CASEY BELLvs. Sirius White
• PS:232/279 •
• PC:240/254 •
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LA GIORNATA DEL DUELLANTECasey Bell ce la stava facendo. Sentirselo dire dalla propria ragione era pari a una sorsata di calda, vellutata, fragrante, tazza di Pozione Corroborante appena cotta. Il piatto era stato servito, signore e signori, ma un incantesimo vi era stato iniettato come un veleno con una siringa: la maledizione della bramosia di potere, che spinge a volerne sempre di più.
Non si trattava chiaramente di un pasto, ma dell'enorme e arrogante soddisfazione di poter schernire con le proprie capacità magiche non solo un docente – una delle persone più potenti che Casey avesse mai incontrato – ma anche colui che le aveva fatto un torto. No, lei non sarebbe mai stata in grado in quel frangente di comprendere la sottile differenza che intercorre fra un pestaggio gratuito e una competizione sportiva. Era troppo diffidente: le persone erano colpevoli a priori.
Il caso Sirius, però, era ben diverso. Lei lo aveva sempre ammirato, considerandolo il vero e unico mentore della sua vita studentesca. Quel cervellino che si ritrovava, dopo esser rimasto
scottato da Drinky, non faceva altro che ripeterle di diffidare di tutti quegli adulti che si mostravano affabili e tanto disponibili con lei. Pareva che ognuno di loro volesse solo tentare di insegnarle qualcosa al fine di nutrire il proprio ego. Con quale semplicità un ragazzino è in grado di pendere dalle labbra di un uomo col triplo dei suoi anni e dalle multiple esperienze?
Cosa aveva voluto insegnarle per inciso Sirius con quei colpi? Niente. Voleva solo usarla per vincere. Voleva essere fotografato e ritratto sui giornali dei giorni a venire come il grande duellante vincitore per la rinascita dalla Congrega. Voleva essere acclamato. Voleva qualcosa di meglio della stima di una semplice ragazzina. Ma la colpa non era tutta sua. Era quel mondo stesso, marcio e competitivo, fatto di vetrine ed espositori, che spinge le anime a corrompersi per uno stralcio di notorietà. Lo aveva visto in Lucas Scott. Lo aveva visto anche a scuola, per uno stupido voto in più. Tutti quegli spettatori, seduti a vedere Sirius bruciare e pronti ad acclamare una nuova stella sulla soglia della maggiore età, erano forse i carnefici peggiori. Erano coloro che stavano a guardare mentre il mondo cadeva a pezzi.
Il docente scivolò a quattro zampe sulla pedana. Casey fu travolta da un'ondata di soddisfazione. Finalmente il
Lapsus era servito a qualcosa. Finalmente pure lui si rendeva conto di non essere invincibile. Ora il fuoco si arrampicava sulle sue mura di cinta pronte a divorare quanto al suo interno.
Ne approfittò, sarebbe stata veloce. La testa del mago era di fronte alla sua visuale dato che era caduto. Non stava nemmeno lei così bene da alzarsi o tentare qualcosa di più complesso. Ma voleva colpire e colpire e colpire, ricaricare la catapulta e lanciare. Forse sarebbe stato crudele, ma la testa era il bersaglio migliore, e i capelli erano tanto ghiotti per le fiamme da poter essere buttati giù nella loro pancia come fossero ciliegie. Una scintilla, e l'
Incendio avrebbe attecchito allo scalpo portando il mago all'esasperazione. Il pubblico, d'altronde, era lì per lo spettacolo, e non vi era spettacolo più intenso di rogo. Parola di strega.
Polso rigido, bacchetta puntata verso la sommità della testa di Sirius. Se l'avessero fermata, i cosiddetti Saggi Duellanti, sarebbero stati degli ipocriti. Non era solo fuoco quello, era la pira di un eretico. L'Opera Alchemica di Casey in piena fase di attuazione. La sua Opera al Rosso, la Rubedo che giunge a veder sorgere la fenice dalle sue ceneri, dopo aver abbattuto, umiliato e scomposto la materia grezza e putrida della Nigredo. Quel fuoco che ora vedeva dentro di sé come parte del proprio spirito, del proprio potere, dei propri valori: fiamme ardenti che cauterizzano l'anima e ne impediscono la cancrena provocata dall'ego. Rosso era il suo sguardo, rossa l'immagine di Sirius ingoiato dalle fiamme che avrebbe creato, che nascevano scoppiettanti di vita e vogliose di crescere e nutrirsi dalla spinta della sua immaginazione. L'ardore non le sarebbe mancato, e in un urlo di pieno furore avrebbe richiamato ancora l'elemento al suo volere:
«INCENDIO!!!»