L'inizio dei giochi?
Il momento della verità?
La porta scivolò lesta sui cardini come d'abitudine, sollevando gli occhi dal foglio, mentre riponeva risoluto la piuma, scorse un'ombra rossa occupare la soglia. Era lei. Gli Studenti sarebbero stati in un più funereo nero, ed anche un filo più bassi per la maggior parte. Entrò. Era lei. Sollevò infine lo sguardo, i compiti avrebbero atteso. Avevano ingannato sapientemente l'attesa, ed era finita. Ci sarebbe stata occasione, tempo, e modo. Non c'era fretta. Perché guastarsi l'umore, quando si poteva fare altro? Era così semplice, immediato, a portata. Si illuminò, era lei. Non c'era dubbio. Theodore ci aveva messo una buona parola, ed era sufficiente, almeno per iniziare. Ed il rosso era un'ottima scelta, già di per sè. Rosso e blu. Avevano un che di classico, del già sentito, e gustato, una composizione rinascimentale, Bene e Male, sacro e profano. Giovane, quanti anni poteva avere? Un miracolo che fosse già uscita dal Castello, lo sguardo parlava per lei, non era nuova, era già stata lì, forse una Grifondoro? Un Auror, ci poteva stare. O forse, per ironia, una Serpeverde? Non una Tassorosso, no, non ne aveva l'aria, e non si sarebbe certo sbagliato su quello. Ma quanto poteva aver peso? O rilevanza? In fondo sembrava la norma, per chiunque volesse mettere piede nel Castello, essere giovane, che li assumessero per quello? Avesse fatto domanda, sicuramente avrebbe già evaso una parte dei criteri, se poi era riuscita al Ministero, in via teorica sarebbe riuscita anche lì. Ma non era il caso nemmeno di pensare a quello, si sarebbe solo creata un'ulteriore grana.
Giovane, di fretta come tutte le altre?
Ecco, la conferma ufficiale, era lei.
Goodheart.
Una rinfrescata era sempre utile, del resto. Gli sarebbe anche potuto sfuggire, in fondo. Ma non era il caso, se lo ricordava, avevano ripassato il programma non molto tempo prima, prima di congedare Atlante. Certo, non che corresse rischi, l'eventualità di abbandonare prima del tempo l'Ufficio per andare a zonzo per il Castello era talmente remota, che perdersi l'ospite anche se non l'avesse atteso, sarebbe stato impossibile, ma sicuramente si sarebbe fatto trovare in una tenuta meno formale, e decisamente più comoda, forse anche in attività più fraintendibili, come sovente capitava. In fondo, non gli importava. Ad una certa età era anche tempo di fregarsene. Non senza qualche difficoltà si alzò a sua volta, mentre la porta si richiudeva, e la giovane procedeva spedita, a passo di carica. Libri. Sì. Era prevedibile, no? Nulla di troppo strano. Era uno Storico, un Professore, vecchio per giunta, come avrebbero potuto mancare? Darsi alla macchia? Rinunciarvi? Che condividesse? Non si era preso la briga di condurre delle ricerche, in fondo, era garantita, il resto sarebbe venuto da sé.
Era alta, andava riconosciuto, ma non altissima, o comunque meno di lui, il che andava comunque bene. Aveva già guadagnato la scrivania, quando infine si issò, tra il tappeto, la veste, il mantello, il trono, non proprio il massimo della velocità o della comodità. Certo, lamentarsi no, se le andava cercando, pur sapendolo, ma tant'era. Sorrise alla giovane, allegro. Ormai non mancava molto. Il braccio teso, la scrivania come divisorio, non ancora una parola. Una mano sotto la sua tesa, una sorta di antiquato inchino, l'altra dietro la schiena, quasi a volerne mantenere l'equilibrio, mentre il busto si sporgeva avanti, il volto in giù, ad inseguire la mano protesa nel vuoto, in quella che nel compiersi del movimento sembrava diventare una complessa disciplina olimpica, che dovesse tener conto del vento, dell'ambiente, e degli ostacoli frapposti. In quel caso, la scrivania complicava sufficientemente il tutto. Ma non si perse troppo d'animo. Una vita d'esperienza. Non arrivò mai sino in fondo, giunto a quello che gli parve un buon punto ritornò sui suoi passi, mentre il tintinnare festoso del reggimantello sembrava voler annunciare l'arrivo imminente della fanfara, tornò ad osservare la Giovane. L'altezza degli occhi era circa quella giusta, in fondo.
Enchantè, mademoiselle Goodheart.
Sir Ignotus Albus Edward Peverell al suo servizio!
Il piacere è indiscutibilmente nostro, la ringrazio del suo tempo, ed anche del marzapane, non doveva disturbarsi, in fondo, è nostra gradita ospite, non il contrario. Ma ho anch'io qualcosa per lei, come da tradizione, ormai son troppo vecchio per venir meno, e sono un Peverell, capirà bene.
Sorrise lieto, affabile, mentre tra vocalismi, e rotacismi proseguiva in quella che aveva l'aria di essere un'orazion picciola, ormai divenuta parte della normale amministrazione, ma non per questo meno sentita, o più noiosa, ed entusiasta di quanto non si convenisse ad ogni buona circostanza. Con fare esperto, improvvisamente munito, fece comparire una rosa bianca, ed un giglio, che offrì alla Giovane, con fare galante. Anche quello faceva parte del gioco, ma per quanto fosse ormai consuetudine dalla Conquista di Edoardo, non per questo era meno sentito, o meno entusiastico. Il passato aveva ancora qualcosa da insegnare, ed avrebbe continuato a farlo. Parlava un pulito anglosassone, imbastardito di tanto in tanto da prestiti forzosi di normanno, come se in fondo, vi fosse ancora un legittimo dubbio su chi infine sarebbe prevalso, e non si volesse recar offesa a nessuno dei possibili vincitori. Non si sopravviveva ai secoli facendosi inutilmente nemici, era una lezione importante. Pause inaspettate, ed accenti strambi, condivano la vulgata non troppo volgare, in fondo, era anche bene adattarsi a chi si era destinati ad essere.
Per lei.
Ma prego, si accomodi.
Posso offrirle qualcosa? Magari un The?
L'ora sembra promettere bene, in fondo.