Euphoria

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view post Posted on 17/6/2022, 18:30
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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◌ ◌ ◌ Outfit ◌ ◌ ◌

O rdine e rigore sono sempre state parole chiave.
Segui le regole, non fare niente di cui potresti pentirti.
Ascolta tua madre, lei sa benissimo che cosa è meglio per te.
Non disturbare, sii sempre educata.
Pensa prima di parlare.
E, proprio adesso che ci pensa, non si capacita di come sia possibile non avere un ricordo più piacevole di quello trascorso con il naso infilato tra le pagine - macchiate - di un libro in biblioteca. Invidia sua sorella, lei che non riesce a tacere un minuto e si gode i suoi sedici anni con la leggerezza e la spensieratezza di una bambina. Sarà il coraggio e l’istinto, quello che lei ha perso chissà quando e chissà dove. Sarà che ci sono cose più importanti di una festicciola di Casata o di chi si sia lasciato nello spazio temporale che intercorre tra pranzo e cena. Invidia persino il gruppo di amiche che, come uno sciame di moscerini fastidiosi, si riunisce attorno a Fiona sussurrando e ridacchiando di vestiti nuovi, di inviti e di uno spazio non ben definito fuori dal Villaggio.
Non ci farebbe neppure caso se, dopotutto, Fiona non zittisse immediatamente le ragazze insieme a lei, scoccandole uno sguardo imbarazzato e preoccupato.
«Niente di cui tu debba preoccuparti, sorella!» esclama, rompendo il silenzio e attirandosi gli sguardi di molti dei presenti. Figurarsi. Come se una frase del genere non l'avesse messa in allarme ancor prima di essere pronunciata.
Prima che la bibliotecaria arrivi e le trascini tutte fuori dalla sala di lettura, però, una delle amiche più strette di Fiona la guarda più intensamente del dovuto ed ecco che qualcosa scatta.
Sospetto. Timore che sua sorella si sia impicciata in qualcosa di più grave di un incontro tra adolescenti poco fuori Hogsmeade. Sorride e finge di non preoccuparsi, salutando Fiona e le sue amiche con la mano e annuendo al labiale della sorella, che la vorrebbe vedere a cena.
Che cosa le nasconde?
E perché deve sempre vedere il marcio in ogni cosa?

Quando si trova a seguire Fiona col suo gruppetto di amiche, a debita distanza naturalmente, lo fa sentendosi malissimo. Le sembra di violare la sua privacy, quella che per lei invece è così cara e preziosa. Da quando è tornata ad Hogwarts, per cominciare il settimo ed ultimo anno, tutto è diventato relativo. Ci ha messo un anno a riguadagnare la sua media scolastica e ha volutamente ignorato le lettere ricevute da Cork. Se sua madre le volesse parlare - o suo nonno, perfino - troverebbe il modo.
Si è isolata pensando che sia più facile comportarsi così, piuttosto di affrontare il vero problema. E’ sola, inesorabilmente sola, nonostante gli anelli dei gemelli Weasley alle dita - uno per mano - e si circonda della silenziosa compagnia di Iris ogni volta che può. Sua sorella, la minore delle tre, non fa che subire passivamente la sua presenza, senza scacciarla e farla sentire in colpa se - dopotutto - è costretta a passare il proprio tempo con lei, invece che con i suoi amici Serpeverde. Di rado si ritrova a parlare con Fiona, preferendo il silenzio della biblioteca con la scusa di aiutarla a studiare per quei dannati esami che sembra non voler affrontare seriamente.
Lo studio è la sua costante.
E quando non avrà più la scusa di un libro da leggere e un esercizio da imparare? Come la mettiamo? Che fine farà il suo tempo? Sarà il momento giusto per scendere a patti con quello che ha fatto e con la spaccatura tra lei ed il resto della famiglia? Le sue sorelle hanno percepito che qualcosa non va, ma ogni domanda resta senza risposta. Un impegno improvviso, “cose da Caposcuola”, ed ecco che si lascia alle spalle i buoni propositi di riconciliazione.
Riconciliarsi con chi, poi? Non ci sono state rappresaglie, non c’è stata rabbia - tranne la sua e verso se stessa - e, per definizione, niente può turbare le acque morte. Di fatto sembra essersi costruita una prigione da sola, ben contenta e felice di sguazzare nella propria autocommiserazione.
Nieve glielo direbbe senza dubbio: sei migliore di così, piantala di piangerti addosso. Andava fatto e così è!
E’ con la stessa facilità che sei sparita dalla faccia della Terra? Ti sei eclissata come la luna, lasciando intravedere di te solamente un anello infuocato che sono i ricordi. Tu che ti disperi per il torneo a cui non volevi partecipare. Tu, che non reggi una goccia di alcol e bevi e ridi tra i vigneti toscani.
Si morde il labbro e scaccia il pensiero della sua amica. Sempre che lo sia ancora.
Se si vedessero oggi, dopo così tanto tempo, forse nemmeno si riconoscerebbero.

Sente sua sorella dire che sono in ritardo, che sarà tutto già finito e con l’amarezza nella voce le sente ridere di eccitazione e cominciare a correre. Non c’è fretta - pensa - tanto prima o poi le ritroverà e le riporterà indietro. E’ quello il suo ruolo.

E’ quello il suo ruolo?

E poi, la musica. Soffusa, come se provenisse da un mondo invisibile, e le risate lontane.
Sa di essere arrivata quando il chiacchiericcio diventa insostenibile. Ma quanti sono?
E poi li vede.
Decine di adolescenti, tra gruppetti e solitari alla ricerca di una chiacchiera di circostanza e le speranza di un ricordo memorabile. Si stringe nei suoi vestiti e pensa che lei lì non c’entra niente. Non ha a che fare con la leggerezza dei ragazzi che si divertono ballando, ridendo e sapendo che quell’allegria è frutto dell’alcol in corpo e dello sprezzo del pericolo.
Sono fuori dalla Scuola.
Di notte.
E non gliene importa un accidenti.
A Nieve piacerebbe tutto questo.
Si stringe a tal punto da star male, opprimendo quel senso di solitudine che la isola anche quando è circondata dalla vita.

I primi ragazzini che la incrociano strabuzzano gli occhi, lo smarrimento di saperla lì e delle conseguenze che la sua vista comporterà. Si osservano e, quando la sua espressione raggiunge l’apice di tutte le domande inespresse a parole - che ci fate qui? chi ha organizzato tutto? ma vi rendete conto di che cosa state facendo? -, tutto passa.
Un ragazzo del sesto o del settimo anno si stacca da un gruppetto, scaccia i piccini che ha di fronte e le cede la sua bevanda apparentemente intonsa - qualunque cosa sia. Poi, con una pacca sulla spalla, come se si conoscessero per davvero, se ne torna dagli amici. E lei resta lì, impalata, incapace di razionalizzare quello che vede e sente.
Del resto, la confusione poco più avanti le dà prova di quanto quella serata possa dimostrarsi diversa da quello che pensa.
E’ euforia pura. E lei non la sente affatto.
Non ancora.

Arrivo sempre col mio ritardo da diva, nel momento topico della festa.
Posizionatemi un po' dove vi fa più comodo, prima o poi mi ritrovo (?)




© Thalia | harrypotter.it

 
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view post Posted on 17/6/2022, 22:51
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Alice Wagner - Gryffindor

Fu in qualche modo confortante per Alice, avere una presenza che le confermasse che fosse tutto okay, che non era tornata nei suoi incubi e che quella nube di oscurità fosse solo temporanea. Non stava affogando di nuovo, non era scomparsa dentro i meandri fitti dei suoi oceani, tempestati dai soliti momenti gelidi e privi d'aria, in qualche modo non era sola. Respirò per qualche secondo, tentando di far tornare il cuore a battere ad un ritmo normale e si accorse solo dopo di come la canna le fosse scivolata dalle mani, Draven la raccolse e gliela passò con un sorriso, senza aggiungere nulla. Non le chiese cosa le fosse preso, come se non avesse bisogno di spiegazioni, come se già in qualche modo la conoscesse. Fu una sensazione strana, calda e familiare che la fece tornare a star bene, ricambiò il sorriso riprendendo poi la canna tra le mani e provando un secondo tiro, le cose intanto intorno a loro iniziavano a cambiare. Il gioco della bottiglia a cui non avevano prestato minimamente attenzione, sembrava aver colpito lo sguardo di Draven, uscì fuori il nome di Casey che Alice cercava di evitare da tutto il pomeriggio non aveva visto molto in giro, la quale doveva apparentemente baciare qualcuno. Solo che nessuno dei due aveva capito ancora chi, comunque la cosa che più la fece rimanere di stucco fu proprio la questione del bacio << Ba-Baciare?>> ripetè ancora incredula, ma in che senso BACIO? improvvisamente la realtà di poter essere estratta in quello stupido gioco si fece sempre più reale, soprattutto quando fu il momento di Draven. Aveva già notato come i lineamenti del viso si fossero fatti più duri, pareva essersi stizzito nel sentire il nome di Megan, ma quando la bottiglia lo colpì al collo fu ancora più chiaro come la cosa lo mettesse chiaramente in agitazione << Oh wow la Haven, che culo! >> conosciuta per la sua bellezza, Alice non faceva fatica a immaginarsi che ci fosse un certo tipo di pressione nell'essere scelto come destinatario del suo bacio, ma insomma anche un po' di soddisfazione. No? In ogni caso il suo commento arrivò troppo tardi, l'altro si era già bello che avviato nella direzione della caposcuola Corvonero.

Alice ne approfittò per lasciare che la leggerezza le attraversasse il corpo, la musica con i suoi battiti attraversasse ogni sua particella e le facesse dimenticare tutte le ansie di poco prima. Era come se il battito del suo cuore si fosse sintonizzato alla console e di conseguenza i movimenti fendevano l'aria leggeri, fluidi, spensierati.
Mentre ballava liberamente, senza freni inibitori, senza che le preoccupazioni riuscissero a sfiorarla, si avvicinò a Camille coprendole da dietro gli occhi con i palmi delle mani << Indovina chi sono??>> ma scoppiò a ridere prima di due secondi di tempo, era chiaro chi fosse no? Non sapeva da cosa venisse quel temporaneo buonumore ma per qualche istante le sembrò di essere tornata se stessa. Era incredibile come riuscisse ad alternare momenti di abisso ad altri in cui si sentiva leggera come una nuvola, non riusciva a spiegarselo, che fosse l'effetto della canna? Comunque allungò le braccia verso Camille << La signorina mi concederebbe questo ballo?>> la punzecchiò con il suo solito fare maladrino, invitandola a fare una giravolta nel caso in cui l'altra avesse accettato. Intanto a pochi passi da loro si stava consumando un dramma che il segreto spostate.

