Quante volte avrebbero avuto quella conversazione? Con quali esiti? Era opportuno indagarli tutti? O non importava davvero più di quel tanto? Cosa doveva emergere? Cosa era destino che ne risultasse? Perché qualcosa doveva pur esserci. Non era possibile altrimenti. Un appiglio? Il Giappone? Era davvero l'appiglio che andava cercando?

Effettivamente i tratti giapponesi mi sono tanto famigliari, da scordarmi che lei è giapponese. Comunque no, non posso vantare nessuna ascendenza che non sia europea, siamo un vecchio Casato, temo sarebbe stata una rivoluzione tale da aver stroncato più di un Avo, una decisione del genere, se mai fosse stata anche solo pensata. Come probabilmente sa già sono uno Storico, diverse delle mie teorie più importanti vedono l'Oriente come eccezione alla regola, ostacolo a che diventino Leggi, il che mi ha sempre costretto a lunghi soggiorni in quelle lande. Poco dopo il mio addio, ero tornato in Oriente, in Cina, ed a seguito degli ormai noti attacchi mi trasferii poi per buona parte del tempo rimanente in Giappone. Avevo diversi amici, diversi colleghi, qualcuno è morto. Una triste Storia nel complesso, ma non tutte possono essere come vorremmo.

Tornò al The.
L'amaro in bocca.



Je suis désolé pour le retard, Leò!
 
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view post Posted on 2/4/2015, 14:03
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No, - volle rispondere Raven. Non aveva mai fatto segreto della sua scarsa considerazione del volo, e questo Raven lo sapeva bene, tanto che, seduto sulla poltrona dinnanzi ad Albus, non si sorprese affatto. Il vecchio professore era un professore, ahimé, di vecchio stampo: amava ciò che una cultura classica, forse aristocratica (se non aristotelica, ma chissà?) gli permetteva di amare, e odiava tutto quel che non apparteneva a quella cultura. Una personalità relativamente normale, dunque. Un aristocratico di quelli della vecchia età, tanto che nel sentire le sue parole (ascoltare le sue considerazioni sui numi gli fece stampare un sorriso sulle labbra, tanto che si ricordò di commentare poi, in seguito, ciò che aveva sentito), a delle volte anche un po' tirate per le orecchie, Raven rimase calmo e impassibile, un po' divertito, quasi come se il simpatico personaggio che aveva davanti raccontasse una serie di allegorie fantasmagoriche abbastanza simpatiche.
«Il suo discorso non fa una piega, professore.» - Disse allora, ribattendo a sua volta. - «Solo che stando a quanto detto da lei, non dovremo imparare né la storia, né la trasfigurazione, né gli incantesimi, né, tantomeno, la difesa dalle arti oscure. Del resto, se i numi avessero voluto darci la conoscenza di queste materie, saremmo nati già ideali, con il tutto, la teoria e la pratica, ben fissati e appresi nella nostra mente ancor prima che nascessimo.» - Perché lo aveva detto? Semplicemente per mostrare la grossa (e divertente) falla nei ragionamenti del professore. Non per cattiveria, o per altro. Del resto erano aristocratici entrambi, perché allora non mostrare che ogni materia, a dir sì voglia, sarebbe potuta essere inutile? Quindi decise di non dilungare fin troppo un brodo che non reggeva, e sorrise. Ancora una volta.
«In sua assenza, nessuna firma. Professore. Me la sono cavata senza le firme, e, devo dire, abbastanza egregiamente anche.» - Disse ancora. Poi bevve il suo the, lasciandosi ai piaceri della bevanda e dei aromi strani. Colpivano. Erano buoni. Peverell, del resto. Classe pura, non senza un pizzico di falle logiche.
«Vede, per quanto questi angoli possano sembrare tali e remoti ad un primo sguardo, si renderà sempre conto che in realtà è condannato a restare confinato sulle rive di un Oceano inesplorato, ed inesplorabile. Nonostante i prezzi che sarà chiamato a pagare per avanzare, passo dopo passo, sempre più esorbitanti, tali da spingere al dubbio sistematico qualunque ferrea volontà, gli avanzamenti verso le profondità di questo Oceano sono condannati a restare infinitesimali. A quale prezzo?» - Diceva Peverell. Raven tacque, serio. Quelle parole, le parole che gli sembrarono provenire dalla bocca di un folle deluso, lo mandarono in una breve agitazione: se si fosse trovato dinnanzi ad una scacchiera, avrebbe ribaltato i pazzi, e buttato giù dal tavolo la scacchiera, magari lanciandola in testa al suo avversario, e sperando, sempre con molto piacere, che la scacchiera gli bucasse il cranio. E invece non lo fece. Si mantenne calmo, rigido, come sempre.
«Al prezzo dell'onore.» - Rispose, non senza note allarmanti nella propria voce. - «Se anche ci trovassimo sulle sponde di un oceano infinito, inesplorato e inesplorabile, sarebbe la differenza tra quelli che mantengono l'ordine e lottano, e quelli che si lasciando andare in preda agli istinti della carne e alla disperazione nihilista a stabilire le gerarchie tra gli uomini. » - Poi continuò: - «Credo che possa essere trovata, non raccolta. La sapienza la si trova, ma raccoglierla? hehe No. Raccoglierla no. Non si può raccogliere l'energia usando un secchio. Ma trovarla... sì. Si può.» - Poi si fermò, ancora assaporando il suo te, e ponderando bene le prossime parole, date in risposta alle parole del vecchio.
«La panacea di tutti i mali? Eppure la panacea di tutti i beni l'abbiamo inventata anni e anni dietro.» - Disse serio. Poi aggiunse: - «Non pretendo che la pietra sia la panacea. Pretendo che sia un percorso per arrivarci alla panacea di tutti i mali. Del resto, una possibilità non la negherei a nessuno, Ignotus.»
Quasi finendo il suo te, ebbe quindi da ascoltare il motivo dei lunghi soggiorni in Giappone. Motivo? Era uno storico. Perché allora non viaggiava per l'Europa, volle chiedere. E invece si trattenne. Troppe domande facevano male. Si limitò soltanto a un'asserzione, quasi un invito:
«Capisco.» - Disse. - «Se dovesse mai andarci di nuovo, me lo dica. Potrei farle compagnia, o almeno riservarle un locale di mia conoscenza che sia all'altezza del suo Casato.»
 
