F r i s s o n, ~ Horus Ra Sekhmeth

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~ Nieve Rigos
view post Posted on 28/3/2024, 16:29 by: ~ Nieve Rigos
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entropia.

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– Frisson –
18 yrs – Lust – Himiko's

Giochi sporco, Umanoide, ma del resto lo faccio anch’io. È assurdo pensare che, in tutto il tempo passato a conoscerci, non abbia mai notato la tua avvenenza; non con uno scopo fisso in mente, almeno. Ero troppo impegnata a godere della tua amicizia, prima, e a odiarti poi. Invece, eccomi a subire un fascino irresistibile — l’effetto che mi fai ogni volta che ti guardo e stento a rimanere lontano da te.
Penso alle volte in cui ti sono letteralmente saltata addosso ché avevi fatto appena in tempo ad aprire la porta dell’appartamento, mossa dalla smania incontrollabile di averti. Alle volte che, insaziabile, ti ho cercato ancora nel fruscio delle lenzuola già sfatte. Alle volte che, senza preavviso, ti ho spinto contro il muro o sul divano o sul letto e ho preteso la tua bocca, le tue mani, la sensazione data dal contatto tra il tuo corpo e il mio. Per questo, tutto quello che posso fare è deglutire e fissarti con la stessa intensità dei miei scatti di passione, quando vedo il sorriso inclinare le tue labbra e la striscia di pelle scoperta dal tocco delle tue dita. Manco fossimo nel 1600 e mi avessi appena mostrato un polso o una caviglia.
Farei lo stesso, se proprio vuoi saperlo — anche se, in realtà, sono la prima a ignorare la convergenza delle nostre voglie; a poterla solo immaginare. Ti raggiungerei scavalcando il tavolo e mi siederei sul tuo grembo, le labbra premute contro le tue.
«Davvero? Adoro!» rispondo a Isabella, concedendoti una tregua. È buffo da parte mia reagire con tanto entusiasmo alla notizia delle sue origini, ma non avrebbe senso neppure trattenersi. Un po’ è perché non l’avrei mai detto e un po’ è perché l’Italia rievoca ricordi che custodisco con affetto. «La mia fam—» Mi fermo, consapevole che, una famiglia, oramai non ce l’ho più. Un velo di malinconia cala sui miei occhi chiari: sento la mancanza dei nonni come si sente la mancanza di un amico immaginario, dopo aver affrontato mille e un’avventura in sua compagnia. «Sono stata in Italia, qualche anno fa. Precisamente in Toscana, a Lari. È stata una delle esperienze più belle della mia vita, a parte l’insolazione.»
Con la stessa inconsapevolezza emersa dall’inizio di questo incontro, condivido con Isabella uno scorcio del mio passato — di una me che ha smesso di esistere e della quale, a momenti, rimpiango la dipartita. Me ne stupirei, se solo non fossi troppo impegnata a restituirle parte di ciò che mi ha donato con la moneta delle confidenze. A te, Umanoide, non ho mai aperto con tanta spontaneità spiragli su chi sono stata né su chi sono diventata.
E che dici dell’aiuto che hai domandato neppure troppi minuti fa?
L’Abisso è sempre lì, pronto a smentire le mie convinzioni. E tu gli fai seguito poco dopo. Lo noto che entri in scivolata per distrarre Isa, che ha praticamente palesato la sua intenzione di consumare tutto il pesce e il riso del locale. Sei dolce, devo concedertelo, e credimi che questa ammissione ha un costo. Mi costringe a prendere atto della verità: non è la prima volta che lo sei; che lo sei con me. Tutte le tue accortezze, quei piccoli gesti di cura che mi riservi nonostante le mie titubanze, portano la medesima sfumatura. Perché lo fai? Perché, nonostante i nostri patti, nonostante io provi a mantenere una certa distanza tra noi, ti avvicini — mi avvicini?
Distolgo lo sguardo da te e mi affretto a mascherare il sorriso accalorato di cui sei responsabile. Non va bene, Umanoide. Non va bene, Nieve.
L’attenzione è ora sul menù e sulla soluzione più comoda per affrontare l’ostacolo che il mio vissuto continua a trascinare con sé. Non voglio che la tortura duri più del previsto. L’ultima e unica volta che sono venuta da Himiko’s risale ai primi anni a Hogwarts, a un festeggiamento tra Grifondoro del quale avevo perso memoria. Non rammento quale trucco avessi utilizzato allora per arrivare fino alla fine del pasto, perciò non posso attaccarmi a un precedente.
Non ho il coraggio di pronunciare a voce alta l’ordinazione, quindi mostro alla cameriera la voce sul menù, puntandovi un dito. Un onigiri basterà a togliermi dall’impiccio. Le comunico inoltre, accostandomi a lei e tenendo la voce bassa, il desiderio di tenere il menù con me. Non passerò inosservata — dubito che Isabella non commenti la frugalità della mia scelta, specie considerata la sua voracità —, ma un metaforico tendaggio che mi nasconda alla vista di entrambi voi due è il meglio che possa fare per evitare di alzarmi e fuggire a gambe levate.