All'inizio Alice non si rese proprio conto di cosa stesse accadendo, aveva lasciato Draven correre incontro alla suabella Corvonero e qualcuno nella folla le aveva comunicato, a suon di schiamazzi poco educati, che a baciare Casey sarebbe dovuta essere Jean. Come da quello che doveva essere uno stupido gioco infantile, si fosse passati ad una rissa, le era poco chiaro. Accadde tutto in davvero pochi istanti, due secondi prima c'erano Draven e Megan vicini, Alice poteva vedere la distanza tra i loro volti diminuire, due secondi dopo Casey teneva per il colletto il Serpeverde. L'attimo di spensieratezza in lei come poco prima in Casey sembrò scomparire, come una bolla di sapone portata dal vento, esplodere e tornare ad uno stato di agitazione. Casey era andata in fibrillazione per Megan, Alice invece si era appena resa conto che il suo caposcuola stava per menare qualcuno. Di nuovo. E a sto giro Les sembrava essersela svignata da qualche parte, probabilmente a pomiciare, quindi non avrebbe potuto tirarla indietro, non avrebbe potuto dirle di calmarsi. E quindi ora? E ora che si fa? Alice avvertì diverse sensazioni insieme, il peso della responsabilità di dover fermare la rissa, in quanto prefetto, in quanto parte del comitato organizzativo, lo sguardo di Draven in qualche modo sorpreso, preoccupato ed in fine l'effetto che quel pugno avrebbe generato in Casey stessa. Come la violenza avrebbe finito per devastarla interiormente di nuovo, come avrebbe lei finito per disprezzarsi e maledirsi, come sarebbe crollata in pezzi. Alice lo aveva visto, le aveva visto il cuore, pieno di spilli, grondante di rabbia. Alice lo sapeva e non poteva permettere che accadesse di nuovo, almeno non mentre era presente. Non ci pensò nemmeno più di mezzo secondo, nonostante pochi istanti prima facesse una fatica incredibile ad essere lucida, nei momenti di agitazione tornava tutto a galla. Il battito del cuore era triplicato mentre si avvicinava ai due. Non aveva idea di cosa fare. Di sicuro non avrebbe funzionato, era certa che non avrebbe funzionato, ma come poteva restare a guardare?

La cosa che arrivò per prima furono le urla di Jean, la sua confessione a cuore aperto, il momento di sfogo, di confusione delle sue parole, i pezzi che chiaramente mancavano all'interno di quel puzzle intricato. Era una mossa coraggiosa quella della Corvonero, era stata capace di comunicare i suoi sentimenti così apertamente e coraggiosamente da lasciare tutti a bocca aperta, anche se Alice non era del tutto certa che Casey potesse sentirli. Temeva fosse così in tilt da aver eliminato tutto e concentrato il resto delle emozioni su una sola: la rabbia. Nonostante tutto Alice si avvicino e poggiò la destra sulla mano di Casey che teneva Draven per il colletto, la fissò per qualche istante. Il suo tocco non era violento, nè pressante, era gentile << Casey. No. >> le disse ferma e decisa cercando di farla ritornare alla realtà << Non è quello che vuoi fare davvero. >> continuò piano provando a farla tornare alla realtà, gli occhi chiari fissi nei suoi. Non sarebbe stato efficace come Les che la sbatteva alla ringhiera per farla calmare ma era l'unica strada che poteva tentare a quel punto. Lei purtroppo non era Les. E quel coglione se l'era filata nel momento sbagliato. Anche a questo giro il rischio di prendersi un pugno in faccia era alto. Ma dopotutto quando Alice non aveva mai rischiato nella vita?


code by Vivienne ©


Interazioni con: Camille, Casey
Menzioni: Draven, Megan, Jean

Alice si avvicina al BORDELLONE che sta accadento nella casa del grande Fratello vicino al tavolo degli alcolici

 
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view post Posted on 18/6/2022, 09:08
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Snape

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Perché la luce sia splendente, ci deve essere l'oscurità.


Sentire la corteccia del possente albero su la mia schiena mi teneva al sicuro da quei schiamazzi, e tutta quella gente invasiva per la mia persona. Ma d'altronde era pur sempre una festa, e starsene da solo non rientrava nei miei piani, mi trovavo li quel giorno per spezzare un sigillo che mi portavo da troppo tempo dietro. Volevo spezzare la mia solitudine e con essa la mia timidezza problematica, e per un attimo ci ero anche riuscito, quando mi approcciai in un brindisi rivolto a Suguni, una ragazza corvonero. Ma quella magia venne
spezzata subito, quando per colpa di un jullare, dovetti affrontare la prova della bottiglia con una prefetta di nome Camille. Dopo quello scherzo nei suoi confronti mi sentivo un po' in colpa, era completamente ricoperta di polvere viola, e potevo immaginare che per una ragazza non era il massimo. Cosi decisi ancora una volta di staccarmi dal mio fidato albero per andare cercarla e chiedergli scusa. Iniziai a navigare tra la folla, ma di lei nessuna traccia, c'erano troppe persone e non riuscivo proprio ad individuarla, fino a quando per volere di non so cosa i miei occhi andarono a posarsi su una tassorosso (helena), che si guardava in torno con aria un po spaesata. Pensai che forse anche lei come me aveva problemi a immergersi in quel clima festaiolo. ... '' Dovrei andare a parlarci, camille non la vedo sarà andata a ripulirsi, mi scuserò più tardi ''...a colpirmi erano stati i suoi lunghi capelli castani , era davvero una bella ragazza...'' silias silias, queste cose non ti competono, dovevi restare in biblioteca a leggere ''...non avevo intenzione di provarci, e anche se avessi voluto non sapevo minimamente da dove avrei dovuto iniziare, io e l'amore eravamo sempre stati due poli opposti, quindi volevo solo scambiare due chiacchiere in amicizia, visto che in lei avvertivo un qualcosa che mi attraeva, ed era strano che tra tutti i ragazzi presenti solo lei era riuscita a catturare il mio interesse dopo Camille. A quel punto senza indugi, afferrai un bicchiere di burrobirra, e mi avviai verso di lei...trovarci qui oggi è surreale, lo avresti mai immaginato che i caposcuola e i prefetti fossero cosi audaci ? dare una festa illegale in mezzo al nulla , io ancora stento a crederci...feci una pausa, e porsi il bicchiere alla ragazza ...comunque io sono Silias Thom Morgan, primo anno serpeverde...tu sei ?....


L'oscurità non può ferirti; solo l'amore può farlo.


Edited by Silias Thom Morgan - 18/6/2022, 12:20
 
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view post Posted on 20/6/2022, 11:27
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
All I want to do is be more like me and be less like you
15 anni
Serpeverde
Studente III°
Quando le persone avvertono il tuo stato d’animo, è tuo dovere prendertene cura. Lo aveva letto da qualche parte e, osservando di sottecchi il sorriso tirato e l’espressione ambigua sul viso di Megan, gli era tornata in mente quella frase. Ciò che lo aveva colpito dal primo momento in cui l’aveva vista era stata la sensazione di sapere cosa provasse e l’improvvisa volontà di far crollare quel muro di dolore che si celava dietro i suoi occhi chiari. Quegli stessi occhi che per quanto brillanti, risultavano spenti, velati di un qualcosa che Draven sentiva fargli male nel profondo; qualsiasi cosa fosse, aveva l’impressione di conoscerla e di averla provata sulla sua stessa pelle, al punto da desiderare che in qualche modo potesse svanire dai ricordi di entrambi. Confessandosi a lei, quel giorno in treno, aveva solo sperato che avrebbe protetto e rispettato quei sentimenti. Non aveva preteso altro.
Ma non aveva fortuna con le donne. In realtà, non aveva mai avuto fortuna con nessun essere umano. In un modo o in un altro, tutti finivano per deluderlo. Forse, anzi, sicuramente il problema era lui. La sua ansia sociale, che lo spingeva a evitare di interagire con chiunque, allo stesso modo lo spingeva ad affezionarsi in maniera inconscia a quei pochi eletti che non lo mettevano a disagio; a un certo punto, quando era già troppo tardi, si rendeva conto di essersi affezionato a quelle persone che, per qualche motivo e in qualche modo, avevano voluto far parte della propria quotidianità, finendo con l’attaccarsi a un pezzo del suo cuore. Fino a quel momento, aveva collezionato solo una sfilza di esiti spiacevoli e dolorosi.
Chissà quanti pezzi avrebbe dovuto perdere prima di capire la lezione…
E chissà che limite aveva il suo cuore.
Quello stesso cuore che in quel momento, davanti a Megan, sembrava volesse implodergli nel petto.
Era una dinamica davvero strana: sentiva che Megan non provava niente per lui, non come lui lo provava per lei almeno, eppure non poteva essere l’unico a rendersi conto della papabile tensione tra loro, come quella di due magneti che si attraggono ma che, per un qualche principio, si mettono d’impegno a sfidare le leggi della fisica pur di tenersi a distanza.
Forse era la sua arroganza a fargli sognare quell’impressione, ma allora perché quei suoi occhi sempre tristi si erano improvvisamente accesi di rabbia?
Se non ti importa, non ti arrabbi… Giusto?
Era riuscita ad attirare il suo sguardo, per quanto Draven avesse provato a evitarlo. E ora che si trovavano così vicini, non aveva più possibilità di scampo. Qualsiasi cosa fosse accaduta tra loro da quel momento in poi, ne aveva il pieno controllo solo lei.


Se avessi saputo che ti si sarebbero illuminati gli occhi così, ti avrei fatto arrabbiare un po’ di più.le rispose di getto, distendendo le labbra in un sorriso sincero, che mostrò senza esitazione le fossette sulle guance. Non aveva la minima idea di che tipo di espressione avesse in viso, ma doveva essere rilassata, perché si sentiva bene. Evidentemente, gli bastava così poco da lei per provare un briciolo di felicità.

Pensavo che non mi volessi intorno. Evidentemente, mi serviva una scusa per riavvicinarmi a te.aggiunse subito dopo, ammettendo implicitamente di essere stato un codardo, perché lo era stato. Gli erano capitate infinite occasioni per parlare con lei e provare ad allacciare un qualche tipo di rapporto, ma che fosse per mera codardia, per paura di essere respinto o per una semplice constatazione del fatto che davvero da lei non volesse niente, comunque l’aveva evitata.
Però, evitandola, aveva ottenuto una reazione. Era meglio di niente.
Liberò le mani che fino a quel momento erano rimaste nascoste nelle tasche dei jeans e ne alzò una per raggiungere il suo viso. Non seppe dire se il movimento gli venne particolarmente lento o se, per via della circostanza, fu solo una sua impressione, ma l’intento di accarezzarla non andò in porto. Riuscì solo a sfiorarle una guancia. Aveva schiuso le labbra per chiederle scusa, era il minimo che potesse fare, ma non emise nessun suono. Nel sentirsi afferrato per il colletto della t-shirt, qualsiasi parola gli si mozzò in gola, il braccio rimase per un breve istante a mezz’aria, prima di cadere come l’altro lungo i fianchi e l’espressione sul proprio viso si indurì per istinto.
Quando i propri occhi misero a fuoco la figura di Casey, però, e udì il tono della sua voce, fu come essere materializzato in un altro luogo e in un altro momento.
Percepì subito dall’espressione del suo viso che qualcosa non andava; non l’aveva mai vista così, e di conseguenza, di quell’istintivo nervosismo improvviso non rimase traccia nei propri occhi, lasciando il posto solo alla preoccupazione.
Con estrema delicatezza, portò una mano ad accarezzare la sua che, mentre continuava a sbraitare cose con una rabbia che per lui, in quel contesto, non aveva alcun senso, si era fatta più stretta sulla maglietta, ridusse la distanza già scarsa con lei.


