steady blue in an unsteady future, Colloquio di Orientamento

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Megan M. Haven
view post Posted on 21/6/2023, 21:50 by: Megan M. Haven
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Ocean eyes.

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La domanda arrivò senza preavviso ma con assoluta e scontata esigenza rispettando quelle che erano le fasi di un colloquio di orientamento. Megan sapeva che avrebbe dovuto rispondere, altresì non era convinta di riuscire a farlo con totale onestà. L’argomento Ministero era delicato, così come lo era il suo passato che - a quanto pare - era per buona parte colmo di segreti ancora ben nascosti. Fino ad oggi aveva solo potuto constatare che il grande organo governativo e il capo del dipartimento dell’Ufficio Misteri fossero un colosso impenetrabile e che solamente assicurandosi un posto all’interno le avrebbe dato modo di trovare pace in una verità tanto ricercata, qualora fosse riuscita a raggiungerla.
«Credo che potrei renderli orgogliosi, per quanto possa valere adesso...»
Guardò Daddy per un singolo attimo, l’espressione tenera e un sorrisino appena accentuato a mettere in evidenza la fossetta destra vicina al bordo delle labbra. Una mezza verità, o forse una patetica convinzione.
Seguì i suoi movimenti su una traiettoria sconosciuta fidandosi, come aveva già fatto in passato, delle sue capacità. Dove voleva andare non lo aveva ancora capito ma il fatto che si sentisse del tutto a suo agio insieme a lui - e che non fosse cambiato niente, cosa che aveva temuto - riusciva a soffocare qualsiasi interrogativo. Così, semplicemente, si lasciò del tutto andare.
«In ogni caso più che piacere è curiosità, qualcosa che probabilmente potrebbe interessarmi. Il fatto che sia un circuito chiuso, che non si sappia cosa avvenga lì dentro - al di fuori delle voci che possono rivelarsi del tutto false - mi attira parecchio. Tuttavia, per entrarci di sicuro non prenderò la strada dell’Auror.»
Finì per dire con un certo disprezzo. La verità era altrove, sapeva che l’unico motivo che la spingeva ad entrare era capire di più riguardo i suoi genitori e la loro prematura morte, celandosi dietro l’ennesima maschera che aderiva, come sempre, impeccabile sul suo volto.
L’aria accarezzava le ciocche sciolte e il suo corpo spingeva sul manico di scopa bilanciando il peso e dandole il giusto equilibrio nel vuoto pronto ad inghiottirla e al quale, come sempre, tentava di sfuggire.
Le iridi oltremare si spinsero lungo la linea che separava il cielo dall’acqua torbida del Lago Nero, poi tornarono in basso, poco più avanti, quando Daddy richiamò la sua attenzione.
«Ero con te quando facevo quei pensieri.»
Megan lo guardò di sbieco e i ricordi di quella sera riaffiorarono ancora una volta. Le parole dell’ex-Caposcuola riempirono il petto fino a farlo esplodere. Le mani strinsero con più forza il manico della Firebolt e gli occhi si chiusero il necessario per avvertire la brezza di quell’estate ormai lontana. Daddy aveva avuto paura. Come aveva potuto dimenticare il suo sguardo verso il cielo, la preoccupazione celata dietro gli occhi lucidi e quelle lacrime che aveva tentato di asciugare.
«Avevo paura, non sapevo cosa ne sarebbe stato di me, di quel Daddy che ero stato…»
Si voltò verso di lui questa volta. Le palpebre accarezzarono il profilo del volto delineando i lineamenti più maturi e colse la stessa sfumatura che aveva visto sotto al chiarore della luna quella sera. Lo lasciò parlare e per tutto il tempo non smise di fissarlo.
Era stato sincero con lei ancora una vola.
Solo quando il silenzio tornò a farsi spazio tra di loro si ritrovò ad appiattire il corpo sul manico aumentando la velocità. Con una leggera torsione verso destra si spostò verso il ragazzo diminuendo la distanza che li separava.
«Siamo tutti corrotti in qualche modo. Scegliamo solo che parte vendere di noi e spesse volte crediamo di ribellarci al sistema quando non siamo che il centro esatto. Burattini sui quali esercitano un potere che non sappiamo in alcun modo controllare.»
