Che il tempo stesse cambiando per la primavera imminente era stato appurato, ma che l’aria venisse percorsa da quell’elettricità frizzante da sollevare capelli era del tutto imprevisto. O forse era lei che influenzava il clima più prossimo con quella destabilizzante novità nel modo di relazionarsi a Niahndra. In entrambi i casi, sembrava che il clima volesse sintonizzarsi con quel modo schietto di spingere via le nubi, di vedere il cielo, di sollevare la polvere.
La novità le piaceva e la spaventava al tempo stesso: se ogni superficialità era stata sconfitta, il modo in cui il loro rapporto era evoluto la esponeva più di ogni altra relazione sociale che aveva costruito al di fuori della sua famiglia. Il timore di ricadere nel solito gioco delle parti l’avrebbe spinta ad agire con un tatto sconosciuto e con passi delicati: ricordava ancora con dispiacere l’occasione in cui aveva forzato Amber ad aprirsi con lei, e l’idea di tornare a commettere un errore simile la nauseava. Aveva dimenticato il rispetto per lo spazio personale, aveva travolto con distacco e ironia, e rifare lo stesso errore era un rischio tangibile. Quel filtro che avrebbe dovuto anteporre, quella correzione e maturazione, non andavano contro la sua natura? Era censura, o era crescita? Sarebbe stata la perdita definitiva della spontaneità, o era il nodo da sbrogliare per superare la limitatezza dei rapporti di amicizia?
I cavalloni erano ancora alti, ma continuare a soffiarci su tutte le ipotesi e le possibilità parallele avrebbe causato un nubifragio inutile. Doveva concedersi il tempo di tornare a una dimensione più reale di quell’idilliaca radura nel folto del bosco, e aggrapparsi proprio al fulcro della questione - la spontaneità.
Farlo era più semplice, con una narrazione da portare avanti. I ricordi si intrecciavano alle sue parole, e la trama complessa di un meccanismo entrato in azione da tempo si dipanava davanti ai loro occhi. Dopo una breve pausa nel racconto, in cui si era limitata ad annuire a Niahndra, si avviò alla conclusione, rivolgendo all’amica un inevitabile ghigno provocato dall’apprensione registrata nella sua voce. Valeva la pena correre pericoli e mettere a repentaglio la propria sicurezza, quando in gioco c’era una comprensione del mondo più vera e più completa. Così ragionava Eloise, e non c’era minaccia che le avesse ancora fatto cambiare idea. Nel pieno della sua adolescenza, neanche contemplava la possibilità che la sua esistenza potesse finire: in quei momenti era immortale, la fine non esisteva.
Il volto di Geralt fluttuava davanti ai suoi occhi, l’urgenza del pericolo, il sollievo e la felicità della scoperta. Aveva trovato dentro di sé una verità nuova, in quell’occasione, aveva scoperto di appartenere a una classe: e se era un branco, quello che avrebbe voluto trovare, doveva accettare di fare i conti con la realtà. In quel branco erano solo in due.
Lui è come te. Il fatto stesso di essere l’unico rappresentante di un insieme più ampio aveva acceso su di lui l’occhio di bue. Il suo era l’unico posto in sala a essere occupato, e lui era la sola fonte di informazioni: era inevitabile sottolineare il legame, e se si sentiva simile a lui era perché non c’erano altri metri di paragone, perché difficilmente c’erano altri capaci di spiegarle la sua stessa natura. Era un’affinità innata ma imprevista, che solo gli eventi accaduti le avevano permesso di scoprire.
Il rilancio della palla era pronto da ben prima che il discorso prendesse la piega plasmata dal vento. Sapeva che Niahndra aveva qualcosa di importante da condividere da molto tempo, e non poteva negare che il baratto di informazioni era tra le ragioni meno nobili che l’avevano motivata ad aprirsi fino a quel punto. Non era mercificazione della conoscenza, ma solo un atteggiamento che le veniva istintivo e naturale, un patto sociale su cui non aveva dovuto indugiare e riflettere: esprimersi con schiettezza avrebbe portato ad altrettanta schiettezza. Era una legge scritta nella loro natura umana.
