Non multa sed multum

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view post Posted on 17/2/2015, 17:59
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«And the only solution was to stand and fight» Merlino ballerino!

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Quando aveva visto il nome del mittente sulla pergamena che un grande gufo reale le aveva recapitato a sorpresa in ufficio, non era riuscita a trattenere un esterrefatto "Coooosa?!?", accompagnato da uno degli sguardi più increduli che i suoi occhi bicromatici fossero stati in grado di esprimere.
Tra tutte le persone da cui non si sarebbe mai aspettata un gufo (in primis quella mezza matta di Hazel, che di solito mandava direttamente il suo fwooper, ed era un vero miracolo il fatto che lei fosse ancora sana di mente dopo 3 anni di quel trattamento), non solo quel nome non era l'ultimo della lista, ma nemmeno vi figurava.
*Ignotus Albus Edward Peverell*. Nientepopòdimeno che l'ex direttore della Gazzetta del Profeta, nonché (stando a ciò che aveva letto in un vecchio fascicolo schedato in qualche punto imprecisato del suo archivio) membro del Wizengamot, ed ex Vice-Preside di Hogwarts. Era assolutamente inaspettato, non c'era che dire. *Accidenti. Qui, o mi vogliono processare per non so ancora cosa, oppure non so proprio dire cosa mi voglia comunicare*.
E invece, niente processi, a quanto pareva. L'esimio "Prof. Ignotus A.E. Peverell", come da firma, le scriveva per richiederle molto cortesemente un colloquio, specificando che aveva avuto il suo nome da un certo Theodore Feynman, "mio stimato collega dell'ufficio Applicazione della legge sulla Magia". Avrebbe voluto, la signorina Goodheart, essere così gentile da accettare l'invito e raggiungerlo nel suo ufficio, presso la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts?
La ragazza inarcò il sopracciglio del suo occhio scuro, comodamente seduta sul cuscino arancio chiaro del suo ufficio. Non aveva proprio idea di cosa potesse trattarsi, e a dirla tutta, l'idea di una conversazione con Peverell le metteva una certa soggezione, conoscendo la sfilza di titoli (sicuramente incompleta, almeno così immaginava lei) che ne precedeva il nome. Ma d'altro canto, il tono della missiva era tutt'altro che severo o inquisitore, e c'era da dire che la cosa le metteva non poca curiosità. Beh, in fondo, perché no? Avrebbe potuto rivelarsi davvero molto interessante, senza contare la possibilità di un incontro con un personaggio così colto e in vista.
Estrasse dal secondo cassetto della scrivania un foglio di pergamena, afferrò con gesto leggero una lunga penna rossa, e confermò con la sua calligrafia tondeggiante e armoniosa l'accettazione dell'invito. Il grande e solerte gufo reale, che non aveva staccato gli occhi da lei per tutto il tempo, le volò sul braccio come se non avesse aspettato altro che quella pergamena di risposta; se la fece docilmente legare ad una delle zampine e subito spiccò il volo, ripartendo elegante verso dove era venuto.

***


Il cortile di Hogwarts era discretamente pieno di studenti, segno che i corsi erano quasi finiti, almeno per quella giornata. Aquileia camminava con passo armonioso, senza tradire il vago nervosismo che sentiva nel pensare all'imminente incontro con l'esimio Professore. Avvolta dalla sua mantella rossa (la sua preferita), si avviava verso il grande portone d'ingresso, stringendo tra le mani un pacchettino di medie dimensioni, avvolto in carta verde pastello e sormontato da un piccolo e sobrio fiocchetto decorativo bianco. Al Professore sarebbe piaciuto il marzapane originale di Lubecca? Era tornata da un breve viaggio in Germania solo due giorni prima, portandosi dietro una bella scorta di squisiti dolci fatti con quella pasta assolutamente sopraffina. Ci aveva lasciato un bel po' di galeoni, questo era vero, ma ne era valsa davvero la pena. Per il professore, aveva scelto una tortina a sottili strati alternati di marzapane e crema, ricoperta con un velo di cioccolato fondente, l'ideale per stemperare il dolce a volte eccessivo di quella buonissima farcitura. *Speriamo che gli piaccia*.
Entrò nell'imponente atrio al pianterreno, e schivando due corridori Grifondoro (*primo anno, ci scommetto*), iniziò a salire le scale dirigendosi al primo piano, come indicato sulla pergamena che aveva ricevuto. Raggiunse in breve il corridoio che stava cercando; salutò con un cenno del capo un'elegante dama cinquecentesca che la scrutava, regale, da uno dei quadri appesi alla parete, e finalmente si ritrovò davanti ad una grossa porta di legno scuro. Si sistemò la solita ciocca biondo scuro che non mollava mai il suo occhio azzurro, e bussò gentilmente tre colpi alla porta.
 
