| § 25 Anni § DOC. ERBOLOGIA § Sangue BANSHEE ஜ Scheda PGMìreen Fiachran 2° Giornata del DUELLANTE Si era mossa veloce, l'incanto nella sua mente già da fin troppo tempo. Si era esternata da TUTTO, dall'enorme sala dove il duello si stava svolgendo, dalle occhiate degli spettatori in attesa di vedere la loro prossima mossa, addirittura dall'attacco della sua avversaria, pur di eseguire quella cura disperata. E ce l'aveva fatta. Finalmente era riuscita a curarsi dal veleno che fin dall'inizio del turno la stava danneggiando, tanto da arrivare a farle bruciare gli occhi e smozzarle il respiro. Quando sentì tornare a respirare regolarmente e gli occhi smettere di far male, le sembrò di aver tolto un enorme macigno dal petto, le energie che gradualmente le tornavano grazie all'effetto secondario di guarigione del Curo Venénum. Il sollievo, la felicità di esserci riuscita non vennero spazzate via neanche dal Bombarda della sua avversaria. Il sorriso sulle sue labbra restò al suo posto anche mentre veniva sbalzata in aria all'indietro, per poi cadere di schiena. Giusto una rapida smorfia di dolore quando impattò contro la dura superficie della pedana, ma scomparve quasi subito, sostituita da un ghigno quasi malefico. Se fino a quel momento la cara Emily si era annoiata, ora avrebbe trovato pane per i suoi denti, il livello di sopportazione per gli affronti subiti era sceso così in basso che per lei era solo una fortuna che Mìreen non la potesse vedere abbastanza bene da mirarla col peggior incantesimo che conosceva. Era arrivato il momento di gettarla nel suo inferno personale.
Benchè il colpo subito, poteva ancora muoversi, e la bacchetta era rimasta ben salda nella sua mano. Senza perder tempo provò a sollevare il busto il necessario per poter vedere la densa nube di fumo e detriti che occultava la visuale, tanto da non veder la sua avversaria se non una imprecisa ombra. Non c'era tempo per cercare tante alternative sul da farsi, alzata la testa e in parte il busto, notata la coltre e l'impossibilità di attaccare con sicurezza, cambiò rapida la propria strategia. Non voleva sforzare troppo la schiena e i muscoli addominali considerato cosa voleva fare, quindi sarebbe arrivata addirittura a sedersi con uno scatto della parte superiore del corpo, nel caso avesse valutato esser la scelta migliore considerata la sua posizione. Completamente attenta alla gestualità che il prossimo incantesimo richiedeva, mentre si sollevava col busto, la mente dettava i movimenti e la sua mano armata ubbidiva. Per poter lanciare il Glacies, doveva prima eseguire il Frigus, così provò a distendere le braccia, e col fedele catalizzatore impugnato nella destra, intanto che le labbra pronunciavano decise << Frigus>> la sinistra provò a muoversi come per spingere l'aria attraverso la bacchetta, come per volerla soffiare sul lungo e sottile legno magico. Il formicolio che percepiva ogni volta che richiamava una magia elementale era per lei una sensazione meravigliosa, pura magia ed energia, la Natura che rispondeva al suo richiamo, permettendole di evocare e/o manovrare le sue creazioni più primitive. Poteva sentire l'aria spostarsi, seguendo la sua mano libera, quasi la poteva vedere, avvolgere e poi penetrare nel nero noce, la cui punta volgeva verso quella che in teoria doveva esser la sua avversaria, ma di cui ne poteva vedere solo una semplice ombra. Se avesse funzionato, ottenendo il soffio d'aria fredda prevista dall'incantesimo, la sua concentrazione si sarebbe focalizzata sull'imprimere maggior forza nel getto. Più potenza otteneva, più veloce si spostava la coltre di fumo e detriti, ma soprattutto, più si abbassava la temperatura dell'aria incanalata dalla bacchetta. E appena fosse riuscita a raggiungere il punto massimo, iniziando a far quasi fatica (per questo non voleva affaticare i muscoli con una posizione troppo scomoda), avrebbe pronunciato la formula << Glacies>> così da far diventare ghiacciato quello stesso getto d'aria.
