Se c'è qualcosa che non cessa mai di stupire, quella è la schiettezza: tendiamo a covare i nostri pensieri in segreto, come nella convinzione di essere gli unici a dover affrontare prove sconosciute al resto dell'umanità. Sopravvalutiamo volontariamente la nostra originalità, ritenendoci incomprensibili mentre, se solo accettassimo il rischio di esporci, scopriremmo di non essere così soli come immaginavamo.
Per Jolene la via della schiettezza era scontata, ma aveva ormai capito che altri preferivano nascondersi dietro a maschere inespressive: ecco perché la domanda di Elijah, così diretta e priva della mediazione dei normali meccanismi di difesa, la stupì e la riscaldò in un dolce sorriso. Ascoltò attentamente l'impressione che aveva prodotto su di lui, e le sembrò così bella che sarebbe stato un peccato distruggerla. Tuttavia, in nome della stessa sincerità sopracitata, non avrebbe potuto farne a meno.
«Ti ringrazio, ma temo di doverti, almeno in parte, contraddire. Credo sia più corretto parlare di aspirazione a vivere.» Una breve pausa in cui aggrottò le sopracciglia, nel tentativo di trovare le parole più adatte. «E' come se fossi racchiusa in una bolla di sapone: leggera, fluttuante, sospesa da qualche parte sopra al mondo autentico.» I denti cominciarono a tormentare il labbro superiore nel tentativo di tacere, di mantenere ancora il loro segreto inconfessabile. Jolene dovette fare uno sforzo per proseguire, mentre le mani, che avevano racchiuso per un momento il suo mondo sferico, si staccarono e sparirono sotto al piano del tavolo. «Tu, al contrario, sei stato colpito da aspetti della vita così forti da lasciare un segno indelebile.»
Elijah era interamente sommerso nel mondo che Jolene poteva solo ammirare: passioni violente e sofferenze dal gusto tragico contrapposte a serena contemplazione e armoniosa staticità. Attraverso i colori sfuggenti della sua bolla di sapone, la giovane provava ammirazione, desiderio e una punta di invidia, chiedendosi per quale motivo non fosse in grado di far esplodere quel mondo di cristallo.
«Secondo la mia impressione, Elijah, sei autenticamente vivo. Per il semplice fatto di poterlo sopportare possiedi una forza che io mi permetto solo di immaginare. Hai idea di quanto sia eccezionale accettare la realtà, farci i conti con tanta schiettezza da poterlo condividere con un'estranea?» Scosse la testa. «Scusa, sto diventando sentimentale, vero?» Una risata come un sospiro, il tentativo di allentare la tensione che si era venuta a creare, di ristabilire una sorta di equilibrio.
La conversazione si spostò su argomenti più leggeri, per qualche battuta, mentre iniziavano a lavorare sulla cioccolata.
«Serotonina.» Mormorò meccanicamente, in riferimento al cosiddetto “ormone della felicità”, che Oscar aveva visto bene di nominarle ogni volta che la vedeva mangiare del cioccolato fino a quando non le era entrato in testa. La sua mente pullulava di quelle strane parole chiave, le formule magiche della chimica e della biologia. Venivano richiamate all'ordine, immancabilmente, ogni volta che le circostanze esterne lo suggerivano: un piccolo automatismo, un meccanismo ripetitivo per certi versi simile a quelli che continuava ad osservare in Elijah. La meticolosità con cui rimescolava la cioccolata, come se fosse una complicata pozione, era l'ennesimo piccolo gesto familiare di cui sembrava nutrirsi continuamente. Chissà quanti altri possedeva.
Non ebbe bisogno di riflettere prima di dire la sua sui rifugi.
«Oh, non credo che ci sia da cercare tanto lontano. Il mondo intero è un rifugio, è così vasto che ti ci puoi smarrire dentro completamente, senza che rimanga alcuna traccia dei tuoi contorni. Una liberazione, se sono una gabbia.» Si rese conto di star parlando per enigmi: la sua frase avrebbe potuto significare il Tutto come il Nulla, quindi decise di dare qualche indicazione più precisa. «Mi riferisco allo studio: è sempre stato il mio modo preferito di annullarmi. Non parlo necessariamente di materie scolastiche, ma di qualsiasi cosa ti possa interessare.»
Era nello studio dell'Altro che Jolene aveva percepito la Bellezza. Si trattava di concetti difficili da esprimere a parole, specialmente se non sapeva quanto la sensibilità dell'altra persona fosse incline a comprendere. Ecco perché lasciò cadere il discorso, aspettando eventuali commenti o domande di Elijah, nel caso in cui si fosse interessato.
Nel frattempo, il livello della cioccolata scendeva regolarmente, tra una cucchiaiata e l'altra.
«Affascinanti predatori. Non vorrei essere nei panni dei tuoi compagni di dormitorio, non riuscirei a dormire sonni tranquilli in presenza di un serpente.» Disse con una risata.
Infine posò il proprio cucchiaino, soddisfatta della cena: era rimasto ancora uno strato di amaro cacao che cedette ad Elijah.