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view post Posted on 22/4/2015, 22:28
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Che tutto si stesse già complicando?
In fondo, c'era anche da aspettarselo. Nulla d'inatteso.
Per molti versi si conoscevano, e non si conoscevano. Quel discorso, quella conversazione era nell'aria da troppo tempo, per essere evasa in scioltezza, del più, e del meno, del tempo, della cena precedente. Che si potesse quindi trarne un problema? Era un problema? Lo sarebbe stato? Eppure, gli anni passavano, molto era cambiato, era sino in fondo lo stesso Uomo d'un tempo? Quanto era cambiato soltanto negli ultimi cinquant'anni? In tutto, e nulla. Troppo, e troppo poco. Qual era il metro di giudizio? Quale l'unità? Com'era possibile misurare il cambiamento di un Uomo? Era una questione di personalità? O si andava oltre? Ed il suo giovane interlocutore? Quanto era cambiato in quei pochi anni? In fondo, cambiare per certi versi era bene, per altri male, come discriminare certi casi, dagli altri? Possibile che fosse tutto così ineffabile, e nebuloso? C'era un qualche confine, che non sarebbe dovuto essere valicato? O era tutto lasciato al sentimento? Il Vecchio aveva taciuto, in fondo, per quanto i soliloqui lasciassero grandi soddisfazioni, presentarsi ad un colloquio, era già di per sè una tacita affermazione di aver qualcosa da dire. Senza, a che pro? Abbandonato sulla comoda seduta, studiando la ceramica della tazzina, poco distante, attendeva il giovane. Era certo sarebbe venuto. Volo, che razza di materia poteva mai essere, in fondo? Un corso di Volo, aveva del ridicolo. Si poteva davvero applicare lo stesso principio a qualunque altra cosa? Era possibile? Volo. Era davvero necessario un corso su come fare la barba? Su come sfilettare un persico? O poteva comunque essere tutto fatto, alla buona, senza troppo scandalo. Era davvero compito di una Scuola? Tornando a poggiare le mani sul piano, riprese. Una risposta. Ecco, di quello c'era bisogno.


