Aquileia Goodheart - Auror
Leia continuava ad osservare il giovane dalla sua posizione. Le presentazioni erano fatte (o almeno così lei credeva), e anche se a tratti la ragazza era piccata dall'atteggiamento fintamente sbruffone del giovane, continuava a percepire che di fondo lui fosse ben più oculato di quanto desse a vedere. Soprattutto il nome l'aveva colpita: al momento non riusciva a ricollegare i tasselli, ma ora che lui si era presentato, aveva la sensazione che non le suonasse nuovo. Socchiuse gli occhi meditabonda, cercando di richiamare alla mente dove l'avesse già visto escludendo la recente occasione al Testa di Porco - di cui per la verità ricordava ben poco.
Eppure, la sua attenzione era colpita anche da un altro particolare: l'accezione con cui il giovane aveva descritto gli auror. "Raccapriccianti" era un termine già di per sé forte, a maggior ragione se usato per apostrofare i suoi colleghi - anzi, a dirla tutta, quasi l'intera istituzione del Quartier Generale, dal tono in cui l'aveva pronunciato. L'intera istituzione, incluso Rhaegar, le venne da pensare. E tuttavia, con lui il giovane sembrava avere un rapporto se non di fiducia, per lo meno di collaborazione, dal momento che il Capo gli aveva affidato qualcosa. Leia non era di certo la confidente personale di Rhaegar, ma lo conosceva abbastanza per essere sicura anche davanti a un ungaro spinato che il suo Capo non si sarebbe mai piegato a collaborare con qualcuno di cui non avesse piena fiducia. Pensò anche per un attimo di essersi sbagliata; che forse in realtà il giovane non conoscesse affatto il suo Capo e il suo fosse tutto un bluff, ma non poteva essere. Quando poco prima l'aveva nominato per la prima volta, non si stava curando di dove o con chi fosse. Gli era scappato, si era trattenuto, ma in presenza di Leia non era servito. Di sicuro non poteva essere così stupido da fingere di conoscere il Capo degli Auror davanti ad una dei suoi più vicini sottoposti.
No, non ce l'aveva con Rhaegar. Doveva avercela con qualcos'altro, qualcun altro, rifletté la giovane, mentre si riaccomodava il giubbino sulle spalle tornando poi ad incrociare le braccia. E difatti un appiglio per una risposta non tardò ad arrivare.
-Ma come puoi combattere il male da Auror?-
Leia si fermò per un istante, interdetta da quella che ai suoi occhi pareva come una contraddizione in termini. Gli Auror, per lei, erano la Forza di riferimento per combattere il Male. Sembrava ovvio di primo acchito, ma era esattamente quello il loro lavoro. Ma seguendo il discorso del ragazzo, Leia comprese ciò che lui voleva dire.
*Tarpare le ali con della sana burocrazia...*.
Tornò a capo diritto, soppesando nella sua mente le parole del giovane, lasciando che un mezzo sorriso si disegnasse sulle sue labbra mentre finiva di parlare. *...e qualche funzionario plagiato*.
Lo guardò, meditabonda.
Abbassò la testa verso la tasca laterale sinistra dei suoi jeans e ne estrasse un piccolo astuccio di pelle inciso di arabeschi. «Vedo che sei ottimista...» iniziò a rispondergli, con palese e bonaria ironia, aprendo l'astuccio. Al suo interno, una fila di cinque cigarillos faceva bella mostra della sua pulita compostezza. La ragazza ne estrasse uno portandoselo alle labbra, richiudendo con gesto rapido l'astuccio e riponendolo nella sua tasca. «...mi fa piacere». Estrasse una scatolina di fiammiferi dalla taschina destra, e ne utilizzò uno per accendere il suo cigarillo, mentre il giovane mago finiva di parlare. Aspirando una boccata di fumo, lo squadrò di nuovo fermandosi per un istante, capacitandosi ora di dove l'avesse già incontrato. *Hogwarts, tra le fila dei Corvonero*. Sgranò gli occhi a sentire il ruolo che ricopriva invece al momento presente, nientemeno che Docente di Difesa contro le Arti Oscure. Sorrise. «Mmm. Allora sì, lavori anche per noi, Marshall. Sei quello che per primo insegna ai ragazzini che il Male esiste davvero, qui fuori». Lo guardò più intensamente. «Ma che insegna anche loro come fare per tutelarsi... e li ispira a combatterlo». Era sincera. Nutriva profonda stima per tutti coloro che in qualche modo si schieravano contro le forze di quel Male che anche lei aveva conosciuto. Con ogni mezzo. Il pensiero andò per un attimo a chi prima di lui aveva ricoperto quel ruolo: Hope.
Aspirò un'altra boccata per poi rilasciarla, riappoggiandosi all'auto. «Sì, ora mi ricordo di te. Confermo, eri bravo in Erbologia. Anche se credo fossi uno di quelli che volevano lanciare caccabombe sulle mie serre...» rispose, sorridendo scherzosa. *Menomale che non l'hai fatto. Mi sarebbe spiaciuto arrostirti le chiappe*. «Hanno preso un bell'elemento nel corpo docenti».
La ragazza continuava a guardarlo mentre lui concludeva la sua ultima constatazione, come prima leggermente sbruffone, ma in modo bonario - la ragazza ora lo vedeva chiaramente. Ex studente modello, ora docente di Difesa contro le Arti Oscure, e con una profonda sfiducia verso le istituzioni. Eppure, era pieno solo di rabbia e di frustrazione, ma non di Odio. Non di quell'Odio che ti porta a scegliere il Male come scopo di vita, per lo meno, ne era certa. Perchè quel tipo di Odio lei l'aveva già visto, anche su se stessa, ma l'aveva scansato.
