| Studiare, studiare, studiare. Ormai faceva solo e soltanto quello; l'unica cosa che spezzava quella monotonia erano gli allenamenti di Quidditch. Ma anche lì, oltre che volare fino a perdere cognizione del Tempo e del corpo, non faceva nient'altro. Appena dei cenni ai compagni, due parole, una revisione alle tattiche e nulla più. Poi si tornava in Sala Comune e lì dopo aver, ovviamente, studiato, dormiva. Per quanto ancora poteva andare avanti in quel modo? Horus si passò una mano fra i rossi capelli e si guardò allo specchio del bagno. Due freddi occhi d'argento liquido lo fissavano con aria di rimprovero come per dire: "Ehi tu muoviti, che ti sta succedendo?"
Troppe cose gli stavano sfuggendo di mano, a partire dai suoi rapporti umani. Quell'anno era iniziato, aveva creduto in un rinnovo, forse ci credeva ancora. ma questo tardava ad arrivare. Tardava una spinta, tardava Lei, tardavano troppe cose. E i puzzle, ancora, non erano stati ricomposti. Nuovo anno certo, ma stessi quesiti, stessi binomi, stessa apatia coatta. Il viso, puerile, ma dai tratti mascolini che pian piano stavano cominciando a delinearsi, che lo fissava dallo specchio assunse una smorfia sofferente, d'ira mista a malinconia. Se avesse potuto, Horus avrebbe sferrato un pugno su quella superficie, su quel viso sfigurato, frantumandolo. Ma si limitò soltanto a voltarsi e a sciacquarsi la faccia con acqua gelida fino a che le sue dita non persero sensibilità. Era a causa di quell'apatia, di quelle mancate risposte che Horus sentiva dentro una rabbia, una stanchezza che non riusciva a celare, a volte, con la sua amata Maschera di Ghiaccio? Era per quello? Era vicino ad un Baratro? Il ragazzo scosse il capo e goccioline d'acqua scivolarono sul suo volto; la testa, nonostante l'acqua ghiacciata, scottava come non mai, come quella dannata voglia rossastra sull'occhio. *Meglio muoversi* Il ragazzo si allontanò dal lavandino, afferrando e mettendosi in spalla la borsa, dirigendosi in Sala Comune e cercando di svuotare la mente per esser poi pronto a chinare di nuovo il capo sui libri. E... a proposito di libri... perché la sua borsa era così leggera? Quella mattina era stato in biblioteca proprio per prendere un volume-mattone, possibile che l'avesse dimenticato? Preso da un dubbio il ragazzo si arrestò e si accucciò a terra, aprendo la borsa e rovistando al suo interno. Con uno sguardo al cielo e un altro sospiro, Horus si maledì per la sua sbadataggine; come volevasi dimostrare il volume se ne stava bello bello sul tavolo dove l'aveva lasciato quel mattino. *Certo che sei proprio una volpe, Ra...* Di nuovo di cattivo umore, Horus si rialzò e girò sui tacchi in direzione della Biblioteca.
Nonostante il suo umore burrascoso, l'ambiente della Biblioteca riusciva sempre, in qualche modo, a fargli dimenticare per qualche attimo i suoi pensieri. L'odore della carta, il grattare della piuma sulla pergamena, il silenzio e la tranquillità di quel luogo, incantavano e calmavano Horus come una ninna nanna. A passo lento, il ragazzo cominciò a sbirciare fra tutti i tavoli presenti, alla ricerca del tomo. E se la bibliotecaria l'avesse rimesso a posto? Aveva impiegato secoli per trovarlo, non aveva proprio voglia di rimettersi a cercare su scale e scalette. Mentre proseguiva, dopo aver superato tre larghi scaffali, il suo sguardo fu catturato da un quadretto appeso, probabilmente da poco, raffigurante una mappa della Gran Bretagna. *Ci siamo!* L'illuminazione giunse improvvisa: quello strambo quadro era la prima cosa che aveva osservato quando si era seduto al tavolo quella mattina. Il tomo doveva trovarsi proprio su quel... ammasso di roba ammucchiata, pensò con sconforto scorgendo quello che una volta, doveva essere il tavolo dove si era seduto quel mattino. V'erano pergamene sparse, pile di volumi e volumetti ovunque, libri aperti qui e là e, a capo di quel caos...
- Mya Lockhart... - sibilò Horus in direzione della testolina castana che faceva capolino fra tutto quel disordine; china com'era sui libri, probabilmente aveva perso cognizione del tempo e dello spazio, figuriamoci dell'ordine. Il ragazzo osservò con un sopracciglio alzato e un'espressione mista a rimprovero e divertimento tutta la catasta su quel povero tavolo. *Addio libro...* - Per l'amor del cielo cos'è tutto questo disastro? - Una piccola parte di lui sghignazzò al pensiero di poter punzecchiare la Prefetta, l'ennesima, piccola vendetta per le battutine che ogni tanto si scambiavano. Qualcosa si era evoluto nel suo rapporto con Mya in quei mesi, ed Horus non sapeva spiegarsi perché. Certo idilliaco non era stato fin dall'inizio, eppure c'era qualcosa, un filo rosso che la legava al ragazzo e che lui, non riusciva a spiegarsi. Lei era diventata ancora più irraggiungibile, brillante come la spilla che portava appuntata sulla divisa. *Ed io, cosa sono?* Un sorrisetto sarcastico illuminò le sue labbra, e Horus decise di abbandonare l'idea di lanciare un'altra frecciatina e quei pensieri arrovellanti. Del resto, per quanto allettante fosse, non aveva intenzione di disturbare una persona immersa nei libri. Tuttavia, lì, in mezzo a quel caos, c'era proprio uno dei suoi volumi, che fare? *Pazienta, Ra, pazienta* Deciso ciò, il ragazzo afferrò una sedia al lato opposto del tavolo e si lasciò cadere, stranamente sfinito. Poteva già sentire il borbottio di Mya: "Di tanti posti proprio qui?"
Il sorriso si allargò un po' di più sul suo viso e il ragazzo, nel tentativo di celarlo, voltò il viso verso la Mappa appesa.
*Sì, proprio qui.*
Il perché? Non lo sapeva; certo era che doveva recuperare il suo libro dalla copertina smacchiata e il titolo quasi cancellato. Era pur sempre tornato indietro sui suoi passi ed era arrivato fin lì, ora era anche questione di principio recuperarlo. Ed era anche una questione di principio capire perché diavolo, in un modo o nell'altro, si ritrovava sempre vicino a Mya, pensò rabbuiato.
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