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view post Posted on 17/2/2015, 19:41
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Un'altra giornata si avviava ormai a conclusione, le lezioni erano terminate, e non doveva certo mancare molto alla cena, Giusto il tempo di un colloquio, un The, e via. Le giornate dei primi giorni d'autunno ormai s'andavano accorciando, con precisione e minuzia fiamminga, al pari di un grande Maestro di quel piccolo Paese, avevano iniziato la loro lunga marcia verso quell'inesorabile epilogo, già da qualche pomeriggio, e la cosa non era stata che evidente. Le giornate si accorciavano, l'Astro cedeva il passo a Selene ed alle Ombre prima del tempo, o proprio nel momento in cui si sarebbe aspettato l'avesse fatto, così com'era stato da qualche migliaio di anni a quella parte, secondo cicli imperscrutabili, e misteriosi, aldilà dell'umana comprensione. Indispettita, imbruttita, vessata quasi dalla stagione, la nobile fenice aveva un'aria tutt'altro che nobile già da qualche giorno, e con ogni probabilità quella sera si sarebbero lasciati, il giorno del falò era tornato, instancabile anch'esso, e come meglio poteva, apatica, ed intrattabile, come Turandot, si preparava all'inesorabile, sul suo trespolo. Avevano da fare, di lì a qualche giorno, e non c'era tempo per una vacanza. Lo sapevano bene.
Sorrise compiaciuto, tracciando tre brevi segmenti paralleli nell'angolo in alto a destra del foglio, prima di impilarlo capovolto accanto, in cima ad una pila di diversi altri. Ogni tanto qualche soddisfazione, poteva anche starci. Non era chiedere troppo, per la barba di Merlino! Spinto da un improvviso guizzo, rigirò il precedente foglio, aggiunse una croce greca accanto alle precedenti tre linee, e compiaciuto tornò a leggere le prime righe della nuova intestazione. Certo, mente aperta, ed animo imparziale, ma data l'intestazione, non si doveva aspettare nulla di buono. Non tutti erano portati, e non tutti volevano nemmeno esserlo. Non una tragedia in fondo. Non doveva evangelizzare a tutti i costi, ogni Studente. Procedeva spedito, nella lunga veste blu lapislazzulo, il ricamo argenteo si sposava bene con il blu cupo, quasi prussiano, ed il damasco del corto mantello, un urlo, alla stagione che se ne andava, ma accettabile per l'ospite che attendeva. Una cosa relativamente semplice, ed era piuttosto certo che l'avrebbe vinta. Aveva avuto fortuna. Era davvero fortuna? Con delle ottime conoscenze dell'ambiente, che era bene conservare, nulla alla lunga era poi così tanto sorprendente, e le conoscenze dovevano essere affidabili, di primaria affidabilità, gli avanzi di galera era bene che vi tornassero. L'aveva cercata, e l'aveva trovata. Nulla accadeva per caso. Era destino che accadesse? Per certi versi poteva anche essere. Aveva avvisato tutti, quindi erano a posto anche su quel fronte. Probabilmente avrebbe anche potuto andare a prenderla, almeno nel parco, ma il troppo coordinamento, ed il troppo sforzo l'avevano ormai spossato diversi anni prima. Quando sarebbe arrivata? Inutile aver fretta? E c'erano un sacco di compiti da correggere. Una linea sinuosa tracciata con sdegno, e l'espressione spazientita congedarono il nuovo foglio, senza ripensamenti, e senza Santi che tenessero. Il primo bene, il secondo male, il terzo ancora bene? Non l'avrebbe scoperto? Il quieto bussare alla porta, attirò la sua attenzione, mentre stralunato leggeva il nuovo nome, della nuova pergamena. Un'altra tragedia, che attendesse.
Uno Studente in cerca della solita tardiva illuminazione?
O l'ospite attesa?


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Una voce baritonale, ma non cupa; forte, ma dal suono gentile e accomodante, con il timbro autorevole che ci si poteva aspettare da una persona con quell'assembramento di titoli prima del nome, la invitò a farsi tranquillamente avanti, nel regno del suo prossimo interlocutore. Aquileia si sistemò la mantella sulle spalle, passò il pacchettino nella sua mano sinistra, e con un impercettibile e involontario sospiro - unico e ultimo segno di quel nervosismo che comunque andava stemperandosi e perdendosi tra le rassicuranti mura della sua cara e affezionata Scuola - spinse la pesante porta di legno, aprendola completamente verso lo sconosciuto ufficio.
"Buonasera, Professor Peverell. Sono Aquileia Goodheart, dipendente del Ministero; ci siamo parlati recentemente via gufo per quest'incontro" esordì semplicemente, in modo da farsi riconoscere nel modo più immediato possibile, e con un sorriso cordiale, celando la leggera agitazione e la soggezione dietro a un tono di voce perfettamente calmo e cortese.
Si volse un momento per richiudere la porta, per poi rivolgere lo sguardo nuovamente verso l'ambiente. Una fila di alte finestre in stile gotico illuminava la stanza, lasciando filtrare la luce attraverso le vetrate multicolore, valorizzando i colori dei variopinti arazzi e tappeti che adornavano le pareti e i pavimenti di quell'ufficio. Le iridi chiaroscure della ragazza rimasero per un istante affascinate da quell'insieme così vivace di colori, un'atipica e brillante cornice alla miriade di libri che occupavano ogni angolo delle pareti, nei loro solidi scaffali. Mosse un passo verso il centro della stanza, da dove una scrivania in legno massiccio dominava l'ambiente, discretamente sommersa da fogli, codici, appunti e libri di ogni tipo, alcuni dei quali aperti. Dietro a quell'accademica barriera, sedeva il Professor Peverell, in una raffinata veste di un blu scuro e profondo, con lo sguardo curioso, attento e lievemente austero che lei aveva più volte ritrovato qua e là sulle pagine del Profeta. Soggezione? Eh sì, proprio lei, rieccola lì. Dei sette anni passati nella casata della nobile Rowena, dell'essere avvezza e assolutamente attratta da libri e cultura pur mantenendo la sua propensione per le creature magiche e per l'essere spericolata, nonché di quella curiosità venata di diffidenza verso una persona nuova (
*beh, per lo meno mai vista dal vivo*), la sua Soggezione se ne faceva un grosso, spesso e folto baffo, e ovviamente, non si era lasciata scappare quell'occasione ideale. Non seppe perché, ma per un momento si sentì come Pamina davanti a Sarastro. *Oddio, magari non con lo stesso terrore, in fondo mica mi ha rapita*.
Non vi era traccia dei suoi pensieri sul suo viso, se non un lieve arcuarsi delle sopracciglia sottili. Con passo calmo e misurato, si avvicinò alla scrivania. "E' un vero piacere conoscerla, Professore" gli disse, porgendogli la mano destra. "E, questo è per lei. Spero che le piaccia il marzapane originale di Lubecca" continuò, porgendogli delicatamente il pacchettino, per poi riportare le mani lungo i fianchi.
*Su, ragazza, vediamo che prove dovrai superare con questo Sarastro*.
 
