Ah! La Grecia!
Due brevi soggiorni, nulla di più, in totale, quanto? Qualche mese, meno di un anno, il tempo delle Chimere, e di un negoziato, insomma, ben lungi dal poterne afferrare la vera essenza, ma sufficiente ad assaporarla, beandosene. Certo, un bel problema, la Grecia era ben lungi dal vantare un clima temperato, ma abilmente aveva evitato, più per caso che per volontà, l'estate, probabilmente, se era vero quanto andavano riportando, non sarebbe sopravvissuto. Ma Atene, nonostante la sua sozzeria, il Pireo, e gli altri ormai isolati villaggi, con la loro sparuta colonna, il loro capitello, mezzo sepolto, mezzo dimentico, vestigia di quanto era stato un tempo avevano ancora un certo fascino, che nulla poteva, con la Grecia Classica, che conosceva di gran lunga meglio, quante volte si era perduto a Corinto, o Atene? Difficile dire quanto vi si fosse trattenuto, il Tempo era qualcosa di così fraintendibile e labile, ma senza dubbio alcuno i mesi, se non gli anni. Tutte le strade sembravano portare lì, Atene, avvolta in quello strato poliedrico di significati, che tanto unica la rendeva. Atene era la Grecia, il Sapere, il Mondo Antico, una precisa coordinata geografica, ma anche la Scuola, un precipitato di sensi ed essenza che in quell'unica parola si condensava, addensandosi, quasi per scherzo, per gioco: Athens, by Raphael. Raphael come l'Arcangelo, quasi a volerne rimarcare ulteriormente il legame già solido con il divino, che l'Arte sembrava dovesse sublimare, portata all'ennesima potenza. Eppure, aveva trovato un'Ateniese? La commovente ingenua innocenza di una giovane Grifondoro di una decina scarsa di anni, innanzi all'inaudita potenza misterica incompresa, ed ineffabile anche per i più grandi, degli ultimi Anni, che chiamati alla prova dei fatti, in realtà, non erano più o meno degni, esperti, o edotti di tutti gli altri. Il che per certi era qualcosa di straordinario, e sconvolgente, com'era possibile? Anni di istruzione magica, gettati al vento? Che non fosse la soluzione? Che fosse tutto inutile? Una perdita di tempo? Meglio dedicarsi alla vite, ed alle patate? O la soluzione era un'altra, più pacata e misurata nella sua devastante rivelante portata: esploravano dimensioni diverse di Magia? Facevano discussioni, o ricerche? Per certi versi sì, ma era altrettanto sicuro che altri avrebbero detto no. Le premesse erano sempre giuste, del resto era lui stesso a metterle nell'aria, diffondendole ad arte, ai quattro angoli, le conclusioni non erano altrettanto, uno sgarbo a Lui, a quell'Ipse che tanto aveva rappresentato per tanti, per tanto tempo? Era davvero possibile che il sillogismo fallisse così miseramente, confrontato alla sua prima nuova prova? O c'era anche lì un'altra verità, celata?
Le doveva una risposta?
Ah! La riprova dei limiti dell'arte sillogistica, e della logica? In realtà, per certi versi ha ragione, ma credo di essere tra quei pochi a poterglielo confermare, giocando molto di semantica, secondo altri avrebbe torto, e sarebbe del tutto fuori strada. Apparentemente un dilemma inconciliabile, non trova? Come ho più volte avuto modo di confermare a diversi suoi colleghi, gli Ateniesi vivono il Passato, e quindi la Storia, in prima persona, quindi teoricamente conducono delle ricerche, anche molto approfondite, in un secondo tempo discutono di questi risultati, in compagnia. Ma temo che il tutto resti piuttosto distante dalla scampagnata per oliveti, di cui le narravo. Deve sentirsela, i rischi non mancano.
Sorrise, divertito, con ogni probabilità qualche altro avrebbe anche aggiunto molto a quella stringata descrizione, magari anche cambiandola drasticamente. Perché no, in fondo? Gli Ateniesi, sopravvissuti per miracolo, ad una serie di tiri mancini e gobbi della Tuke, affogavano poi i dispiaceri in un banchetto, tirandosi neri, fuori dalla cerchia delle mura, lieti di essersela cavata ancora una volta. In fondo, non era scontato. Lo era? Poteva esserlo? Lo sarebbe stato? Che margine c'era?
Qual era la verità?