Mi lascio andare in un sospiro, esausta per la tensione che non mi sono resa conto di aver accumulato, e sono grata che la scenetta sulle lasagne mi fornisca la giusta distrazione. Siete buffi ma altrettanto belli. Il legame che scorre tra di voi è forte; splende alla luce del sole rimandando la stessa energia. Io e Thalia eravamo così due anni fa, unite da un nodo stretto che non teneva conto del sangue ma dell’amore. Io e Roth, invece, eravamo altro.
«Tua nipote è bellissima, Isa» non riesco a fare a meno di dire, quando la prima foto viene sottoposta alla mia attenzione. E rido nell’apprendere della storpiatura cui il tuo nome è sottoposto, Umanoide. Di nuovo, quella tenerezza che dovrei tenere alla larga da noi fa capolino sul mio viso. «E Horso è perfetto per un musone abbrutito come lui. Il suo verso non è tanto dissimile da quello dell’orso, specie ai margini di un’autostrada».
Grazie a Isabella, ho imparato il nome del luogo dove mi hai portato e sono quasi caduta dalla moto. Ti scocco un’occhiata penetrante e arricciò le labbra in un sorriso furbesco. La ramanzina che mi hai riservato, dopo avermi scaricata come un barilotto di birra sul pavimento erboso, non aveva nulla da invidiare all’urlo dell’animale cui riesco benissimo ad accostarti. Emma ci ha preso, mostrando la stessa prontezza di intelletto della zia.
È quando scopro della seconda foto che, inspiegabilmente, un movimento sospetto ha luogo nel mio petto. È una giravolta che mi coglie di sorpresa, lasciando dietro di sé un sentore che non sono brava a — o forse non voglio — interpretare. È strano vederti in queste vesti, sorridente e privo degli schermi dietro i quali ti trinceri. Hai tolto l’armatura con Emma e, dei bulloni, non c’è alcuna traccia. Allora, sai farlo, mh? Sai dismettere i panni dell’androide e abbandonarti all’umanità che ti ostini a rifiutare.
Sei ancora vivo, Horus. Il metallo non è riuscito a penetrare il tuo animo, lo sai, vero?
«Ah, ma quindi hai un cuore anche tu sotto la corazza di ferro» infierisco, impietosa. Lo vedo quanto ti costa essere messo a nudo da Isabella. Per un istante, mi chiedo se il gesto di lei non miri a dimostrarmi la sua tesi; a convincermi che, qualunque recita tu abbia imbastito sul palco, non sei freddo come vuoi apparire. O, forse, come vuoi che io ti veda. «Sai che lo chiamo Umanoide proprio per questo?» mi rivolgo a Isa, gli occhi ora alla ricerca dei suoi. «Perché non cede un centimetro, non mostra nemmeno un grano di sentimenti e si comporta come fosse di latta.»
Gioco sporco anch’io. È il mio turno, d’altra parte, e non saremmo noi se non ci alternassimo in una gara di colpi bassi. A voler essere onesti, non ho il diritto di criticare il tuo comportamento perché io non sono da meno. Fuggo, svicolo e mi isolo più di quanto non faccia tu, come nel timore di un attacco.
Attacco ai danni di cosa? Del tuo fisico o della tua emotività?
So cosa insinua l’Abisso. Vuole dire che, se solo mi concedessi di assorbire il significato dei tuoi piccoli cedimenti di tenerezza, rischierei di constatare che la fiammella che continui a rinfocolare esiste. Vuole dire che c’è un motivo se i miei capelli cedono al rosso quando mi tocchi e restano ostinatamente di neve quando a farlo è chiunque altro; e che la ragione sta nel calore che riesci a trasmettermi oltre la muraglia di ghiaccio alla quale mi appello per soffocare a morte ogni tentativo di avvicinamento. Ad opera degli altri. Ad opera tua.
«Diglielo che mi hai quasi slogato una spalla, la prima volta che sono venuta a casa tua?»
Un altra stangata ai tuoi reni. Sono brava a presentare la realtà a mio favore, ma gioco col fuoco — so anche questo. Non posso predire se mi renderai pan per focaccia, ma è impossibile trattenermi dallo stuzzicarti. Non riuscirei a non farlo nemmeno se m’impegnassi con ogni fibra di volere. Isa, per parte sua, sta rendendo il gioco più facile del previsto, più allettante del previsto. E tu provochi, benvestito della tua sicurezza; della consapevolezza di te che ostenti, impudicamente.
Allora mi dico che, se non posso averti ora, stuzzicherò la tensione che già scorre tra noi fino a che non raggiungerai il limite, in negativo o in positivo. Ché lo sappiamo entrambi come sfogherai la tua irritazione, non appena ne avrai l’occasione.

–Oh, you're in my veins and I cannot get you out
Oh, you're all I taste at night inside of my mouth–

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Edited by ~ Nieve Rigos - 28/3/2024, 16:55
 
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