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view post Posted on 22/2/2015, 01:04
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L'inizio dei giochi?
Il momento della verità?
La porta scivolò lesta sui cardini come d'abitudine, sollevando gli occhi dal foglio, mentre riponeva risoluto la piuma, scorse un'ombra rossa occupare la soglia. Era lei. Gli Studenti sarebbero stati in un più funereo nero, ed anche un filo più bassi per la maggior parte. Entrò. Era lei. Sollevò infine lo sguardo, i compiti avrebbero atteso. Avevano ingannato sapientemente l'attesa, ed era finita. Ci sarebbe stata occasione, tempo, e modo. Non c'era fretta. Perché guastarsi l'umore, quando si poteva fare altro? Era così semplice, immediato, a portata. Si illuminò, era lei. Non c'era dubbio. Theodore ci aveva messo una buona parola, ed era sufficiente, almeno per iniziare. Ed il rosso era un'ottima scelta, già di per sè. Rosso e blu. Avevano un che di classico, del già sentito, e gustato, una composizione rinascimentale, Bene e Male, sacro e profano. Giovane, quanti anni poteva avere? Un miracolo che fosse già uscita dal Castello, lo sguardo parlava per lei, non era nuova, era già stata lì, forse una Grifondoro? Un Auror, ci poteva stare. O forse, per ironia, una Serpeverde? Non una Tassorosso, no, non ne aveva l'aria, e non si sarebbe certo sbagliato su quello. Ma quanto poteva aver peso? O rilevanza? In fondo sembrava la norma, per chiunque volesse mettere piede nel Castello, essere giovane, che li assumessero per quello? Avesse fatto domanda, sicuramente avrebbe già evaso una parte dei criteri, se poi era riuscita al Ministero, in via teorica sarebbe riuscita anche lì. Ma non era il caso nemmeno di pensare a quello, si sarebbe solo creata un'ulteriore grana.
Giovane, di fretta come tutte le altre?
Ecco, la conferma ufficiale, era lei.
Goodheart.
Una rinfrescata era sempre utile, del resto. Gli sarebbe anche potuto sfuggire, in fondo. Ma non era il caso, se lo ricordava, avevano ripassato il programma non molto tempo prima, prima di congedare Atlante. Certo, non che corresse rischi, l'eventualità di abbandonare prima del tempo l'Ufficio per andare a zonzo per il Castello era talmente remota, che perdersi l'ospite anche se non l'avesse atteso, sarebbe stato impossibile, ma sicuramente si sarebbe fatto trovare in una tenuta meno formale, e decisamente più comoda, forse anche in attività più fraintendibili, come sovente capitava. In fondo, non gli importava. Ad una certa età era anche tempo di fregarsene. Non senza qualche difficoltà si alzò a sua volta, mentre la porta si richiudeva, e la giovane procedeva spedita, a passo di carica. Libri. Sì. Era prevedibile, no? Nulla di troppo strano. Era uno Storico, un Professore, vecchio per giunta, come avrebbero potuto mancare? Darsi alla macchia? Rinunciarvi? Che condividesse? Non si era preso la briga di condurre delle ricerche, in fondo, era garantita, il resto sarebbe venuto da sé.
Era alta, andava riconosciuto, ma non altissima, o comunque meno di lui, il che andava comunque bene. Aveva già guadagnato la scrivania, quando infine si issò, tra il tappeto, la veste, il mantello, il trono, non proprio il massimo della velocità o della comodità. Certo, lamentarsi no, se le andava cercando, pur sapendolo, ma tant'era. Sorrise alla giovane, allegro. Ormai non mancava molto. Il braccio teso, la scrivania come divisorio, non ancora una parola. Una mano sotto la sua tesa, una sorta di antiquato inchino, l'altra dietro la schiena, quasi a volerne mantenere l'equilibrio, mentre il busto si sporgeva avanti, il volto in giù, ad inseguire la mano protesa nel vuoto, in quella che nel compiersi del movimento sembrava diventare una complessa disciplina olimpica, che dovesse tener conto del vento, dell'ambiente, e degli ostacoli frapposti. In quel caso, la scrivania complicava sufficientemente il tutto. Ma non si perse troppo d'animo. Una vita d'esperienza. Non arrivò mai sino in fondo, giunto a quello che gli parve un buon punto ritornò sui suoi passi, mentre il tintinnare festoso del reggimantello sembrava voler annunciare l'arrivo imminente della fanfara, tornò ad osservare la Giovane. L'altezza degli occhi era circa quella giusta, in fondo.


Enchantè, mademoiselle Goodheart.
Sir Ignotus Albus Edward Peverell al suo servizio!
Il piacere è indiscutibilmente nostro, la ringrazio del suo tempo, ed anche del marzapane, non doveva disturbarsi, in fondo, è nostra gradita ospite, non il contrario. Ma ho anch'io qualcosa per lei, come da tradizione, ormai son troppo vecchio per venir meno, e sono un Peverell, capirà bene.


Sorrise lieto, affabile, mentre tra vocalismi, e rotacismi proseguiva in quella che aveva l'aria di essere un'orazion picciola, ormai divenuta parte della normale amministrazione, ma non per questo meno sentita, o più noiosa, ed entusiasta di quanto non si convenisse ad ogni buona circostanza. Con fare esperto, improvvisamente munito, fece comparire una rosa bianca, ed un giglio, che offrì alla Giovane, con fare galante. Anche quello faceva parte del gioco, ma per quanto fosse ormai consuetudine dalla Conquista di Edoardo, non per questo era meno sentito, o meno entusiastico. Il passato aveva ancora qualcosa da insegnare, ed avrebbe continuato a farlo. Parlava un pulito anglosassone, imbastardito di tanto in tanto da prestiti forzosi di normanno, come se in fondo, vi fosse ancora un legittimo dubbio su chi infine sarebbe prevalso, e non si volesse recar offesa a nessuno dei possibili vincitori. Non si sopravviveva ai secoli facendosi inutilmente nemici, era una lezione importante. Pause inaspettate, ed accenti strambi, condivano la vulgata non troppo volgare, in fondo, era anche bene adattarsi a chi si era destinati ad essere.

Per lei.
Ma prego, si accomodi.
Posso offrirle qualcosa? Magari un The?
L'ora sembra promettere bene, in fondo.