Casey? Che hai?esordì in un bisbiglio, quasi avesse paura che un tono di voce troppo forte potesse spaventarla. Per qualche motivo, la percepì come un animale rimasto chiuso in gabbia così a lungo che, appena liberato, non era riuscito a contenere la propria frustrazione.
Qualcosa non andava, qualcosa di importante, e, per un attimo, dimenticò la presenza di Megan. Abbassò lo sguardo, il braccialetto dell’amicizia che condividevano ormai da mesi e che sbucava dall’orlo basso delle converse era diventato nero con dei riflessi gialli: se non ricordava male, quei colori rappresentavano nervosismo e preoccupazione.
Cosa gli aveva appena detto? Era arrivata come una furia, talmente all’improvviso e inaspettatamente che Draven non aveva minimamente colto le sue parole.
Però si ricordò di quelle che gli aveva scritto nel biglietto che gli aveva fatto recapitare via gufo insieme a quel braccialetto. Impossibile dimenticarsene, visto che era stata la prima volta che aveva riso pensando ai dannati pinguini e che era stata la prima volta che un amico, un amico vero, avesse avuto un pensiero carino per lui. Si era inizialmente legato il braccialetto al polso sinistro, per poterlo vedere spesso, ma ben presto aveva sentito l’esigenza di proteggere quell’oggetto da occhi estranei e lo aveva legato alla caviglia, lì dove solo lui lo avrebbe notato, lì dove sarebbe stato al sicuro così come i sentimenti di Casey rivelati attraverso una gamma di colori che aveva dovuto imparare a memoria, per tenerli sotto controllo e assicurarsi che stesse sempre bene.
E qualsiasi cosa stesse accadendo in quel momento, non la stava facendo sentire bene di sicuro.
Mentre la propria mente, in un barlume di lucidità dopo l’attimo di panico, iniziò a elaborare parte delle parole che Casey gli aveva rivolto, facendogli credere che potesse dipendere da un suo pensiero riguardo la possibilità che Draven fosse in grado di approfittarsi di una donna senza il suo consenso, ecco che un altro arrivo inaspettato seccò di netto il filo dei suoi pensieri.
Non conosceva la ragazza che, praticamente urlando, si era appena avvicinata a loro, e nemmeno poté dire di aver capito proprio tutto del suo discorso – forse per via dell’alcool e della canna, o semplicemente per via del fatto che quella sequenza di situazioni rapide e incessanti lo aveva mandato in tilt – ma la conclusione di quel flusso di parole lo raggiunse chiaro e cristallino, senza possibilità di incomprensioni.


In effetti, non è difficile. È più o meno come te l’ho detto io, ma meno platealmente.commentò, rivolto verso Megan, con le labbra che si curvarono appena in un angolo a formare un sorrisetto e si schiusero a mostrare la punta della lingua tra i denti, in un’espressione un po’ ammiccante.
Probabilmente da sobrio non avrebbe mai reagito così e, sempre con altissima probabilità, aveva sopravvalutato la propria tolleranza a quelle sostanze. Con l’intervento della ragazza e il pensiero che era tornato a Megan, si era dimenticato della mano di Casey sul proprio colletto, in una chiara manifestazione della sua scarsa capacità di multitasking, ma l’arrivo di un’ulteriore e inaspettata figura glielo ricordò prontamente. L’espressione sul viso di Alice nel momento in cui la vide quasi frapporsi tra lui e Casey lo riportò immediatamente alla realtà.
Qualcosa non andava. Lo aveva intuito subito ma non ci aveva dato peso. Cosa si era storto così di brutto?


Ok... Che cazzo sta succedendo?esordì, praticamente innervosito per osmosi, mentre lasciò vagare lo sguardo tra le quattro persone che lo stavano accerchiando.
Davanti agli occhi gli passò, come un terribile flashback, il ricordo della festa in cui Narcissa aveva scatenato una battaglia futile contro tutto e tutti. Solo che in quell’occasione era riuscito a restarne fuori e non farsi coinvolgere, mentre stavolta aveva l’impressione non solo di esserne coinvolto, ma che addirittura ne fosse la causa scatenante! E che l’unico dei presenti a non capire un bel niente di cosa o perché stesse accadendo tutto ciò fosse solo lui!
Perché ogni volta che metteva il muso fuori dal suo dormitorio succedevano casini? Ma che male aveva fatto al mondo per non meritarsi nemmeno un’ora di tranquillità?

codice role © Akicch; NON COPIARE - WANT YOUR OWN? GET IT


Menzioni: Narcissa :ihih:
Interazioni: Megan, Casey, Jean, Alice

Draven vorrebbe andare a sotterrarsi tra le radici del suo salice sicuro (?) ma si trova in un angolo boh con due Grifi e due Corvi.
Il Serpente non ha chance di uscirne illeso.
 
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view post Posted on 20/6/2022, 16:19
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Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

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Polvere colorata. Una vendetta che all’apparenza non sembrava cattiva, ma che si rivelò più infida di quanto pensasse. Si ritrovò completamente ricoperta, senza sapere ovviamente come ripulirsi «Merlino ladro!» provò a scuotere gli indumenti, a smuovere energicamente ciocche di capelli, ma delle chiazze violacee rimasero comunque ben evidenti ovunque.
Non le sarebbe bastato solo un sorso di birra o un solo spinello per sostenere il peso di quella festa, per non parlare degli stupidi deliri del suo concasato. Se ne tornò sui suoi passi, avvicinandosi al fin troppo affollato angolo ristoro. Era sicura di trovare ancora qualche asso nella manica di Eloise.
«Credo di aver bisogno di-» esordì in direzione della spacciatrice di fiducia concasata, senza avere però il tempo materiale di terminare. Nuova polvere, nuovo disagio. In pochi istanti si ritrovarono tutti completamente al buio. Un solo passo falso e barcollando, non appena tornò finalmente a vedere, si ritrovò ad abbracciare la ragazza.
«Per tutti i Troll figli di Morgana! Se prendo Hughes lo ammazzo, giuro….scusa El…» biascicò prima di staccarsi rapidamente da lei. Scrutò poi tra le scorte poggiate assieme alle provviste, attirata da delle strane praline. “Perché no” si disse. Era lì con un chiaro intento, come tutti gli altri del resto. Se doveva divertirsi, doveva farlo fino in fondo «Mi auguro che, ovunque mi porterà questa…cosa, tu sappia come recuperami….confido che i Gemelli Weasley ti abbiano svelato i trucchi…nessuno escluso!» non era convita, però era sicura che almeno l’avrebbe distratta da quel sordido gioco.
La buttò giù senza esitazione. Lo fece proprio mentre Timothy si apprestava a tornare in azione. «Io mi defilo…» l’ultimo commento prima di allontanarsi, provando a scappare dalla dannata bottiglia, e permettere che gli strani effetti collaterali della pralina che aveva ingerito facessero il loro naturale corso. Uno strano senso di gioia forzata la pervase. Non voleva ridere, non aveva alcun motivo per farlo, non in quel momento. Ma il suo corpo la contraddiceva, insinuando il contrario mentre si alleggeriva, la mente si svuotava, i pensieri fuggivano cedendo il passo al niente. Vuoto totale. Si stava completamente estraniando, rimanendo ignara, ancora per poco, del dramma adolescenziale attorno a lei. Un sorriso ebete le comparve sul volto. Lo stesso sorriso che poté scorgere Alice quando la riportò alla realtà, almeno un minimo, avvolgendole gli occhi con le mani.
«Wagner, che fai? Ci stai provando?» la rimbeccò con aria da idiota. Da dove le usciva quello stupido flusso di parole? “Donovan, datti un cavolo di contegno” in effetti dava l’impressione di essere lei quella che ci provava «Ahh, non farci caso…non sono affidabile al momento…» scosse la testa, nella vana speranza di tornare lucida, prendendo la mano della Grifondoro per accettare la sua proposta «Come rifiutare, socia» esibendosi poi in un giravolta sbilenca, seguita da un mezzo inchino.
Essere rapiti dalla musica fu una bella, anzi bellissima esperienza finché durò. Ma quanto durò? Ore? Minuti? Secondi? Chi poteva dirlo in quelle condizioni?
L’unica certezza furono le urla di Jean, che la svegliarono da quel piacevole torpore, oltre al fatto che le conseguenze nefaste della sostanza stavano scemando piano piano.
«Ma che diamine sta succedendo?» incuriosita seguì l’amica nel fulcro della discussione, ma non riuscì a captare molto, tranne che in qualche modo Hughes era coinvolto.
«Non dovrei intromettermi, perché so che non dovrei….» o forse sì? Alla fine era un po’ colpa sua se erano tutti lì riuniti quel giorno. Lei aveva mandato inviti assieme agli altri Prefetti. Quindi, di conseguenza, anche la responsabilità di ciò che accadeva era sua in parte. «Ma Timothy è solo un cretino, credetemi. Volete dargli davvero la soddisfazione di azzuffarvi, di litigare a causa sua? Del suo stupido gioco? Magari proprio di fronte a lui, che sicuramente se la starà ridendo alla faccia vostra?» gli occhi caddero sulle dita di Casey avvinghiate al colletto di Draven «Esistono modi e modi di chiarirsi…questo non è quello giusto…» finì il discorso tutto d’un fiato. Voleva scomparire, detestava quel tipo di situazioni; soprattutto quando lo scopo era lo svago, non la lotta libera «E tu, Hughes, se hai il coraggio fatti avanti e chiedi scusa…immediatamente!» chiamò a gran voce «Ti conviene piantarla! Perché se ti prenderanno a pugni, beh, io rimarrò a guardare….anzi, ringrazia se in qualità di Prefetto ti farò rimettere piede in Sala Comune!» non credeva di aver attirato la sua attenzione, ma almeno ci aveva provato.
Nel frattempo, mentre Alice tentava di placare Casey, si avvicinò alla collega Corvonero per accettarsi che stesse bene. Si sarebbe annunciata poggiandole una mano sulla spalla e le avrebbe offerto dell’acqua, se già non avesse provveduto da sola, sperando di calmarla.

******


Ma, come vuole la legge di Murphy, al peggio non c’è mai fine. Hughes, come sperato, si palesò, ma non certo con l’intento di cospargersi il capo di cenere «Fatemi capire…» comparve da dietro un gruppetto che stava commentando l’accaduto, non l’ontano dall’angolo bar dove si trovavano Camille e Jean «Tutto questo trambusto perché loro non vogliono darsi uno stupido bacio?» sembrava stranamente sorpreso «È un gioco cazzo, perché prendersela? Di cosa dovrei scusarmi? Di non aver rispettato i loro voleri?» fece spallucce, come se non comprendesse la reale situazione, come se non si rendesse conto di aver esagerato (e continuare a farlo).
«Se volete tirarvi indietro è semplice…prendete uno scherzo!» ammiccò verso l’apposita cesta «Oppure…»
«Timothy smettila, non farmi ripetere sulle possibili conseguenze…» ciò che Camille provò a dire venne completamente ignorato.
«Oppure…» un’occhiata di sfida verso la concasata «Potete sempre baciare chi vi pare, che problema c’è?» si diresse a passo deciso verso il Caposcuola Grifondoro, nella sua testa la causa di tutto, finché non arrivò ad un passo e, senza preavviso, spintonò Casey verso Megan.
«Scusa…forse preferisci la rossa ora che si è dichiarata?» non immaginava minimante a cosa stava andando incontro.

| Camille Donovan | Hufflepuff Prefect | 15 y.o | Outfit |
code by Camille



Interazioni Camille: Eloise, che abbraccia prima di appropriarsi di una pralina dell’Euforia :ph34r: Alice, con il gruppetto di litiganti ed infine Jean, che prova a consolare

Interazioni Hughes, intervenuto per sordidi motivi, con Casey :secret:
 
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
18 yo. ▪ Ravenclaw ▪ fed up


Rosso sul terreno. Schegge di vetro sparse sull’acciottolato nascoste tra fili d’erba e giunte fin sotto le cinghie dei sandali che Megan portava quella sera. Il liquido, color porpora, aveva imbrattato parte dei suoi jeans, puntellando il dorso dei piedi fino alle dita. L’intensità di quel momento era labile. L’alcol e le sostanze assunte funzionavano da anestetico e Megan sentiva come se tutto ciò che le stava accadendo fosse molto lontano da lei. Non si accorse di nulla. Immobile in quello stato consumava una lotta contro il desiderio di allontanarsi in contrapposizione alla voglia di rimanere lì e sfidare l’ignoto, assecondando quel pulso che risaliva lungo le viscere. A malapena avvertiva i battiti del proprio cuore seppur agitati e il respiro perdersi in una sequenza irregolare. Vi era un’esplosione di sensazioni che risaliva il proprio corpo trasformandosi in turbamento e poi in bisogno incessante di lasciarsi andare. E così ancora e ancora…
Il verde degli occhi di Draven, da così vicino, le parve una valle infinita su cui distendersi lasciandosi cullare dalla leggera brezza primaverile ma altresì qualcosa da cui nascondersi per la loro complessità.
Pupille dilatate e lo sguardo si soffermò sulle labbra di lui nell’attesa che qualcosa accadesse, nell’attesa che quell’assurda scena terminasse senza che lei avesse la benché minima responsabilità. In realtà non le interessava Draven Enrik Shawn ma le interessava provare quelle sensazioni che facevano vibrare ogni angolo della propria pelle, procurandole brividi intensi e incessanti.