La sua mente ripensò ai freddi inverni in Irlanda, le tormente di neve che obbligavano sua nonna e i suoi genitori a rinforzare le serre, i danni che quelle folate impetuose causavano - scuroni staccati dai loro ganci, tegole che volavano via scoperchiando lentamente il tetto. Di solito le tempeste di vento non erano gelide, ma ce ne fu una, quando era ancora piccola, che fu così fredda e terribile, da lasciarle il ricordo di una bambina nascosta sotto una coperta, davanti il cammino acceso del salotto, tremante di freddo e di paura ad ogni ululato e sferzata. Una notte scura e gelida, col vento che frustava le mura in pietra, così adirato contro quella famiglia, da abbattersi senza ritegno. Le labbra viola e le mani bianche di suo padre, appena rientrato dopo che era corso fuori a lanciare incantesimi di protezione sulla casa che il vento sembrava voler spazzare via... così congelato, da non riuscire più a muoversi normalmente e non sentire le dita dei piedi, scosso da tremori e brividi allarmanti. Quella casa, tanto antica ma ben tenuta nel tempo dalla famiglia Fiachran, ancora possente, resistita a guerre e tempeste di ogni tipo e potenza, per la prima volta l'aveva sentita gemere, tetri lamenti di dolore, trafitta da lame d'aria, così veloci e gelide, da metterla inginocchio. Alla fine aveva resistito, ma solo perchè, dalla sua costruzione, vi avevano abitato numerosi maghi e streghe, assorbendone, nel corso dei secoli, la magia rilasciata non solo dai loro incanti, ma anche da riti e preghiere dedicate alla Dea Madre.
Ecco, era la tormenta gelida e indomabile di quella notte che voleva richiamare. Ma se avesse ottenuto almeno il getto d'aria fredda iniziale, lo avrebbe mantenuto puntato contro la nube, con l'intento di spostarla più rapidamente possibile verso Emily, e poter così sia ridurle il campo visivo, sia gettarle addosso tutti i detriti, schegge e polveri da lei stessa sollevate col suo precedente attacco. Magari non l'avrebbe ferita gravemente, ma almeno un granello di polvere nell'occhio glielo avrebbe ficcato... e se fosse riuscita ad abbassare abbastanza velocemente la temperatura dell'aria fino a ghiacciarla, avrebbe potuto tagliarla o un minimo congelarla (almeno uno starnuto!).
Ogni cosa, ogni movimento, doveva esser rapido e perfetto. Compreso il sollevare testa e busto il necessario per vedere nube e ombra, fino ad addirittura e sedersi con uno scatto, mentre già iniziava a lanciare l'incanto, Se tutto fosse andato bene senza intoppi, al sollevamento del busto, in contemporanea, ci sarebbe stata la concentrazione ed esecuzione dei gesti del Frigus, puntando la bacchetta contro la nube e l'ombra della studentessa, per poi aumentare la potenza del getto e abbassarne la temperatura così da lanciare il Glacies. Non era sicura di aver il tempo per congelare il getto d'aria, ma almeno la coltre di detriti sperò di riuscire a mandarla contro Emily.
Inf. XXXII, 22-24 Per ch’io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d’acqua sembiante.
Inf. XXXII,34-36 livide, insin là dove appar vergogna eran l’ombre dolenti ne la ghiaccia, mettendo i denti in nota di cicogna.
Inf. XXXII, 37-39 Ognuna in giù tenea volta la faccia; da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo tra lor testimonianza si procaccia.
Inf. XXXII, 70-71 Poscia vid'io mille visi cagnazzi (lividi) fatti per freddo ...
Inf.XXXIII, 92-99 Noi passammo oltre, là 've la gelata ruvidamente un'altra gente fascia, non volta in giù, ma tutta riversata. Lo pianto stesso lì pianger non lascia, e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo, si volge in entro a far crescer l'ambascia; chè le lagrime prime fanno groppo, e sì come visiere di cristallo, riempion sotto 'l ciglio tutto il coppo.
Inf. XXXIV, 11-15 ... là dove l'ombre tutte eran coperte, e traparien come festuca in vetro. Altre sono a giacere; altre stanno erte, qella col capo e quella con le piante; altra, com'arco, il volto a' piè rinverte.
Inf. XXXIV, 46-52 Sotto ciascuna uscivan due grand'ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid'io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, sì che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s'aggelava.
Per i Cristiani, l'Inferno era fatto di fuoco e lava, lapilli che sferzavano l'aria, temperature così alte da sciogliere la pelle e cuocere le carni dei condannati all'eterno dolore. Eppure, soprattutto nella letteratura, l'Inferno non per forza era un luogo caldo... Per Dante, nella Divina Commedia, il punto più profondo dell'Inferno era un pozzo sul cui fondo vi era un lago ghiacciato coi dannati qui immersi, nudi e congelati. Incapaci di muoversi, la pelle livida e annerita dall'ipotermia, il gelo che impedisce loro di parlare e di vedere. Non possono che soffrire per il freddo che penetra nelle loro carni come lame letali, le lacrime che si congelano sul loro viso, creando orribili maschere di ghiaccio, volti di cristallo, per coloro che hanno commesso il peccato peggiore: il tradimento (della famiglia, della fede, della Patria).
§ PS: 108/258 § PC: 186/203 § PM: 212 /212
INCANTESIMI Conosciuti: _Fino alla QUINTA Classe COMPLETA (esclusi i Proibiti) _INCANTESIMI BONUS per "Squadra Antimago"
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