In realtà, non penso che sia propriamente così, Raven.
Abbiamo avuto le capacità per dominare e plasmare il Globo, e non abbiamo lesinato nel farlo. Se grazie a queste, siamo giunti a dominare i cieli, tanto meglio, se ciò riesce a riscuotere l'apprezzamento di giovani come lei, ben venga. Eppure, noi siamo una Scuola, Hogwarts lo è, e non sono così certo, perdoni la franchezza, che molti programmi meritino anche solo una clessidra d'attenzione. Un Anno di Storia, di Trasfigurazione, di Volo, non ne intravede la sottile ironia? Volessimo astrarci dal Volo, di per sè, riterrebbe obbligatorio istituire un corso d'etichetta? No, eppure sarebbe quanto mai doveroso. Per quanto non dubiti delle sue abilità, non sono poi così certo sia indispensabile un Docente, per qualcosa del genere, o che ciò debba essere obbligatorio. I nostri programmi celano uno sterminio di non sensi, ormai sembra che la Morale abbia vinto sulla realtà, ma in determinate circostanze si è più propensi a chiudere un occhio che non in altre. Le Arti Oscure esistono, tanto varrebbe ammetterlo, e semmai discutere del perchè di tale aggettivazione, piuttosto che celarsi dietro ad un dito. Ma che vuole farci?


Un sorso di The, poteva anche starci.
Tornò dritto, sulla poltrona, prima di afferrare la tazzina.
Un The, non c'era fretta, e ne avrebbe avuto per ancora.
Ma ecco, l'Onore venire a bussare alla porta. Chi era?


Ah! L'onore, sì.
Cos'è l'Onore?


Sorrise.
Una parola antica.
Omnipresente, omnicomprensiva.
Possibile che fosse sempre davvero la risposta?
O era semplicemente l'ennesima scusa? Un paravento?
Uno dei tanti, certo, non il maggiore, ma ben classificato.
Come metterla invece con la pietra? In fondo, poteva?
Poteva anch'essere vero. Trovarla, ma raccoglierla?
Un percorso verso la panacea. Verosimile?
Si sarebbe potuto dire d'accordo?
Lo era davvero, sino in fondo?
Poteva esigere? Volere?
Una possibilità.


In effetti, su questo mi trova in parte d'accordo. La sapienza può essere trovata, ma non raccolta, ma quanto troviamo, giacchè l'abbiamo trovato, e trovandolo lo rendiamo definito, e definibile, e dunque limitato nel tempo, e nello spazio, sarà per naturale conseguenza limitato, e quindi incompleto. La Pietra vuole essere la Sapienza, il suo ideale, l'archetipo stesso alla base di ciò, può essere davvero trovata? Certo, presumere che esista un percorso di tal fatta può essere rassicurante, incoraggiante, eppure, non per questo vero. Anche in questo caso il rischio che corriamo è nasconderci, e vivere all'interno di una bugia, tradendo la realtà, o essere realisti sino alle sue estreme conseguenze. Di cosa possiamo davvero essere certi?

Certezza.
Esisteva davvero?
O era semplicemente uno scherzo?
La conversazione proseguiva, lontano.
Infine si decise a staccarsi dalla tazzina.
Che tornò sul suo piattino, e lui allo schienale.
Un Giapponese, in Giappone. Poteva essere un'idea.
Tornò a sorridere. Locande giapponesi.
Il balzo della quaglia per il libro?


Assolutamente, ha la mia attenzione.
Non sarà molto presto, ma la terrò aggiornata.
Potrebbe essere relativamente più facile, ora.

