| Il motivo di quello che pensava fosse un addio non e' chiaro: di punto in bianco, si era svegliata una mattina, grondante di sudore dopo forse il peggior incubo mai avuto, realizzando che della sua vita non aveva fatto assolutamente nulla e che il suo bel lavoro fittizio, quel prurito che pensava felicita' quando alzava la bacchetta contro chichessia, il molestare i babbani e sottostare sotto gli ordini di qualcuno non le andava piu' a genio, nemmeno se quel qualcuno era Voldemort, il suo signore oscuro, l'unico essere sulla terra a cui forse doveva veramente qualcosa, la sua fedelta' in primis. Decise quindi di fare i bagagli, raccogliendo frettolosamente quelle poche cose a cui teneva, libri su libri, boccette di pozioni, un pensatoio e pochi altri averi personali per fuggire, dove non importava, l'importante era andare lontano da li, lontano da se stessa per capire, per cercare di smascherare l'incognita che aveva pendente sul capo. Fu cosi' che si mise in viaggio, cambiava localita' dove sostava ogni due per tre, per non farsi vedere e non farsi trovare dal suo signore oscuro che la chiamava, la chiamava piu' forte che mai, facendo bruciare quel marchio che la riportava sempre indietro. Furono giorni duri i suoi, e in un notte, nel delirio del Wiskey incendiario dopo che ad ardere non era solo la gola ma anche quell'avambraccio prese la bacchetta cercando di recidersi la pelle, per toglierselo, sfigurando solo un tatuaggio che l'indomani sembrava essere esattamente come prima, anche se la pelle che lo circondava era lacerata in piu' punti. Forse per la prima volta in vita sua aveva deciso di percorrere una strada diversa, aveva deciso di abbandonare il suo destino, la sua vita macchiata dai crimini piu' efferati, aggregandosi ad un gruppo di saltimbanco babbani: faceva la prestigatrice, aveva deciso di mettere da parte la magia, rinnegarla, ma se quella e' la tua natura, se quella ti scorre come un fiume in piena nel sangue, non c'e' verso di rinnegarla. Fu a seguito di una lite con una donna che lavorava con lei, una di quelle violente, che si viene alle mani che torno' quella di sempre e la bacchetta che era tenuta come un soprammobile qualsiasi venne usata, di nuovo, nel cuore del notte, con il solo scopo di vendicarsi. Ancora. Capi' quindi che fuggire era da codardi, che non vi era altro destino che quello che aveva sempre seguito e le incognite sparirono, ma non prima di aver dato fuoco al tendone del circo e aver liberato le bestie feroci. Un incidente come un altro raccontarono i giornali babbani dopotutto non vi era nessuno stemma scintillante di verde nel cielo, ma solo perche' Rowena doveva ancora inventarsi il suo di stemma. Cosa si era messa in testa non lo sapeva ancora, ma avrebbe giocato le sue carte con sagacia e astuzia, quella di un serpeverde, la sua.
La si trova quindi ora al testa di porco, all'ombra del castello che per lei non e' mai stato casa, con un aspetto un po' piu' trasandato del solito: i lunghi capelli corvini sono lasciati sciolti e cadono sulla schiena coperto da un gilet marroncino, sotto di questo, indossa una tunica a maniche corte di un bel colore verde che le lascia le gambe all'altezza del ginocchio scoperte, mentre il marchio, e' tornato ad essere celato, ma le cicatrici, spuntano da sotto di questo per andare a scherzare di bianco il palmo e il dorso della mano sinistra, la mano che si solleva e che porta alle labbra una pipa corta in legno, dalla quale aspira una lunga boccata per poi soffiare in faccia all'oste una nube di fumo, un misero gesto di ringraziamento per averle riempito nuovamente il bicchiere.
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