F r i s s o n, ~ Horus Ra Sekhmeth

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Horus Sekhmeth
view post Posted on 26/3/2024, 11:27 by: Horus Sekhmeth
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Trantor - Settore Imperiale

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– Frisson –
|| London || March ||

Evening
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A volte non mi capacito della tua abilità nel provocarmi. È incredibile come tu riesca a toccare qualsiasi mio nervo scoperto, in positivo e in negativo. Le tue risposte inaspettate, i tuoi commenti, il tuo modo di fraintendere ogni mio respiro. Sono, però, costretto ad ammettere che nell’ultimo periodo sei cambiata. Io mi ostino a far finta di non vederlo, tu –credo?– fingi di non essertene accorta. È come se tu stessi cominciando a decodificarmi e, inutile dirlo, la cosa non mi piace.
Quel che ti è sempre stato chiaro e che io non ho mai nascosto dal momento in cui abbiamo lasciato da parte gli insulti per abbandonarci ai nostri diletti, è l’effetto che mi fai quando ti vedo guardarmi con la malizia a illuminare il nevischio che imperversa nei tuoi occhi. Se non altro, questo ti è stato facile decifrarlo così come per me è facile comprendere i significati dietro le tue movenze. Per questo non posso credere che tu non sia consapevole di ciò che stai facendo adesso: sai perfettamente che io ti guarderò le labbra, rosse come i tuoi capelli quando le mie mani ti percorrono; studierò il segno di un morso (non il mio, penso con disappunto) che ne disturba la geometria perfetta e su cui vorrei infierire molto volentieri. Serro la mascella quando ti vedo passare la lingua sulla carne ferita e mi faccio violenza per distogliere lo sguardo da te per posarlo su Isabella che è ancora scossa dalle risate.
Prima la brutale interruzione di un pomeriggio che prometteva piuttosto bene, poi la mia giacca, ora questo. Se potessi, calerei il braccio sul tavolo come una falce e rovescerei tutto solo per poterti afferrare. Di certo non lo farei per rabbia. O forse sí?
Anche, mi rispondo, regalandoti, senza guardarti direttamente, un sorrisetto che conosci fin troppo bene.
Io, comunque, sono rimasto in silenzio e non ho partecipato né indagato sull’origine di questo teatrino che giusto ora comincia a scemare d’intensità, con tanti ringraziamenti degli avventori nostri vicini. Non ho approfondito, un po’ perché seriamente non ho capito cosa diavolo abbiate da scompisciarvi al punto da stramazzare soffocate e un po’ perché non credo di averti mai visto ridere così tanto.
Anzi, mi correggo, ti ho vista anni fa e ti riconosco oggi una volta di più. Trovo assurdo come ti incaponisci nel ringhiare che non esisti più, che non devo cercare più ciò che eri. Il punto è che io non ho bisogno di cercarti, Nieve, perché sei sempre stata qui, dove ora sei seduta.
Non sono io a doverlo accettare, sei tu.