 
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view post Posted on 9/5/2015, 12:35
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Per un attimo, ascoltando le risposte del professore, Raven ebbe da chiedersi se fosse impazzito quasi del tutto, o se, nel mentre che era fuori, un qualcosa abbia colpito il suo cranio con una forza sufficiente da fargli balzare via tutta la lucidità che poteva vantare prima della partenza. Volle chiedergli il motivo per cui parlasse così dei programmi che, secondo lui, meritavano d'attenzione o meno. Eppure, davvero poteva dire che la conoscenza della storia, in un qualche strano modo, potesse essere all'allievo più utile di una scopa in una situazione difficile? Per Raven la risposta era chiara, tanto quanto era chiaro il folle sfondo che si piazzava, in agguato, dietro a ragionamento simili, sprovvisti non solo di logica, quella basilare, ma persino del più comune buonsenso. Ogni parola del vecchio gli sembrava essere stata immersa nell'ombra più oscura, un po' come se prima aprir la bocca, riuscisse a lavare ogni sillaba nella fanghiglia più sporca, asciugarla al sole, e portare a Raven il prodotto più lurido di un simile esperimento: l'odore marcio dell'impossibilità di ragionare in maniera pura e lucida. Per un attimo Raven si chiese, se, forse, era proprio lui, il giapponese, nell'avere torto. Poi però sorrise.
«Il compito dei professori, professore, è quello di permettere la crescita di individui sviluppati e pronti in tutti i campi. Che sia Difesa, Volo, Trasfigurazione o Storia, un mago laureatosi a Hogwarts dev'essere brillante in tutto e su tutto. Se poi pensa che il Volo, in una qualche strana maniera, non meriti l'attenzione dei più, allora penso che lei debba venire con me sul Campo e chiedersi il motivo per cui il Volo venga insegnato solo al Primo anno, e non, come magari la Storia della Magia, tutti i 7. D'altro canto, non posso che chiedermi il contrario di ciò che si chiede Lei: davvero serve un corso istituzionale per insegnare ciò, che si può benissimo trovare scritto, a chiare lettere, sui libri?..» - Sorrise ironico. - «Un mago che non sa usare una scopa da volo, perché non glie l'hanno insegnato, e perché, ahimé, è tutto fuorché facile, è paragonabile a un albero di ciliegio incapace di fiorire, o a un falco, incapace di spiccare il volo: può, ma non vuole; può, ma non glie l'hanno insegnato. Paradossale, non trova? Uno spreco di talento, di capacità, di personalità. In fin dei conti, una sconfitta anziché una vittoria.»
Disse. Poi tacque, ascoltando la domanda dei professore. Che cos'è l'onore, chiedeva. Vi ci poteva mai essere una domanda tanto banale? Sì, che ci poteva essere.
«E' ciò che le fa essere un uomo, e non una pianta.» - "E' ciò che le fa essere una persona che crede in qualcosa, e non un tavolo, un cucchiaio, una forchetta, o, ahimé, una scopa da volo". Sapeva già cosa il vecchio avrebbe risposto. Un qualcosa di simile a "ma è il pensare, che ci...". Eppure molte persone pensavano per davvero, ma da una pianta non si differenziavano poi molto.
Poi sorrise.
«Davvero credo che ciò che lei può trovare, non possa essere indefinito, astratto, infinito e allora non completo, ma sicuramente tendente verso il completo? La pecca del suo ragionamento sta nel "trovandolo lo rendiamo definito": quasi come non possiamo trovare una porta per l'universo intero, per l'iperuranio, per l'essenza dell'essenza, per il mondo delle idee, oppure, per la città di Qaanaq. Sbaglio, o nella sua assenza è diventanto meno logico e per questo più matematico? Non si presuma nulla, professore. Si sa. Un mago, a differenza di un babbano, non presuma che la magia esista. Un mago sa, con una certezza assoluta, che la magia esista. Perché l'ha sperimentata. E allora, se anche una persona X ha sperimentato il contatto con una realtà infinita, indefinibile, astratta e pur presente, per qual motivo deve credere che quella sia un'illusione e ciò che invece ha intorno sia, invece, una realtà "vera"? Eppure, non credo che serva davvero dividere la realtà e la non realtà: fintanto che l'illusione nasce dalla realtà stessa, è un suo elemento, e quindi è reale anch'essa. Il discorso allora non sta nel definire un oggetto, ma nel poter dividere il vero del reale dal falso del reale. Proprio ciò che, ahimé, uno stato mentale come quello "filosofale" permette di fare, ad alcuni meglio che ad altri, ma tant'è... »
Sorrise, permettendosi un altro sorso di the, con questo finendo il dialogo, e con fare educato, rivolgendosi verso il professore.
«Su questa nota, temo che il nostro incontro debba necessariamente concludersi. I compiti chiamano. Prima li scrivi, poi li correggi. La vita... Spero però di rivederla, e si ricordi dell'invito. »
Poi, con un cenno del capo, si avviò verso la porta. Li le scale, i corridoi, e infine il suo ufficio.
 