Eccitazione.
Rischio.
Paura.

Alla risposta del Serpeverde Megan non fece altro che tornare a guardarlo dritto negli occhi aggrottando le sopracciglia confusa. «Non credo sia così sai, non ho bisogno di te e tu… Tu non hai bisogno di me» rispose di getto mentre non tentava in alcun modo di aumentare le distanze. La voce era calma, vibrante. Quando lui portò la mano a sfiorarle la guancia Megan non fece altro che chiudere gli occhi, lasciando che quella carezza sortisse in lei la decisione finale, ormai sicura, che fu interrotta bruscamente un secondo più tardi da Casey. Come un tuono improvviso l’amica aveva risvegliato il torpore nel quale, per quegli esigui attimi, si era crogiolata senza preoccupazione alcuna. Fece un passo indietro d’istinto e il dolore improvviso al piede destro la costrinse a condurre lo sguardo in basso. Il vetro le aveva tagliato la pelle e il sangue colava indisturbato lungo il dorso e sulla scarpa. Strinse gli occhi di riflesso per poi tornare a guardare Casey stringere il colletto di Draven con una rabbia che non seppe riconoscere e che alimentò in lei preoccupazione, cruccio. Improvvisamente era tornata a sentire ogni cosa e le sostanze che prima le avevano annebbiato la mente ora buttavano benzina su un fuoco inquieto e acceso da tempo. Si accorse di Jean solo quando la confessione del Prefetto inondò quel luogo come un fiume in piena e Megan non fece altro che rimanere in balia di quelle acque impietrita. Troppo veloce, troppo confusionario lo scenario che attorno a lei metteva in atto azioni ed emozioni libere da qualsiasi filtro.
«Non ho bisogno che tu mi protegga» disse, Alice Wagner li aveva appena raggiunti cercando di placare il proprio Caposcuola. «Non metterti in mezzo Casey, sto bene. Lascialo stare!» continuò impartendo un ordine diretto. La guardava e ogni cosa attorno improvvisamente non aveva più alcuna importanza né senso. Megan non capiva cosa avesse spinto Casey a fare quel gesto e più non ne coglieva il senso più la rabbia saliva offuscando la mente. Si sentiva stupida perché le parve di essere l’unica a non comprendere quella situazione. Eppure Casey non le avrebbe nascosto nulla ne era sicura! Cosa c’era che non andava in Draven? Perché comportarsi così? «CASEY!» gridò questa volta, cercando i suoi occhi. Insisteva. Voleva che la smettesse, voleva che la guardasse e le desse una dannata spiegazione. Fu Hughes a rendere tutto più chiaro o almeno a farle venire il sospetto più grande. Quando egli si intromise con fare arrogante Megan rimase totalmente impietrita. Pochi secondi e si ritrovò il Tassorosso spingere Casey verso di lei intimandole di confessare cosa provasse realmente. Avanzò allo stesso modo d’istinto, fu come se un proiettile le attraversasse lo stomaco da parte a parte ma sì costrinse a reprimere quella sensazione, facendo leva sulla fiducia che teneva saldo quel rapporto così bello che c’era tra loro due. Più provava a sedare quella paura, più la mente ripercorreva attimi in cui gesti e parole trovavano altre motivazioni che esulavano dal semplice affetto che un amico potesse dare. Non può essere ripeteva, mentre desiderava che Casey la guardasse. Le gambe cedettero rischiando di farla cadere ma resistette allungando il braccio verso l’amica. L’avrebbe afferrata e stretta a sé se le fosse stato concesso. «Non devi dirmi niente, non devi» le avrebbe sussurrato.
E così, se prima l’istinto di prendere il Tassorosso e sbatterlo contro un albero era solo e puramente un desiderio cui Megan si guardava bene a realizzare, ora, a fronte di quella che non era altro che una umiliazione nei confronti di qualcuno che amava, avrebbe estratto la bacchetta stringendola tra le dita, scaricando su di essa la rabbia provata. La puntata del ciliegio, inizialmente verso il terreno, sarebbe stata direzionata verso l’alto con un movimento del braccio teso e poi piegato indietro. Un gesto rapido con un intento ben preciso, quello di scagliare Hughes a terra e impartirgli una piccola lezione. «Retro Coactus!» avrebbe enunciato infine, l’arma puntata verso il Tassorosso.

«Falla finita!»

▪▪▪




INTERAZIONI: Draven, Casey e Hughes.

 
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Tra un momento di entusiasmo ed uno di smarrimento, Mike si era ritrovato, suo malgrado, ancora a stomaco vuoto. La fame stava progressivamente aumentando ma parole quali “muffa”, “fumo” e una menzione a liquidi organici di varia natura avevano bruscamente frenato le sue intenzioni. Gli scherzi, inoltre, erano dietro l’angolo e la Lynch, ritornata giusto in tempo per godersi il primo round, sembrava voler dare dell’ulteriore carica a Gwen.
Insomma, le era sembrata più estroversa rispetto al solito, ma che effetto le avrebbe fatto un po’ di vino ed un incontro ben ravvicinato con Daniel? Sotto uno sguardo furbetto, Mike non si sarebbe perso quel momento per niente al mondo, anche se ormai l’attenzione dei presenti si stava spostando su una nuova coppia: Camille, premurosa e gentile, sembrava bendisposta verso il giovane Silias prima dar il via ad un semplice ma efficace inganno.
Il serpino doveva aver fatto la figura dello Gnomo, ma tra una risata e l’altra gli sembrò di cogliere lo scambio di un occhiolino tra i due. Realtà o immaginazione? Con i primi effetti del fumo sulla sua psiche, i confini tra quei due mondi non gli erano mai sembrati così nebulosi.
«Quelle macchiette viola sul vestitino della Donovan sono un vero spettacolo; secondo me le donano molto, su quello sfondo nero!»
Con un filo di orgoglio stampato sul viso si sarebbe voltato verso l’irlandese, che molto probabilmente poteva ben comprendere il suo attuale stato d’animo.
«E comunque, i nostri brillanti adepti non ce la raccontano giusta… ma la prova per diventare adulti non era forse un bel limone con la propria prima cotta?»
Tra un giro di trottola e una manciata di polvere colorata, anche Mike si sarebbe goduto quel momento con uno sguardo ebete stampato sul viso.
Poi, il buio.
Forte e avvolgente, quella nuova condizione l’aveva colto di sorpresa e per un istante si trovò ad ondeggiare, sbilanciato verso il vicino tavolo. Si sentiva spaesato, incapace di reagire a quella novità troppo grande per poter essere accettata e metabolizzata dai suoi sensi, orami rallentati. Ma cos’era successo? Aveva perso di vista la terza coppia di quel primo round, ma lo scherzo, in quanto tale, sembrava aver avvolto l’intera zona in un cono cupo e tenebroso. Polvere Buiopesto?
Tra un’emozione e l’altra, con la paura che si scontrava con i primi segni di una risata isterica, a fargli fremere e fermare il cuore ci avrebbe pensato Megan. Strattonato e urtato senza tante cerimonie da una “mano invisibile” ma evidentemente ben più fredda del suo braccio, Mike aveva già perso una decina d’anni prima di rendersi conto di un’evidente presenza umana al suo fianco. Insomma, la sua vita non era in pericolo, almeno nell’immediato, ma chi poteva essere?
La Lynch? Lì per lì le era sembrata troppo pacifica, calma, serena e indipendente per poter farsi indispettire da una condizione tanto banale quale quella del buio, e fu solo quando l’effetto della Buiopesto svanì che si ritrovò braccio a braccio con la Haven.
«Oh, tu.» Sorpreso, ma stranamente non imbarazzato, si lasciò andare ad una risatina prima di aggiungere: «Non preoccuparti, la spalla di un collega si vede sempre nel momento del bisogno! E poi, in genere nemmeno io me la passo tanto bene con il buio e, soprattutto, con le scorte della Lynch.»
Sistematosi nuovamente nei pressi della zona ristoro, vide ritornare in pista “lo scemo del villaggio”, noto ormai a tutti con il nome di Hughes, da una posizione privilegiata. Strafottente come pochi, nel corso di quella festa stava attirando tutta la sua antipatia con i suoi gesti scortesi e diretti; insomma, c’era bisogno di tutta quella confidenza? Il suo scambio con El non era passato inosservato e Mike, con un pizzico di presunzione si sarebbe rivolto proprio a lei per confidarle quella che ormai era l’unica soluzione per aiutare il povero ragazzo: «Non mi dire che è sempre così! Insomma, io per il suo bene proverei a fargli prendere un nuovo bolide dritto in testa. Peggio di così non può andare ed un secondo trauma cranico potrebbe solo aiut… »
Nemmeno il tempo di completare la frase che, per la legge del contrappasso, un oggetto roteante gli colpì il costato. «Ouch! Forse questo me lo sono meritato.» Ma cos’era stato? Bottiglia? Carezza? Miss Pierce?
Stando al gioco di Hughes, che comunque stava avendo il pregio di aver acceso e movimentato un po’ l’atmosfera della festa, il suo destino si sarebbe dovuto incrociare con quello della giovane Vivienne, agghindata con uno smagliante abito rosa confetto. Una carezza, un semplice gesto d’affetto e di condivisione che, sulla carta e in quelle condizioni, non gli avrebbe risvegliato un esagerato disagio emotivo.
Circondato da persone che conosceva e con le quali avrebbe perfino potuto condividere qualche momento più o meno imbarazzante, Mike iniziava a sentirsi sempre più sereno e a suo agio, se non fosse stato per uno curioso scherzo del destino. Insomma, cosa stava iniziando a turbare l’atmosfera di quella festa? E cos’avevano appena scorto i suoi occhi?
Se da una parte gli sembrò di essersi perso il motivo del trambusto messo su da Megan, Casey e Jean, che nel frattempo si erano allontanate dalla sua zona, dall’altra gli sembrò di scorgere nella radura un’ormai nota chioma rossa, con un’elegante spruzzatina di efelidi stampata sul viso a delineare i raffinati contorni di Thalia.
*Ma, l’avete vista anche voi?* La domanda che avrebbe voluto fare ai presenti (?) rimase tra i suoi pensieri, immobilizzata da un’espressione intontita e del tutto sorpresa.
Per una questione di priorità, tra una probabile scontro per futili motivi e quell’incontro inaspettato, Mike avrebbe scelto d’istinto, tornando ad afferrare il suo bicchiere, ormai miseramente vuoto, per portarlo in alto a salutare la nuova arrivata.
«E così, anche la Moran è dei nostri?» Annullata la distanza grazia alla magia insita nell’oggetto che li aveva ricongiunti, l’avrebbe invitata ad unirsi in quella zona, anche solo per un semplice saluto.
La bottiglia e l’eventuale rissa, almeno per il momento, potevano attendere.

