Jolene era andata a Hogsmeade piena di buone intenzioni, nonostante sapesse che nel weekend rischiavano di trovare le strade più affollate di quanto potesse sopportare. Ariel al suo fianco era un aiuto notevole a calmare i nervi, la sua presenza sentita solida dalla rossa a dispetto della leggerezza da palloncino con cui la francese si muoveva tra le pozzanghere. Jolene la seguiva col suo passo cadenzato, schivando l'acqua con decisamente meno entusiasmo, talvolta calpestandola con gli anfibi alti. Il suo sguardo spaziava sulla strada davanti a loro, sotto di esso covava un'attenzione guardinga.
Annuì alle parole di Ariel.
«Sì» disse, mentre guardava un gruppetto di studenti del terzo anno uscire allegramente da Mielandia. Si accorse di sembrare fin troppo assente, così, scuotendosi, girò il viso verso la donna al suo fianco.
«Non so per il tè, ma nei paraggi c'è un posto che si vanta di fare la migliore zuppa di uova di acromantule della Scozia.» Le lanciò un sorriso sghembo, consapevole di star pronunciando parole assurde. Eppure era vero: un paio di anni prima, quantomeno, un posto del genere era realmente aperto lì intorno.
Arrivate nella pizza principale, le due vennero immediatamente sommerse dalla folla vociante. Per lo più erano studenti, ma tra di essi spiccavano le teste più alte di Maghi e Streghe del posto o delle vicinanze. Doveva essere giorno di mercato, pensò Jolene nell'irrigidirsi contro un tocco accidentale sulla sua spalla. Inavvertitamente si accostò più vicina ad Ariel, una mano che andava a raggiungere il suo braccio e a posarvisi sopra. La bionda avrebbe potuto sentire che l'altra stava diventando un fascio di nervi, il volto teso mentre tuffava lo sguardo in quella marea di gente. I passi di Jolene si fecero rigidi e lei si chiese se fosse il caso di dire ad Ariel di fermarsi, di tornare indietro. Scoprì la gola secca alla prospettiva di ammettere così apertamente la propria difficoltà, in fondo erano solo persone radunate in un giorno qualunque, un ottobre qualunque di un qualunque anno dopo tutto quel che era successo. Non c'erano nemmeno più i segni dell'ardemonio, li avevano accuratamente cancellati. Tutti sembravano così spensierati; ignari, pensò, proprio come quel mattino, e le espressioni cominciarono ad essere sostituite da altre, sorelle vecchie di un anno che allora avevano avuto vita breve.
Imparando a conoscere Ariel, a Jolene era sempre più chiara una cosa: la francese aveva un dono naturale a percepire gli stati d'animo altrui, e le sue reazioni erano immediate ad ogni mutamento. Jolene si lasciò attirare più vicina a lei, trovando conforto nella sua stretta ad un tempo gentile e salda. In quel momento, in cui la sua testa le giocava brutti tiri che mischiavano presente e passato, Ariel costituiva l'ancoraggio alla realtà di cui aveva bisogno. Le fu grata per aver capito senza parole, e per aver formulato la proposta cui lei non era riuscita a dare voce. Imboccarono insieme una delle stradine laterali, autentica via di fuga da ciò che non era ancora in grado di affrontare. Sentì una scintilla di rabbia verso se stessa, che si tradusse in una stretta più forte a ricambiare quella di Ariel: era il ringraziamento che faticava a mettere a parole, ed era richiesta di scuse per averla costretta a cambiare i loro piani, a fare rapidamente dietro front per scappare dalle sue paure irrazionali.
Quando si fermarono, Jolene alzò la testa per leggere l'insegna di fronte a loro: Safarà. Era sicura di non aver mai messo piede lì dentro, per la verità non ricordava nemmeno di aver visto il negozio in altre occasioni. Sembrava assurdo, ma, per quanto piccolo fosse il villaggio, riservava sorprese anche dopo tanti anni.
«Entriamo» annuì, osando guardare Ariel. Ora si sentiva meglio, non c'era nessuno intorno a loro ed i suoni stessi della piazza arrivavano ovattati dalle costruzioni. Per dimostrare la maggiore tranquillità, si scostò dal fianco dell'altra, protendendosi verso la porta per aprirla. Ma non le avrebbe lasciato la mano, non ancora, perché non era pronta a rinunciare al suo conforto.
Le due fecero il loro ingresso, le suole delle scarpe che lasciavano impronte umide sul pavimento. Ciocche di capelli si erano attaccate alla fronte e alle tempie di Jolene, che aveva un aspetto disordinato, un residuo di pallore a mettere in risalto le lentiggini che le punteggiavano il viso.
«Buongiorno» mormorò per abitudine, verso chiunque le avrebbe accolte nel negozio.
Si sforzò di guardarsi intorno, nella speranza di accendere un interesse che potesse scacciare via il peso nero che ancora le aleggiava sul petto. Cercò lo sguardo di Ariel e fece cenno col mento verso le serrature che proteggevano le vetrine.
«Deve essere merce di valore» le sussurrò, cercando di avvicinarsi per vedere meglio. Sentì che la tensione si stava allentando, sostituita dal peculiare magnetismo che la collezione di strani oggetti esercitava su di lei.
Notò le pietre per la bellezza dei loro colori.
«Guarda.» Tirò leggermente il braccio di Ariel, invitandola ad ammirare la collezione. L'altra si mostrò immediatamente entusiasta, indicandole la pietra che aveva già adocchiato.
«Oh sì, è così delicato. E guarda quella, quella che sembra quarzo rosa.» Si erano illuminate come bambine il giorno di Natale, anche se Jolene era più pacata nelle sue espressioni, complice anche il recente sbalzo emozionale.
«Dici che accettano il buono della Gazzetta?»
«Lo spero, costano una fortuna» borbottò Jolene, sbirciando il prezzo e, contemporaneamente, mettendosi a frugare nella tracolla. Fece sparire dentro il braccio fino al gomito, la fronte aggrottata nel tentare di riconoscere gli oggetti al tatto.
Perché non butto mai via niente...Annuì ad Ariel, in conferma del fatto che non l'avrebbe lasciata sperperare i suoi averi da sola:
«Sì, se trovo anche io il buono... Oh, eccolo!». Finalmente estrasse trionfante un biglietto stropicciato, che tentò di lisciare velocemente per dargli una qualche dignità prima di presentarlo al negoziante. Un po' trascinata dal modo di fare di Ariel, un po' a causa dell'evidente preziosità del monile – e, non in secondo luogo, per una sorta di compensazione delle cattive emozioni di poco innanzi – Jolene non si tirò indietro di fronte a quella spesa folle.
«Due pietre!» avrebbe corretto l'amica, qualora fossero state avvicinate da un garzone.
«Per me quella rosa pallido, per Ariel quella verde, giusto?» Ricercò il consenso dell'altra prima di proseguire.
«Avremmo dei buoni della Gazzetta, li prendete?»