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view post Posted on 25/5/2015, 10:51
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Per certi versi aveva del ridicolo.
Per altri decisamente meno, certo, eppure...
Voleva davvero convincerlo della sensatezza di trascorrere le giornate a cavalcioni di un pezzo di legno? Non ci sarebbe riuscito, era poco, ma sicuro. Figurarsi. Il paragone avrebbe spaurito il più imprudente degli affabulatori, terrorizzato il più fervente dei pubblici, ed incancrenito la migliore delle orazioni. Com'era possibile pensarlo? Le bellezze della Storia, le conquiste della Trasfigurazione, le sottigliezze delle Pozioni, barattate per qualche corrente d'aria, stivali infangati, e meteo avverso. Quante reincarnazioni sarebbero dovute ancora passare? Quanti anni ancora prima che anche solo il pensiero potesse affacciarsi al vaglio della ragione? Certo, di tanto in tanto, poteva anche dimostrarsi utile, ma come non avrebbe potuto? Anche imparare la lingua delle acromantule, o ad accendere il fuoco con sassi e legna si sarebbe dimostrato forse utile un giorno. Non per quello qualcuno avrebbe mai potuto sostenere vi sarebbe stata urgenza, o necessità, di istituzionalizzare un corso. Tolto quello, vi sarebbero state buone probabilità di estirpare pluffe e bolidi, una volta per tutte. Un'occasione perfetta. Una prima sospensione era già una prima conquista, l'annichilimento avrebbe richiesto un po' di pazienza aggiuntiva, ed un attacco combinato al momento giusto. Nulla di irrealizzabile. Eppure, il giovane Collega era pur sempre libero di credere a quanto più ritenesse vero, e giusto. Ne era sinceramente convinto? Non avrebbe avuto motivi per dubitarne.


Immagino di poter capire Raven, ma siamo ben lungi dal poter concordare. Ma temo già lo sapesse. Ha ragione, è compito di un Professore fornire una preparazione quanto più vasta, e completa possibile, sul maggior numero dei campi, ovviamente il punto dirimente è quali siano questi campi. Se per taluni l'evidenza ci viene incontro, oltre agli Antichi, qualora la prima non fosse bastevole, su altri il tutto si fa più ambiguo, incerto, dubbio. Cos'ha in più o in meno il Volo di altre potenziali materie? Perchè l'uno, e non altro? Deleghiamo ad altri l'ingrato compito, alle famiglie, al Ministero, ad una qualche associazione. Ma avremo sicuramente modo, anche per la pianta.

Ormai erano giunti alle battute finali.
Tutto correva avanti, precipitava, si faceva irruento.
Era davvero solo quella la pecca del ragionamento?
Per certi versi avrebbe voluto augurarselo.
Era abbastanza certo che così non fosse.
In fondo gli anni passavano per tutti, no?
Si alzò, incamminandosi verso la porta.


Gli anni passano per tutti Raven, per lei, ma anche per me. Vorrei sperarlo che il mio ragionamento abbia solo quella falla, ma temo sia alquanto remota come possibilità. Potrebbe anche aver ragione lei, perchè no? Ci rifletterò, e farò un salto al Campo, quando riuscirò a sbrogliare la matassa. Ha la mia parola. Le auguro quindi una buona giornatra, e grazie di essere passato.

Anche quella era finita.
Tempo di tornare alla normalità.
Aveva qualcosa da ultimare.
Almeno provarci.

 
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