Menzionati tutti i nominati dalla bottiglia passata e presente (?)
Interazioni più corpose con Eloise, Megan & Thalia.

 
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view post Posted on 24/6/2022, 10:44
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Di sole e di gatti

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Amelia Gin Moonword

studentessa |12 anni | I anno | Corvonero | OUTFIT



La proposta di Gin sull’uso di una Buiopesto Peruviana, fu accolta da Marjorie, che in effetti la scelse come scherzo e la lanciò. Gin e Marjorie erano a quel punto vicino al cesto degli scherzi. Lanciata la Buiopesto, Gin disse, con aria un po’ assorta:

«Oh, fa davvero un buio pesto... Wow…Chissà se macchia i vestiti?» si fermò un attimo nel buio in contemplazione, affascinata per quella novità. Cosa vedeva nel buio? Niente, assolutamente niente anche se… possibile che ci fossero dei baluginii?

“Ma che dici, Gin?” pensò tra sé “questa roba magari è pure velenosa..!”

La sua curiosità era tanta ma stavano indugiando un po’ troppo in quel posto. Del resto, l’idea della Buiopesto era stata quella di ricavarsi la possibilità di fuggire e non avere “ripicche” o sgridate dai caposcuola. Ma Gin si stave (di nuovo) perdendo in un mondo tutto suo.

Alcuni movimenti nell’ombra, probabilmente di altri studenti, la risvegliarono da quella contemplazione. Prese sottobraccio Marjorie e le disse «spostiamoci da qui, che ne dici?».

Senza nemmeno attendere la sua risposta, la trascinò dolcemente in una direzione a caso.

Qualche minuto dopo, effetto della Buiopesto terminato, Gin si guardò intorno per capire dove fossero arrivate. Avevano aggirato il salice con il tavolo dei viveri in direzione nord ed erano arrivate vicinissime al palco. Si trovavano, infatti, nell’angolo sud-ovest del palco, a un paio di metri dal tavolo dei viveri.

Gin potè notare l’assembramento che stava aumentando nella zona degli alcolici. Vide le sue concasate Jean e Megan, Alice, Camille e altri studenti che non le sembrava di conoscere personalmente. Riconosceva diversi prefetti e caposcuola delle altre case. Ma la sua attenzione fu colpita dalle sue concasate. Non erano proprio sue amiche, ma era in buoni rapporti con loro ed aveva passato un paio di belle occasioni con Jean in occasione di un ballo precedente. Entrambe sembravano su di giri, forse arrabbiate con qualcuno. Gin non aveva seguito bene cosa fosse successo da quando avevano lanciato la Buiopesto. Aveva capito che Hughes aveva rifatto fare un giro alla bottiglia, ma non aveva seguito bene i risultati. Le dispiaceva per le sue concasate, continuava a guardarle. Voleva essere loro di supporto, ma si sentiva piccola e probabilmente loro nemmeno l'avevano vista. Si ripromise di tenere d'occhio la situazione e di valutare in un secondo momento se fungere da diversivo per una di loro.

«Cosa sta succedendo lì, secondo te?» chiese a Marjorie.

Avevano perso per strada gli altri studenti con cui stavano parlando, ma magari le avrebbero raggiunte poi, se avessero voluto.

Avrebbe atteso la risposta di Marjorie, tenendo sempre un occhio al gruppo vicino agli alcolici. E poi avrebbe aperto la mano e fatto vedere a Marjorie quello che aveva in mano.

«Sono dolcetti… credo. Li ho presi dal tavolo, mentre cercavo qualche scherzo che andasse bene per noi. Quasi me li sono ritrovati in mano».

In mano aveva due Confetti dell’Affetto e due leccalecca Cuori Fedeli. Gin non sapeva cosa fossero, non aveva partecipato all’ultima festa di San Valentino e, ancora, non era pratica dei dolcetti magici…




PS: 112 | PM: 51 | PC: 51 | EXP: 3




© Gaelle




Gin e Marjorie si spostano e vanno verso il palco. Si trovano ora nell'angolo sud-ovest del palco stesso. Interazioni con Marjorie concordate.
Menzioni a: Jean, Megan, Camille, Alice
 
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view post Posted on 27/6/2022, 17:50
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Even if I played for another ten years, I wouldn’t lose interest.

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L'oscurità l'avvolgeva completamente, come una spessa e densa coltre. Marjorie fermò il suo passo, d'un tratto dimentica della sua decisione di darsi alla fuga per lasciare meno prove possibili del suo misfatto. Il respiro quasi affannoso, gli occhi che cercavano disperatamente qualcosa nella terrifficante oscurità, la strega undicenne quasi si pentì di aver seguito il suggerimento dell'amica. No, non era colpa di Gin. La colpa era sua. L'idea era stata ottima, forse un po' troppo grifondoreggiante ma sufficientemente scaltra per essere approvata dal suo animo serpeverde, il problema era lei. Il buio l'aveva fatta andare in panico: non solo faceva fatica a pensare, ma il suo respiro si stava facendo difficoltoso.

«Oh, fa davvero un buio pesto... Wow…Chissà se macchia i vestiti?» Fu la voce di Gin, tranquilla e quasi divertita, a farle riprendere il controllo di sé. Era solo polvere buiopesto, non era pericolosa né nociva. Il massimo del rischio sarebbe stato scontrarsi con qualcuno o inciampare in qualche radice. Eppure, per quanto la parte razionale della sua mente ne fosse consapevole, quella irrazionale sembrava non aver intenzione di capirlo. Diamine, era mai possibile finire terrorizzati dal proprio scherzo? Se non fosse stata in panico, l'idea l'avrebbe fatta sorridere.

Quando Gin la prese sottobraccio, Marjorie non tentò nemmeno di divincolarsi. Perché avrebbe dovuto farlo? Il contatto con l'amica la stava aiutando a superare il panico suscitato dal non poter vedere, scacciando l'assurda impressione di trovarsi sola in un mondo oscuro. «Okay.» Rispose, cercando di mantenere il controllo della sua voce. Si trattava di una sola parola, composta da due brevi sillabe, quindi era abbastanza sicura che la sua voce non avesse tremato mentre la pronunciava.

Seguì Gin per alcuni brevi ma all'apparenza infiniti istanti, lasciando che fosse la corvonero a decidere il percorso. Quando finalmente l'effetto della polvere svanì, Marjorie rilasciò un sospiro di sollievo. In qualche modo era sopravvissuta... e senza fare una figuraccia! «Non saprei...» Rispose alla domanda di Gin, costringendosi a concentrarsi su quanto stava avvenendo poco distante. «Un litigio, forse? Spero non causato da quella stramaledetta bottiglia.» Proseguì, ancora contrariata dall'essere stata spronata a fare uno scherzo ad un Caposcuola. «Sarebbe bello se esistesse un incantesimo in grado di proteggerci dalla bottiglia. Invece possiamo solo sperare di non venir colpite.»

Quando Gin riprese a parlare, lo sguardo di Marjorie tornò su di lei, più precisamente sui dolcetti nelle sue mani. «Ehm... per quanto sembrino invitanti, mi preoccupa un po' che abbiano la forma di un cuore. Siamo sicure che non siano collegati al gioco della bottiglia?» Non era informata sui dolcetti magici di San Valentino ma non era sicura di voler arrischiarsi ad assaggiare qualcosa di così sospetto. «Oh, giusto! Hai idea di dove siano finiti Taylor e Richard?» Ok, un po' si sentiva in colpa di averli piantati in asso in quel modo: un'altra cosa di cui era colpevole quella dannatissima bottiglia!

Marjorie Hastur
11 anni | Primo anno | Serpeverde | scheda


Interazioni: Gin
Menzioni: Taylor, Richard

 
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view post Posted on 29/6/2022, 20:26
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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E'tutto confuso, tra la leggera foschia che aleggia sul punto centrale della festa, e allo stesso tempo decisamente chiaro.
Un evento non programmato, a cui tutti sembrano però aver preso parte spontaneamente. Le tornano alla mente le parole delle amiche di sua sorella, quell’invito a cui sembravano far riferimento e che - ovviamente - lei non ha ricevuto. E’ diventata davvero così slegata dal resto del mondo da non sapere più che cosa succeda intorno a lei?
Per un momento i suoni le sembrano tutti ovattati, anche là dove sembra stia scoppiando il pandemonio. A qualche metro da lei pare esserci un malinteso di fondo, qualcosa che non le è chiaro e che, stranamente, non le interessa.
Non vuole che le importi, questa è la cruda verità. Ne ha le tasche piene degli adolescenti da controllare, delle regole da seguire e di tutto il resto. Persino la spilla che porta, metaforicamente, è un modo per darsi un titolo che ormai non ha più significato. In meno di un anno se ne sarà andata da Hogwarts, dai suoi corsi e dai suoi drammi. Una parte di lei assapora già la libertà, mentre l’altra si dispera all’idea del vuoto che questa inevitabilmente lascerà. Sarà come strappare un cerotto - così le ha confessato Des - e mentre un attimo prima sei sul treno, pronta a cominciare l’ultimo anno, ecco che gli esami saranno di nuovo la cornice, per quanto breve, di uno spaccato di vita. Nel riquadro successivo sarà una persona diversa, con abitudini differenti e ritmi forse più folli. O forse no.
Intanto, già che si trova ancora immersa nel dramma adolescenziale, tanto vale godersela.

Qualunque cosa ci sia nel bicchiere non le interessa, non quando l’aroma del fumo che l’avvolge è così diverso da quello di una comune sigaretta. Ne inspira, non potendo evitarlo, quel poco che basta ad annebbiarle i sensi, spingendola ad ingollare il contenuto del suo calice usa e getta. Storce il naso e la bocca, pentendosi di aver ceduto.
Non ha idea di che cosa fosse, ma faceva veramente schifo.
Asciuga le labbra con la punta delle dita, mentre con l’altra mano accartoccia il bicchiere.
E così anche la Moran è dei nostri!
Braccia alzate al cielo, l’espressione di chi si stia divertendo un mondo senza sapere come sia possibile e l’energia, non troppo composta, di un quindicenne ubriaco per la prima volta. Lo mette a fuoco in un attimo, nonostante tutto. Come potrebbe essere altrimenti?
Gli sorride e solleva la mano in un cenno imbarazzato di saluto meno spontaneamente di quanto vorrebbe. Quella nuova realtà in cui si sono calati per scelta e obbligo insieme non è ancora nelle sue corde. Forse non lo sarà mai. Anche ora che con Lucas è tutto così maledettamente confuso e incerto. Anche adesso Mike è un punto fermo. Si chiede se ne abbia idea, mentre le fa cenno d'avvicinarsi.

