Esclusa la mia famiglia, nella vita ho sempre e solo avuto altre tre certezze.
Non riesco a identificare il primo ricordo che ho di L. Eravamo troppo piccole, ma a posteriori ci hanno raccontato che sceglierci, per noi, era stato naturale. Lei con il suo zainetto rigorosamente rosa, io con quello blu e verde, lei che piangeva disperata perché non voleva lasciare la sua mamma, io che sono entrata con il solito cipiglio spavaldo, senza più guardarmi alle spalle.
Un paio di anni dopo è arrivata M e la nostra amicizia è iniziata con uno di quei soliti cliché.
"A me questa qui sta sul cazzo. Non diventeremo mai amiche."
E infatti con gli anni non siamo solo state amiche, ma siamo diventate sorelle - un legame che a parole non si può proprio spiegare.
A è arrivato un paio di anni più tardi, quelli caratterizzati dai brufoli e dai dubbi esistenziali. A quei tempi noi tre e lui avevamo in comune la conoscenza della sua ragazza, che per noi era un'amica e una compagna di scuola.
Da che io abbia memoria noi quattro siamo sempre stati insieme, sebbene noi ragazze avessimo la stessa età e condividessimo proprio tutto, mentre lui aveva 2 anni in più.
Erano al mio fianco quando a 14 anni ho avuto la folle idea di tingermi i capelli di un colore che mi donava decisamente poco.
Erano al mio fianco durante gli anni del liceo.
A 16 anni hanno assistito al mio primo viaggio da sola, proprio insieme ad M, in quella città in cui entrambe abbiamo lasciato il cuore.
A 17 anni A mi ha riportato a casa, sbronza da far paura di tequila.
Erano lì il giorno dell'esame di maturità, seduti alle mie spalle, certi che tutto andasse bene. A si era addormentato - come sempre, d'altronde - ma sono arrivati col fiatone a sostenermi, comprandomi dell'acqua ancor prima che mi vedessero, certi che - anche qui, come sempre - dall'ansia mi si asciugasse la gola e non riuscissi a spiccicare due frasi in croce.
A 22, quando ho scoperto che la persona a cui avevo donato tutta me stessa per anni mi aveva tradito, non ho esitato un attimo e ho preso il primo Frecciarossa che mi portasse da uno di loro tre, certa che i restanti mi avessero raggiunta senza battere ciglio.
Erano lì il giorno della mia laurea, quando sbroccavo perché il discorso non era perfetto, perché non ricordavo neppure come si dicesse "come ti chiami" in lingua straniera.
Mi hanno sostenuta quando ho preso le valigie e sono andata via perché lì mi sentivo soffocare.
Sono state le prime persone che ho abbracciato, una volta fatto ritorno.
In tutti questi anni loro sono sempre stati una costante.
Ho asciugato lacrime, ascoltato paure, sogni e segreti.
Ho imparato a conoscerli, ad accettarli, a ritenerli parte della mia famiglia.
Abbiamo bevuto, dormito, studiato, viaggiato, ballato, lottato, pianto e riso insieme.
Per questo stasera ho sentito un pezzetto del mio cuore spezzarsi e parte della mia vita cancellarsi, senza che io potessi far nulla.
Fa parte del gioco, lo so.
Questo non significa che io debba accettarlo senza soffrire.
Per la prima volta ho sentito l'esigenza di restare ancorata al passato, perché se crescere è così doloroso, beh... forse preferivo rimanere la ragazzina ingenua e spensierata di un tempo.