Abbassò per un momento lo sguardo, sorridendo tra sé davanti all'irrisoria piccolezza dell'impedimento che Daddy aveva descritto. Burocrazia e plagio dei rappresentanti della Giustizia. Leia aveva fedeltà nell'istituzione di cui faceva parte e rispetto per ciò che rappresentava, ma la radice della sua scelta andava ben più a fondo della cieca ed innocente ingenuità che ti portava a pensare che le Istituzioni del Bene fossero del tutto incorruttibili. Il caso che stava studiando in quel periodo lo dimostrava alla perfezione: l'ex auror Betterson aveva tradito quella che per chiunque era la fedeltà al Distintivo, ma che per lei era qualcosa di ben più grande.
No; la radice della sua scelta era profonda quanto una cicatrice ricevuta sulla propria pelle, come quella che le solcava il petto e che nessuno tranne lei e il medimago che l'aveva curata avevano visto. Ed ancora prima, ancora più a fondo nel suo animo, era profonda quanto l'affondo che un legilimens poteva operare sulla tua mente, mentre tu
(il sapore metallico del sangue le riempiva la bocca-
«Quel bastardo voleva farci fuori!»
«E' tutto qui quello che sai fare, Sigfrid?»)
sei legato ad una sedia senza alcuna difesa.
Oh, sì. Aquileia conosceva la profondità di quella risposta. Se gliel'avesse raccontata, lui l'avrebbe colta?
La ragazza rialzò le iridi chiaroscure e le puntò dritte in quelle di Daddy. Sorrise.
«Sai cosa facevo prima di fare l'Auror, Daddy? Io facevo la Domatrice. Come mio padre. Ed ero brava, e appassionata come lui prima di me. Era un sogno e poi una carriera, cominciata bene e che proseguiva ancora meglio, ed ero molto felice. E poi sai cosa è successo?». Si fermò, aspirando un'altra boccata dal cigarillo, senza smettere di guardare il giovane. Soffiò fuori il fumo. «Una mangiamorte ha ammazzato davanti ai miei occhi la persona che amavo».
Pronunciò quella frase con lo sguardo fisso in quello di lui, l'espressione impassibile e la voce decolorata. Non per disprezzo verso il giovane; ma per una automatica autodifesa da quel dolore, che la rendeva chirurgica e razionale. «E per questo, ho abbandonato tutto quello che avevo costruito e ho scelto di schierarmi apertamente con gli Auror». Poi gli sorrise. *Sei davvero sicuro di sapere chi sono, Daddy?*.
«Tu parli di plagio, di corruzione, di burocrazia. Hai ragione, queste cose esistono. Ma credi che dopo aver visto quello che ho visto, che dopo aver abbandonato per mia scelta quella che fino a quel momento era stata la mia vita» *che dopo aver rischiato di perdere la mia famiglia attraverso un'obliviazione solo per proteggerli da quegli assassini* pensò, ma non lo disse - «la burocrazia e la corruzione siano sufficienti per fermarmi e per farmi rinunciare?». La voce tornò al presente, così come lo sguardo. «Quello che servo non è il mio distintivo. Il distintivo è un simbolo, Daddy. Un simbolo dell'ideale in cui un auror crede. Al distintivo si donano tempo e risorse, ma è l'Ideale che c'è dietro di esso che riceve invece la nostra fedeltà e la nostra dedizione. E la scelta che ho fatto io è stata di seguire questo Ideale. La Giustizia. E mi costa molto caro, ogni giorno.». Pronunciò l'ultima frase sorridendo malinconica, ma insieme fiera.
«Ho scelto di entrare negli Auror perché il corpo degli Auror ha i mezzi per permettermi di inseguire questo ideale». Aspirò un'altra boccata dal piccolo sigaro, mentre tornava a riaccomodarsi appoggiata all'auto. «Ma so bene che non è esente dalla corruzione e dal tradimento. E il mio compito è di combattere anche queste cose». *Come sto facendo con il caso Betterson*. Sospirò. «E di certo ti posso dire anche questo: se domani il corpo degli Auror dovesse cadere, partirei da sola armata solo della mia bacchetta per stanare quegli assassini. E non solo perché l'ho giurato al distintivo che porto... ma perché l'ho giurato a questo». Si tolse l'anello e lo sollevò davanti a sé, prima di rimetterselo al pollice. «...e a me stessa». Si riaccomodò meglio, sorridendogli calma. «Combattere per la Giustizia non prevede corse su unicorni tra nuvolette colorate e puffole pigmee, questo è sicuro, ma altrettanto di sicuro non prevede di lasciare a piede libero gente che ammazza degli innocenti.». Si fermò, senza smettere di guardarlo, calma. «Adesso conosci il mio Perché.». *Ora sì, che sai chi sono*.
Sorrise, allungando il braccio e porgendo il cigarillo a Daddy, inarcando le sopracciglia in quello che era un chiaro invito a fumare se avesse gradito. «E comunque non ti ho chiesto il tuo, di Perché... ti ho solo chiesto di quale Daddy mi potevo fidare, ma penso di essermi risposta bene da sola» disse, ridendo sotto i baffi. Poi si avvicinò con il busto, con fare più disteso e scherzoso, parlando sottovoce con un mano davanti alla bocca. «...e menomale che non sei dell'Antimago!!».
- Each step forward is a checkmate to your fears. -