Non se lo aspettava.
Era ovvio che non si aspettasse di vederlo lì.
E non era nemmeno questo.
Non si aspettava che l’accogliesse in quel modo.
E per qualche assurda e stupida ragione… beh. Era felice di vederlo, come se dopotutto le cose si fossero sistemate e il mondo avesse iniziato a girare per il verso giusto. Non era abbastanza ubriaca, però, per concedersi il lusso di credere che l’emozione di vederla in quella zona fosse del tutto genuina. Doveva essere senz’altro merito di qualunque cosa si fosse scolato prima di quel momento.
Si stringe nelle spalle e si fa avanti, come se potesse rimpicciolire il suo metro e settanta, fingendo di non esistere. Si fa strada sino a Mike contemplandone in silenzio l’espressione gioiosa e, ad onor del vero, un po’ confusa.
Ha sognato tante volte di vederlo più libero, lasciandosi trascinare dalle occasioni. Ben poche volte si erano trovati a divertirsi in quel modo, spensieratamente. Lo guarda e capisce quanto si stia perdendo, ingarbugliata nei sentimenti, nella sua storia e nel caos che la vita ha deciso di propinarle.
«Non sei ancora ubriaco, vero?» alza la voce per farsi sentire, perdendo così la giusta ironia. Sembra una richiesta, come se quello - almeno - fosse un passaggio che dovrebbero affrontare insieme. Nel suo cervello si proietta immediatamente uno scenario visto solamente nelle migliori sceneggiature trasmesse alla televisione - ne ha avuto un breve assaggio mentre alloggiava da Drake, l’estate prima - e si vergogna di averla anche solo lontanamente riproposta in chiave personale: insieme, seduti da qualche parte a bere e ridere come stupidi. Senza tener conto dell’orario o del rumore.
Come se gli ultimi due anni non fossero mai esistiti.
Di tutti coloro che si è lasciata alle spalle, Mike è una di quelle persone che rimpiange di più e quel pensiero non fa che logorarle l’anima, nel comodo formato di crampi allo stomaco. Che delizia.
Il caos, ad un tratto, comincia ad alzare i toni rendendole impossibile udire la probabile risposta di Mike. Per un secondo, piccolo e trascurabile, vorrebbe che ci fosse silenzio. Solo per un attimo ed essere sicura che lui la voglia veramente lì.

Menzione al caos in zona centrale (?) - ho perso i punti di riferimento, abbiate pietà.
Interazione: Mike, serpino :<31:




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view post Posted on 2/7/2022, 13:45
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Daniel aveva passato le due ore di libertà da quel pericolo pubblico di Huges a fare essenzialmente il barista. A molti sarebbe potuto sembrare noioso, ma lui per scamparsela aveva usato la famosa pratica dei benefici reciproci. Per ogni bicchiere servito se ne serviva uno più o meno equivalente. Dopo circa mezz'ora e un paio di conversazioni sostenute con una passabile imitazione di Luca Giurato aveva capito che detto metodo forse non era la soluzione ideale, ma il danno era fatto. Si tolse dal bancone, raggiungendo un capannello con il suo caposcuola, Eloise e tanti altri, giusto in tempo per sentire la composizione di quelle sigarette magiche, fare una smorfia di disgusto e posare con disinvoltura quella che si stava rimirando nelle mani, fingendo di analizzare con occhio critico come fosse stata girata. Aveva un futuro per scegliere i vini alle cene tra amici.

Così, dopo essersi messo a bere solidi bicchieri d'acqua per provare a non disfarsi nel primo quarto d'ora di festa e qualche tiro più o meno riuscito da canne che giravano e gli passavano per le mani, Daniel arrivò al fatidico gioco con spensieratezza. La ricomparsa del Tassorosso lo riempì di fastidio, ma memore dell'ultima volta in cui aveva quasi sfiorato la rissa tra casate stette nel suo.

Lui stette nel suo. La bottiglia ovviamente no.

Sentì un tonfo sul braccio ma non ebbe i riflessi abbastanza pronti da afferrare il vetro e scaraventarlo con tutta la forza possibile contro Hughes. Assistette piuttosto a come la malvagia volasse con precisione su una sagoma a lui nota: Gwen. Tra tutte le millemila persone era stata scelta proprio Gwen.
Una miscellanea di sentimenti strani, diversi e difficilmente nominabili si fece largo nel suo petto. O forse era solo alcol. Aveva conosciuto Gwen molto tempo prima, quando era solo un ragazzino appena arrivato che faceva pratica di incantesimi dopo le lezioni. Lei era già prefetta. Avevano parlato a lungo, una conversazione sicuramente particolare che lui ricordava benissimo, parola per parola.
C'era stato modo di reincontrarsi: prima en passant per i corridoi, poi erano diventati colleghi. Ma tutto si era esaurito in saluti amichevoli ma fugaci o nelle mille preoccupazioni che attanagliavano lo staff scolastico. Erano stati sempre momenti, niente di più. Ritagli nel tran tran della vita scolastica.
Fino ad allora.
Daniel sospirò lievemente. Non sapeva se fosse quello il modo in cui avrebbe voluto avere un altro momento a tu per tu con la Tassorosso. Si alzò, cercò di sembrare sciolto. Non sapeva se fosse l'alcol o se galeotto fosse quel qualcosa che sembrava strizzargli lo stomaco a rendergli le gambe pesanti. I primi tre passi furono puramente di rodaggio, superati quelli l'andatura si normalizzò, mentre si dirigeva verso Gwen. Che poi Gwen. Timida, timida, timidissima. Chissà come avrebbe, reagito, chissà in che imbarazzo si sarebbe trovata. Avrebbe dovuto dirle qualcosa? Con questi dubbi arrivò di fronte all'altra, trovandola col bicchiere in mano. Fece per aspettare che lo posasse, ma l'altra si mosse rapida e, con totale sprezzo per Greenpeace, lascio cadere il vetro a terra che per fortuna ciondolò e non si ruppe.
Le braccia di lei quasi lo sorpresero. Daniel accolse l'abbraccio e contraccambiò, portando le mani sulla schiena di Gwen e la testa sopra la spalla destra di lei, col volto rivolto verso il collo. Respirò il suo profumo. Le labbra soffiarono un bacio appena accennato sul collo della collega. Fu solo un momento. Poi Daniel allontanò le rosee, restando cinto alla Tassorosso finché lei per prima non avesse sciolto l'abbraccio. Non disse una parola.

Era poi andata avanti più ò meno normalmente la festa. C'era stato un momento di buio poco dopo l'abbraccio tra Daniel e Gwen a causa di un qualche scherzo lanciato da qualcuno. Si ritrovò al bar con Mike a commentare le peffomanz di un loro adepto - sì, le stanno molto bene ti devo dire - annuì in direzione del capocasa che aveva appena commentato il galeotto abito di Camille Donovan, seconda prefetta Tassorosso nonché coinvolta in interessanti momenti a tu per tu con SIlias. Scoppiò in una risata fragorosa quando Mike riprese - chissà, chissà. Magari uno dei nostri nuovi arrivi è più in là di quanto pensassimo. - Daniel glissò su quanto le parole di Mike potessero essere ambigue nel riferimento, scaricando sul povero Silias il bersaglio di tutto. Un sorrisetto gli si puntò in volto quando la bottiglia colpì proprio il concasato e l'irlandese si sistemò sulla sedia per godersi meglio lo spettacolo. Mai mossa fu più giusta: in quel momento la sua attenzione fu attirata da un capannello di persone comprendenti vari caposcuola e Draven che sembrava in procinto di buscarne. Daniel fece per intervenire, poi si ricordò di come era finita la volta precedente, ma il suo senso del dovere l'avrebbe comunque spinto ad alzarsi. Poi si ricordò di come Shaw avesse paccato il suo invito a far da guida ai primi assieme. Distese comodo la schiena, appoggiata sul bancone, allungò il braccio lì dove ricordava esserci una birra, poggiò il gomito destro sulla coscia e aprì la mano a coppa per ospitarvi l'incavo del mento e si preparò a godersi lo spettacolo. Ma le sorprese non erano ancora finite.

Mike come Daniel era rimasto al bar, mandando in scioltezza a farsi benedire rissa e bottiglia. L'irlandese cominciò a chiedersi se il fondamentale passo per divenire capocasa verdeargento fosse la maestria nel farsi i cazzi propri dinanzi ai propri protetti in difficoltà. In quello Mike non era secondo a nessuno, poi voci dicevano fosse pure un passabile pozionista. Mentre era perso nelle sue riflessioni, il prefetto udì proprio il collega alzare il bicchiere e brindare all'ultima persona che si sarebbe aspettato - momento, momento, momento, momento - sussurrò Daniel tra sé. Con un paio di gesti agili di deretano spostò lievemente la sedia di modo da lasciare ai due il loro spazio e orientò la sua attenzione - e parzialmente il suo baricentro - sulla coppia che andava (ri?)formandosi.
- Qui mrs Purr ci cova - Borbottò attento ancora a non farsi udire. Sarebbe tuttavia stato difficile. Da un lato il fragore della rissa, dall'altro Minotaus che era perso più perso della coppa delle case. L'irlandese avrebbe potuto urlare e comunque non essere avverito.

Così, dimenticato Draven e dimenticata la rissa, il prefetto iniziò a seguire con nonchalance quello che accadeva dinanzi a lui. Schiena sempre semidistesa, ghigno malevolo e biretta in mano. Ogni tanto girava lo sguardo, come a controllare cosa accadesse nei paraggi e che Draven fosse ancora vivo.
Dopotutto, pensò, la giornata era iniziata nel segno delle public relations tra tassi e serpi ma quella piega giungeva assolutamente inaspettata. E per ora gli pareva non si fosse accorto nessuno di ciò che stava succedendo, il che sembrava dargli l'esclusiva sullo scoop. Magari non era così, magari invece sì.
Magari non sarebbe successo niente. Magari invece sì


Scusate il ritardo
 
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view post Posted on 12/7/2022, 08:45
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S.G.Nieranth
15 anni
prefetto Tassorosso
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Il mondo continuava a muoversi tutt'intorno ed insieme ad esso, il sangue che le scorreva nelle vene si agitava per conto proprio. Sotto l'effetto della bibita ingurgitata, il battito del suo cuore andava via via accelerando e solamente l'appiglio sicuro del corpo di Daniel le concesse un attimo di tregua. La sua testa si posò sulla sua spalla, con il volto verso l'esterno, mentre istintivamente i suoi occhi si chiusero per cercare la calma che l'intruglio faticava a rendere indietro. Fu la prima volta che abbracciare qualcuno, o anche più in generale toccare qualcuno, non le provocò imbarazzo; forse era opera di quello che aveva bevuto, ma non poteva negare di voler rimanere in quella posizione. Chiaramente non sapeva spiegarsi perché questa volta non aveva la pressante e costante sensazione di dover fuggire via, percepiva solamente il calore della stretta del Serpeverde e si sentiva piacevolmente serena. Cullata da quella nuova e godibile emozione, non si accorse di nient'altro, almeno fin quando le sue braccia non decisero, quasi in totale autonomia, di stringere maggiormente la presa sul ragazzo: qualcosa cambiò e di scatto gli occhi della Tassorosso si aprirono smarriti. Era come se si fosse svegliata da un lungo sonno. Lentamente abbandonò la presa, incerta su cosa stesse facendo, fino ad arrivare a posare i palmi delle mani sulle spalle di Daniel, allontanandosi da esse. Stava abbracciando con una nonchalance che non sapeva nemmeno di avere ed osservò il destinatario di quel gesto restando immobile e trattenendo il respiro, ansiosa di capire che cosa fosse successo. Nessuno dei due parlò e l'imbarazzo si fece evidente sul volto della ragazzina che espirò finalmente, voltandosi dall'altra parte come se non fosse mai accaduto niente.
Si allontanò di pochi passi, fino a quando non si considerava lontana abbastanza da poter accelerare ed incrementare la distanza. La mano destra si posò sul collo mentre camminava, reduce di una sensazione che non era sicura di aver provato davvero. Non sapeva cosa pensare, confusa dalla sua stessa testa. Fu costretta a fermarsi quando la luce decise di andare altrove, causa una polvere che aveva avuto il
dispiacere di aver già provato prima, solo che questa volta non c'era nessuno ad aiutarla ad orientarsi. Inutile anche alzare gli occhi verso il cielo, le cui stelle servivano allo stesso scopo fin dall'alba dei tempi. Nel buio però, riconobbe la voce di Casey che gridava un tempo di durata degli effetti probabilmente randomico, sorrise rasserenata di sapere che si stava divertendo e si rese conto che forse lei, al contrario, stava esagerando per nulla. Era persino inutile camminare velocemente contro tempo, senza sapere nemmeno dove voler andare. Restò quindi ferma e immobile nell'oscurità, per paura di cadere contro qualcosa o qualcuno e sperando di non diventare un ostacolo che avrebbe fatto inciampare qualcun altro.