 
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view post Posted on 2/3/2015, 17:18
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Le era capitato diverse volte di leggere, tra le pagine del Profeta, gli articoli del Professor Peverell. Quel modo di scrivere erudito e forbito, che ben rispecchiava la sua posizione e professione (*una delle millemila che ha svolto*), e che non poche volte le aveva dato l'impressione di cultura d'alto rango, condita da una punta di austerità. Impressione che però, doveva riconoscerlo, niente aveva a che fare con il luminoso sorriso che ora veleggiava sul volto del Professore, su cui si disegnavano le rughe portate dal Tempo, quello stesso Tempo che, nonostante gli anni, non era valso a spegnere quel cipiglio fiero che brillava nello sguardo di Peverell. Aquileia ricambiò il sorriso mentre gli porgeva la mano oltre la scrivania, in rispettosa attesa. Una stretta di mano sarebbe stata sicuramente un buon inizio, aveva pensato, un gesto che avrebbe aiutato a rompere il ghiaccio, stemperando la forse eccessiva formalità portata da un contegno altrimenti troppo rigido, senza mostrarsi maleducata. Ma il gesto del Professore, quel chinarsi con proverbiale galanteria ed eleganza (nonostante gli evidenti acciacchi dell'età, non poteva non notarlo) in un baciamano cortese e raffinato, quasi signorile, la colse completamente di sorpresa. Durmstrang l'aveva inselvatichita? Forse sì, non era stato di certo facile frequentare i corsi di specializzazione in quella nordica scuola, tra i freddi e rustici domatori norvegesi, ed evidentemente in quegli anni le aspettative attese si erano di molto ridimensionate andando al ribasso. Un motivo in più per essere lieta e lusingata del cavalleresco savoir faire del Professore. Nondimeno la sorprese il dono che qualche momento dopo apparve davanti alle sue iridi chiaroscure, tanto che le sue gote si tinsero di un rosso che avrebbe facilmente potuto competere con il color rubino della sua mantella. Un giglio, ed una rosa bianca; il Professore, senza saperlo, aveva centrato il bersaglio: erano i suoi fiori preferiti. Una lieve esitazione nella risposta, un riflesso di quella lusinghiera, inaspettata ma molto piacevole sorpresa, un gesto fluido e delicato delle mani, e un lieve cenno con il capo accompagnato da un aperto sorriso, ed ecco che quei fiori delicati erano ora nelle sue mani. "Grazie, Professor Peverell... sono davvero molto belli" rispose, per poi accomodarsi su una delle purpuree poltroncine davanti alla scrivania. Il suo sguardo cadde per un istante su di un trespolo situato poco lontano, occupato da una grande fenice che, notò con tenerezza, aveva proprio l'aspetto stremato e indispettito che precede la fiamma, la morte, e infine il rinnovamento e la sfolgorante rinascita. << La forza di una fenice sta nel suo coraggio di accettare il proprio destino, quello di dover bruciare. Se una fenice non accettasse quel fuoco, non avrebbe la possibilità di rinascere. >>. Quella non era di Hazel, quella era del suo caro papà. Sorrise mentre lasciava andare quell'istantaneo ricordo, per riportare attenzione completa a Peverell. Elegante, ricercato, galante, e sicuramente estremamente gentile. La soggezione si era completamente stemperata, doveva riconoscerlo, il Professore sapeva come far sentire a proprio agio le persone. "Perché no? Ha ragione, è proprio l'ora giusta" gli rispose, con gratitudine, lievemente divertita da quelle particolari inflessioni nell'accento del Professore. "E nulla accompagna una buona conversazione come un buon the" proseguì, affabile, con voce delicata e un largo sorriso, per poi slacciarsi silenziosamente la mantella, deponendola delicatamente sullo schienale della sedia. *Il suo gufo è stato una sorpresa* avrebbe voluto dirgli. *Non mi aspettavo una convocazione da lei, cosa può volere un professore trafilato di titoli da un'auror novellina?* avrebbe voluto chiedergli. Insomma, la sua parte curiosa ma totalmente priva di contegno strepitava per cercare risposte a tutte le domande del caso, ma Aquileia la tenne sapientemente a bada. Certo, lei non era mai stata il tipo da favorire discorsi e convenevoli lunghi e prolissi, e questo, ahimè, era un aspetto su cui ben difficilmente avrebbe potuto mitigare la sua rigidità, ma non per questo c'era bisogno di sfociare nell'irruenza, o peggio ancora nell'insolente maleducazione. Concentrò quindi il suo sguardo e la sua attenzione sul Professore, esternando la sua curiosità in una domanda semplice e cortese: "A cosa devo il piacere di questa convocazione, Professor Peverell?".


Chiedo immensamente perdono per il ritardo! D'ora in poi sarò più costante.
 
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Ecco, che tutto ricominciava.
Eppure, c'era qualcosa di inedito, strambo, in tutto quello.
A tratti inaspettato. Non l'avrebbe detto? Non lo era? Lo era?
La giovane ospite era tanto giovane, da poter sembrare una lontana nipote, forse non molto per somiglianza, ma all'anagrafe sicuramente ci avrebbero creduto. Non erano noti per essere particolarmente perspicaci, e forse non volevano nemmeno capire, si limitavano ai numeri, e quelli erano incredibilmente plausibili. Certo, di un lontano parente estremamente giovane a sua volta, ma più la parentela si faceva lontana, più tutto acquisiva in credibilità. Non che ce ne fosse poi bisogno. Se si fosse presentato, certo della sua pretesa, chi avrebbe osato metterla in dubbio, dopo che già una gli era stata biecamente, ingiustamente, ignominiosamente strappata via? Ma non era sicuramente il caso. Eppure, un'Auror. Per giunta raccomandata. Non c'era limite? Già aveva dell'incredibile che potesse essere un'Auror, senza prima pensare ai Tempora ed ai Mores, pensar anche alla raccomandazione aveva del ridicolo. Eppure, era quella la persona che faceva al caso suo, se Theodore aveva voluto sbilanciarsi, evidentemente doveva aver avuto le sue buone ragioni. Avessero iniziato a metterle in dubbio, non ne sarebbero usciti più, e tanto sarebbe valso, ricominciare da capo l'intero processo. A che pro? Avrebbe avuto un pur minimo senso? In fondo aveva ottenuto, quanto andava cercando, almeno in linea puramente teorica. Tanto valeva sincerarsene, prima di bandire una Crociata. Aveva il suo senso. Il suo Quia.
Sorrise, accomodandosi a sua volta.


Mi fa piacere le piacciano, è una tradizione ormai millenaria, che suonerebbe sacrilego dover interrompere. Ma venendo al The, mi raccomando, non lasci adito a fraintendimenti, se non vuole imbattersi in rappresaglie... immediate. Un The, ed uno di zucchero.

