| Condividere il ricordo del peso della spilla era forse stata la mossa giusta? Dall'espressione che assunse Eloise, sembrò esserlo. Forse a Niahndra non avrebbe espresso quei suoi pensieri, incerta su come avrebbe reagito la mora, ma qualcosa nella rossa le fece credere di poter rivelare anche il "lato oscuro" del Prefetto. A casa le avevano spesso decantato gli onori che quella spilla portava con sé, ma nessuno l'aveva messa in guardia dagli oneri. Aveva reagito al peso della responsabilità a modo suo, e non sempre poteva rivelarsi il metodo migliore, ma era certa che Eloise stesse già facendo lo stesso, interiorizzando il concetto di "Prefetto". Ora che portare quel piccolo luccicante distintivo era diventata la norma, Amber doveva ammettere che difficilmente ne avrebbe fatto a meno. Il rispetto che la maggior parte degli studenti provava nei loro confronti, che fosse obbligato o spontaneo per lei era irrilevante, le dava anche la sensazione di poter essere una figura di una certa valenza all'interno del Castello. Pur senza smettere di sentirsi a disagio quando qualcuno si rivolgeva a lei per un consiglio. Se la facciata poteva - in chissà quale modo! - rassicurare un primino, ciò che Amber celava al proprio interno, probabilmente l'avrebbe fatto fuggire a gambe levate. In ogni caso, comunque, quel ruolo l'aveva aiutata molto a comprendere la propria identità e scegliere un binario da seguire. Il richiamo alla missione con gli Ateniesi, riportò la bionda sul piano del reale, prima che potesse perdersi nei ricordi ansiogeni dei primi giorni da Prefetto. «Oh, beh certamente nessuno avrebbe potuto ritrovarla tanto in fretta. Ma ho il sospetto che nei cassetti della Bennet ce ne sia più di una di riserva.» rispose, tentanto il più possibile di scacciare ogni ricordi o riferimento al Messico: non si sentiva pronta per analizzarli. Era già abbastanza complesso il dover rimuovere dalla mente gli spiacevoli avvenimenti del suo passato, aggiungerne altri non avrebbe giovato. Al sentirsi chiamare "Ambie" un qualcosa si smosse in lei. Nomignoli? Non ne aveva mai avuto uno, almeno non uno legato al nome. Il fatto che suo zio la chiamasse Serenity non faceva testo e quelli che le affibbiava Killian erano tutt'altra cosa. Felice. Poteva dirsi felice di ricevere per la prima volta un diminutivo così strambo e calzante, soprattutto perché era stata Eloise a darglielo. «Andrà meglio, ne sono sicura. Ma se così non sarà, potrai venire da me a lamentarti, prometto che non fingerò di non essere in stanza.» Credeva davvero a quello che stava dicendo e forse la richiesta di quella strana promessa era dovuta al fatto che perfino la giovane Prefetta avesse scorto nello sguardo di Amber la giusta dose di sicurezza. Al contrario, invece, sapeva di toccare un tasto dolente affermando di non aver assistito in toto alla performance della sua squadra. Era però sicura che avrebbe giovato di meno una menzogna in quella fragile situazione. Come immaginava accadesse, notò quell'accenno di delusione in Eloise, ma non riuscì a prevedere il getto d'acqua che, poco dopo, la investì. Fresca e profumata, le bagnò il volto senza lasciarle scampo. «Ah, è così?» Disse, fingendo per un solo istante di essersela presa ed essere pronta a ricambiare il favore, con una mano a fior d'acqua. Ma l'istante dopo una risata cristallina sostituì la menzogna. «Ok ok, forse me lo sono meritato.» Poi, finalmente, l'ennesimo nodo giunse al pettine. Tornando lentamente silenziosa, Amber lasciò che Eloise si sfogasse, che raccontasse la sua versione della partita e per quanto riuscì, tentò di riviverla nei suoi ricordi, benché incompleti. I due bolidi li aveva visti, erano stati la goccia che l'aveva cacciata dagli spalti. Aveva visto Horus cadere due volte e le era bastato per mettere una crossa croce su quello sport. Dal canto suo non aveva visto che brutalità. Sperava che l'assistere a qualche partita risvegliasse in lei un qualche senso di appartenenza, un moto d'orgoglio o qualunque cosa si provasse a vedere giocare la propria squadra. Zero. Nulla di simile venne alla luce. Seguì l'evolversi di intensità nella voce che guidava il racconto. Eloise, al contrario, sembrava presa talmente tanto dal Quidditch che le fece comprendere di essere un'eretica della peggior specie. La passione della rossa, lo sconforto per il punto mancato e per la tattica usata dai Corvonero... tutto, in quel racconto, era vivido al punto da permettere ad Amber di assistere di nuovo alla partita. Però, anche così il risultato non mutò. Ancora nessun gradimento per il Quidditch. Oh, certamente quello non era lo scopo di tutto il discorso. Lo scopo era permettere all'altra di sfogarsi, di lasciar andare qualunque rimpianto avesse e poter abbassare di un punto (Amber non si illudeva certo di cambiare la giornata di Eloise) il livello di stress che la sconfitta aveva comportato. Durante il racconto, la bionda si era mossa, tornando in piedi. Si era distaccata abbastanza dalla vasca, decisa ormai a rimandare il proprio bagno in via definitiva, ma senza per questo dispiacersene. Quando la rossa riaprì gli occhi, la bionda si fece trovare pronta, o quasi. «No, non è stata noiosa, tutt'altro. Probabilmente se ci fossero stati mio padre e mio zio, li avresti sentiti urlare da chilometri per incitarvi. Beh, in realtà solo mio padre, mio zio era Corvonero.» Stava tergiversando, lo sapeva benissimo. Il suo sguardo divenne più serio, non intendeva chiedere perdono per il semplice fatto di non apprezzare lo sport magico nazionale, ma voleva chiarire i motivi per cui se n'era andata prima del tempo. Stupidi, probabilmente, ma veri. «Dopo il secondo bolide non ho resistito. Non ero nelle condizioni migliori per vedere qualcuno fratturarsi le costole, o qualunque altra parte del corpo.»* soprattutto Horus* Per qualche ragione, vedere i suoi conoscenti venire abbattuti come birilli, le ricordava quanto potessero essere umani e fragili. Per quanto i medimaghi fossero in grado di fare miracoli, lei aveva sempre preferito figurarsi le persone a cui teneva come "intoccabili", per non dover pensare costantemente ai traumi del passato. Ecco, il Quidditch aveva la capacità di distruggere la sua sicurezza e richiamare le sue ansie, quasi quella colpita dai bolidi fosse lei. Ma come spiegarlo ad Eloise? Poteva bastare quanto detto? Quel che Amber sapeva era che non voleva aggiungere i suoi problemi a quelli già presenti nell'altra tassina. «Hai parlato con gli altri della squadra? Non dovresti addossarti tutte queste colpe...» “Never ruin an apology with an excuse.”
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