Troia, sentiero centrale

Era tempo che anche l'aria cambiasse, la giovane donna, o quanto ne restava, li superò alacremente, lasciando che rapidamente si andasse creando una buona distanza. Un'improvvisa fretta, forse foriera di nuovi guai?
Un silenzio agghiacciante, umido, mentre il cunicolo volgeva rapidamente verso il basso, che fossero sotto ad un fiume, o un lago sotterraneo? I giovani tranquilli seguivano affrettandosi l'esile figura, con il prezioso peplo saldamente avvolto sulle spalle. Avevano bisogno di quel capo, e dovevano anche uscire di lì. Che fosse la strada migliore? La più giusta?
Dove stavano andando?
D'improvviso un imprevisto si paventò sul loro cammino, un grande scudo giallo, e viola, debolmente illuminato, bloccava loro il passo. Cos'era? Deboli scosse di energia crepitante si andavano aggrappando alla roccia, come se stesse prendendo forma in quello stesso istante. Il labirinto stava reagendo, erano penetrati troppo a fondo, le difese avevano concesso sin troppo sino a quel punto. Cos'avrebbero fatto?

Procedendo il giovane e la giovane per il lungo sentiero, scorsero distintamente l'immagine di un delicato cavallino sospeso a mezz'aria, nel centro del cunicolo. Brillava di una debole luce, azzurrognola, come se fosse immerso in una fonte ignora, e misteriosa.
Anche per loro la situazione si stava evolvendo rapidamente, quella che sino ad allora era stata una tranquilla scampagnata nei meandri della terra, poteva dimostrarsi in realtà il più periglioso viaggio che mai avessero provato.
Avvicinandosi, abitualmente, all'immagine del cavallino, smisero di interessarsi al resto, dovevano trovare qualcosa di simile, l'avevano trovato, poteva significare solo che l'avventura fosse ormai al termine, che l'uscita fosse prossima, e che la missione fosse infine compiuta. Raggiunta che l'ebbero, scomparve, come una bolla di sapone, una risata malefica proruppe dalla pietra, aspra e malvagia, non ebbero il tempo di ribattere, che la roccia sotto i loro piedi cedette, rivelando una voragine verso le profondità della terra. E cadevano velocemente, come gravi gettati da una torre, affondavano in un mare di tenebre, le bacchette salde, nella speranza di non smarrirle, o mollare la presa. Era forse tempo di urlare?
Atterrarono, continuando a scivolare, su un ampio scivolo di pietra, sparati a velocità sempre più sostenute verso l'abisso. Dove stavano andando? Di chi era quella risata? Cosa li attendeva?

Correvano rapidi da tempo lungo lo scivolo di pietra, quasi immersi in un vortice temporale, che mirasse a portarli in una nuova dimensione spazio temporale. Non avevano ancora rigurgitato la colazione, il pranzo, la cena del giorno precedente, ma poco ci mancava. Si sarebbero salvati? Cosa li attendeva al termine della corsa?
L'urlo strozzato della giovane si spense nel vuoto, e nell'oscurità, come se una mannaia improvvisamente l'avesse spezzato. Da qualche parte dovevano pur arrivare, era inevitabile!
La risposta non tardò a giungere, ancora nell'oscurità, le loro vesti lasciarono il supporto della pietra, continuando la folle corsa nel vuoto, spinti dall'inerzia, ancora per quanto? Puntualmente impattarono su una superficie frastagliata, scricchiolante, mal messa, con violenza, tanto da levargli il respiro, l'uno addotto all'altro, con malagrazia. Nulla di rotto, giacevano sul morbido, quasi galleggiando su un mare di ossa vecchie, rotte, spolpate meticolosamente.
Dov'erano finiti?

La giovane donna taceva, si voltò un'ultima volta, prima di lasciarli al loro destino, dovevano esser loro a seguirla, non certo il contrario. Il Labirinto li aveva trovati, era tempo che iniziassero a dimostrare il loro valore? Il giovane ed inesperto Caposcuola avrebbe trovato motivo per distinguersi? O sarebbe rimasto intrappolato da quel primo scudo? Dovevano passarlo, per procedere, o tornare indietro in cerca di una seconda strada, a patto che non fossero stati intrappolati tra due diversi scudi, del tutto simili. Una lingua di energia irrequieta, e giallognola sfiorò il braccio del Caposcuola, ustionandolo, prima di ritirarsi quasi impaurita. Cos'era? Uno scudo. Come superarlo? Cosa poteva rivelarsi utile per l'avventura dei due giovani fanciulli? Avevano ancora il loro oggetto da recuperare, e non potevano permettersi di perder tempo...

Lo Scudo tronfio, e spavaldo si levava imperturbabile, deboli scosse di crepitante energia, e nulla di più ne rivelavano la continua attività, insistente, stabile, pacata. Conduceva una vita tranquilla, se tale si poteva poi definire, da semplice scudo, sottoposto di qualcuno più grande di lui, ma ancora efficiente, nonostante gli anni. Bello, elegante, efficiente, cosa poteva sperare di più?
Pochi corvi presero ad affollare il cunicolo, presa velocità, svanirono andando a collidere con lo Scudo, una scarica, precisa, misurata, ed il silenzio era tornato. Non un grido non una protesta, erano già svaniti.
Dovevano agire i due giovani studenti, riuscire a passare, per guadagnare l'agognato trofeo.
Ce l'avrebbero fatta?

Per gli altri due avventurieri, tra le ossa, la situazione sembrava essersi momentaneamente assestata, la luce invocata, e sperata, apparve, rivelando una caverna non troppo ampia, ma il cui terreno era ricoperto di ossa di ogni forma e grandezza, meticolosamente spolpate, ripulite come bicchieri al termine di un qualche festoso simposio.
Una caverna naturale, alta, forse troppo, con il lungo scivolo di pietra nel mezzo, che finiva in quel mare di ossa. Perchè quelle ossa? Possibile che si rompessero tutti sistematicamente il collo dopo la caduta? O c'era qualche altra minaccia meno velata, in agguato?
Erano soli, ma l'unione delle loro forze avrebbe fatto la differenza, non v'erano dubbi.
Una Tassorosso, ed un Grifondoro, sarebbero riusciti ad uscire di lì?
Un ringhio, basso e penetrante ruppe il silenzio.
Dovevano muoversi!
La luce aveva risvegliato qualcosa di inaspettato, ed imprevisto...