Quasi in attesa di quelle semplici parole, la calma irreale che era andata lentamente addensandosi esplose improvvisamente, frantumandosi, sottoposta ad eccessiva pressione, e giunta irrimediabilmente al suo punto di rottura. Uno schianto secco. Già sbuffante la teiera in movimento si predeva cura di una tazzina, pronta a guadagnare la sua postazione, con il piattino d'ordinanza, mentre ancora la miscela si versava, sollevando volute di vapore acqueo. La zuccheriera, colta alla sprovvista, in un raro momento di apparente abbiocco, ansimava all'inseguimento, risoluta come sempre a portare a compimento il suo alto incarico. Quasi offesa per non essere stata informata per tempo. Mentre il The faceva il suo corso, una domanda, silente e taciuta pendeva nell'aria. Fu posta, infine. Perchè era lì? Si era tenuto sul generico, l'aveva convocata? L'impressione doveva essere stata quella.
I gomiti sui braccioli della comoda seduta, le dita intrecciate, pensieroso, e divertito allo stesso tempo. In fondo, ce ne aveva messo del bello e del buono. Non c'era che dire. Non era uno scherzo. Il risultato non doveva essere stato degli auspicati, ma non si poteva pretendere che perdesse il vizio, passata ormai la pensione.


Effettivamente deve scusarmi, ho riscritto diverse volte il gufo che alla fine le è giunto, voleva essere un cortese invito a passare, ma temo che la forza dell'abitudine gli abbia in parte conferito un tono forse eccessivamente imperioso, che in onestà non era nelle nostre intenzioni dargli. Ma già che è qui, come gradita ospite, penso sappia abbiamo una conoscenza in comune, che mi ha parlato di lei, ed a suo giudizio potrebbe fare al caso nostro, il che è di gran lunga una fortunata coincidenza.
Ma mi diceva di Lubecca?


Sgusciava abilmente qui e là, ora tornando sui suoi passi, ora cambiando repentinamente direzione. Eppure, per quanto non sembrasse esservi un apparente senso, doveva esservi una qualche logica, che in fondo, guidasse il gioco. Altrimenti, semplice vecchiaia? Forse era semplicemente troppo semplice. Allegro, iniziò ad osservare con un certo interesse le volute di vapore che si sprigionavano dalla tazza, ormai quieta e serena, di fronte a lui, lì, in attesa.
In fondo, cos'era?
L'ora del The.



Non c'è fretta!
 
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view post Posted on 27/3/2015, 18:46
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Durante i suoi anni a Durmstrang, come del resto anche ad Hogwarts, le era capitato diverse volte (vuoi per necessità, vuoi per piacere, vuoi per fortuito caso, comunque fosse) di intrattenere una conversazione con un qualche suo superiore, professore, istruttore o diretto capo che fosse. E non bisognava certo dimenticarsi del colloquio più recente, nonché forse il più importante di tutta la sua vita da due anni a quella parte, quella mezz'ora per cui si era preparata fisicamente e mentalmente ogni secondo della sua giornata con la sicura determinazione che contraddistingue la realtà dell'avere uno scopo. Conosceva il tranello della soggezione ed aveva imparato a scartarlo elegantemente come una sciatrice al suo ennesimo slalom. Eppure, non tutte le performance potevan riuscire perfette, e difatti, stavolta la soggezione non si fece per niente intimorire, facendole scappare dalle labbra la parola «convocazione» al posto di «invito». *Come tu sia finita nei Corvonero visto come ti agiti è un mistero paragonabile alla Santissima Trinità, ragazza mia* si rimproverò mentalmente, abbassando solo di un poco il capo, mentre una delle tazzine si dirigeva diligentemente verso di lei dopo essere stata raggiunta affannosamente dalla zuccheriera, richiamata a sorpresa dalla precisazione che Peverell aveva fatto per lei (e che Aquileia non mancò di ringraziare educatamente). Rialzò la testa in un istante, dissimulando del tutto la contrarietà che provava verso quella gaffe non grave, certo, ma sicuramente nemmeno opportuna. "Mi scusi, Professor Peverell, non ho utilizzato le parole giuste. Il suo gufo è stato certo inaspettato, ma non è assolutamente risultato imperioso, od autoritario" si scusò immediatamente, più che altro per scacciare il lieve imbarazzo che le sembrava di aver percepito dietro le parole del Professore. "Anzi, sono davvero onorata di poterla conoscere personalmente, e la ringrazio del suo invito" aggiunse poi, con un largo sorriso, mentre le sue mani affusolate si avvicinavano alla tazzina, afferrandola e portandola vicino al corpo. Il profumo aromatico del the le arrivò alle narici e lei ne assaporò le piacevoli sfumature, mentre le sue iridi chiaroscure continuavano a inquadrare Peverell, ascoltandolo attentamente. Un cenno d'assenso del capo, un boccolo biondo che ricadeva sul suo occhio azzurro, abilmente scostato da un leggero movimento della testa. Un'espressione vagamente interrogativa attraversò le sue iridi bicromatiche, mentre si portava alle labbra la tazzina per sorseggiare quel the dal delizioso profumo. "Sì, conosco il signor Feynman, anche se non ho avuto molte occasioni di collaborare con lui. Una persona molto piacevole, colta e amante della letteratura" rispose, ripensando con una punta di divertimento a quell'omone che era Theodore Feynman, che non mancava mai di rivolgerle un saluto particolarmente caloroso ogniqualvolta i loro tragitti si incrociavano nei meadri del Ministero. Stava per domandare, forse incautamente, che cosa mai avesse detto Feynman di lei; a cosa si riferiva Peverell mentre diceva «potrebbe fare al caso nostro», ma fu prontamente interrotta dalla domanda di Peverell, un salto di palo in frasca in quel pomeriggio autunnale. Un'espressione piacevolmente sorpresa e divertita quanto quella dell'uomo si disegnò sul viso della ragazza. "Oh! Lubecca. Sono tornata proprio ieri da un viaggio in quella splendida città tedesca" rispose, allegra, abbassando la tazzina e poggiandola delicatamente sul piattino. "Per la verità, è stato un viaggio di piacere, anche se troppo breve per essere definito veramente tale" scherzò. "Ma il poco tempo a disposizione è bastato per ammirarne le meraviglie dell'architettura gotica. Senza contare la sua storia avvincente. Nonostante le distruzioni subite, è sempre rinata più splendente di prima". *Proprio come una fenice* le venne da pensare, gettando un rapido sguardo all'animale che, poco distante da loro, stava pazientemente aspettando il suo momento di rinascita. "Lei vi è mai stato, Professore?" chiese, affabile. Ormai, la soggezione era sparita (o per lo meno era sopita, diciamo così). E cosa poteva esservi di più interessante di una bella conversazione?