Alzò le spalle e abbozzò un sorriso amaro.
Il Platano Picchiatore era poco distante, vederlo da quella prospettiva sembrava un’enorme cespuglio innocuo e indifeso, ancorato all’unico punto fermo che lo rendeva stabile e dove si sentiva al sicuro: niente lo avrebbe scalfito fintanto fosse rimasto con le radici nella terra.
Megan si sentiva profondamente vicina a quell’albero: Hogwarts era il suo punto fermo, aveva esteso le sue radici sotto l’imponente castello; lì, l’unico posto che considerava casa.
Poi rise. L’immagine di Daddy Ministro della Magia si plasmò nella sua mente subito dopo aver definito il suo discorso e non poté trattenersi.
«Perdonami ma è divertente immaginarti nei panni di Ministro. Nella mia testa ho visto una versione di Peverell alquanto simpatica… Ma più affascinate, eh!»
Finì con un tono divertito. Poi, tornò seria l’attimo seguente. Gli occhi blu oceano accarezzarono di nuovo lo spazio e mentre avanzava ad una velocità moderata si lasciò sfuggire poche parole: «Forse sarà così anche per me.» Un velo di speranza.
Le note di quelle sillabe, però, risuonarono gravi e si spezzarono in gola.
Si, una parte di lei sperava di trovare un posto nel mondo ma l’altra parte sapeva di essere solo condannata ad una vita che non aveva scelto.
Accelerò la corsa per un breve attimo, tempo di poter superare il ragazzo per poi spingersi lateralmente e sbarrargli la strada. Solo allora portò la mano sinistra a tirare il manico verso l’alto e frenò con il rischio che Daddy le finisse addosso.
«Vuoi sapere una cosa, Daddy?»
Tornò a guardare le iridi cristalline. Non aspetto alcuna risposta, sapeva che se si fosse fermata avrebbe lasciato il discorso morire lì.
«La mia vita si è fermata anni fa ed io non sono più andata avanti. Non ho mai pensato ad un futuro, né l’ho mai immaginato un futuro tutto per me e forse è questa la scelta più facile.»
Scostò lo sguardo proiettandolo sotto di lei. La tentazione di buttarsi nel vuoto le solleticava il pensiero. La bugia diventò mezza verità.
«Non ho niente. Ho speso questi anni sacrificando me stessa per capire cosa sia successo davvero quella mattina. Cercando vendetta, promettendo di ammazzare con le mie stesse mani chiunque abbia avuto il coraggio di portare via da me i miei genitori.»
Tornò a guardarlo, la voce era dura e affilata.
«Ho vissuto nella speranza di riuscire a far smettere questa vocina che mi tormenta ogni singolo giorno, ora, minuto e secondo. Di proiettarmi in avanti e provare a lasciare semplicemente tutto scorrere. E sai…»
Si bloccò un istante e il cuore iniziò a martellare talmente forte che si costrinse a socchiudere le palpebre il tempo necessario per riprendere controllo.
«Sai cosa ho ottenuto? Sai cosa mi è rimasto?» strinse le mani attorno al manico e le nocche impallidirono. Avrebbe voluto spezzarlo quel dannato legno!
«Solo rabbia. Non provo che questo. Le loro scelte mi hanno portata ad essere ciò che sono oggi e fa schifo. Sono arrivata ad odiarli, a detestare anche solo il loro ricordo. So per certo che sono sempre stata rinchiusa in una campana di vetro, circondata da bugie e dal mistero.»
Fece un’altra pausa e quasi sottovoce riuscì a pronunciare le ultime parole prima di lasciare spazio al silenzio, breve ma pesante come il piombo.
«Credevano di salvarmi e invece mi hanno trascinata giù ed io non so come tornare in superficie e forse non voglio nemmeno farlo.»
Trattenne le lacrime ma la voce si ruppe tra le labbra tremanti. Si sentì libera l’attimo seguente.
L’unico modo che aveva per rimanere in piedi era appoggiarsi a chi senza chiederle nulla le era affianco. A volte dubitava che il bene provato fosse solo un modo per soffocare la sofferenza e dunque l’egoistico atteggiamento di chi non avendo più nulla da perdere si aggrappa a tutto e lo trascina con sé.
Lei non le salvava le persone, le condannava.
Megan era la copia esatta di ciò che le era stato fatto.

 
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