La porta dell'ufficio si aprì lentamente, di poco, come se mi stesse dando il suo benestare per entrare. Oltre l'uscio nessuno ad attendermi, e la cosa in un primo momento mi impensierì, abituata al melenso zelo dei Ministeriali incontrati in passato.
Con un discreto sforzo spostai il pesante battente di legno, tanto quanto bastava per infilarmici con stivali e borse, e lo riaccostai alle mie spalle. L'ufficio riversava in una tremula penombra, poche luci qui e là mi permettevano di mettere a fuoco l'ambiente, che tutto sembrava tranne che un classico ufficio ministeriale. Vecchie scaffalature soccombevano sotto il peso di numerosi volumi e scatole, mentre un manto di polvere si adagiava come neve su ogni superficie, pronta a danzare al minimo soffio di vento. Potevo sentirne la presenza già solo dal suo odore, che mi procurava quel leggero formicolio nelle narici, all'altezza degli occhi. Ma non mi infastidiva, tutt'altro. Quell'ambiente somigliava ad un sito abbandonato, e anziché allontanarmi aveva generato in me un senso di familiarità e calma.
In ultimo lo sguardo arrivò al centro della stanza, dove una donna dai voluminosi capelli continuava ad ignorare la mia presenza, presa da una lettura che ora mi rendeva invidiosa.
Restai qualche secondo in attesa con le braccia portate dietro alla schiena, in ordine ma non rigida, poco incline all'idea di infastidire un possibile superiore ancor prima di presentarmi.
«Buongiorno. La signorina Alistair presumo.»
Al suo richiamo feci un lieve inchino con la testa e mi avvicinai di qualche passo, rispondendo al suo gesto di saluto. Sciolsi la presa delle mani da dietro la schiena e allungai la sinistra verso la donna, il cui viso mi pareva leggermente familiare. Mi incuriosì lo strano uso del braccio sinistro, quando più convenzionalmente veniva utilizzato il destro, ma lo accolsi senza problemi, tanto più che essendo mancina mi tornava più naturale. Mentre le nostre mani si congiungevano il tatto mi restituì qualcosa di inusuale, diverso certo dal solito fastidio che provavo generalmente nel contatto fisico. Una ruvidezza di dita strette si poggiarono alle mie, callose certo ma più esili. Non strinsi eccessivamente temendo di provocare dolore, e lasciai la presa poco dopo senza badare troppo alla curiosità che poteva essersi accesa sul mio viso. Era sempre stata una mia peculiarità, quella di godere dell'errore, della mancanza e dell'imperfezione. Altrimenti non avrei saputo in che altro modo interpretare la mia amicizia accademica con Everett e Sinisa, l'uno privo del braccio destro e l'altra con una malformazione dell'apparato uditivo. Erano due idioti, ma avevo finito per affezionarmi parecchio al nostro trio di difettosi.
La presentazione della donna infine tolse quel velo di nebbia che mi aveva tenuto nel dubbio sulla familiarità che mi induceva. « È un onore fare la sua conoscenza professoressa Grimhaven »
Avevo letto alcune sue pubblicazioni e ricerche, era una delle figure più di spicco nel nostro settore, nonostante mantenesse una riservatezza che ammiravo. Evitai di apparire come una fan esaltata, dopotutto puntavo a diventare una sua "collega" non un leccapiedi da scavo.
« Potrei parlarle dei miei pregi o dei miei punti di forza, ma immagino che altri miei colleghi abbiano saturato i suoi pensieri, in tal senso » Ero ancora in piedi così discostai leggermente la sedia mentre prendevo la parola, lasciando per un momento lo sguardo della donna, che sapevo essere comunque mio. Per quanto spiccia e sbrigativa volesse apparire, aveva tra le mani un difficile compito. Formare una squadra di persone adatte, non solo in competenze, ma anche in intelligenza e pensiero. Il nostro non era un lavoro che poteva essere eseguito in solitaria, e affidarsi ad un team alleggeriva il carico ma raddoppiava le responsabilità. Una testa forte ha necessità di un corpo forte, non poteva essere altrimenti.
« Converrà con me, che ogni essere umano è composto di vestiboli e segrete, eppure molto spesso lascia entrare gli ospiti solo nel cortile. Io non sento il bisogno di offendere il suo intelletto, per cui tra le tante cose che non sa di me, voglio scegliere quella che risiede nel centro»
Presi posto con calma sulla sedia, immaginando dallo sguardo della donna che non sarebbe stato un colloquio-lampo, e conoscendomi ne provai intima soddisfazione. Aveva il sapore di una sfida, e difficilmente mi sarei tirata indietro senza combattere con ogni arma possibile.
« Il mio centro è famelico, è una brama curiosa, una fiaccola sempre accesa verso l'ignoto, verso ciò che non è ancora rivelato. Sono cresciuta assieme a questa fiamma, le ho permesso di acuirsi attraverso lo studio, le esplorazioni, e le domande che mai sono mancate. Perché la conoscenza è evoluzione, la conoscenza è potere. E non parlo di mero potere magico, ma di consapevolezza e di controllo. »
Per usare una metafora, avevo acceso il fuoco nel braciere.
Ora stava alla Grimhaven farmi intendere dove voleva portare la nostra conversazione, se restare nel pronao o avventurarsi fra le mura di questa strana aspirante.