Non uccidermi ti prego! Chiedo immensamente perdono!
 
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view post Posted on 6/4/2015, 19:14
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Il The, era l'ora del The.
Il che era di gran lunga già qualcosa, nient'affatto scontato.
Una certezza, qualcosa intorno a cui edificare e progettare con minuzia la propria giornata? Anche quella era una tradizione, destinata a durare, quanto le circostanze l'avrebbero permesso. I miracoli non erano nelle possibilità di nessuno, certo, si sarebbe fatto sempre il massimo per andare avanti, ed oltre, ma non poteva esservi certezza di quanto sarebbe capitato. Erano ormai secoli che si eran dati al commercio del The, lo stesso aveva mantenuto vivo, e temibile l'Impero, ne era stato l'indiscusso simbolo. Non sarebbe potuto venir meno. Era più semplice che fossero i casati, e le loro tradizioni a venir meno, a gettare infine la spugna, dopo infinite generazioni di onorato servizio, a quello che ormai era il derelitto di ciò che era stato un tempo. Era sempre e solo una questione di Tempo? Di fatalità dello stesso? C'era rimedio? Ci sarebbe mai stato?
Il liquido fumante ambrato lo tentava, una tentazione peccaminosa, destinata a farcela, presto o tardi, questione di tempo. La ceramica si era subito riscaldata, il calore trasudava all'esterno, dando segni di palese insofferenza, per quella temperatura mite, temperata. L'acqua portata ad ebollizione danneggiava l'infuso, ma anche quello sembrava essere un cruccio di una ristretta schiatta di cultori, per tutti gli altri, l'acqua del The doveva prima raggiungere l'ebollizione, per solo successivamente intentare una scadente infusione. Le miscele da pochi penny, o pochi zellini, erano già talmente cattive, che del resto non c'era pericolo di rovinare nulla, che non lo fosse già stato. Ma rimaneva con evidenza un delitto, violentare un The, infrangendone il canone, qualunque The fosse. Senso? Aveva senso? Forse, non era importante. Ed ecco giungere la risposta della giovane, circostanza? Avrebbe potuto con ferma risolutezza negare che il gufo fosse più imperioso di quanto non imponesse la migliore delle educazioni? Quanto era destinata a pesare l'intenzione? Non era qualcosa di intenzionale, c'era stata bona fides sin dal principio, se la ciambella non usciva con il buco al primo tentativo, non si poteva nemmeno pensare di impiccare il pasticcere. Qualcosa destinato a succedere, era infine successo. Scandalo? Bolgia? Miasma? Pace all'anima. E poi quel personalmente, era indubbio che fosse un piacere, certo, ma avrebbe potuto sostenere il contrario? Aveva accettato l'invito, si era presentata, quanto avrebbe potuto sostenere? L'omissione dei convenevoli sarebbe stata tollerata? Anche quella era tradizione, destinata a rimanere tale. Era Storia.


Non deve scusarsi, probabilmente la verità sta nel mezzo, come spesso accade. Sono incredibilmente vecchio, fallibile, ed il più delle volte ottengo anche quello che voglio, ma fa tutto parte del gioco. Quindi in realtà non mi stupirei eccessivamente di nulla, ciò non toglie, però, essere un piacere averla qui ad Hogwarts. Immagino sia uscita anche lei da qui, non molto tempo fa, ma è sempre stato un piacere tornarvi, che è anche una delle ragioni per cui ho accettato di tornare, sin dalla prima volta. Ha comunque ragione, conosco Feynman da diverso tempo ormai, era il figlio di un amico di mio padre, per quanto sia decisamente più giovane di me, ma inutile pensarci.

Da quando era tornato non l'aveva nemmeno più visto, erano ormai trascorsi diversi anni dall'ultima volta, quanti? Difficile stabilirlo, ma non erano sicuramente pochi. L'altro era rimasto al suo posto, facendo carriera, nel suo dipartimento. Il che era anche un buon compromesso. In una qualche maniera si sarebbe dovuto pur fare. E repentinamente era tornato a scrivergli, ricevendo inaspettatamente una risposta, celere, accorata, con la scoperta. Il tutto terribilmente lineare, veloce, efficiente. Come si sarebbe potuto dubitare del contrario? Che fosse stato autoritario, sin dal principio, con il lontano amico? Poteva anche darsi, in fondo. Avrebbe in parte giustificato la celerità della risposta. Oltre al fatto, che in fondo, non si sentissero da un'intera esistenza. Sarebbe dovuto tornarvi al Ministero, gli impegni si andavano accumulando. Ed aveva anche quel colloquio da lungo tempo rimandato. Ma ecco che tornavano a Lubecca. Vi era stata. Si apriva una domanda più scomoda, ambigua nella formulazione, ottima per lasciarla tale. Vi era mai stato? Sì, certo, ma parecchio prima di quanto non fosse lecito attendersi. Il che avrebbe potuto sollevare qualche legittima perplessità. Oltre al fatto che era un Auror, l'interlocutrice, si sarebbe potuta dimostrare eccessivamente interessata a qualche affare non propriamente cristallino. Per quanto la raccolta prove fosse qualcosa di praticamente impossibile, a che pro divagare? L'avrebbe fatto? Tornando a poggiare la tazzina, di cui ancora tardava ad apprezzare il gusto, giunse il momento di riprendere.

