| Jessica sghignazzò, ripensare al loro primo e memorabile incontro la faceva sorridere, anzi ridere di gusto, e se ne stupì, visto che fino a poco tempo fa quell'episodio particolare le creava un incredibile nervosismo. Non ribatté alle insinuazioni di Nathan che sicuramente non ricordava bene la sequenza degli avvenimenti, i quali al contrario, erano stampati in modo indelebile nel suo cervello. L'aveva considerato un affronto alla sua persona, uno sputo alle autorità, ciò che lei non poteva affatto tollerare. "Incredibile come le persone cambino così repentinamente, o forse, è meglio dire come cambi così radicalmente la percezione che uno ha dell'altro..." mormorò sorridendo, continuando a guardare a terra, la neve che si schiacciava sotto il peso dei loro passi. Il discorso si era evoluto, stavano lentamente lasciando l'appiglio sicuro del gioco, dello scherzo, per addentrarsi in considerazioni più sottili, ancora da chiarire. Le piaceva confrontarsi con lui in quel modo, veniva fuori il lato maturo di quel ragazzo, che nascondeva molto bene e molto spesso. Però, ascoltare le sue parole le creava stimolo, le permetteva di riflettere, e ciò significava che Nathan stava pizzicando la sua curiosità, l'interessava nella totalità della sua persona. Era totalmente offuscata da lui, in modo quasi malsano, e seppe già che questo l'avrebbe portata a farsi male. Perché, una volta presa coscienza di ciò che provava per lui, una volta constatato che non l'avrebbe fatto allontanare tanto facilmente, che avrebbe lottato con i denti e con le unghie per l'esclusività di quel rapporto, si rese conto che non l'avrebbe condiviso con nessuno. Le piaceva il suo modo di vedere le cose, era un tipo deciso, sicuro di sé, e mostrava quella determinazione di cui spesso lei mancava. "Ti invidio, Nathan, invidio il tuo coraggio, la tua estrema forza di volontà. Sono incredibilmente... Fragile, io. Forse è questa mia debolezza, che cerco in ogni modo di celare, a volermi spingere all'estremo delle mie possibilità" sospirò, spostando lo sguardo verso il cielo, quasi a chiedere consiglio agli astri, a cercare la sua via. Non era forse vero? Non cercava solo il modo di diventare forte, imbattibile? Cercava il modo di divenire invulnerabile, per non dover più temere nessuno, per avere la possibilità di schiacciare ogni malcapitato avesse avuto la sfrontatezza di prendersi gioco di lei. Ma perché voleva fare tutto da sola, tenersi tutto dentro? Forse adesso, adesso, aveva trovato qualcuno a cui appigliarsi, qualcuno disposto a tollerare il suo carattere difficile, a curare le sue ferite. Poteva davvero essere tutto arrivato al giro di boa? Aveva finalmente visto... La luce? -sai che ti dico, non voglio sapere nulla, non mi interessa se hai uno scheletro di un dinosauro nell’armadio.. io voglio far parte del tuo presente, e.. del tuo futuro.. fanculo il passato- La sfacciataggine usata poco prima, per rispondere alla domanda di Nathan, si sgretolò all'istante, spiazzata da tanta irruenza. Si voltò a fissare il volto del Grifondoro senza avere la forza di dire nulla, come se le parole le si fossero spente in gola, come se il freddo dell'inverno, di quel maledetto inverno, fosse penetrato nel suo interno, congelando il suo cervello. Non riusciva neppure a pensare, c'era solo il vuoto che le ronzava in testa, e si odiò, odiò profondamente per essere così... Incapace, così sciocca, così inetta. Perché non riusciva a metabolizzare ed esprimere ciò che provava, come stava facendo lui? Perché doveva essere così difficile? Ma questa volta non poteva rimanere in silenzio, i suoi pensieri avevano fatto un gran chiasso per tutto quel tempo trascorso lontana da lui, dopo la serata in riva al lago, avrebbe fatto un torto persino a se stessa rimanendo esteriormente impassibile. *Avanti Jessica, parla, è la tua volta. Sii coraggiosa, almeno una volta. Non sei ignava, non sei codarda. E allora, dimostralo* Lasciò che Nathan finisse, che l'eco delle sue parole venisse accarezzato dal soffio del vento, che le cullasse fino al suo cervello, dove lei le avrebbe metabolizzate, in cui lei avrebbe elaborato una risposta degna del ragazzo che aveva di fronte. Decise di smetterla di darsi limiti, di darsi stupidi moniti. Era il momento di lasciare fluire l'istinto, lasciare che le emozioni si impossessassero di lei e che divenissero suoni distinti, che spiegassero alla perfezione ciò che le stesse frullando in testa. Aprì la bocca per parlare e la richiuse, fece un sospiro, si guardò fugacemente i piedi e poi fece sì che i suoi occhi si perdessero in quelli di Nathan. Avrebbero guidato loro il fluire delle sue parole. "Ebbene. E' da tanto tempo, troppo, che non mi abbandono totalmente ad una persona, che non mi lascio avvicinare dalla minima forma umana, che fuggo ogni individuo sulla terra che voglia offrirmi compagnia, anche la più umile forma di amicizia. Penso che il mio spirito si sia inaridito, o forse è ciò che speravo... Credevo davvero di potermi annullare, di poter smettere di provare il minimo sentimento umano, in modo che nulla potesse più bruciarmi... Corrodermi al punto da farmi sentire inutile" parlava velocemente, come se non potesse più arrestare quel flusso di parole che aveva arginato fino a quel momento, come se una volta aperta una breccia, questa si stesse allargando a dismisura, fino ad impossessarsi totalmente di lei. Si fermò pochi secondi, solo per prendere fiato. "Credevo davvero di esserci riuscita, l'indole solitaria che mi ritrovo giocava anche a mio vantaggio, in molte occasioni. Smarrirmi tra le pagine di un libro mi permetteva di evadere dal mondo, di concentrarmi solo su me stessa e smetterla di tessere relazioni futili e superficiali, destinate a decadere ed a lasciare ulteriori cicatrici dentro di me. Ma con te mi è risultato molto più difficile. Ti sei avvicinato troppo a me, hai intuito più di quanto mi aspettassi. Mi fai semplicemente stare bene, e non è una frase superficiale che spesso è utilizzata per descrivere la breve intensità di una bella serata, di una passione fugace alimentata dalle condizioni ambientali. E' qualcosa di intimamente più profondo. Quando sono con te, il resto del mondo scivola via, non penso a nient'altro che non sia il presente. Vivo ogni istante, senza preoccuparmi di tutto ciò che mi accade intorno. Mi sento finalmente... Libera." concluse, con un sorriso. Si sentiva leggera, in pace. Finalmente aveva parlato, aveva vomitato tutto ciò che le aveva corroso cervello e stomaco in quei mesi. C'era pace dentro di lei... Pace. Era come tornare a respirare liberamente dopo che un masso enorme fosse stato tolto dal petto. Una boccata di puro ossigeno. Ma non aveva ancora finito. "E quindi, credo che lo sfortunato tra i due sia tu. Perché, purtroppo per te, Nathan, anche io ho bisogno di te" mormorò infine, voltandosi ad osservare la strada dinnanzi a loro. Si erano fermati, non stavano più camminando ma Jessica non seppe dire da quanto, era stata totalmente risucchiata dalla conversazione da smarrire la percezione di ciò che aveva intorno, dei suoi stessi gesti. Le loro mani erano ancora giunte e questa era l'unica certezza che le serviva.
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