« Oddio madonna, non ce la posso più fare, ohi ohi! »
Isabella, ignara, si schiaccia addosso allo schienale, tenendosi lo stomaco con entrambe le braccia, in una perfetta copia del Gattaccio. Io la guardo con un sopracciglio alzato e lei allunga le mani sul tavolo per prendere le mie. La ignoro.
« Dai su, è che avevo scommesso avresti fatto così! » E, profondendosi nella sua proverbiale espressività, alza il pollice e mima il gesto di bere, buttando indietro la testa come ho fatto io poco fa. Poi rivolge un gran sorriso a Nieve. La loro affinità improvvisa ha un che di preoccupante. Aggrotto la fronte mentre sento Isa risponderle con un cipiglio orgoglioso:
« No, niente teatro, ma ho sangue italiano! Sarà per quello? » Si sposta la cascata di treccine di lato, prendendo il menù e posandolo davanti al Gattaccio per leggerlo insieme a lei.
Sbuffo, appoggiando il gomito sul tavolo e la guancia sul palmo. Non rispondo nemmeno a Nieve, mi limito, con la mano libera, ad allontanare il bicchiere vuoto verso il bordo.
Lo so che sono permaloso, sono consapevole di questo mio difetto che, però, ho cercato di smussare, complici le prese per il culo di Isa e Ned. Ho imparato a ridere, a rispondere per le rime e, giuro, a non prendermi troppo sul serio. Mi riesce anche bene, di solito, ma oggi no. Oggi non ho le forze per resistere alla potenza di questo fuoco incrociato. Mi irrito nuovamente con Isabella che sa perfettamente che giornata di merda ho avuto e, poi, mi incazzo con me stesso per aver dato talmente tanto materiale alla Rigos che avrà di che divertirsi alle mie spalle per il resto della sua vita.
Ringrazio solo l’arrivo della cameriera che distrae momentaneamente le due compari.
« Allora! Io prendo… » Isabella, con gli occhi luccicanti, si strofina le mani e comincia enumerare una sequela infinita di piatti senza nemmeno più guardare il menù. Quando si parla di sushi, svalvola. Più del solito almeno, il che è tutto dire. Ancora una volta, scaccio l’irritazione a favore di una morbidezza che quella maledetta riesce sempre a tirarmi fuori. Le mie emozioni cambiano con una tale velocità, stasera, che è un miracolo che io non sia già scappato a semplificarle in forma di falco, dismettendo quelli di “Horus”.
« E per finire una decina di nigiri al salmone! Tu, bro? »
« Il solito. » Sospiro e mi passo una mano sul collo per massaggiare l’indolenzimento che questa tensione mi ha provocato. Premo lentamente le dita sui tendini irrigiditi arricciando il labbro in una smorfia di fastidio. Volutamente sfioro il bordo alto della maglia, abbassandolo il giusto per mostrare una striscia di pelle.
Scocco un’occhiata al Gattaccio: toh, uno a uno.
« Per lui allora, okonomiyaki e tamagoyaki. E un calice di vino bian–– »
« Una bottiglia. » La correggo, rivolgendo un sorriso alla ragazza che sta prendendo l’ordine. Isa mi guarda sghignazzando mentre sfiora la spalla di Nieve.
« E tu, stellina? Cosa prendi? »
Mi immobilizzo improvvisamente, ricordando la voce accorata di Nieve nel chiedermi, per la prima volta, un aiuto: “Puoi fare finta di nulla?”
« Oh, stronzola. » Richiamo in fretta l’attenzione di Isa dandole un buffetto sul braccio. Lei si volta, momentaneamente distratta da me; bene, mi dico, ora il Gattaccio può prendere quello che vuole senza che nessuno le badi.
Non la ritiro la mano che ha tentato una carezza che, per una volta, è stata accettata.
Non può più accusarmi di nulla, non stasera almeno.
« Dimmela. »
« Io sto ancora aspettando quella teglia di lasagne che mi avevi promesso. »
È una cosa stupida, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente. Sento Nieve ordinare e la cameriera ringraziarci, così mi rilasso. Fortunatamente sviare gli altri mi riesce molto bene. Con Isabella non è facile, ma ora è così eccitata dal cibo da abbandonare momentaneamente il suo fiuto da Crup.
Si batte una mano sulla fronte, sorpresa.
« Oddio! Me so scordata! Ce la siamo magnata tutta io e Emma! » La mano scivola sulla bocca, gli occhi spalancati dal senso di colpa. Io rido: non avevo dubbi.
« A proposito, quando vieni a trovarla? Emmina mi chiede sempre dov’è il suo “Horso”. » Continua con un sorrisetto divertito, ben consapevole di ciò che ha appena rivelato.
Sentendo nominare la mia figlioccia, la mia espressione si addolcisce. Ancora non mi capacito che Isabella abbia chiesto proprio a me di farle da padrino.
« Presto, promesso. Diglielo e dalle un bacio da parte mia. »
« Sará bene! »
Poi si volta verso Nieve e si affretta a spiegarle il nostro discorso, evidentemente per non farla sentire in disparte.
« Emma è mia nipote! Ha quattro anni ed è innamorata persa di Horso. » Ghigna indicandomi col mento. Io mi passo la mano sulla faccia, sconsolato. Isabella, non contenta, si fruga nella tasca della giacca ed estrae il portafogli.
« Ecco, guarda quant’è carina! » Estrae due polaroid che sventola sul tavolo: nella prima Emma ha tre anni. Ha i capelli biondi come l’oro e un sorriso sdentato. Strano ma vero, quella bambina con la pelle bianca come il latte, le guance paffute e gli occhi nocciola è proprio nipote di sangue di Isa che ne è, ora, la sua tutrice legale.
Solo io conosco la loro storia; e non è bella.
Nella foto Emma si stringe ad un peluche di un orso che, tra l’altro, gli ho regalato io.
Poi, Isa mostra una seconda foto*** e io spalanco la bocca nel vederla per la prima volta.
« Ma quella?! Quando me l’hai fatta? » Esclamo sbigottito ed imbarazzato. In questa foto ci sono io che alzo Emma verso l’alto e lei ride insieme a me.
Non mi piacciono i bambini, ma lei è così speciale che mi è impossibile non adorarla.
Tuttavia, sono contrariato perché questa cosa apre un’altra porta a Nieve che ci conduce allo sconfinare definitivamente dal nostro patto.
Mi sporgo per strappare di mano la foto a Isabella, ma lei, faina, se lo aspetta e si nasconde dietro di lei. La scena è veramente divertente visto che il Gattaccio è così sottile da essere grande più o meno come un braccio di Isa.
« Aha! Mi serve per testimoniare al mondo che anche tu, ghiacciolino, hai un cuore! »
Mancando l’obiettivo, mi stendo con le braccia sopra il tavolo ancora libero e vi nascondo la faccia.
« Mi rovini la reputazione. » Borbotto con la voce attutita dalla maglia.
Lei si delizia in una risata soddisfatta.


|| You can't live without the fire 'cause you're born to live and fight it all the way ||

code ©Horus.



*** = In privato la foto incriminata. :bello:
 
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