Temo di mancarvi da diverso tempo, quindi in realtà non so come sia evoluta nel corso degli anni. Ma qualche anno addietro era indiscutibilmente una città interessante, a modo suo, poi gli impegni sono andati sommandosi, ed ho rinunciato a questi piccoli piaceri della vita, in favore di altri. Ma mai dire mai. Come presto le sarà più chiaro, tutto è collegato, e nulla è casuale. Posso domandarle anche che rapporto possa vantare con la Storia? So, da parte di Feynman che ha un buon rapporto con le Creature Magiche, che era anche uno dei miei requisiti, ed è un'Auror, quindi un'altra parte dei miei requisiti è soddisfatta, resta la Storia, come forse saprà mi occupo principalmente, anche se non solo, di quello. Ovviamente dal mio punto di vista la Storia può rivestire un ruolo chiave nell'istruzione dei miei Studenti, ma sono da sempre aperto a posizioni più ambigue, e dialettiche. Non per forza a tutti deve piacere tutto, sembra ovvio, ma spesso non è scontato. Soprattutto in una Scuola.

Sorrise, procedeva pacato, ora accennando a questo, ora all'altro. Accentando ora una sillaba, ora l'altra. Eppure, per quanto pacato, il discorso proseguiva, inesorabile, come un fiume in piena, forse non costretto da un argine, ma non per quello meno diretto. Quale fosse la logica che ne trasparisse, era tutt'altra Storia, ma erano postille. Un senso doveva pur esservi. O no?

 
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view post Posted on 22/4/2015, 22:04
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«And the only solution was to stand and fight» Merlino ballerino!

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Era andata, Lo scivolone non era stato schivato, ma in compenso era stato recuperato, bonariamente perdonato e archiviato dietro al proseguimento delle prime battute del loro incontro. Scegliere le parole era sempre un compito fine e sottile, una questione di abilità e intuito, oltre che di buona educazione e di senso dell'appropriato, e dietro a quella sua ostinata severità nei confronti di se stessa, in fondo Aquileia non si stupiva più di tanto se, qualche volta, il risultato non era esattamente quello sperato. Si crucciava e si rimproverava, questo sì, ma nel caso specifico, ebbe modo di constatare che il professor Peverell era un uomo tutt'altro che rigido, in frangenti di quel genere, o almeno così sembrava, esattamente come poco prima si era mostrato gioviale e molto galante. Il profumo del giglio e della rosa bianca, leggero e dolce, arrivò alle sue narici mescolandosi con l'aroma del thè. Aquileia sorrise. No, non si sarebbe mai aspettata quella situazione, ma era innegabile che il professore fosse riuscito a sorprenderla, metterla a proprio agio, e a destare la sua curiosità. Quelle che potevano suonare come frasi di circostanza, si rese conto con sollievo, non erano affatto classificabili come tali, non questa volta. Ne aveva vista di gente bizzarra e sofisticata, ma che virava più verso l'arrogante che verso l'accomodante, e constatò con piacere che Peverell non era una di queste.
La tazzina si mosse placidamente verso le sue labbra, un breve sorso di quel piacevole infuso, preparato a regola d'arte, e poi tornò a poggiarsi sul piattino, mentre l'attenzione della ragazza era completamente rivolta al docente. Conoscenze comuni e nemmeno troppo lontane, a quanto pareva. Il mondo era davvero piccolo, non c'era che dire. Non ricordava di aver mai conosciuto il padre di Theodore; le pareva che avesse ricoperto anche lui una qualche carica al Ministero, ma le sue informazioni in merito erano talmente scarse e frammentarie che non avrebbe potuto azzardare alcuna ipotesi lontanamente certa. Ma come affermava anche il professore proprio in quel momento, era inutile pensarci.
La conversazione si snodava serenamente piacevole proprio come era iniziata
*beh, strafalcione a parte*. E così, anche al professore era capitata l'occasione di ammirare la bellezza tipica di Lubecca. Chissà quanto tempo prima, le venne da pensare; la sua carriera di docente, membro del Wizengamot, ex direttore del Profeta e tutto il resto infinito di titoli che seguivano, dovevano averlo portato a viaggiare praticamente dovunque, constatò. Aspetto, questo, molto interessante, se gli impegni permettono di coltivarlo, pensò, senza riuscire a nascondere un cenno di comprensione per l'affermazione del professore in merito. Stava per rispondere, quando il docente pose una domanda seguita dda un paio di affermazioni che catturarono completamente l'attenzione della ragazza. Peverell cercava qualcuno che sapesse trattare con le Creature Magiche? Aveva capito bene? La cosa la lasciò per un momento perplessa, con diversi dubbi su dove il professore volesse andare a parare, dubbi che non si sfoltirono quando sentì che il suo essere Auror soddisfava un'altra parte dei suoi requisiti. E l'ultima domanda era piuttosto interessante: che rapporto aveva, lei, con la Storia?
*Beh, vediamo, mi applicavo, ma l'allora professoressa di Storia della Magia si era rassegnata a vedermi entrare in classe sempre in ritardo, con la gonna sporca di erba e terriccio, i capelli arruffati e una piuma di ippogrifo sempre tra i capelli. Però studiavo, questo sì*. Per la verità, la Storia non era una delle sue passioni più brucianti, ma da buona Corvonero qual era stata, non era mai rimasta indifferente al fascino della possibilità di studiare le epoche passate, le correnti di pensiero, gli usi, le evoluzioni dei governi e dei costumi, soprattutto grazie a quella santa donna della sua professoressa, che spesso e volentieri accostava alla Storia anche una buona dose di Filosofia. "Beh" iniziò, appoggiandosi, comodamente composta, sullo schienale della sedia "non posso dire di essere un'esperta in materia; del resto, come evidentemente sa anche lei, i miei studi e la mia professione vertono su altre discipline". Riprese la tazzina portandosela vicino al corpo, ma senza accostarla alla bocca. "Ma devo dire che sono d'accordo con lei, quando afferma che la Storia riveste un ruolo chiave nell'istruzione, degli studenti, e più in generale di una persona. Mi riesce difficile pensare che si possa comprendere appieno la linea di pensiero dell'epoca presente, se non si ha una visione di come tale linea di pensiero è nata e cresciuta, delle sue radici, ma soprattutto degli eventi che hanno contribuito ad affermarla, e delle motivazioni dietro agli eventi, delle persone che l'hanno rappresentata, insomma, della sua evoluzione. Non credo che risulti appassionante per tutti, del resto questo discorso vale per qualunque disciplina, ma...beh, per dirla con parole franche, credo che almeno una volta nella vita ci si debba chiedere da dove arrivano i privilegi e le possibilità che noi abbiamo oggi, e il modo migliore per rispondere a questa domanda è informarsi sull'evoluzione storica che c'è dietro". Si fermò, rendendosi conto che stava per iniziare a divagare, completamente presa dal suo discorso. Sorrise. Sì, doveva ammetterlo: Peverell l'aveva incuriosita, l'aveva accademicamente affascinata, e soprattutto, con quelle sue enigmatiche domande apparentemente sconnesse ma profondamente collegate, era riuscito a catturare completamente la sua attenzione. Che stesse tenendo qualcosa in serbo per lei? Di sicuro, l'avrebbe scoperto presto.