Attese che i dintorni ripresero luce e iniziò finalmente a riflettere, prima su cosa le avesse dato Eloise: un qualche intruglio che poteva spiegare l'accaduto e soprattutto il fatto di aver avuto la mente completamente libera. Libera da ogni pensiero o preoccupazione. Non era stata affatto una brutta sensazione. Si guardò intorno pensando che un altro bicchiere non avrebbe fatto del male a nessuno, mentre un'incantata bottiglia svolazzava in giro a mietere nuove vittime. Non fu difficile restare senza nulla in mano, chiunque passava bicchieri pieni o riempiva quelli vuoti, quindi anche la Tassorosso si ritrovò presto con qualcos'altro da testare. Non esitò nell'assaggiare la nuova bevanda ricevuta, cercando però di non bere più nulla tutto d'un fiato, assaporava come se fosse ad una degustazione. Il bicchiere non era nemmeno a metà quando udì una voce femminile
(Jean) contrastare il livello della musica presente. Istintivamente si voltò in quella direzione, facendo anche qualche passo per avvicinarsi e capire se stesse succedendo qualcosa di grave. Riconobbe subito tutti i presenti, tranne uno (Draven) e non riuscì a spiegarsi nulla. Un solo sguardo in quel momento non era sufficiente, ma non lo sarebbe stata nemmeno una postazione in prima fila con gli occhialini 3D: quello che stava accadendo era completamente al di là delle capacità di comprensione della Tassorosso. Avrebbe potuto dedurre da eventi passati, da voci di corridoio, dagli ormoni adolescenziali, ma in quel preciso momento non sarebbe stata in grado di farlo.
Era sicuramente preoccupata per Casey: credeva si stesse divertendo, che fosse tra i Caposcuola più complici; invece la vedeva in uno stato
infiammato. Avrebbe compiuto qualche passo in sua direzione, ma c'era già Alice per quello. Rimase così ferma ad osservare, non come un'impicciona dei fatti altrui, ma come ancora a sostegno invisibile di un'imbarcazione.
 
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CASEY BELL
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jpgC'è un momento di pura cecità quando l'ira e le emozioni più forti si iniettano nelle sue vene. All'improvviso entra in circolo una tossina che impedisce ai suoi sensi di far recapitare gli stimoli al cervello, che le zittisce la ragione e le consente di dimenticare gli affetti del passato. Esiste solo il qui ed ora, il presente con l'obiettivo da stanare. Colpire, offendere, mortificare.
Guardando Draven negli occhi non vedeva lui ma solo un mare di menzogne. Non riconosceva lui ma riconosceva il concetto "è Draven che deve baciare Megan", ed era proprio questo ad averla fatta scattare. Se fosse stato un altro, Kevin magari, sarebbe stato diverso. Invece era Draven, e il pensiero che qualcosa fosse accaduto alle sue spalle in tutto quel tempo, che nessuno le avesse mai detto niente, era quanto di più doloroso potesse verificarsi.
Perché, Megan sapeva? Megan sapeva cosa provava per lei e con Draven aveva deciso di non comunicarle niente della loro storia per non farla soffrire? Scavava negli occhi del Serpeverde in cerca dei loro momenti passati insieme, di tutto ciò che loro le avevano tenuto nascosto.
La stretta si fece più intensa. Il tatto era il senso che ricercava con maggior fervore, la tensione dei muscoli percorsi dall'adrenalina un piacere corporeo. Il braccio sul petto dell'amico, il gomito piazzato sul suo sterno.
Tradimento.
Da così vicino era tutto più chiaro. Avvicinandosi l'aveva vista, la malizia sul volto di Megan. Lei lo voleva.
Che se lo prendesse. Che andasse a deriderla da tutt'altra parte. Con Draven, con Kevin, con chi cazzo voleva. Glielo avrebbe gettato fra le braccia, una spinta, un pugno. Che se ne occupasse lei.
Ma c'era una voce che parlava. La captò in ritardo perché i sensi chiamavano ma il cervello non rispondeva. Ira e sostanze assieme, in un cocktail stordente micidiale.
E la voce urlava alle sue spalle, mentre un altro tocco, lieve, le avvolgeva la spalla. Alice.
Erano venuti a redarguirla, a portarla via da Draven. Forse facevano bene.
Lasciò la presa senza mollare lo sguardo del Serpeverde e lo spinse via sé senza foga, come un rifiuto. Poi si voltò verso la voce.
Si rese conto che non si trattava di qualcuno che era giunto lì con l'intenzione di tirarla via. La rossa Jean stava sbraitando. La guardò con freddezza, come se si trattasse di un puro e semplice sfogo che lasciava il tempo che trovava. Una perdita di tempo.
«...Perché cavolo siete tutti così incazzati? Perché una stupida bottiglia vi ha ordinato di darvi un bacio? E mica ve l'ha ordinato il medico! Non siete costretti, sapete? [...]»
Si stava per voltare per andarsene.
«A me piace Casey! Oh, ecco, l'ho detto. Visto? Difficile? No, e ora non me ne frega un accidenti di cosa ne pensate. Non me ne frega nemmeno di cosa ne pensa lei. Ora, Casey, se vuoi baciarmi come bottiglia comanda vieni qua, altrimenti arrangiatevi tutti, vado a cercarmi dell'acqua, ché mi si è seccata la gola.»
E tornò a guardarla. Il cuore, algido, era come se non le battesse più in petto. Sotto sotto si era immaginata tutto ciò che Jean aveva appena detto. L'intuito glielo aveva sussurrato, ecco perché le aveva scritto, ecco perché aveva cominciato a guardarla. Ma ora non c'era più niente per nessuno, o almeno sentiva così. L'unica cosa che era in grado di elargire era la propria ira.
«Tu credi che ti avrei baciata per un gioco del cazzo come questo? E' questa l'importanza che dai a una persona che ti piace? Ti immaginavo più seria.» Le venne da ridere. Non per Jean. Jean era solo una pedina di passaggio, un fiore che cresce e sboccia sulla via di un trattore. Rise e guardò Megan. Tutto quello che non le aveva mai detto ora bruciava fra le fiamme dell'Inferno. Avrebbe dovuto fare come Jean? No, non era così semplice. Si sarebbe fatta pestare a sangue proprio come lei aveva appena fatto col Prefetto.
«In effetti, non è difficile. È più o meno come te l’ho detto io, ma meno platealmente.» Il commento di Draven la fece ripartire immediatamente all'attacco.
«Ma fate quello che cazzo vi pare» disse rivolgendosi a Megan. «Non vuoi essere protetta? Non ti reggi manco in piedi per come ti sei ridotta. Non sono io che devo dirti cosa devo fare, né con chi spassartela, ma non venire da me a piangere quando ti parleranno alle spalle per le tue scelte del cazzo. Sposatelo pure. Io me ne vado a fancu-»
E poi la spinta.
Fu un attimo breve, quello in cui frenò facendo leva sulle gambe, in cui si ritrovò il corpo di Megan sul proprio fino a sentire, forse per l'ultima volta, il contatto con la sua pelle liscia. Gli occhi cerulei nei propri e il profumo fiorito dei capelli corvini entrarle infine nei polmoni, ma alla pari della fragranza di un fiore tombale mentre l'altra le sussurrava qualcosa che non comprese.
Allora gli occhi le divennero lucidi e un singhiozzo la travolse. Per la vergogna, per la sensazione della perdita, perché gli occhi di tutti erano posati su di lei e sulla sua umiliazione. La voce di Hughes le tintinnava ancora nella testa, e sapeva che se il pianto non le stesse sgorgando fuori come un fiume in piena l'unico desiderio che le avrebbe pulsato nelle vene sarebbe stato quello di spaccargli il cranio.
Invece, come la prima dei codardi, mentre tutti guardavano il Tassorosso venir sbattuto a terra da un incantesimo di vendetta che non vide, lei si confuse nella folla e svanì nel bosco.

Interazioni con: Jean, Draven e Megan.


:zalve:

 
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view post Posted on 14/7/2022, 14:37
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Jean Grey, Prefetto Corvonero - 16 anni - outfit
La testa si faceva sempre più pesante ogni secondo, le tempie pulsavano e il mondo appariva annebbiato e confuso. Quando la voce seguita dalla figura di Camille si fece vicina, con in mano la fonte di salvezza sotto forma di acqua, Jean non poté evitare di guardare la collega prefetta con occhi sognanti. Le bisbigliò un *grazie* dal profondo del cuore, e scolò tutta l'acqua in pochi sorsi. Deglutì, di gusto, e si sentì subito un po' meglio. Scosse la testa un paio di volte per riprendersi, e lo sguardo le cadde di nuovo sulla scena madre. Aveva appena sganciato una bomba, urlando a tutti che le piaceva Casey, e se ne stava accorgendo solo in quel momento. Eppure non si sentiva in imbarazzo, anzi: le era parsa una cosa molto normale, semplice, non ci vedeva nulla di male o di cui vergognarsi. Ma ora c'erano altre carte in tavola. Anche Alice si era avvicinata, cercando di bloccare Casey dal pestare - o chissà cosa gli avrebbe voluto fare - quel ragazzo sconosciuto che stava per baciare Megan. Mentre Jean guardava quel diorama pieno di tensione, notò per caso che la sua amica perdeva sangue dal piede. Doveva essersi tagliata con del vetro. Improvvisamente, le priorità di Jean cambiarono. Non importava Casey, non importava quel ragazzo, non importavano le cotte o i desideri inespressi: la sua amica non stava bene, e lei se ne stava lì a sbraitare cose senza senso.