Non che con la Alistine fosse scontato: schiva di indole, o plasmata a esserlo dagli eventi infelici della sua infanzia, parlava a cuore aperto con una frequenza simile a quella del campionato di Quidditch scolastico. Il suo passato emergeva per aneddoti ironici, che altro non erano che una pennellata accennata che tratteggiava l’esperienza in orfanotrofio con metodica superficialità.
Pur avendo vissuto un’esperienza di vita diametralmente opposta, calda e protetta, Eloise capiva di non dover invadere quello spazio privato, e neanche pretendeva di comprendere al 100% chi fosse Niahndra Alistine. Là dove la Lynch si fidava ciecamente, lanciandosi a cuore aperto e piena speranza, la Alistine titubava e soppesava, diffidava e valutava. Il più delle volte - l’aveva constatato lei stessa poco prima - interpretava le situazioni con un acume preciso e infallibile. Ma nel profondo Eloise si chiedeva se non fosse stata derubata di una spontaneità che altrove sarebbe fiorita serena.
Eppure sembrava essere proprio quello il suo destino: comprendere i fatti prima che fossero accessibili alla gente comune. Osservare e capire era la sua inclinazione naturale, la sua indole, e aveva finito per conquistarsi un'abilità eccezionale in rima.
Gli eventi di Cadair Idris a cui Niah faceva riferimento erano all’origine dei suoi sospetti e delle sue teorie, e trovava difficile supporre che fosse dotata di qualche abilità simile all’Elementalismo, alla luce dello stupore palesato nei confronti della sua dimostrazione. La domanda con cui l'aveva incalzata non era altro che un assist per arrivare al fulcro.
«Certo.» Rispose immediatamente per darle conferma di una realtà ovvia. Non c’era forzatura, perché non c’era persona in tutto il castello in cui riponeva maggiore fiducia. E continuò a guardarla, sperando che proseguisse, e non liquidasse la questione con un giocoso
Ti sei fidata? Bene, continua farlo.La faccenda si sovrapponeva parzialmente a una delle teorie che aveva elaborato dal loro ritorno dal Galles, e se in un primo momento le parve una capacità pazzesca, lo scetticismo dell’amica le impartì una certa prudenza.
«Ma sembra una cosa utile.» Azzardò prima che concludesse, focalizzata sul bicchiere mezzo pieno. La spiegazione proseguì, e la complessità della faccenda emerse nella sua tridimensionalità.
Certo non doveva essere piacevole dover sentire il peggio di quanto accadeva nel mondo, sicuramente non aiutava il buonumore.
«Non dev’essere bello... Ma esisterà qualche modo per esercitarsi a incanalare meglio, per… Migliorare la ricezione, no?» Capiva la ragione di tanti malumori, tanti cipigli preoccupati, tante occhiaie da notte insonne, e quasi provava il bisogno di alleviare quel peso dalle spalle di Niahndra, di prendere un po’ di quelle sventure e lasciarle il lusso di dimenticarsene.
«E come funziona? C’è qualche collegamento con la Divinazione, puoi percepire cose prima che accadano?» Anche se conosceva poco la materia a causa dell’inevitabile pregiudizio radicato nelle sue origini di famiglia purosangue e pragmatica, non le sembrava di aver mai sentito parlare di una Vista (o più un Udito, da come ne parlava Niahndra) così settoriale. Ma era flessibile come l’Aria, e pronta a conoscere qualsiasi realtà incredibile che le si prospettava davanti.
Troppe erano le domande che si affollavano nei suoi pensieri, e dovette mordersi la lingua per non lasciarle scappare. Spazio, Eloise. Lascia che respiri.
Call me the wind in the hole
Blowing my way to the call
I’ll dust up the days 'til I’ve gone every way
No less and I’ve never wanted more
Johnny Flynn - Country Mile
I’ll dust up the days 'til I’ve gone every way