Edited by Aquileia Goodheart - 22/4/2015, 23:30
 
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view post Posted on 4/5/2015, 23:33
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Scopro Talenti, Risolvo Problemi

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La vicenda scorreva.
Seguiva un flusso ordinato, non casuale.
Defluiva, da monte a valle, incanalata nel suo letto.
Qualcuno sapeva dove andare a parare, e sembrava sufficiente.
Del resto, messa da parte l'eristica, ed i sofismi, anche il vero ed il falso, il giusto e lo sbagliato sembravano aver perduto quella fascinosa patina di mistero, che tanto interessanti comunemente li rendeva. Non stavano scoprendo nulla di nuovo, battevano sentieri dell'esplorato, con un retrogusto di già sentito, provato, quasi assaggiato. La fragranza era la stessa di sempre, la stessa che ogni volta si ripeteva, qualcosa di inesausto, destinato a sbocciare ad ogni primavera, per poi ordinatamente cedere le armi al sopravvenuto autunno, ritirandosi di buon grado prima che fosse infine addivenuto Inverno. Era Magia anche quella? Lo era, con ogni probabilità lo era. Lo sarebbe stata, e sarebbe continuata ad esserlo. L'alleanza stretta a suo tempo con il dolce suono del silenzio tornava a farsi viva, forse non con quella stessa irruenza che aveva connotato così intimamente determinati momenti, ma era comunque un godibile silenzio, allietato, da un liquido ambrato, che dolcemente si cullava nell'abbacinante abbraccio della ceramica della tazza, spruzzata con infantile giocosità qui e là dei sedimenti dell'infuso. Il tutto aveva un suo tacito perchè, porlo avrebbe inevitabilmente rotto il delicato equilibrio tra detto e non detto, compreso ed incompreso. Eppure, presto o tardi, tale equilibrio avrebbe dovuto cedere il passo ad altro. Sarebbe capitato, era inevitabile, ineluttabile, come la Morte, ed anche le Tasse, il punto era solo quando.
La Storia.
Le vie erano diverse, innumerevoli, quale avrebbe infine scelto la Giovane? Il vezzo del pericolo, l'adagio della tradizione, l'inesplorato delle praterie? Chi aveva davanti? Certo, esisteva pur sempre la possibilità sorprendente che in poche parole venisse congedata l'intera questione, che non fosse interessata, e via andare. Eppure, presentarsi ad uno Storico, sostenendo l'inutilità dei suoi studi doveva essere considerato troppo avventato dalla maggior parte degli avventori, che da ormai diversi anni avevano destistito da quella strada. Batterla o non batterla, nei fatti non la spingeva a mutare nell'essenza, la strada rimaneva tale e quale nel tempo, perdurava immutata, postuma di sè stessa. Ma chi aveva di fronte? Ne avrebbe avuto una conferma? Una smentita? Scartate due alternative, ne restavano altrettante. Una non meno improbabile dell'altra. Avrebbe avuto una qualche rilevanza? Lo aveva mai avuto? Era semplicemente tutto un gioco? Si erano osservati, a lungo, di sfuggita, di sottecchi, direttamente, indirettamente, studiati, visti, guardati, contemplati, quasi ghermiti nell'essenza, senza venirne ad un qualche capo. L'avrebbero fatto? Poi la Giovane aveva ripreso, un sorriso divertito aveva accolto le sue parole. Una conferma? Null'altro che una conferma? O una radicale, cocente smentita? Che non fosse stata sin dal principio una domanda più retorica di quanto non avesse voluto essere, e sembrare? Per cosa si era mostrata?
Sorrise gioviale, annuendo, distendendo il palmo verso la Giovane, un invito a continuare?
Che concordassero? C'era dell'altro?
Una risposta.


Ah! Sì, immagino che la retorica storicistica abbia il suo fascino, lo ha sempre avuto, non vedo perchè tutto d'un tratto dovrebbe aver smesso. E... non mi fraintenda, l'accezione è squisitamente neutra, è semplicemente un dato di fatto, è un punto di vista rispettabilissimo, che persone più grandi di noi, hanno per prime sostenuto, forse per il semplice fatto di essere venute per prime? Siamo sulle spalle dei Giganti, e dovremmo sempre essere grati di ciò, ma se fossimo stati noi al posto di coloro che sono oggi i Giganti, cos'avremmo fatto? Gli esiti sarebbero stati gli stessi? Il che in potenza nasconde l'innocenza di una domanda tanto scomoda, quanto dirimente: gli Uomini sono davvero tutti uguali? Ma aldilà di questo, vede, in primo luogo ho sempre visto la Storia molto diversamente, vuole per una questione di schiatta, di sangue, l'ho sempre avvertita come un affare di famiglia, qualcosa di gioioso, di diletto. Un intermezzo di pace tra problematici oceani in burrasca. In secondo, son anche certo, che non tutto quello che facciamo, o sappiamo, debba sempre essere utile, se lo fosse tanto meglio, certo, ma se così non fosse? Pace all'anima. Un po' come il The, se i Campioni dello Spazio e del Tempo ci passano il paragone, mi saprebbe dire perchè le piaccia il The? O se l'utilità del The influisca in parte, più o meno grande, su tale sentimento?

In fondo, era una domanda.
Sul legittima, c'era margine.
Ma era una domanda.
Avrebbe reagito?
Qual era la via?
C'era?
No.
Sì.

 
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