La situazione prese una piega diversa nel giro di pochi istanti. Megan aveva iniziato a urlare a Casey, intimandola a lasciar stare quel ragazzo, che non aveva bisogno di essere protetta. E a quelle parole, e forse anche per qualcos'altro che Jean non poteva cogliere, Casey si era trasformata in una forma evoluta del suo stato di bestia: aveva sì mollato la presa, ma ben presto Jean capì che l'arma più tagliente in possesso di quella ragazza erano le sue parole.
«Tu credi che ti avrei baciata per un gioco del cazzo come questo? E' questa l'importanza che dai a una persona che ti piace? Ti immaginavo più seria.»
Non poteva aver davvero detto quello. Ma che problemi aveva? Come diavolo aveva potuto intendere in quel senso le sue parole? Come poteva non aver capito che la bottiglia, quel gioco, voleva essere solo un pretesto per fare una cosa che palesemente entrambe volevano fare? Jean sentì una rabbia montarle dentro, una rabbia che poche volte aveva provato. Quella ragazza aveva interpretato a modo tutto suo una faccenda che Jean aveva inteso in ben altro modo. Sembrava che il mondo dovesse girare secondo i suoi capricci. La immaginava più seria, eh? Certo, perché essere seri significa flirtare spudoratamente ma facendo la preziosa, per poi impazzire, prendere la gente per il colletto e urlare le peggio cose a destra e a sinistra. Molto seria, molto matura, certo. Questo fu il primo pensiero di Jean, che rimase tale. Non fu trasformato in parole, perché Casey aveva continuato a inveire, questa volta contro Megan. Quello che le disse le mise i brividi. Parole cattive, cariche di astio e rancore, pesanti. Non poteva parlare così a Megan, nessuno poteva. Megan non aveva bisogno di essere difesa, sapeva cavarsela da sola, ma questo non impedì alla rabbia di farsi ancora più largo nella mente di Jean. Fu come se uno specchio si fosse rotto, un forte crack che aveva appena distrutto l'immagine che Jean si era creata di Casey. Eppure aveva fatto tutto lei, a conti fatti Jean non conosceva quella ragazza, si era solo lasciata stregare dal suo aspetto e dalla sua aria misteriosa e intrigante. Non aveva bisogno di altri drammi nella sua vita, tanto meno se questi riguardavano, direttamente o meno, la sua più grande amica. Con grande delusione, almeno per Jean, quella storia, velocemente com'era iniziata, era finita senza che fosse successo alcunché.

Il mal di testa ancora si faceva sentire, meno forte, ma sempre presente. Tenendosi la fronte con la mano, Jean si distrasse per un momento, perdendosi palesemente qualche pezzo della faccenda, perché riuscì a sentire solo un colpo e poi, quando sollevò lo sguardo, vide Casey franare addosso a Megan. Megan aveva cercato di afferrarla, ma Casey si era rialzata e nel giro di pochi attimi si era indirizzata di fretta verso il limitare del bosco, sparendo dalla loro vista. Non fosse stato per la musica alta, Jean avrebbe giurato che dopo quella scena si sarebbe sentito solo il fruscio delle balle di fieno. Jean provava molta rabbia nei confronti di Casey, ma non riuscì a evitare di sentire anche un certo dolore per lei: non la conosceva, non sapeva niente di lei, ma per aver reagito in quel modo a quella situazione doveva aver avuto i suoi motivi. E quella scena, l'imbarazzo della caduta dopo quei discorsi così cazzuti e gravi, doveva essere stato tutto molto pesante da vivere per la bionda. Ma rimaneva il fatto che le avesse sbottato contro senza motivo, e che avesse parlato altrettanto male, se non peggio, a Megan. Megan, che ora si stagliava in piedi, composta ed elegante come solo lei poteva essere dopo tutto quel casino, che chissà quali demoni aveva in testa in quel momento. C'era una sola cosa da fare, e Jean non aveva dubbi. Ma prima, Jean sentì l'impulso di avvicinarsi al ragazzo sconosciuto. Non sapeva chi fosse, non ricordava nemmeno di averlo visto in giro prima di allora, sicuramente non ci aveva fatto caso. Non lo conosceva, ma anche lui, come Jean, doveva aver passato dei brutti minuti poco prima. Anche contro di lui Casey aveva urlato, l'aveva stretto per il colletto, e il tutto era probabilmente correlato al fatto che stesse per baciare Megan. Insomma, Jean percepì qualcosa in comune con quel ragazzo, se non in generale almeno in quella situazione. Si avvicinò, facendo attenzione a non inciampare sui suoi tacchi a spillo, e si fermò di fronte a lui. «Non ci è andata tanto bene, eh? Conta su di me per una sbronza di consolazione. Sono Jean, comunque. Ci si vede.» Non allungò la mano per stringere quella del ragazzo, avrebbe aspettato un'eventuale risposta e gli avrebbe dato una piccola pacca amichevole sulla spalla, in segno di vicinanza emotiva. Dopodiché, Jean si sarebbe voltata in cerca di Megan, e una volta individuata l'avrebbe raggiunta: si sarebbe messa di fianco a lei, le avrebbe sorriso senza dirle una parola su quanto accaduto, ci sarebbe stato il tempo di parlare in seguito; «Stai sanguinando», le avrebbe detto, e le avrebbe fatto capire che ancora una volta avrebbe potuto contare su di lei, se ne avesse avuto bisogno. Infine, si sarebbe voltata verso l'ingresso dello spiazzo e, sempre cercando di non cadere dai suoi trampoli, se ne sarebbe tornata al castello a smaltire la sbronza e la rabbia. Avrebbe parlato con Megan in un secondo momento, e forse lo avrebbe fatto anche con Casey se si fosse presentata l'occasione. Ma c'erano delle priorità, nella vita, e in quel momento Jean aveva trovato le sue.


Interazioni con Camille, Megan e Draven, menzione ad Alice e Casey. Azioni concordate. Jean se ne torna nel dormitorio, pronta a lanciare via i tacchi e andare a dormire, cia' :fico:
 
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view post Posted on 14/7/2022, 18:27
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Alice Wagner - Gryffindor

Se la situazione sembrava già critica, con l'arrivo di Hughes e il commento di Megan degenerò ancora di più. Il viso di Casey sembrava dapprima frustrato, poi deluso e ferito. Draven d'altro canto era come se non si fosse reso conto della situazione, sembrava confuso. Pochi istanti prima aveva, anche se tra le righe, dichiarato il suo interesse per Megan, salendo su sulle nuvole, per poi venir riportato giù bruscamente dalla gelosia della Bell. Era un grandissimo malinteso, un problema di comunicazione che aveva dato sfogo alle paure, alle incertezze e a delle conclusioni affrettate. Era stata una sparatoria a sangue freddo sui quattro cuori coinvolti, pescata con un solo giro di bottiglia. Alice vide Casey ritrarsi, tirando seppur brevemente, un piccolo sospiro di sollievo. Sapeva in fondo che non sarebbe bastato. Il veleno d'insicurezza che aveva bevuto doveva essere espulso e così fu, prima con Jean, poi con Draven e Megan, tutti parte di un rituale che la Grifondoro conosceva bene. Alice passò uno sguardo sul volto di Draven, per capire come stesse, come avesse attutito il colpo, per fargli capire che poteva farcela, per dirgli di non perdere le speranze. Poi tornò a concentrarsi sul semi-abbraccio delle due caposcuola, fu breve ma intenso. Megan doveva davvero contare molto per Casey, era evidente tra i loro sguardi, i loro gesti, il modo in cui entrambe pur caparbiamente tenessero gli occhi incollati sull'altra. Fu da brividi, fu da tremore. Come un fuoco intenso che si brucia intorno al suo stoppino consumando la cera, allo stesso tempo quel fuoco venne soppresso, da una nube di vetro, imprigionato, soffocata ogni fiamma. Casey indossò la sua vergogna, in gocce salate, dileguandosi in pochi istanti. Ma dove stava andando in quello stato?


Alice ancora una volta agì senza riflettere troppo, il suo cuore prendeva il sopravvento sulle cose, quasi sempre. Assicurarsi che la Bell non finisse in un dirupo o non si gettasse dalla torre di Astronomia era ormai diventata priorità, non fosse che le sue capacità motorie sembravano incredibilmente diminuite per via dell'alcool e dei tiri di canna. Inoltre più ci pensava più faceva fatica a mettere insieme i pezzi. Era successo tutto molto velocemente e ancora non capiva bene come la connessione tra le varie persone funzionasse. Jean aveva confessato di avere una cotta per Casey, Draven sembrava invece essere rapito da Megan. Casey invece? La violenza della sua reazione, la bile di parole rigettate fuori faceva parte di un qualcosa, qualcosa che in qualche modo la tormentava, ma lo sguardo lanciato alla Haven aveva mostrato una debolezza che Alice aveva raramente visto nella Grifondoro, che avesse una cotta per lei? Alice provò ad affrettare il passo per tentare di non perderla di vista << Aspetta, Casey! >> il tono più che altro preoccupato, cercava di mitigare la rabbia cieca che aveva assalito il caposcuola. I passi si susseguivano l'uno con l'altro, abili a non inciampare nei rami, mentre i sensi ogni tanto le facevano rigirare tutto intorno, come su una giostra. Si erano inoltrate nel boschetto, lontano dal caos della festa. Alice ora riusciva a scorgere il profilo della Bell sulle rive del lago. Ma perché i cazzo di laghi mi perseguitano pensò, l'ironia più cieca non si era risparmiata di colpirla in pieno. Spesso però bisognava compiere dei sacrifici, bisognava scegliere. Scegliere tra la paura e il terrore, quella di veder Casey far qualcosa di molto stupido, o quella di venir di nuovo divorata da se stessa. Alice respirò aria come non aveva mai fatto, si avvicinò di qualche passo cercando di non pensare esattamente a dove fosse, ma concentrandosi sulla Bell. Ora che le si trovava di fronte in effetti non sapeva cosa dire, non aveva preparato un discorso motivazionale o qualcosa di quel tipo, anche lei aveva reagito d'istinto. La guardò in viso, vederla piangere le faceva male, riusciva a percepire la sua sofferenza e la frustrazione, al contempo i demoni dell'ansia bussavano alla sua porta, la presenza del lago la rendeva agitata, nervosa, irrequieta. Voleva solo spostarsi da lì e quell'urgenza sembrava incombere come vuoto alla stomaco. Alice cercò di ignorarlo, la sua voce uscì fuori calma, gentile, come quando si parla agli irrequieti << Sono solo io. Alice. >> Avrebbe voluto confortarla, dirle che sarebbe andato tutto bene, che non importava ciò che aveva detto, perché lei lo aveva capito. Aveva capito che era ferita, aveva capito che come al solito aveva preferito allontanare tutti, isolarsi e leccarsi le ferite in solitudine. Aveva capito che la reazione era pari all'offesa subita e che tutti avrebbero dovuto soffrire almeno quanto lei, se non di più. Parole usate come armi taglienti, coltelli invisibili ma affilati che volevano fare da scudo e da armatura al contempo, ma che alla fine affondavano nella pelle dello stesso carnefice. Alla fine però non disse nulla, perché non possedeva nulla che potesse farla sentire meglio, non era Les, non era Megan, non era Draven, non era nessuna delle persone a cui Casey tenesse, di cui Casey fosse amico o confidente. Non era niente. Il tocco delicato della mano le avrebbe sfiorato il braccio in un gesto di conforto, se avesse voluto Casey avrebbe potuto scostarsi facilmente, la sua non era violenza, cercava solo di essere presenza.


code by Vivienne ©


Interazioni con: Casey
Menzioni: Draven, Megan, Jean


 
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